Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 agosto 2016, n. 17366

In relazione alla fattispecie della cessione di ramo d’azienda prevista dall’articolo 2112 del Cc, ne costituisce elemento costitutivo, anche nel testo modificato dall’articolo 32 del Dlgs 276/2003, l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali e organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti. Incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’articolo 2112 del Cc, che costituiscono eccezione al principio di necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’articolo 1406 del Cc, fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 26 agosto 2016, n. 17366

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10018/2014 proposto da:
(OMISSIS) BV. (gia’ (OMISSIS) N.V. Societa’ soggetta a Direzione e Coordinamento di (OMISSIS) PLC) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti e rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale notarile in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A.) P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (STUDIO (OMISSIS)), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti al ricorso incidentale –
e contro
(OMISSIS) BV. (gia’ (OMISSIS) N.V. Societa’ soggetta a Direzione e Coordinamento di (OMISSIS) PLC) C.F. (OMISSIS);
– intimata –
Nonche’ da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) BV. (gia’ (OMISSIS) N.V. Societa’ soggetta a Direzione e Coordinamento di (OMISSIS) PLC) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti e rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale notarile in atti;
– controricorrente al controricorso incidentale –
e contro
(OMISSIS) S.P.A. (gia’ (OMISSIS) S.P.A.) P.I. (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 7693/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/10/20 R.G.N. 90/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’avvocato (OMISSIS);
udito l’avvocato (OMISSIS) per delega avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 7693 del 2013, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva dichiarato l’invalidita’ nei confronti di (OMISSIS) ed altri litisconsorti del contratto di cessione di ramo d’azienda intervenuto tra (OMISSIS) N.V. e (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.r.I., e, per l’effetto, aveva disposto il ripristino dei rapporti di lavoro alle dipendenze di (OMISSIS).
Con il suddetto contratto di cessione di ramo d’azienda, con effetto dal 9 novembre 2007 Vodafone aveva ceduto a (OMISSIS) s.r.l. “un ramo d’azienda che svolge i servizi di back office consumer (dealer support, supporto tecnico unificato, reclami,variazioni e subentri), back office corporate (sales support, variazioni, subentri, attivazioni, standard/network/fisso, customer relationship management amministrazione vendite) e gestione credito (phone collection, verifica del credito, gestione non telefonico, gestione inbound) con proprio personale presso le sedi di (OMISSIS)”. Con il suddetto contratto venivano ceduti i dipendenti pertinenti al ramo d’azienda, i contratti ad esso inerenti, ad eccezione dei contratti di locazione relativi alle sedi di (OMISSIS). Venivano anche ceduti tutti i beni mobili non registrati delle sedi di (OMISSIS) e (OMISSIS), ivi inclusi gli arredi utilizzati negli uffici ed i PC comprensivi dei sistemi operativi degli apparati, rimanendo pero’ escluse le infrastrutture tecnologiche, hub e router. Contestualmente le parti davano atto di aver stipulato un contratto per la fornitura da (OMISSIS) a Vodafone dei servizi di back office consumer, back office corporate e gestione credito, ossia i servizi consistenti nella gestione dei servizi di assistenza amministrativa a beneficio dei clienti privati o delle societa’ e dei titolari di partita Iva, mentre nella gestione credito erano state trasferite alcune attivita’ come phone collection e verifica del credito.
La Corte territoriale premetteva che, pur dopo la modifica dell’articolo 2112 c.c., comma 5, operata dal Decreto Legislativo n. 2761 del 2003, articolo 32, operante ratione temporis, il trasferimento del ramo d’azienda richiedesse la conservazione dell’identita’ funzionale del ramo preesistente alla cessione, e che esso dovesse essere gia’ in tale momento in grado di esercitare autonomamente un’attivita’ economica organizzata. Con riferimento al caso di specie, riteneva che il mancato trasferimento dei programmi e dei sistemi informatici determinasse la mancanza dell’autonomia e dell’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita nella gestione di supporto tecnico, variazioni ecc., dei contratti e di gestire gli aspetti economici del servizio telefonico. La Corte aggiungeva poi che non era decisivo che fosse stato trasferito tutto il personale addetto ai servizi ceduti, in quanto in difetto di cessione degli strumenti informatici prima utilizzati veniva meno il requisito della’ preesistenza del ramo ceduto (essendo ceduto qualcosa di diverso da quello che era prima ossia articolazione di azienda costituita da dipendenti beni immobili e beni immateriali per l’esercizio dell’attivita’). Inoltre, non si era dedotto e dimostrato che il gruppo di lavoratori trasferiti fosse dotato di un particolare know how, e cioe’ di un comune bagaglio di conoscenze tale che solo con esso fosse possibile fornire lo stesso od altro servizio, mentre il fatto che l’organizzazione in capo a (OMISSIS) della funzionalita’ del servizio fosse stata garantita atteneva ad un momento successivo a quello della realizzazione della cessione di ramo d’azienda, al quale occorre avere riguardo.
Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) B.V., gia’ (OMISSIS) N.V., ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori, che hanno proposto altresi’ ricorso incidentale affidato ad un motivo, cui ha resistito (OMISSIS) B.V. con controricorso, nonche’ (OMISSIS) s.p.a.(gia’ (OMISSIS) s.p.a.), che ha proposto anch’essa ricorso incidentale affidato a due motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori. Tutte le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
Nelle memorie ex articolo 378 c.p.c., si riferisce che n. 35 lavoratori hanno conciliato la controversia con Vodafone, nell’ambito del contenzioso ex L. n. 92 del 2012, originato dal licenziamento collettivo dei lavoratori che erano risultati vincitori nel presente giudizio e riammessi in servizio a seguito delle sentenze del Tribunale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale di (OMISSIS) B.V. e quelli incidentali sono stati riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
1. All’udienza pubblica e’ stata prodotta una visura rilasciata dalla della CCIA di Milano di (OMISSIS) s.r.l.. Il documento non fornisce sufficiente contezza di vicende evolutive verificatesi riguardo a (OMISSIS) s.p.a., che pertanto deve ritenersi ancora essere una delle parti del presente giudizio. Deve peraltro in proposito rilevarsi (con Cass. 14 dicembre 2006, n. 26826) che l’eventuale trasformazione di una societa’ da un tipo ad un altro previsto dalla legge non si tradurrebbe comunque nell’estinzione di un soggetto e correlativa creazione di uno nuove in luogo di quello precedente, ma configurerebbe una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto; essa comporta, in particolare, soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, la quale non incide sui rapporti sostanziali e processuali facenti capo alla originaria organizzazione societaria.
2. Sono stati poi prodotti, unitamente alle memorie ex articolo 378 c.p.c., i verbali di conciliazione (giudiziale per tutti con eccezione di (OMISSIS), che ha conciliato in sede sindacale) stipulati con (OMISSIS) B.V. con i seguenti lavoratori: (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Il contenuto degli accordi transattivi e la volonta’ cosi’ manifestata dalle parti si appalesano idonei a dimostrare l’intervenuta cessazione della materia del contendere ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo nei confronti di (OMISSIS).
Il contenuto dell’accordo transattivo, che ha regolato anche il regime delle spese processuali, giustifica la compensazione tra le parti stipulanti delle spese processuali del giudizio.
3. Sempre in via preliminare, si rileva che la notifica del ricorso incidentale e’ stata richiesta da (OMISSIS) s.p.a. in data 26.5.2014, quando gia’ il termine per l’impugnazione ex articolo 327 c.p.c., comma 1, era decorso, considerato che la sentenza gravata era stata depositata in data 30.10.2013. La sostanziale sovrapponibilita’ dei motivi del ricorso principale e di quello incidentale fa pero’ ritenere che l’impugnazione di (OMISSIS) non possa configurarsi come incidentale in senso stretto, in quanto meramente adesiva all’impugnazione principale e non presidiata da un autonomo interesse ad impugnare da essa originato. Come rilevato da Cass. n. 6444 del 17/p3/2009 in relazione ad una fattispecie di cessione di azienda come quella che ci occupa, il litisconsorzio tra cedente e cessionario e l’inscindibilita’ delle cause, comportano infatti che l’impugnazione proposta dal primo impedisca anche nei confronti del secondo il passaggio in giudicato della sentenza sui punti comuni, cessando percio’ di aver rilievo il fatto che questi non abbia proposto la medesima impugnazione (cfr. anche Cass. 25 giugno 2003, n. 10125, ed altre conformi), sicche’ nessun ulteriore risultato utile deriva dal ricorso incidentale. Questo Collegio ritiene allora di aderire all’indirizzo interpretativo di questa Corte che trae origine dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 7339 del 1996 e che, successivamente posto in discussione dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 24627 del 24.11.2007, pare oggi prevalente (v. Cass. n. 109 del 7/1/2016, n. 21990 del 28/10/2015, n. 20040 del 07/10/2015; n. 1120 del 21/01/2014, n. 1610 del 25/1/2008, n. 6284 del 10/3/2008, ma, contra, Cass. n. 12714 del 25/5/2010, n. 9308 del 22/4/2011, n. 6444 del 17/3/2009), secondo il quale tale ricorso resta soggetto ai termini ordinari di impugnazione, non potendosi applicare l’articolo 334 c.p.c., comma 1. Il ricorso incidentale tardivo di (OMISSIS) dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.
4. Occorre quindi esaminare il ricorso incidentale proposto dai lavoratori, che attiene alla regolare instaurazione del contraddittorio.
E difatti si fa ivi rilevare che la sentenza di primo grado non e’ stata appellata rispetto ai signori (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Il motivo di ricorso incidentale ha quindi ad oggetto il terzo rilievo, quello concernente la mancata costituzione in giudizio dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS). Per tutte le altre indicate erronee indicazioni, in via condizionata al ricorso principale, la difesa chiede che questa Corte voglia provvedere rettificando tali errori, nel caso non ritenga che tale procedura possa essere automaticamente espletata a seguito della verifica della correttezza delle indicazioni fornite. Aggiunge che controparte ha operato ulteriori errori laddove ha rinnovato, con la proposizione del ricorso, domande nei confronti dei signori (OMISSIS) (senza nome), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), che, viceversa, avevano rinunziato nel corso del giudizio di primo grado alla controversia.
4.1. Preso atto della correzione effettuata dal difensore di (OMISSIS) all’udienza di discussione degli errori materiali contenuti nel ricorso introduttivo di questo giudizio con riferimento ai nominativi di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), si deve rilevare che il ricorso incidentale e’ inammissibile.
L’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va infatti considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli articoli 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identita’ di tutte le parti; comporta, viceversa, la nullita’ della sentenza qualora da essa si deduca che non si e’ regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intera sentenza, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass. n. 7343 del 26/03/2010). Nel caso, gli errori addebitati alla sentenza gravata vengono descritti come errori materiali, considerato che i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) sono comunque indicati come parti del giudizio di appello.
Inoltre, questa Corte non puo’ procedere alla correzione di errori materiali nei quali sia incorsa la Corte di merito, dovendo provvedervi il giudice a quo. E difatti e’ gia’ stato chiarito che nel caso in cui sia stato proposto ricorso per cassazione avverso una sentenza viziata da errore materiale, l’istanza di correzione non puo’ essere proposta dinanzi alla corte di legittimita’, ma unicamente al giudice di merito, a norma dell’articolo 287 c.p.c.; tale principio risulta avvalorato all’esito della dichiarazione di parziale illegittimita’ costituzionale del detto articolo, operata dalla sentenza della Corte Cost. n. 335 del 2004, limitatamente alle parole “contro le quali non sia stato proposto appello”, sicche’ il solo giudice competente alla correzione e’ quello che ha emesso la sentenza affetta dall’errore (Cass. n. 9968 del 12/05/2005, n. 21492 del 07/11/2005, n. 28712 del 30/12/2013).
Ne deriva che, essendo i nominativi degli intimati coincidenti con quelli indicati nella sentenza gravata (salve le apportate correzioni) e risultando parte nel giudizio di secondo grado (OMISSIS) s.p.a., ritualmente rappresentata e assistita, nessun rilievo puo’ essere accolto in questa sede in proposito.
5. I motivi del ricorso principale possono cosi’ essere riassunti:
5.1. Come primo motivo, viene dedotta la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 24 Cost., comma 2, e articolo 111 Cost., comma 2, articoli 101, 112 e 115 c.p.c., e articolo 2697 c.c., nonche’ violazione e falsa applicazione delle predette norme. La ricorrente richiama il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 123, comma 5, Codice in materia di protezione dei dati personali, che impone ai gestori del servizio pubblico di telefonia mobile la piena e diretta responsabilita’ dei programmi che consentono l’accesso ai data base contenenti i dati dei propri clienti, e ribadisce che in virtu’ di tale normativa (OMISSIS) non avrebbe potuto cedere la titolarita’ della sua banca dati, ne’ puo’ consentire a terzi di sviluppare autonomamente un programma di accesso alla stessa. Sostiene che la distinzione tra data base e software non e’ mai stata allegata in giudizio da nessuna delle parti, ne’ puo’ ritenersi fatto notorio rientrante tra le nozioni di comune esperienza; inoltre tale distinzione non troverebbe alcun fondamento nella realta’, in quanto non esiste la possibilita’ di gestire le pratiche di attivazione di SIM telefoniche ovvero di gestione del credito senza entrare nel data base dei clienti della societa’ di telefonia.
5.2. Come secondo motivo, (OMISSIS) B.V lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c.. Ribadisce l’irrilevanza della mancata cessione dei programmi operativi e la natura decisiva dell’elemento dell’organizzazione, colpevolmente travisato dalla Corte d’appello, nonche’ la non necessita’ del requisito della preesistenza del ramo ceduto, alla luce della novella del 2003, e comunque il suo travisamento operato dalla Corte d’appello di Roma. Argomenta che il servizio ceduto non avrebbe interdipendenza funzionale con (OMISSIS), ma solo forme di legittimo raccordo. Evidenzia ancora che il legislatore all’articolo 2112 c.c., comma 6, ha espressamente disciplinato la fattispecie dell’appalto di servizi eseguito dall’appaltatore attraverso il ramo d’azienda acquisito, cosi’ ammettendo come pienamente legittima l’interconnessione operativa funzionale che il ramo ceduto continua a mantenere con l’organizzazione del cedente.
6 I due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Al fine di individuare quando ricorra la fattispecie della cessione di ramo d’azienda, secondo la Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE, che ha sostituito la direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, come modificata dalla direttiva 29 giugno 1998, 98/50/CE, “e’ considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di una entita’ economica che conserva la propria identita’, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attivita’ economica, sia essa essenziale o accessoria” (articolo 1, n. 1, direttiva 2001/23). La Corte di Giustizia, cui compete il monopolio interpretativo del diritto comunitario, ha ripetutamente individuato tale nozione come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attivita’ economica finalizzata al perseguimento di un determinato obbiettivo (cfr. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C- 13/95, Suzen, punto 13; Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C- 340/2001, Abler, punto 30; Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005, C- 232/04 e C233/04, Guney-Gorres e Demir, punto 32) e sia sufficientemente strutturata ed autonoma (cfr. Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, Hernandez Vidal, C-127/96, C-229/96, C-74/97, punti 26 e 27; Corte di Giustizia, 13 settembre 2007, Jouini, C-458/05, punto 31; Corte di Giustizia, 6 settembre 2011, C-108/10, Scattolon, punti 51 e 60). Tale interpretazione e’ stata confermata nella recente sentenza 6 marzo 2014, C-458/12, Amatori ed a., in cui la Corte UE – in particolare ai punti 30 e 32 – ha richiamato la propria precedente giurisprudenza, ed ha anzi precisato (pt. 34) che l’impiego del termine “conservi” nell’articolo 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva “implica che l’autonomia dell’entita’ ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento”, per concludere al pt. 35 che “..qualora risultasse… che l’entita’ trasferita di cui trattasi non disponeva, anteriormente al trasferimento, di un’autonomia funzionale sufficiente – circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – tale trasferimento non ricadrebbe sotto la direttiva 2001/23”.
In tale sentenza la Corte UE ha anche evidenziato, in specie al punto 51, che l’obiettivo della Direttiva e’ di garantire, per quanto possibile, il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell’imprenditore, consentendo loro di rimanere al servizio del nuovo imprenditore alle stesse condizioni pattuite con il cedente: ha cosi’ ritenuto coerente con tale finalita’ l’allargamento da parte della legge nazionale dell’ambito della protezione del lavoratore ceduto ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle di cessione di ramo d’azienda cosi’ come sopra individuata, e cio’ prescindendo dall’indagine in ordine alla genuinita’ della cessione ad altri fini, eventualmente concorrenti, di tutela.
6.1. La nozione di cessione d’azienda cosi’ delineata e’ stata confermata dalla successiva sentenza 9 settembre 2015, nella causa C-160/14, Joao Filipe Ferreira da Silva e Brito e altri c. Estado portugue’s, in cui la Corte di Giustizia ha ribadito (punto 25) che il criterio decisivo, per stabilire se sussista un trasferimento nel senso indicato dalla richiamata Direttiva, consiste nel fatto che l’entita’ in questione conservi la sua identita’, il che si desume in particolare dal proseguimento effettivo della gestione o dalla sua ripresa. Ha aggiunto che per determinare se questa condizione sia soddisfatta, si deve prendere in considerazione “il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo d’impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, quali gli edifici ed i beni mobili, il valore degli elementi materiali al momento del trasferimento, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonche’ il grado di analogia delle attivita’ esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attivita’”, precisando che questi elementi sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, percio’, essere valutati isolatamente.
6.2. La normativa nazionale non e’ stata rimodellata con il fine di allargare l’ambito della fattispecie astratta della cessione di ramo d’azienda rispetto alla nozione adottata in sede comunitaria, considerato che il legislatore al contrario ha manifestato l’esplicita volonta’ di adeguarvisi. La legge n. 30 del 2003 all’articolo 1, comma 2 lettera p) ha infatti delegato il governo a rivedere il Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, (che aveva gia’ modificato l’articolo 2112 c.c.), al fine dichiarato di realizzare un “completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria”, costituita dalla richiamata direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001, gia’ recepita dalla L. 1 marzo 2002, n. 39, richiedendo poi in particolare al punto 2) la previsione del requisito dell'”autonomia funzionale del ramo di azienda nel momento del suo trasferimento”.
All’esito dell’esercizio della delega, l’articolo 2112 c.c., nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 32, applicabile ratione temporis alla presente controversia, ha mantenuto immutata la definizione di “trasferimento di parte dell’azienda” nella parte in cui essa e’ “intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attivita’ economica organizzata”, mentre le modifiche normative hanno riguardato la soppressione dell’inciso “preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identita’” e l’aggiunta testuale “identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”, che richiede che al momento della cessione venga individuato l’ambito dell’autonomia funzionale del complesso ceduto. Ha altresi’ introdotto al comma 6, un regime di solidarieta’ tra appaltante ed appaltatore per il caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione.
6.3. L’intervento normativo del 2003 ha quindi ribadito e sottolineato che costituisce elemento costitutivo della fattispecie della cessione d’azienda l’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, ovvero la capacita’ di questo, gia’ al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi (cosi’ come chiarito in piu’ occasioni da questa Corte, v. Cass. n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, n. 8759 del 2014, n. 2766 del 2013, n. 22613 del 2013, n. 21711 del 2012). Il fatto che la nuova disposizione abbia rimesso al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che ne costituisce l’oggetto non significa che sia consentito di rimettere ai contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo, cosi’ facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale apprezzabile da un punto di vista oggettivo. Il requisito della preesistenza del ramo e dell’autonomia funzionale nella previsione si integrano quindi reciprocamente, nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacita’ di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato gia’ nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione. La disposizione legittima quindi anche la cessione di un ramo “dematerializzato” o “leggero” dell’impresa, ovvero nel quale il fattore personale sia preponderante rispetto ai beni, quando pero’ il gruppo di lavoratori trasferiti sia dotato di un particolare know how, e cioe’ di un comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacita’ tecniche, tale che proprio in virtu’ di esso sia possibile fornire lo stesso servizio (Cass. n. 21917/2013 e 15690/2009).
6.4. Tale requisito, letto conformemente alla disciplina dell’Unione, consente di limitare le ipotesi di deroga al principio generale stabilito dall’articolo 1406 c.c., secondo il quale la cessione del contratto richiede il consenso della parte ceduta, scongiurando operazioni di trasferimento che si traducano in una mera espulsione di personale, in quanto il ramo ceduto dev’essere dotato di effettive potenzialita’ commerciali che prescindano dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato (in tal senso in particolare v. Cass. n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, citate) ed essere in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio per il quale e’ organizzato.
6.5. L’analisi non deve quindi basarsi sull’organizzazione assunta dal cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma all’organizzazione consentita gia’ dalla frazione del preesistente complesso produttivo costituita dal ramo ceduto. Il sistema normativo e’ infatti ben chiaro nel distinguere l’appalto (anche di servizi) dalla cessione di ramo d’azienda. L’attuale articolo 2112 c.c., comma 6, valorizzato dalla Corte territoriale ed anche dalla parte ricorrente, ha introdotto un regime di solidarieta’ tra appaltante ed appaltatore (quello di cui al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 29, comma 2, in virtu’ della modifica apportata dal Decreto Legislativo 6 ottobre 2004, n. 251, articolo 9, comma 1) per il caso in cui il cedente stipuli con il cessionario un contratto di appalto la cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, cosi’ manifestando come la consistenza del ramo d’azienda utilizzato e il contratto di appalto del servizio ceduto restino su due piani distinti. Il comma 3 del citato articolo 29, poi, chiarisce che l’acquisizione del personale gia’ impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda, in tal modo nettamente chiarendo che, anche quando il cedente stipuli con il cessionario un contratto d’appalto per la fornitura del servizio ceduto, si puo’ configurare una cessione di ramo d’azienda (solo) quando al trasferimento del personale si accompagni quella del complesso degli altri elementi che lo rendeva autonomamente idoneo allo svolgimento del servizio.
6.6. Dal punto di vista processuale, poi, occorre rilevare che incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’articolo 2112 c.c. che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’articolo 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operativita’: grava, cioe’, sulla societa’ cedente l’onere di allegare e provare l’insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d’azienda (Cass. n. 4500 del 8.3.2016 e Cass. n. 206 del 2004).
6.7. Il principio di diritto che regola la fattispecie e’ dunque il seguente: “Costituisce elemento costitutivo della cessione di ramo d’azienda prevista dall’articolo 2112 c.c., anche nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 32, l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacita’ di questo, gia’ al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti. Incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’articolo 2112 c.c., che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’articolo 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operativita’”.
7. La Corte territoriale, facendo applicazione di tali principi, ha escluso che nella fattispecie sottoposta al suo vaglio fosse stata fornita la prova idonea a ritenere che nella specie fosse stata trasferita un’ attivita’ organizzata “funzionalmente autonoma”, con una valutazione di merito che, in quanto espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria, sfugge al sindacato di legittimita’ (cfr. Cass. n. 5117 del 2012, Cass. n. 20422 del 2012, Cass. n. 2151 del 2013, Cass. n. 20729 del 2013, Cass. n. 1821 del 2013, Cass. n. 24262 del 2013).
Nel valorizzare, come riportato nello storico di lite, la mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo, la Corte territoriale non ha fatto altro che esaminare il contenuto del contratto di cessione, e la sua ricostruzione fattuale non e’ stata censurata dalla parte ricorrente. Questa piuttosto valorizza l’incedibilita’ – indiscussa – dei data base di (OMISSIS), contenente i dati sensibili relativi ai clienti, onde farne discendere l’incedibilita’ anche non solo dei programmi che consentono l’accesso e la modifica di tali data base, ma anche di tutti i programmi e gli operativi informatici che venivano utilizzati prima della cessione per lo svolgimento delle diverse attivita’ (promozione commerciale, consulenza tecnica, gestione delle pratiche amministrative, gestione del credito) con una soluzione che accomuna elementi distinti (i data base da un lato, i programmi operativi necessari per lo svolgimento delle attivita’ di assistenza alla clientela e gestione del credito dell’altro), la cui coincidenza ed inscindibilita’ avrebbe pero’ dovuto essere dedotta e dimostrata dalla stessa cedente.
7.1. Neppure risulta utilmente smentita, al di la’ di un generico richiamo al livello di inquadramento impiegatizio dei lavoratori, l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale non e’ risultato che il gruppo di lavoratori trasferiti fosse dotato di un particolare know how o comunque di una specifica ed elevata professionalita’, avente rilievo determinante nello svolgimento del servizio ceduto.
7.2. Correttamente poi la Corte d’appello ha rilevato che gli aspetti che anche nel giudizio di secondo grado erano stati valorizzati da (OMISSIS) e (OMISSIS) attenevano alla funzionalita’ del servizio in un momento successivo al contratto di cessione di ramo d’azienda, sicche’ rimanevano elementi organizzativi introdotti dalla cessionaria che non valevano a dimostrare che l’oggetto della cessione fosse in grado di funzionare autonomamente al momento della cessione stessa.
7.3. Le censure alla ricostruzione fattuale si traducono quindi nella richiesta di riesame dell’intero materiale probatorio, che risulta inammissibile, considerato che neppure vengono prospettate risultanze processuali la cui valutazione, omessa dalla Corte territoriale, avrebbe determinato un diverso risultato interpretativo, tanto piu’ considerando che al presente giudizio si applica ratione temporis la formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimita’ sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosita’ e la contraddittorieta’ della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, ne’ puo’ fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che e’ stata comunque valutata dal giudice del merito.
8. Segue il rigetto del ricorso principale, nonche’ la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ nei confronti dei lavoratori controricorrenti che non hanno conciliato la vertenza, liquidate come da dispositivo, con distrazione ex articolo 93 c.p.c.. in favore del difensore dichiaratosi anticipatario, nonche’ la condanna della sola (OMISSIS) s.p.a. al pagamento nei confronti dei lavoratori che hanno conciliato, con distrazione ex articolo 93 c.p.c., in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. Compenspte le spese tra (OMISSIS) B.V. e (OMISSIS) s.p.a. e tra (OMISSIS) B.V. ed i lavoratori che hanno conciliato.
In considerazione della data di notifica dei ricorsi, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere tra (OMISSIS) B.V. e (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Dichiara inammissibili i ricorsi incidentali e rigetta il ricorso principale di (OMISSIS) B.V. Condanna (OMISSIS) s.p.a. al pagamento delle spese del giudizio in favore dei lavoratori controricorrenti che hanno conciliato la vertenza, che liquida in complessivi Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. (OMISSIS).
Condanna (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) B.V. al pagamento in solido delle spese del giudizio in favore dei lavoratori controricorrenti che non hanno conciliato la vertenza, che liquida in complessivi Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. (OMISSIS).
Compensa le spese tra (OMISSIS) B.V. e (OMISSIS) s.p.a. e tra (OMISSIS) B.V. ed i lavoratori che hanno conciliato la vertenza.

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