Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 novembre 2017, n. 27209. Risarcimento del danno biologico per stato ansioso-depressivo in favore del lavoratore

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Si deve infatti osservare che, ben diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte di merito ha tenuto presenti, ed espressamente valutato ai fini della formazione del proprio convincimento, tutti gli elementi di fatto che si indicano come da essa trascurati: in particolare, la Corte ha preso in esame sia la circostanza dell’offerta alla (OMISSIS) di nuove collocazioni, sia quella del rifiuto della lavoratrice di accettarle (cfr. sentenza, p. 16).
Non viene, d’altra parte, spiegata la decisivita’ dell’avvenuto trasferimento a (OMISSIS), nel giugno 2006, in relazione al demansionamento realizzatosi (dal gennaio 2002) fino al 30 maggio precedente; mentre l’affermazione della Corte, per la quale il risarcimento deve essere parametrato all’intero periodo di dequalificazione, compresi i periodi di assenza della lavoratrice per malattia, e cio’ sul rilievo della “natura permanente dell’illecito e degli effetti risarcitori” (p. 17), configura essenzialmente una questione di diritto, deducibile quale vizio di violazione di legge.
Con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di varie norme del Codice civile (articoli 1218, 1223, 1226, 1227, 2103 e 2697), nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte riconosciuto alla (OMISSIS) il danno conseguente al demansionamento, peraltro svolgendo, nella sostanza, critiche di ordine motivazionale e omettendo di indicare specificamente le affermazioni in diritto che si porrebbero in contrasto con le norme richiamate: cio’ che riconduce alle ragioni di inammissibilita’ gia’ precisate in relazione al secondo motivo.
Ne consegue che il ricorso principale deve essere respinto.
E’ invece fondato, e deve essere accolto, il ricorso incidentale, con cui la lavoratrice, deducendo insufficiente/omessa motivazione, si duole del rigetto della propria domanda di condanna al risarcimento del danno biologico, avendo la Corte erroneamente ritenuto generiche le allegazioni relative all’esistenza di patologie, permanenti o temporanee, dipendenti dalla dequalificazione.
La Corte di appello e’ invero pervenuta ad una conclusione sommaria e ingiustificata, che non tiene conto ne’ della pluralita’ e specificita’ delle circostanze di fatto allegate dalla lavoratrice nel proprio atto introduttivo (circostanze poi riproposte in sede di memoria difensiva nel giudizio di secondo grado contenente appello incidentale), tali da delineare un quadro di emarginazione e isolamento aziendale; ne’ dei documenti sanitari prodotti, anche di qualificata provenienza, da cui emergeva uno stato ansioso-depressivo collegato ad una situazione lavorativa avversa; ne’ delle dichiarazioni dei testi, che avevano riferito della difficile condizione personale e professionale della (OMISSIS) nell’ambiente di lavoro presso il CUAS di Mestre.
La sentenza n. 490/2011 della Corte di appello di Venezia deve, pertanto, essere cassata, in accoglimento del ricorso incidentale, e la causa rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale procedera’ a nuovo e piu’ completo esame della domanda di condanna di (OMISSIS) al risarcimento del danno biologico conseguente all’accertata dequalificazione, in particolare prendendo in considerazione le circostanze di fatto allegate, i documenti prodotti e le risultanze delle prove testimoniali e dando ingresso, in esito a tale esame, ad eventuali approfondimenti e verifiche di natura medico-legale.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.

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