Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 2 maggio 2017, n. 10642

Il licenziamento disciplinare intimato senza osservare le garanzie previste dall’articolo 7 , comma 6, della legge 300/1970 non è nullo ma ingiustificato. Nel senso che anche se esistente sotto il profilo della giusta causa non può essere addotto dal datore per sottrarsi all’operatività della tutela apprestata dall’ordinamento nelle diverse situazioni o all’onere del preavviso ex articolo 2118 cc.

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 2 maggio 2017, n. 10642

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27928-2015 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonche’ da: ricorso successivo senza N.R.G.:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente successivo –

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso successivo –

avverso la sentenza n. 899/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/10/2015 R.G.N. 882/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 1810/15 il Tribunale di Milano dichiarava illegittimo perche’ tardivo il licenziamento per giusta causa intimato in via disciplinare il 7.11.13 da (OMISSIS) S.p.A. nei confronti di (OMISSIS) e, dichiarato risolto il rapporto, condannava la societa’ a pagare al lavoratore la somma di Euro 33.006,89 a titolo di indennita’ L. 20 maggio 1970, n. 300, ex articolo 18, comma 6.

2. Con sentenza pubblicata il 6.10.15 la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, previa riqualificazione del licenziamento come licenziamento per giustificato motivo soggettivo, condannava la societa’ a pagare l’ulteriore importo di Euro 20.590,06 a titolo di indennita’ sostitutiva del preavviso e confermava nel resto le statuizioni di prime cure.

3. Per la cassazione della sentenza ricorrono (OMISSIS) S.p.A. (affidandosi a due motivi) e (OMISSIS) (per un solo motivo). Entrambe le parti depositano controricorso con cui resistono all’avversa impugnazione, nonche’ memoria ex articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve qualificarsi come ricorso principale, vista la priorita’ di notifica (cfr., per tutte e da ultimo, Cass. n. 2516/16), quello di (OMISSIS) e come incidentale quello proposto da (OMISSIS) S.p.A.

Per l’effetto, legittimato alla proposizione di separato controricorso per resistere all’avversa impugnazione incidentale deve ritenersi il solo ricorrente principale.

2. Con unico motivo di ricorso (OMISSIS) denuncia violazione e falsa appliazione dell’articolo 72, comma 4, e allegato 6 e articolo 71, lettera c) c.c.n.l. 8.12.07 per i quadri direttivi dipendenti da aziende di credito, nonche’ dell’articolo 2118 c.c., comma 2, e L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18, comma 6, , nella parte in cui la sentenza impugnata ha liquidato l’indennita’ sostitutiva del preavviso in soli Euro 20.590,06 anziche’ in Euro 37.722,16 pari ad 8 mensilita’ dell’ultima retribuzione, come invece sarebbe spettato considerata l’anzianita’ del dipendente, superiore a 15 anni.

3. Il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) S.p.A. deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la sentenza confermato la tardivita’ del licenziamento disciplinare nonostante che, in realta’, esso sia stato irrogato nel momento in cui la societa’ ha avuto concreta conoscenza (e non mera astratta percettibilita’ o conoscibilita’) dei fatti; sostiene la ricorrente incidentale che contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito – tale momento deve individuarsi non gia’ allorquando, il (OMISSIS), alla societa’ e’ pervenuta la denuncia di una correntista, ma all’esito della lunga e complessa indagine interna, conclusasi solo nell’aprile 2013, che ha fatto emergere tutte le irregolarita’ commesse dal (OMISSIS).

Il secondo motivo denuncia, in subordine, violazione e falsa applicazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, comma 6, della L. n. 604 del 1966, articolo 3 e dell’articolo 2119 c.c., nonche’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata cumulato l’indennita’ risarcitoria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18, comma 6, e l’indennita’ sostitutiva del preavviso e per aver ritenuto che il ritardo nell’intimare un licenziamento disciplinare possa trasformare in giustificato motivo soggettivo quella che ontologicamente e’ una giusta causa di recesso.

4. Per esigenze di priorita’ logico-espositiva va inizialmente esaminato il primo motivo del ricorso di (OMISSIS) S.p.A., che si rivela infondato.

La giurisprudenza di questa S.C. ha piu’ volte precisato che, ove sussista un rilevante intervallo temporale tra i fatti contestati e l’esercizio del potere disciplinare, la tempestivita’ di tale esercizio deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilita’ del fatto, nelle sue linee essenziali, al lavoratore medesimo, la cui prova e’ a carico del datore di lavoro (cfr., ex aliis, Cass. n. 4724/14; Cass. n. 7410/10).

Il principio dell’immediatezza della contestazione mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettivita’, cosi’ da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per poter contrastare piu’ efficacemente il contenuto degli addebiti, e, dall’altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore – in relazione al carattere facoltativo dell’esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformita’ ai canoni di correttezza e buona fede – sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile (cfr., ex aliis, Cass. n. 13167/09).

Sempre alla luce della giurisprudenza di questa S.C., il criterio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, poiche’ si deve tener conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti e la complessita’ dell’organizzazione aziendale; la valutazione in proposito e’ riservata al giudice di merito (cfr., per tutte e da ultimo, Cass. n. 1248/16 e Cass. n. 281/16).

Nel caso di specie la sentenza impugnata ha, con accertamento di fatto non surrogabile in sede di legittimita’, rilevato che il nucleo essenziale dei fatti poi oggetto di contestazione erano gia’ conosciuti dalla societa’ almeno dal 2011 e che la societa’ medesima non ha provato la necessita’ degli ulteriori approfondimenti ispettivi, prova di cui era onerata.

Per il resto le ulteriori argomentazioni svolte in ricorso sostanzialmente sollecitano, ad onta dei richiami normativi in esso contenuti, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinche’ se ne fornisca un diverso apprezzamento.

Si tratta di operazione non consentita in sede di legittimita’, ancor piu’ ove si consideri che in tal modo il ricorso finisce con il riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053/14) sostanziali censure ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, a monte non consentite dall’articolo 348-ter c.p.c., commi 4 e 5, essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa la ritenuta tardivita’ della contestazione disciplinare.

5. E’ altresi’ infondato il secondo motivo del ricorso incidentale, sia pure correggendosi nei sensi che seguono (ex articolo 384 c.p.c., u.c.), la motivazione resa dalla sentenza impugnata.

I requisiti affinche’ al dipendente licenziato spetti l’indennita’ sostitutiva del preavviso sono: a) recesso dal rapporto effettuato senza preavviso dal datore di lavoro; b) assenza di giusta causa.

Entrambi sussistono nel caso in oggetto.

Esiste il primo perche’, premesso che e’ pacifico che si e’ trattato d’un licenziamento senza preavviso, una volta applicata la tutela meramente indennitaria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18 il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento medesimo.

Dunque, al lavoratore non e’ stato dato preavviso, ne’ la risoluzione del rapporto e’ stata in qualche modo posticipata rispetto alla data di intimazione del licenziamento, che resta un licenziamento in tronco.

Sussiste altresi’ il secondo requisito, poiche’ la violazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7 importa l’impossibilita’, per il datore di lavoro, di far valere l’eventuale giusta causa di recesso che pur poteva, in ipotesi, essere ravvisabile.

Valga a riguardo l’insegnamento maturato fin da Cass. S.U. n. 4844/94 (e sempre seguito dalle successive pronunce della Corte): il licenziamento disciplinare intimato senza la previa osservanza delle garanzie procedimentali stabilite dall’articolo 7 cit. non e’ nullo, ma soltanto ingiustificato, nel senso che il comportamento addebitato al dipendente, ma non ritualmente fatto valere attraverso quel procedimento, non puo’, quand’anche effettivamente sussistente e rispondente alla nozione di giusta causa o giustificato motivo, essere addotto dal datore di lavoro per sottrarsi all’operativita’ della tutela (reale o meramente obbligatoria) apprestata dall’ordinamento nelle diverse situazioni o all’onere del preavviso ex articolo 2118 c.c..

Quanto al cumulo di indennita’ ex articolo 18, comma 6, cit. e di indennita’ sostitutiva del preavviso, esso spetta in ogni caso di tutela meramente indennitaria (e non reintegratoria) prevista a fronte d’un licenziamento illegittimo.

In cio’ la tutela indennitaria di cui all’articolo 18, comma 6, cit. (applicata nel caso di specie) sostanzialmente non si distingue (se non per la mancanza dell’alternativa della riassunzione) da quella prevista dalla L. n. 604 del 1966, articolo 8 di guisa che, in virtu’ di consolidata giurisprudenza (cfr. Cass. n. 23710/15; Cass. n. 22127/06; Cass. n. 13732/06; Cass. n. 13380/06), al lavoratore spettano entrambe le indennita’ in tutti i casi in cui il licenziamento, ancorche’ ingiustificato, abbia comunque determinato l’estinzione del rapporto.

Entrambe possono coesistere, non essendo tra loro contraddittorie (diverso e’ il caso di tutela reintegratoria, che ripristinando il rapporto non ammette indennita’ sostitutiva del preavviso).

Ne’ puo’ supporsi una sorta di duplicazione di trattamento economico, diversa essendone la ratio: l’una mira a ristorare il lavoratore del disagio conseguente alla necessita’ di reperire nuova occupazione il secondo,, mentre l’altra e’ una penale determinata dal legislatore a fronte dell’illegittimo recesso (v. Cass. n. 13732/06, cit.).

6. Il ricorso principale di (OMISSIS) tutto incentrato sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 72, comma 4, e allegato 6 e 71 lettera c) c.c.n.l. 8.12.07 per i quadri direttivi dipendenti da aziende di credito – e’ improcedibile per mancata produzione, nel testo integrale, del c.c.n.l. medesimo.

Invero, per costante giurisprudenza (cfr., ex aliis, Cass. n. 4350/15; Cass. n. 2143/2011; Cass. 15.10.10 n. 21358; Cass. S.U. 23.9.10 n. 20075; Cass. 13.5.10 n. 11614), nel giudizio di cassazione l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilita’ del ricorso, dall’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, – e’ soddisfatto solo con la produzione del testo integrale della fonte convenzionale, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’articolo 1363 c.c..

Ne’ a tal fine basta la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito in cui tale atto sia stato eventualmente depositato, essendo altresi’ necessario che in ricorso se ne indichi la precisa collocazione nell’incarto processuale (v., ex aliis, Cass. n. 27228/14), il che nel caso in esame non e’ avvenuto.

7. In conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi, il che consiglia di compensare le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimita’. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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