Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 26 giugno 2015, n. 3240

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1006 del 2008, proposto dal signor Be.St., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi.Di. e Ca.To., con domicilio eletto presso l’avvocato Ca.To. in Roma, via (…);

contro

La Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi.Ma., con domicilio eletto presso l’Ufficio Rappresentanza della Regione Friuli-Venezia Giulia in Roma, piazza (…);

nei confronti di

I signori Da.Gi. ed altri;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia – Trieste n. 709/2007, resa tra le parti, concernente un concorso pubblico a 19 posti di dirigente amministrativo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2015 il Cons. Sabato Guadagno e uditi per le parti l’avvocato Ma.Ca. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Il sig. Be.St. impugnava, chiedendone l’annullamento, avanti al TAR Friuli Venezia Giulia il verbale n. 21 del 18 aprile 2006 della commissione giudicatrice del concorso pubblico a 19 posti di dirigente amministrativo, nonché la delibera di approvazione della graduatoria della giunta regionale n. 987 del 12 maggio 2006 ed i verbali della Commissione Giudicatrice.

Il ricorrente deduceva a sostegno del ricorso: a) la violazione del bando di concorso, b) eccesso di potere per disparità di trattamento, violazione del principio di collegialità e di imparzialità della commissione giudicatrice di cui all’art. 97 della Costituzione, c) la violazione della regola dell’obbligatoria identificazione dei candidati ammessi all’orale; d) la violazione dell’art.51, primo comma, della Costituzione; la violazione dell’art. 57 del D. lgs n. 165 del 2001; laviolazione art. 3 dello statuto della Regione F.V.G., la violazione dell’art. 15 del bando di concorso per il mancato rispetto della parità di genere nella composizione della commissione.

2.- Il T.A.R. Friuli-Venezia-Giulia, con la sentenza n. 709 del 2007, respingeva il ricorso,

ritenendo infondati tutti i motivi dedotti da parte ricorrente.

3. Il sig. Be. ha proposto appello, riproponendo tutte le censure prospettate in primo grado.

4.- Si è costituita in giudizio la Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto dell’appello.

5. – All’udienza pubblica del 28 aprile 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

6.- Si prescinde dalla disamina dell’eccezione di improcedibilità del ricorso, dedotta dall’Amministrazione resistente, in quanto il ricorso è infondato nel merito.

7.1- Con il primo motivo, parte appellante ripropone la censura di violazione del bando di concorso, assumendo che la domanda rivoltagli nella prova orale “definizione di ente pubblico e criterio di escludibilità” non rientrerebbe nell’area tipologica 3, in cui erano incluse le materie di “Contabilità di Stato e degli enti pubblici; ordinamento e organizzazione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia”, bensì in quella di “Scienza delle Finanze”: tale errore avrebbe comportato l’attribuzione di un punteggio complessivo di 26, inferiore al minimo richiesto di 28 punti per il superamento della prova.

Tale censura non può trovare accoglimento.

Al riguardo il Collegio rileva che lo stesso appellante riconosce nell’atto di appello (pag. 2) che l’esame della nozione di ‘bene pubblico’ rientra nella materia della “Contabilità di Stato”, sicché anche la nozione della ‘escludibilità’di un bene dal novero della categoria dei beni pubblici rientra nell’ambito della stessa materia, in quanto è desumibile anche a contrariis da una esaustiva e puntuale definizione di bene pubblico.

Peraltro, si tratta di una nozione rientrante nell’ambito del diritto amministrativo (di cui la contabilità di Stato costituisce un settore), che costituiva altra prova d’esame.

7.2- Va disatteso anche il secondo motivo, con cui parte appellante ha censurato gli atti della commissione esaminatrice sotto molteplici profili.

In proposito si osserva che lo svolgimento delle operazioni concorsuali e le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso costituiscono l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica, culturale o attitudinale dei candidati: esse non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico, un errore di fatto o ancora una contraddittorietà immediatamente rilevabile, vizi che risultano insussistenti nelle varie fattispecie prospettate da parte appellante.

E’ infondato il profilo di censura, secondo cui sarebbero illegittime le modalità di svolgimento della prova orale, senza una preventiva predisposizione di tutte le domande da sottoporre ai candidati con una estrazione a sorte, in quanto il D.P.R. n. 487 del 1994 non ha posto regole senz’altro applicabili per i concorsi indetti dalle Regioni, poiché ratione materiae prevalgono le disposizioni da queste emanate: per il caso di specie, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha applicato la specifica normativa regolamentare regionale, approvata con D.P.Reg n. 405 del 2004 (art. 13, comma 5, e art. 17 comma 1), di cui non è configurabile la dedotta illegittimità per violazione del medesimo D.P.R. n. 487 del 1994, rilevando il principio di specialità, in connessione con quello di riparto delle competenze normative tra lo Stato e la Regione.

Neppure si può ritenere che la previsione di una predeterminazione del numero minimo di quattro domande da sottoporre ai candidati e la formulazione delle domande alle prove orali da parte dei singoli componenti della Commissione abbiano violato il principio della par condicio nei confronti dei candidati, perché l’interrogazione e l’attribuzione del voto sono effettuate dalla commissione nella sua integrale composizione – ed infatti non sono state prospettate censure al riguardo- e quindi nel pieno rispetto della collegialità

Del resto, non è consentito al giudice amministrativo – nei giudizi aventi ad oggetto l’esito di procedure concorsuali – sostituire in sede giurisdizionale la propria valutazione a quella rientrante nell’ambito delle competenze attribuite dalla legge alla commissione esaminatrice.

Non ha alcun rilievo, sotto un distinto profilo, la diversa collocazione in graduatoria all’esito delle prove orali rispetto a quelle scritte, trattandosi della dinamica normale di ogni procedura concorsuale, in quanto non avrebbe significato l’espletamento delle prove orali, se fosse prevista da una norma l’immutabilità della collocazione in graduatoria dopo le prove scritte e non può pertanto costituire un sintomo di parzialità senza che siano addotti adeguati elementi comprovanti vizi di tale rilevanza da determinare la illegittimità delle prove.

Così pure la circostanza che al termine del concorso non siano risultati in graduatoria gli idonei non vincitori non ha alcun valore sintomatico, perché la presenza di candidati idonei costituisce una mera eventualità, che in questa specifica procedura concorsuale non si è realizzata.

7.3 – Con altra censura, parte appellante deduce l’illegittimità degli atti della procedura concorsuale perché sarebbe mancata la identificazione documentale di tutti i candidati ammessi alle prove orali, come risulterebbe dai verbali concorsuali.

Al riguardo, va rilevato che le stesse indicazioni nominative, contenute nell’atto di appello dimostrano che i concorrenti non identificati documentalmente erano tutti dipendenti regionali e quindi conosciuti dai membri della commissione o dalla struttura amministrativa di supporto, senza necessità di un ulteriore e superfluo riconoscimento documentale.

La mancata esibizione di un documento da parte del candidato, nel corso della prova orale di un concorso, costituisce al più una mera irregolarità, quando risulta la sua personale conoscenza da parte di uno o più commissari.

7.4- Con la quarta censura, parte appellante deduce la violazione dell’art. 57 del D.L.vo n. 165 del 2001, per il mancato rispetto del principio delle pari opportunità di genere tra uomo e donna nella composizione della commissione giudicatrice del concorso in esame, indetto nel 2006.

Al riguardo si osserva che la normativa sulle pari opportunità è preordinata a garantire nel senso più ampio le possibilità di occupazione femminile, sicché la sua violazione non può venir contestata altro che dalle possibili beneficiarie della stessa: in assenza di una esplicita disposizione normativa che preveda il contrario, la violazione della normativa di settore non esplica di per sé effetti vizianti delle operazioni concorsuali ed è rilevante soltanto in presenza di una condotta discriminatoria del collegio in danno dei concorrenti di sesso femminile. (Cons. Stato Sez. VI, 27-12-2006, n. 7962).

8.- L’appello va pertanto respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 1006 del 2008, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Condanna l’appellante signor Be.St. a rifondere all’appellata Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia le spese del presente grado di giudizio, liquidate in Euro 2.000,00, (duemila), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Vito Poli – Consigliere

Antonio Amicuzzi – Consigliere

Nicola Gaviano – Consigliere

Sabato Guadagno – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 26 giugno 2015.

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