Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 21 dicembre 2017, n. 30707. Il sindacato di legittimita’ sui contratti collettivi integrativi di lavoro puo’ essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato

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3. Il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 5, comma 6, CCNL 1998/2001 in relazione all’Accordo decentrato di Ateneo Universita’ “Tor Vergata” del 1997, punto 3.5.3. e punti 1.2. e 1.3, nonche’ insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), contesta l’interpretazione del predetto Accordo decentrato in relazione all’indennita’ di professionalita’. Si assume che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto assorbita l’indennita’ di professionalita’ nella speciale indennita’ di responsabilita’ di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 63 CCNL 2000, prevista per il personale di categoria D svolgente incarichi di particolare responsabilita’. Si deduce che la sentenza impugnata aveva omesso di considerare che il punto 1.3. del medesimo Contratto decentrato aveva previsto il tacito rinnovo in caso di mancata disdetta anche dopo la scadenza del contratto nazionale di comparto, salve diverse ed esplicite disposizioni contrattuali o previsioni di legge. Si sostiene inoltre che la Corte di merito, con il richiamo agli Accordi integrativi del 2005 e del 2006, aveva implicitamente riconosciuto che l’indennita’ di professionalita’ prevista dall’Accordo decentrato del 1997 aveva continuato a produrre effetti in assenza di nuova pattuizione abrogativa fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni della contrattazione decentrata.
4. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile. Esso verte sulla prospettata “ultrattivita’” del Contratto decentrato di Ateneo “Tor Vergata” del 1997. La questione e’ da ritenere nuova, in quanto non trattata dalla sentenza impugnata e parte ricorrente non fornisce elementi atti a chiarire se, ed eventualmente in quali termini, tale questione fosse stata introdotta nel giudizio di primo grado e riproposta al giudice di appello.
4.1. Secondo costante giurisprudenza di legittimita’, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di cui all’articolo 366 c.p.c. del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (ex plurimis, Cass. n. 23675 del 2013, n. 324 del 2007, nn. 230 e 3664 del 2006). Nel giudizio di cassazione, che ha per oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarita’ formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio o, nell’ambito delle questioni trattate, di nuovi profili di diritto compresi nel dibattito e fondati sugli stessi elementi di fatto dedotti (Cass. n. 4787 del 2012).
5. Il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto vertenti sulla medesima questione giuridica, sono infondati. A prescindere dalla contraddittorieta’ della tesi della presunta “conservazione” dell’indennita’ di posizione, che fa leva indifferentemente sulla perdurante vigenza del contratto decentrato del 1997 (punto 3.5.5.), attuativo del CCNL 1996, e sulla nuova normativa contrattuale introdotta dall’articolo 63 CCNL 2000, sostitutiva di quella previgente, va osservato quanto segue.
6. L’indennita’ di posizione di cui all’articolo 47 CCNL 1994/1997 rientrava nel trattamento accessorio del personale dell’Universita’, in relazione all’articolo 42 dello stesso contratto, ed era corrisposto dalle Amministrazioni secondo la procedura e nei limiti delle risorse specificamente previste per tale “un’indennita’ accessoria, annua, lorda, revocabile, di importo variabile”, che veniva attribuita tenendo conto “del livello di responsabilita’, della complessita’ delle competenze attribuite, della specializzazione richiesta dai compiti affidati e delle caratteristiche innovative della professionalita’ richiesta”.
7. Il contratto collettivo 1998/2001 del 9 agosto 2000 contempla la retribuzione di posizione nell’articolo 62, quale trattamento economico accessorio, per il solo personale della categoria EP, precisandone il carattere sostitutivo delle indennita’ pregresse, pur nei limiti previsti dalla stessa norma (“…la retribuzione di posizione e di risultato assorbono tutte le competenze accessorie e le indennita’ previste dal contratto collettivo nazionale 21/5/96, compreso il compenso per il lavoro straordinario con l’esclusione dell’indennita’ di ateneo, dell’indennita’ di rischio da radiazioni di cui all’articolo 50 del presente CCNL, nonche’ dei compensi che specifiche disposizioni di legge finalizzano all’incentivazione di prestazioni o risultati del personale”).
7.1. Quanto al personale appartenente alla categoria D (come gli attuali ricorrenti), il trattamento accessorio e’ disciplinato – in modo completo ed esaustivo – dall’articolo 63, nel cui contesto sono ben distinguibili i presupposti di erogazione dell’indennita’ di cui ai primi due commi da quelli che invece regolano la fattispecie di cui ai commi 3 e 4.

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