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Col primo motivo parte ricorrente contesta violazione e falsa applicazione degli articoli 2094 e 2106 c.c. per non avere, la sentenza gravata, operato un corretto accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro, in base al riconoscimento degli indici sintomatici primari che lo caratterizzano, tra i quali emergono in primo luogo i poteri datoriali direttivo, organizzativo e disciplinare, del tutto assenti nella fattispecie contrattuale controversa.
Col secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi, per non avere la Corte territoriale conferito rilievo alla saltuarieta’ delle prestazioni e al diritto del lavoratore di declinare la propria presenza giornaliera senza dover fornire una giustificazione, quali circostanze idonee a rendere incompatibile con lo schema contrattuale della subordinazione tipica il rapporto di lavoro controverso, coincidendo in tutto e per tutto, il modello prescelto dai contraenti, con lo schema legale della cd. parasubordinazione (Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61). La censura invocata e’ sostenuta dal richiamo alla decisione di prime cure in cui si specificava che le parti avevano dato corso a una pluralita’ di contratti di lavoro autonomo e di collaborazione professionale e che il quadro emerso portava a escludere radicalmente che la ricorrente avesse mai lavorato senza alcuna forma di regolarizzazione, ossia “in nero”.
Nel terzo, quarto e quinto motivo, rappresentati congiuntamente (peraltro, numerati in modo erroneo come 4, 5, e 6) si deducono: omesso esame di fatti decisivi (3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2094 c.c. (4), violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61 (5).
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