Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 6 ottobre 2017, n. 23408. Nel licenziamento disciplinare non vi è un obbligo del datore di lavoro di offrire in consultazione i documenti aziendali all’incolpato

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Infine, parimenti inammissibili appaiono le anzidette doglianze di cui ai punti B2 e B3 (raggruppate dal ricorrente nell’ambito del secondo motivo), atteso che le stesse, lungi dal denunciare ritualmente nei sensi sopra indicati errores in procedendo sussumibili nella previsione dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, consistono invece di fatto nell’inammissibile critica di valutazioni sul contenuto delle testimonianze rese in giudizio, diversamente da quanto apprezzato dai competenti giudici di merito, sicche’ le divergenti opinioni al riguardo manifestate dal ricorrente non sono consentite in questo giudizio di legittimita’, laddove e’ ammessa la c.d. sola critica vincolata nei limiti fissati rigorosamente dall’articolo 360 (cfr. tra le altre Cass. 5 civ. n. 25332 del 28/11/2014: il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non e’ mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalita’ e logicita’ della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non puo’ limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
Cass. 3 civ. n. 11892 del 10/06/2016: anche il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante.
V. in senso analogo pure Cass. sez. un. civ. n. 8053 del 07/04/2014, secondo cui la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Inoltre, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie).
Pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna alle relative spese del soccombente, tenuto altresi’ come per legge al versamento dell’ulteriore contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali ed in 200,00 (duecento/00) Euro per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, a favore della societa’ controricorrente.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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