Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 17 giugno 2015, n. 12486
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23969/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3060/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/05/2014 R.G.N. 6621/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- La sentenza attualmente impugnata accoglie l’appello di (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 12096/2012 e, in riforma di tale sentenza, annulla il licenziamento intimato all’appellante dalla (OMISSIS) s.r.l. il 24 maggio 2011 e, per l’effetto, ordina alla suddetta societa’ di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro precedentemente assegnatogli e la condanna a corrispondergli, a titolo di risarcimento del danno, una indennita’ pari all’importo delle retribuzioni globali di fatto dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegra, oltre agli accessori di legge e detratto quanto percepito dal lavoratore, negli anni 2012 e 2013, per attivita’ lavorativa svolta alle dipendenze di terzi ovvero per redditi di impresa.
La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:
a) ad avviso del Collegio, nella specie, e’ ravvisabile una sopravvenuta impossibilita’ della prestazione lavorativa “meramente temporanea”, come confermato non solo dal fatto che il lavoratore e’ riuscito, in poco tempo, ad acquisire i titoli e le abilitazioni la cui mancanza ha determinato il licenziamento, ma anche dalla circostanza che la datrice di lavoro non ha dedotto alcun elemento idoneo a dimostrare la ricorrenza di una ipotesi di impossibilita’ definitiva e non rimovibile;
b) pur dovendosi escludere la possibilita’ di attribuire rilievo, per la valutazione della sussistenza dell’interesse apprezzabile dell’azienda all’utilizzabilita’ dell’appellante in mansioni diverse, in ogni caso la societa’ avrebbe dovuto dimostrare le ragioni tecnico-produttive che rendevano impossibile attendere la rimozione del temporaneo impedimento all’espletamento, da parte del lavoratore, delle mansioni di pilota di I;
c) invece, la (OMISSIS) non solo non ha dato tale dimostrazione, ma neppure ha dedotto le anzi’dette ragioni, che, peraltro, nella specie, non appaiono neppure ravvisabili, date le dimensioni dell’organizzazione aziendale e il periodo di tempo molto contenuto che, con un giudizio ex ante, si puo’ ipotizzare come necessario per la rimozione dell’impedimento;
d) ne’ va omesso di rilevare che la datrice di lavoro, violando i principi costituzionali di solidarieta’ sociale, anziche’ segnalare al lavoratore – riammesso in servizio molto tempo dopo la sentenza dichiarativa della sussistenza, tra le parti, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a seguito della nullita’ dei termini apposti ad alcuni contratti intercorsi tra le parti – la necessita’ di riacquistare a sue spese i titoli e le abilitazioni mancanti, ha immediatamente proceduto al licenziamento, pur essendo consapevole del fatto che il corso di Type Rating doveva svolgersi necessariamente entro un periodo di tempo incompatibile con quello necessario per l’acquisizione dei titoli e delle abilitazioni mancanti.
2.- Il ricorso di (OMISSIS) s.r.l. domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi; resiste, con controricorso, (OMISSIS).
Entrambe le parti depositano anche memorie ex articolo 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Sintesi dei motivi di ricorso.
1.- Il ricorso e’ articolato in cinque motivi.
1.1- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Si contesta la affermazione della Corte d’appello secondo cui la mancanza dei titoli e elle abilitazioni posta a base del licenziamento e’ configurabile come sopravvenuta impossibilita’ della prestazione lavorativa “meramente temporanea”, come confermato non solo dal fatto che il lavoratore e’ riuscito, in poco tempo, ad acquisire i suddetti titoli e le abilitazioni, ma anche dalla circostanza che la datrice di lavoro non ha dedotto alcun elemento idoneo a dimostrare la ricorrenza di una ipotesi di impossibilita’ definitiva e non rimovibile.
Si sottolinea che la societa’ aveva evidenziato, nel giudizio di appello, che il lavoratore non essendo in possesso di una licenza in corso di validita’ come da normativa JAR – FCL 1025(a) (b) (1) non era abilitato ad accedere al nuovo Type Rating ATR, indicato nella lettera di ripristino del rapporto di lavoro e, conseguentemente, non poteva svolgere le mansioni di pilota di I, per le quali era stato assunto. Tale situazione faceva venire meno la causa del contratto per impossibilita’ sopravvenuta della prestazione, ai sensi dell’articolo 2119 c.c..
Era stato, in particolare, chiarito che, fin dal 2009, il (OMISSIS) non era in possesso della abilitazione necessaria a pilotare i nuovi aerei della Compagnia, non avendo effettuato il Type Rating per gli aerei B737 300/900 e ATR 42/72, abilitazione che non aveva ancora conseguito all’epoca del giudizio di appello e che e’ essenziale per il pilotaggio, non essendo all’uopo sufficiente avere la licenza o l’iscrizione all’albo.
1.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 41 Cost., della Legge n. 604 del 1966, dell’articolo 2119 c.c., nonche’ dell’articolo 421 c.p.c..
Si sostiene che le condizioni di legittimita’ del licenziamento vanno valutate con riguardo al momento in cui l’atto e’ stato intimato, mentre nella specie la Corte romana ha dichiarato l’illegittimita’ del licenziamento facendo riferimento a circostanze verificatesi dopo l’intimazione, con un metodo in base al quale l’ipotesi della impossibilita’ sopravvenuta della prestazione, come causa del recesso, verrebbe, di fatto, vanificata tutte le volte in cui il lavoratore, dopo l’atto di risoluzione, riesca a modificare e/o eliminare le condizioni fattuali che aveva reso impossibile la prestazione lavorativa.
In tal modo, verrebbe limitata la liberta’ dell’imprenditore di stabilire le modalita’ di svolgimento della propria attivita’, sancita dall’articolo 41 Cost., e sicuramente non limitata dalla Legge n. 604 del 1966, e verrebbe meno anche uno dei due limiti del potere istruttorio del giudice del lavoro, rappresentato dal rispetto dei fatti costitutivi del diritto controverso, sui quali non possono incidere le sopravvenienze.
1.3.- Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1175 e 1464 c.c., nonche’ del CCAL dei piloti (OMISSIS) s.r.l. del 2009.
Si contesta l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la (OMISSIS) s.r.l. avrebbe dovuto dimostrare le ragioni tecnico-produttive che rendevano impossibile attendere la rimozione del temporaneo impedimento all’espletamento, da parte del lavoratore, delle mansioni di pilota di I.
Si aggiunge che l’unica mansione esigibile ad un pilota e’ quella del servizio al volo, sicche’ se non ne e’ possibile l’espletamento, il recesso e’ legittimo in base alla contrattazione collettiva.
Inoltre, nella specie, non vi erano elementi che potevano rendere oggettivamente prevedibile la cessazione della impossibilita’ della prestazione, visto che, al momento del licenziamento, tale situazione si protraeva dall’ottobre 2009.
D’altra parte, non si puo’ sostenere che la societa’ abbia agito violandoci principi di correttezza e buona fede, in quanto, come attesta anche la relativa normativa, e’ il titolare della licenza che ha la responsabilita’ di avere cura delle date di scadenza della licenza stessa, come di ogni altra qualifica. E, nella specie, il lavoratore ha tenuto un comportamento negligente, indicativo di un palese disinteresse alla prosecuzione del rapporto e non si e’ curato di tenere aggiornata la documentazione necessaria per l’espletamento delle mansioni di pilota, mentre, nelle more, si e’ impegnato in dispendiose operazioni economiche nel settore della ristorazione.
1.4.- Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 253, 420 e 421 c.p.c..
Si precisa che, dalla sentenza impugnata, risulta che, secondo la Corte territoriale, le suindicate ragioni tecnico-produttive che rendevano impossibile attendere la rimozione del temporaneo impedimento allo svolgimento della prestazione non solo non sono state dimostrate dalla (OMISSIS), ma non sono state neppure dedotte e, comunque, non sarebbero ravvisabili, date le dimensioni dell’organizzazione aziendale e il periodo di tempo molto contenuto che, con un giudizio ex ante, si puo’ ipotizzare come necessario per la rimozione dell’impedimento.
Si rileva, al riguardo, che la societa’ si era offerta di fornire la prova dell’impossibilita’ di aspettare – data la non prevedibilita’ delle tempistiche – il perfezionamento della documentazione da parte del lavoratore necessaria, non tanto per rendere la prestazione lavorativa, ma semplicemente per accedere al Type Rating, con esito comunque con scontato.
La Corte d’appello non ha invece ammesso la prova orale chiesta, sul punto, dalla societa’, fin dalla memoria di primo grado ed ha emesso la propria decisione senza effettuare alcuna verifica della sussistenza delle condizioni che avevano determinato il licenziamento, con riguardo al momento della relativa intimazione.
1.5.- Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Si deduce che la Corte territoriale ha anche omesso di esaminare le attivita’ commerciali poste in essere dal (OMISSIS) nel periodo in cui aveva lasciato scadere la documentazione necessaria per la effettuazione del Type Rating e, conseguentemente, aveva reso impossibile l’espletamento delle mansioni di pilota.
Infatti, se la Corte d’appello avesse considerato che il lavoratore, nelle more, si e’ impegnato in dispendiose operazioni economiche nel settore della ristorazione, non solo avrebbe potuto rendersi conto non solo della carenza di interesse dimostrata dal (OMISSIS) rispetto alla ripresa dell’attivita’ di pilota ma avrebbe potuto apprezzare l’esistenza di altri elementi che rendevano impossibile la prestazione lavorativa per un periodo di tempo non compatibile con le esigenze aziendali.
2 – Esame delle censure.
2.- Il primo e il quinto motivo sono inammissibili, perche’ non sono formulati in modo conforme al nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, che si applica ratione temporis al presente ricorso (visto che la sentenza impugnata e’ stata depositata il 29 maggio 2014 e la novella si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012).
2.1.- Infatti, benche’ la rubrica di tali motivi abbia un contenuto conforme alla suddetta novella, le argomentazioni delle censure, invece, non ne tengono conto e neppure tengono conto dei condivisi orientamenti di questa Corte, secondo cui:
a) la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053 e n. 8054; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928);
b) tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella ” motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053);
c) analogamente deve escludersi che, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito in Legge 7 agosto 2012, n. 134, sia sindacabile, in sede di legittimita’, la correttezza logica della motivazione della idoneita’ probatoria di una determinata risultanza processuale, non avendo piu’ autonoma rilevanza il vizio di contraddittorieta’ della motivazione (Cass. 16 luglio 2014, n. 16300).
2.2.- Nella specie, e’ del tutto evidente che ne’ con il primo ne’ con il quinto motivo si denunciano “anomalie motivazionali che si tramutano in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in se'”.
Questo rende tali motivi inammissibili.
3.- Gli altri motivi di ricorso (secondo, terzo e quarto) – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non sono da accogliere, salva restando l’inammissibilita’ dei profili di censura con i quali – nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge, contenuto nell’intestazione di tutti i suindicati motivi – la societa’ ricorrente esprime, in realta’, un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse, non ammissibile in sede di legittimita’.
4.- Le restanti censure sono infondate in quanto non sono idonee a contestare in modo efficace quella che si deve considerare come la ratio decidendi che principalmente sorregge la motivazione della sentenza impugnata, rappresentata dalla affermazione secondo cui la datrice di lavoro – con violazione dei principi di correttezza e buona fede e dei “principi costituzionali di solidarieta’ sociale” – anziche’ segnalare, con congnio anticipo, al lavoratore – riammesso in servizio molto tempo dopo la sentenza dichiarativa della sussistenza, tra le parti, di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a seguito della nullita’ dei termini apposti ad alcuni contratti intercorsi tra le parti – la necessita’ di riacquistare a sue spese i titoli e le abilitazioni mancanti, ha proceduto al licenziamento pochi giorni dopo la accettazione, da parte dell’interessato, di riprendere servizio anche presso la sede di Pescara ove era stato trasferito, e benche’ la (OMISSIS) fosse consapevole del fatto che il richiesto corso di Type Rating doveva svolgersi necessariamente entro un periodo di tempo incompatibile con quello necessario per l’acquisizione dei titoli e delle abilitazioni mancanti.
Questo tipo di comportamento – che effettivamente risulta in contrasto i fondamentali principi richiamati dalla Corte romana – dimostra, di per se’, l’illegittimita’ del licenziamento, risultando priva di ragionevole giustificazione la decisione della societa’ di irrogare la sanzione espulsiva, in modo cosi’ “precipitoso” e adducendo motivazioni che appaiono del tutto pretestuose – come rileva la Corte territoriale – tanto piu’ ove si consideri l’intero rapporto intercorso fra le parti, che per ben tre anni si e’ sviluppato attraverso una serie di contratti a termine, giudizialmente dichiarati parzialmente nulli.
5.- Ebbene, la suindicata statuizione – idonea da sola a sorreggere la sentenza impugnata come si e’ detto – non viene specificamente contestata dalla attuale ricorrente, che, a proposito della violazione dei principi di correttezza e buona fede riscontrata dalla Corte romana, svolge argomentazioni del tutto ininfluenti ed ultronee rispetto alle ragioni poste a base della decisione, limitandosi a fare generico riferimento, del tutto non contestualizzato, alla normativa che pone a carico del proprietario della licenza la responsabilita’ di avere cura delle date di scadenza della licenza stessa, come di ogni altra qualifica, senza considerare che, nella specie, il pilota non ha mai negato tale circostanza ma si e’ trovato a subire, a causa del comportamento della (OMISSIS), uno iato nel suo percorso professionale, con conseguente forzata inutilizzazione della licenza.
La societa’ inoltre – anziche’ spiegare la ragione della condotta censurata dalla Corte d’appello, nel punto, rappresentata dal non avere avvertito in tempo utile l’interessato della necessita’ di procurarsi l’abilitazione necessaria a pilotare i nuovi aerei della Compagnia, onde poter ripristinare il rapporto di lavoro e, conseguentemente, svolgere le mansioni di pilota di I, per le quali era stato assunto, secondo quanto stabilito nella sentenza che aveva dichiarato l’illegittimita’ della clausola appositiva del termine ai contratti intercorsi fra le parti dal giugno 2006 all’agosto 2009 – sostiene che sarebbe stato il lavoratore a tenere un comportamento negligente, indicativo di un palese disinteresse alla prosecuzione del rapporto e, del tutto apoditticamente, desume tale disinteresse dal fatto che il pilota non si sia curato di tenere aggiornata la documentazione necessaria per l’espletamento delle mansioni di pilota e si sia impegnato, nelle more, in dispendiose operazioni economiche nel settore della ristorazione (circostanze che risultano del tutto inidonee a dare una giustificazione del comportamento della (OMISSIS), preso in considerazione nel suddetto passo della sentenza impugnata).
6.- Come si vede, quindi, nessuno dei pur numerosi argomenti svolti al riguardo dalla (OMISSIS) tocca minimamente la suddetta statuizione della sentenza impugnata, sicche’ la relativa impugnazione si’ deve considerare meramente apparente e quindi inesistente.
Trova quindi applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su piu’ ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827).
Questo porta al rigetto del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso, con assorbimento di ogni altro profilo di censura.
3 – Conclusioni.
7.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 5000,00 (cinquemila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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