Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 17 febbraio 2017, n. 4271

Legittimo il licenziamento del direttore dell’ufficio postale che autorizza la vendita di marche da bollo nella struttura

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 17 febbraio 2017, n. 4271

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. LORITO Matilde – Consigliere

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20168-2014 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 751/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/02/2014 R.G.N. 1198/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 4 febbraio 2014, la Corte d’Appello di Milano, confermava la decisione resa dal Tribunale di Lodi, e rigettava la domanda proposta da (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento per giusta causa intimato al primo per motivi disciplinari dati dall’aver disposto senza autorizzazione la vendita nell’ufficio postale da lui diretto di marche da bollo. La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa, disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso in appello, ritenuto nel merito la sussistenza in relazione alle caratteristiche oggettive e soggettive della condotta, non priva di rilevanza penale, ed al ruolo direttivo ricoperto dall’interessato, la sussistenza dell’invocata giusta causa di recesso.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il (OMISSIS), affidando l’impugnazione a quattro motivi cui resiste, con controricorso la Societa’, che ha poi presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare un vizio di motivazione, lamenta l’incongruita’ logica della valutazione operata dalla Corte territoriale in ordine alla ricorrenza nella specie dell’invocata giusta causa di recesso non avendo la Corte stessa dato rilievo alla diversita’ della condotta tenuta dal ricorrente rispetto all’ipotesi avuta presente in sede valutativa della vendita non autorizzata di marche da bollo.

Con il secondo motivo la denunciata violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, articolo 39 e’ predicata in relazione all’applicazione del divieto ivi previsto della vendita non autorizzata di marche da bollo all’ipotesi, non contemplata dalla predetta norma, della detenzione delle stesse successiva all’acquisto da rivenditore autorizzato e della conseguente cessione a terzi al medesimo valore d’acquisto.

Il terzo motivo e’ inteso a denunciare un vizio di motivazione in relazione all’omessa pronunzia della Corte territoriale in ordine alla prova offerta dal ricorrente circa l’autorizzazione dallo stesso ricevuta dai propri superiori gerarchici ad operare, in difformita’ dalla circolare aziendale, detenendo e cedendo ai clienti marche da bollo.

Il quarto motivo reca la denuncia di un ulteriore vizio di motivazione in relazione all’omessa pronunzia della Corte territoriale in ordine alla prova offerta dal ricorrente circa la riconducibilita’ ai compiti propri del personale degli uffici postali della verifica della sussistenza delle marche da bollo sulle domande di permesso di soggiorno presentate agli sportelli e, cosi’, sulla funzionalita’ dell’iniziativa del ricorrente a favorire l’agibilita’ dell’attivita’ dell’ufficio.

In sostanza, l’impugnazione nel suo complesso ruota intorno alla tesi per cui la Corte territoriale avrebbe erroneamente fondato il proprio giudizio in ordine alla ricorrenza nella specie dell’invocata giusta causa di recesso sulla riconducibilita’ della condotta addebitata al ricorrente all’ipotesi di illecito prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, articolo 39 e data dalla vendita di valori bollati in assenza di autorizzazione amministrativa, quando, invece, il comportamento tenuto dal ricorrente si concretava al piu’ nella mera detenzione di marche da bollo acquistate da rivenditore autorizzato e successivamente cedute a terzi al medesimo valore d’acquisto (si trattava infatti, a detta del ricorrente di marche da bollo tenute a disposizione di stranieri avviati all’ufficio da un associazione volta all’assistenza degli extracomunitari per il completamento delle relative pratiche presentate agli sportelli sul presupposto che rientrasse nei compiti degli addetti una verifica in tal senso), ipotesi questa non contemplata dalla norma predetta e, pertanto, priva di quel carattere di illiceita’ idoneo a giustificare il recesso.

Sennonche’, posta in questi termini la questione, l’impugnazione, con riferimento a tutti i quattro motivi su cui si articola, si rivela, al di la’ dei profili di inammissibilita’ che pure si ravvisano in relazione alla prospettazione di vizi di motivazione non piu’ consentita dalla nuova formulazione dell’articolo 360, n. 5, infondata.

In effetti, la pronunzia della Corte territoriale dichiarativa della legittimita’ del licenziamento intimato al ricorrente fa essenziale riferimento alla violazione da parte del ricorrente, investito di un ruolo direttivo, dei propri doveri di ufficio, attesa la piena conoscenza da parte del ricorrente medesimo della risalente dismissione del rilascio diretto di marche da bollo in favore della clientela ed, altresi’, l’estraneita’ ai compiti dell’ufficio del controllo dell’apposizione delle marche da bollo sulle domande di permesso di soggiorno desunta da documenti aziendali, elementi questi che il ricorrente non ha smentito nella loro veridicita’, opponendo soltanto ed in modo del tutto generico di aver chiesto di provare di aver ricevuto, in ordine alla detenzione delle marche da bollo, il parere positivo di due dei propri superiori e di aver ricevuto indicazioni in ordine alla competenza sul controllo da parte tanto degli istruttori incaricati della preparazione a tale servizio sia dalla filiale di (OMISSIS).

Cio’ posto, mentre il primo ed il secondo motivo risultano infondati, inammissibili si rilevano il terzo ed il quarto motivo.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *