Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 16 novembre 2017, n. 27201. Giusta causa di licenziamento l’assenza ingiustificata dal lavoro

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Per la cassazione della sentenza il (OMISSIS) propone ricorso articolando un motivo.
La (OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso e deposita memoria ai sensi dell’articolo 378 codice di rito.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo articolato il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1464 e 1258 c.c. e L. n. 606 del 1966, articolo 3, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed in particolare lamenta che i Giudici di merito non avrebbero esaminato la circostanza che la carcerazione preventiva in se’ considerata non costituisce ne’ giusta causa, ne’ giustificato motivo soggettivo di licenziamento, integrando, invece, una parziale impossibilita’ sopravvenuta della prestazione lavorativa, sempre dovendosi tenere conto della durata dell’assenza, delle mansioni del lavoratore e della possibilita’ di sostituirlo, delle dimensioni e dell’organizzazione aziendale. Pertanto, a parere del ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nel ricondurre il comportamento del lavoratore esclusivamente ad una ipotesi integrante una violazione di norme contrattuali – articoli 8 e 10 Sez. 4, Titolo 7 CCNL Metalmeccanici – relative al termine per la presentazione delle giustificazioni ed altresi’ alle assenze ingiustificate. E la regolarita’ di svolgimento del rapporto lavorativo avrebbe dovuto essere considerata alterata dalla sopravvenienza di fatti oggettivi, con conseguente configurazione della fattispecie come ipotesi di temporanea impossibilita’ della prestazione, riconducibile all’articolo 1464 c.c..
1.1. Il motivo non e’ fondato.
Correttamente, infatti, la Corte distrettuale ha sottolineato che il (OMISSIS) ha lasciato il luogo di lavoro il 29/7/2010 senza fornire al datore di lavoro alcuna motivazione sino al 13/8/2010, giorno in cui ha dato delle giustificazioni assolutamente generiche senza indicazioni specifiche ne’ prove circa la sua eventuale impossibilita’ di comunicare con l’esterno, e cio’, peraltro, soltanto dopo che la societa’ datrice di lavoro, nel pieno rispetto dei termini stabiliti dal CCNL di categoria, aveva contestato l’assenza ingiustificata; la qual cosa era avvenuta otto giorni dopo l’inizio della detta assenza ingiustificata, a fronte di una previsione contrattuale di quattro giorni.
Inoltre, secondo quanto sottolineato dalla Corte di merito, all’esito di una valutazione ponderata, nonche’ scevra da vizi logici, delle risultanze istruttorie, il (OMISSIS) non ha allegato alcuna prova della impossibilita’ di avere contatti con l’esterno, o atta a dimostrare che le assenze fossero determinate da un giustificato impedimento, per il quale, comunque, ai sensi dell’articolo 13 del CCNL, avrebbe dovuto fornire le giustificazioni “al piu’ tardi entro il giorno successivo a quello dell’inizio dell’assenza stessa”.
Nella fattispecie, quindi, non si tratta di effettuare una verifica in ordine alla necessita’, da parte della societa’, di mutare o meno l’assetto organizzativo in conseguenza delle assenze del lavoratore, ma di mancato rispetto dei termini contrattuali per giustificare le assenze e del superamento del numero massimo delle stesse consentito dalla contrattazione collettiva. E, proprio avuto riguardo a quest’ultima, si versa, nel caso di cui si tratta, nell’ipotesi di un superamento di gravita’ tale da comportare l’applicazione della sanzione espulsiva.
Ed invero, questa Corte, al riguardo, ha in piu’ occasioni ribadito che sono i CCNL a prevedere che dopo un certo numero di giorni in cui il dipendente non si sia presentato al lavoro, l’azienda possa procedere al licenziamento. La Cassazione ha, infatti, affermato, anche di recente, che e’ sufficiente il verificarsi dell’ipotesi prevista dal CCNL affinche’ il licenziamento possa dirsi legittimo (cfr., tra le molte, Cass. n. 17987/2015).
Pertanto, in tale contesto, del tutto inconferenti appaiono le censure formulate dal ricorrente alla sentenza oggetto del giudizio di legittimita’, che attengono all’impossibilita’ parziale della prestazione ai sensi degli articoli 1464 e 1258 c.c., nella misura in cui il licenziamento di cui si tratta e’ stato reputato legittimo sul presupposto della sussistenza della giusta causa integrata dal dato obiettivo dell’assenza ingiustificata del lavoratore dal servizio per il periodo sopra specificato.
Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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