Inammissibile l’appello che non riporta le parti della sentenza di primo grado da contrastare anche in ordine alla fattispecie applicabile ratione temporis l’articolo 342 c.p.c. nella formulazione precedente alla sua novellazione introdotta con il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134

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2. Il ricorso di (OMISSIS) va dichiarato inammissibile poiche’ la causa che la riguarda e’ stata separata dalla Corte territoriale e rimessa al Tribunale e non fa dunque parte di questo giudizio; quello degli altri ricorrenti va respinto.

2.1. Il primo motivo e’ infondato. Alla fattispecie e’ applicabile ratione temporis l’articolo 342 c.p.c. nella formulazione precedente alla sua novellazione introdotta con il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, posto che il gravame risulta proposto anteriormente al giorno 11 settembre 2012. Cio’ premesso, va rilevato che, gia’ nell’inquadramento conseguente alla riforma del codice di procedura civile del 1990, il legislatore aveva voluto impedire che il giudizio di appello si risolvesse in una sorta di valvola di sicurezza per le parti, alle quali percio’ bisognava precludere l’espletamento di tutte le difese che non avessero saputo o potuto esprimere in prime cure. Invero con le innovazioni introdotte dalla Legge novellatrice n. 353 del 1990, si rafforza il carattere di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, e si abbandona la tesi del novum iudicium. L’appello diventa infatti un’impugnativa avverso la sentenza, piuttosto che un rimedio introduttivo di un giudizio sul rapporto controverso, dal momento che in esso la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall’appellante (o dall’appellato in qualita’ di appellante incidentale) attraverso la prospettazione – e, quindi, la deduzione di specifiche censure, senza che al giudice di secondo grado possa ritenersi assegnato il compito di “ripetere” il giudizio di primo grado, rinnovando la cognizione dell’intero materiale di causa e pervenendo ad una nuova decisione che involga “tutti” i punti gia’ dibattuti in prima istanza. E’ tuttavia vero che resta la struttura di mezzo di impugnazione a critica libera dell’appello, a differenza del ricorso per cassazione, non essendo individuata alcuna predeterminazione legislativa delle “tipologie” di censure ammesse avverso la sentenza di primo grado. Tuttavia e’ l’appellante che deve delimitare l’ambito di cognizione devoluta al giudice di secondo grado. In dipendenza della modulazione delle doglianze espressamente svolte si vincola la possibilita’ cognitoria e decisoria del giudice del gravame. La specificita’ dei motivi, in definitiva, e’ lo strumento con cui concretamente si attua il principio tantum devolutum quantum appellatum, che a sua volta costituisce applicazione di quello, fondamentale, della disponibilita’ della domanda e del processo. Tale essendo lo scopo della norma, si e’ a lungo considerato necessario ma anche sufficiente, per il suo conseguimento, che l’atto di appello consentisse, attraverso l’esame del suo complessivo contesto (per tutte, Cass. n. 887 del 1987), una precisa individuazione del riesame richiesto e delle relative ragioni, senza che fosse indispensabile l’adozione di “formule sacramentali” o il rispetto di particolari formalita’ (per tutte, Cass. n. 8181 del 1993). Per contro si e’ ritenuta violata la prescrizione di specificita’ dei motivi nei casi di generica domanda di riforma della decisione di primo grado (per tutte, Cass. n. 7811 del 1987), di mera denuncia della sua erroneita’ in fatto o in diritto (per tutte, Cass. n. 4917 del 1987), di esposizione di censure incongruenti rispetto al contenuto effettivo della pronuncia impugnata (per tutte, Cass. n. 3809 del 1994), o incomprensibili, vaghe, superficiali (per tutte, Cass. n. 5470 del 1986), o limitate a un semplice richiamo alle difese svolte davanti al primo giudice (per tutte, Cass. n. 2303 del 1992). Con la sentenza Cass. Sez. U, n. 16 del 2000 viene affermato il seguente principio di diritto: “L’inammissibilita’ non e’ la sanzione per un vizio dell’atto diverso dalla nullita’, ma la conseguenza di particolari nullita’ dell’appello e del ricorso per cassazione, e non e’ comminata in ipotesi tassative ma si verifica ogniqualvolta – essendo l’atto inidoneo al raggiungimento del suo scopo (nel caso dell’appello, evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado) – non operi un meccanismo di sanatoria; pertanto, essendo inapplicabile all’atto di citazione di appello l’articolo 164 c.p.c., comma 2 (testo originario), per incompatibilita’ – in quanto solo l’atto conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 342 c.p.c. e’ idoneo a impedire la decadenza dall’impugnazione e quindi il passaggio in giudicato della sentenza – l’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, imposto dall’articolo 342 cit., integra una nullita’ che determina l’inammissibilita’ dell’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, senza possibilita’ di sanatoria dell’atto a seguito di costituzione dell’appellato – in qualunque momento essa avvenga e senza che tale effetto possa essere rimosso dalla specificazione dei motivi avvenuta in corso di causa”. La giurisprudenza successiva conferma la tesi della nullita’ che determina l’inammissibilita’, fino alla riforma del 2012. In particolare questa Corte (Sezioni Unite n. 4991 del 6 giugno 1987) ha affermato che ai fini della validita’ dell’atto di appello, si richiede non solo l’individuazione delle “statuizioni concretamente impugnate” e dei “limiti dell’impugnazione”, bensi’ pure l’esposizione delle ragioni, dirette a confutare le argomentazioni in fatto e in diritto che sorreggono la decisione di primo grado, ancorche’ con la precisazione che il livello di specificita’ dei motivi di gravame va commisurato a quello della motivazione della sentenza appellata. In una successiva decisione si e’ ribadito che l’onere di specificita’ dei motivi e’ assolto soltanto se l’atto di appello contenga articolate ragioni di censura su punti specifici della sentenza di primo grado, posto che “il giudizio di appello ha natura di revisio prioris instantiae alla stregua dei motivi di gravame, e non consente quindi la generica richiesta di un nuovo giudizio” (Cass., 30 luglio 2001, n. 10401). Dal carattere di revisio prioris instantiae proprio dell’appello, Cass. 4 dicembre 2001, n. 15318, fa peraltro discendere l’affermazione che tale giudizio e’ “diretto a raggiungere un risultato diverso da quello di primo grado in ordine ai medesimi fatti”. Analoghe argomentazioni si rinvengono altresi’ in Cass. 8 agosto 2002, n. 11935, nella quale si precisa che l’onere della specificazione dei motivi d’appello ha la duplice funzione di delimitare l’ambito della cognizione del giudice di secondo grado, giusta il principio tantum devolutum quantum impugnatum, e di consentire il puntuale esame delle critiche mosse alla sentenza impugnata, onde e’ assolto solo ove l’atto introduttivo del gravame contenga argomentate ragioni di doglianza su ciascuno dei capi della sentenza di primo grado che con esso l’appellante intende assoggettare a censura; pertanto, poiche’ il giudizio di appello ha natura di revisio prioris instantiae solo alla stregua dei motivi di gravame e non consente la mera rinnovazione del primo grado, non e’ sufficiente che la sentenza di primo grado sia stata impugnata nella sua interezza, essendo per contro necessario che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte, per ciascuno dei capi censurati, con sufficiente grado di specificita’ in relazione e contrapposizione con le ragioni addotte, nella sentenza impugnata, a giustificazione delle singole adottate decisioni. (Cass., n. 9867 del 2000); nello stesso senso (Cass., n. 7769 del 2003) secondo cui “la disposizione dell’articolo 342 c.p.c., che richiede la specificita’ dei motivi di appello, implica solo la necessita’ che la manifestazione volitiva dell’appellante consenta di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla motivazione che le sostiene e non anche che siano adoperate formule o seguiti schemi particolari nella esposizione dei motivi e delle domande dell’atto di appello, che e’ affidata alla capacita’ espressiva del difensore”; ancora in tema di appello, il requisito della specificita’ dei motivi, di cui all’articolo 342 c.p.c., deve ritenersi sussistente, secondo una verifica da effettuarsi in concreto, quando l’atto di impugnazione consenta di individuare con certezza le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, si’ da consentire al giudice di comprendere con certezza il contenuto delle censure ed alle controparti di svolgere senza alcun pregiudizio la propria attivita’ difensiva, mentre non e’ richiesta ne’ l’indicazione delle norme di diritto che si assumono violate, ne’ una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’impugnazione (Cass. n. 22502 del 2014). In particolare e’ stato sanzionato il rinvio generico alle difese svolte in primo grado (Cass., n. 27727 del 2005) e soprattutto la mancata indicazione nella censura delle ragioni della dedotta erroneita’ della motivazione impugnata (Cass. n. 25218 del 2011).

Con tali premesse si deve rilevare che il motivo di ricorso in esame non e’ meritevole di accoglimento, risultando corretta la declaratoria di inammissibilita’ del gravame adottata dal giudice di appello. Ed invero la lettura dei passi dell’atto di appello trascritti nella censura convince della correttezza della rilevata genericita’ del gravame, sanzionata dalla sentenza impugnata. Infatti puo’ dirsi che tutti i motivi trascritti si appalesano inammissibili perche’ non contengono alcuna specifica contestazione delle ragioni fondanti la motivazione della sentenza di primo grado, che si vorrebbe contrastare. Di piu’: in nessun passo dei citati motivi di appello vi e’ financo menzione della sentenza di primo grado: nel passo trascritto al punto 1) a pag. 64 del ricorso non e’ trascritta la motivazione di primo grado sicche’, ancor prima che la fondatezza dell’assunto, non e’ dato comprendere quale sia il ragionamento del giudice di primo grado che si contesta. Al punto 2) alle pagg. 64 ess del ricorso e’ riportata una contestazione all’elaborato peritale inerente il disconoscimento della sottoscrizione apposta sulla fideiussione rilasciata da (OMISSIS), che appare inammissibile perche’ correttamente il giudice di appello (vedi pagg 14-15) ha rilevato sul punto l’irrilevanza del motivo, atteso che la posizione della (OMISSIS) era stata separata dalla stessa Corte con ordinanza del 22 aprile 2008 e la relativa controversia aveva assunto una natura autonoma rispetto a quella oggetto del presente giudizio (affermazione non censurata in alcun modo nel ricorso). Al punto 3) a pag. 67 del ricorso ancora una volta si trascrive uno stralcio del motivo di gravame relativo alla pretesa nullita’ del contratto di fideiussione, da ritenersi inammissibile per le stesse ragioni indicate al precedente n. 2). Al punto 4) a pag. 68 si discute della presunta inattivita’ della (OMISSIS) s.r.l., ma l’unico riferimento alla sentenza impugnata e’ che tale circostanza sarebbe stata disattesa dal giudice di prime cure senza alcuna ulteriore specificazione. Sul punto, tuttavia, la Corte di appello espressamente motiva (pag. 1415) ancora una volta correttamente rilevando la genericita’ della contestazione e l’irrilevanza del riferimento alla posizione processualmente separata della (OMISSIS). Analoghe argomentazioni possono ripetersi per i punti da 4 a 12 da pagina 68 a pagina 81 del ricorso: i ricorrenti trascrivono i motivi di appello, che in buona parte (punti 4, 5, 6, 11, 12) riguardano la causa separata relativa a (OMISSIS) e, per il resto, si sostanziano nella generica deduzione della violazione di oneri informativi verso l’altra garante e dei conseguenti danni, senza minimamente confrontarsi con la decisione di primo grado e, anzi, tralasciando qualsivoglia riferimento ai suoi contenuti.

Erroneamente, dunque, i ricorrenti ritengono che tale adempimento soddisfi ex se’ il requisito di specificita’ imposto dall’articolo 342 c.p.c., allorquando si e’ dato conto nella preliminare disamina della giurisprudenza di questa Corte che esso non sia affatto esaustivo. Infatti, non essendo riportati i passi della sentenza di primo grado che le argomentazioni dell’appello dovrebbero contrastare, il giudice di secondo grado non e’ stato posto in grado di comprendere il contenuto dell’impugnazione e, quindi, della devoluzione del giudizio alla sua cognizione. Ne consegue la correttezza della dichiarata inammissibilita’ dell’atto di appello.

2.2. I motivi 6, 7, 8, 9, 35, 36, 37, 38, 39 e 40 sono tutti relativi a questioni inerenti la causa separata riguardante Giuliana (OMISSIS) e rimessa in primo grado e vanno giudicati pertanto inammissibili in conseguenza del difetto di legittimazione della (OMISSIS) a impugnare la sentenza di appello.

2.3. I motivi 2, 3, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 55, 56, vanno dichiarati inammissibili in quanto non soloimplicano accertamenti in fatto preclusi in questa sede di legittimita’, ma soprattutto perche’ attengono a questioni nuove, la cui disamina e’ preclusa dalla dichiarata inammissibilita’ dell’appello, che e’ l’unica questione a essere oggetto di valutazione da parte di questa Corte, stante l’effetto sostitutivo della sentenza di appello rispetto a quella di primo grado.

2.4 I motivi 4, 5 e 13 lamentano a vario titolo l’omessa pronuncia sui motivi di appello e vanno dichiarati assorbiti dalla reiezione del primo motivo, apparendo evidente che la declaratoria di inammissibilita’, stante il suo carattere pregiudiziale, faccia venir meno l’obbligo del giudice di appello di procedere all’esame del merito delle censure proposte.

2.5 I motivi 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 57 e 58 contestano il difetto di legittimazione attiva e di capacita’ processuale della (OMISSIS) s.r.l. e del (OMISSIS) soc. coop. rispetto alla (OMISSIS) S.p.A., originaria controparte contrattuale dei ricorrenti. Tali censure sono inammissibili posto che alcune sono formulate erroneamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3; le altre (segnatamente i motivi 47, 49, 51 e 53), pur astrattamente invocando un error in procedendo del giudice di secondo grado nel non aver pronunciato sulle questioni processuali partitamente indicate, difettano tuttavia di specificita’, cosi’ violando i requisiti previsti dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4). Infatti in nessuna di esse e’ precisato in quale momento del processo tali eccezioni sarebbero state sollevate (al fine di consentire a questa Corte di verificare l’attualita’ della questione sotto il profilo dell’insussistenza di giudicato interno); ne’ le censure in esame specificamente indicano gli atti processuali e i documenti cui si riferirebbero per argomentare la fondatezza di quanto censurato. In tale contesto, va ribadito quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite nella Sentenza n. 8077 del 22/05/2012: “Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullita’ del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attivita’ deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore…il giudice di legittimita’ non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicita’ della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma e’ investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purche’ la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformita’ alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformita’ alle prescrizioni dettate dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4)”.

2.6 I motivi 59, 60 e 61 sono infondati poiche’ l’accertata correttezza della sentenza di appello legittima l’applicazione del criterio della soccombenza.

2.7 Il motivo 62 e’ inammissibile per le stesse ragioni esposte al punto 2.5.

3. La soccombenza regola le spese.

P.Q.M.

la Corte dichiara l’inammissibilita’ del ricorso proposto da (OMISSIS); rigetta i restanti motivi del ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, in favore di (OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA in proprio e di (OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA quale procuratore di (OMISSIS) s.r.l. al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida singolarmente in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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