[….segue pagina antecedente]

Con il primo motivo, la Societa’ ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 52, 53, 67 e articolo 2697 c.c. in una con il vizio di motivazione, lamenta la non conformita’ a diritto e l’incongruita’ logica della pronunzia della Corte territoriale nella parte in cui nell’accogliere la domanda prescinde dalla prova dell’invio da parte della lavoratrice della certificazione medica, da ritenersi elemento costitutivo del diritto azionato e non tiene conto delle ragioni del diniego della prestazione da parte dell’INAIL, data dalla mancanza di valida documentazione, e non dall’inadempimento dell’obbligo assicurativo da parte della Societa’, comunque superabile in ragione del principio di automaticita’ delle prestazioni previdenziali.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 2087 e 2059 c.c. nonche’ il vizio di motivazione, la Societa’ ricorrente lamenta la non conformita’ a diritto e l’incongruita’ logica dell’accertamento relativo alla responsabilita’ della Societa’ in ordine all’infortunio occorso per essere stata questa addebitata a prescindere dalla prova della colpevolezza e dal concreto riferimento alla violazione di una specifica norma di prevenzione.
Il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione dell’articolo 25 del CCNL di settore del 1994 ed al vizio di motivazione, e’ inteso a denunciare l’erroneita’ del convincimento espresso in ordine alla sussistenza dell’obbligo assicurativo per difetto, alla data dei fatti, dell’essenziale presupposto dell’essere in atto tra le parti un rapporto di lavoro subordinato.
La violazione e falsa applicazione degli articoli 414, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 2697 c.c. e’ prospettata nel quarto motivo in relazione alla statuizione della Corte territoriale intesa a riconoscere la sussistenza dell’invocato danno biologico in difetto di specifica allegazione e prova.
Va preliminarmente osservato come la pronunzia della Corte territoriale in ordine all’indennizzabilita’ del danno biologico derivato alla lavoratrice a seguito dell’infortunio occorsole e’ mirata a riconoscere alla lavoratrice medesima la somma che si sarebbe vista liquidare dall’INAIL in forza del disposto di cui alla L. n. 38 del 2000 ove la Societa’ datrice non fosse risultata inadempiente all’obbligo assicurativo che le incombeva in ragione dell’intervenuto riconoscimento giudiziale della natura subordinata del rapporto all’epoca in essere tra le parti.
Tale essendo il senso della decisione resa dalla Corte territoriale rilievo essenziale assume nel quadro dell’impugnazione proposta dalla Societa’ ricorrente il terzo motivo che, tuttavia, risulta infondato dal momento che, nell’insistere sulla natura autonoma del rapporto all’epoca intercorrente tra le parti, non confuta l’argomentazione dalla quale la Corte territoriale fa discendere l’accertamento della natura subordinata dell’originario rapporto ovvero quella per la quale l’iniziale pronunzia in tal senso resa dal Tribunale di Lecce con la sentenza, acquisita agli atti del giudizio, n. 7303/2003, confermata in sede di appello ma poi cassata da questa Corte, era risultata confermata in sede di rinvio dalla Corte d’Appello di Bari con la decisione n. 340 del 20.1.2009.
Cio’ posto si rivelano infondati il primo ed il secondo motivo intesi a censurare la pronunzia resa dalla Corte territoriale sotto il profilo, da un lato, dell’irrilevanza della mancata costituzione del rapporto assicurativo, del resto non supportata dalla trascrizione o allegazione della documentazione invocata (comunicazione INAIL del 29.2.2000), dall’altro, del mancato accertamento della responsabilita’ dell’evento a carico della Societa’ datrice, da ritenersi per quanto detto irrilevante.
Di contro inammissibile si rivela il quarto motivo atteso che la censura ivi recata in ordine al difetto di allegazione e prova del lamentato danno biologico non reca confutazione alcuna del rilievo espresso in motivazione dalla Corte territoriale per il quale, alla luce dell’impostazione delle difese in primo grado non sarebbe in discussione l’ascrivibilita’ del danno all’integrita’ fisica lamentato dalla lavoratrice alla caduta dal motoveicolo durante l’espletamento del servizio di recapito postale.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *