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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 9 settembre 2015, n. 36475

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente

Dott. MASSAFRA Umberto – rel. Consigliere

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 688/2012 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 26/03/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) in sost. dell’avv. (OMISSIS) di Udine il quale chiede l’accoglimento del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di (OMISSIS) avverso la sentenza emessa in data 26.3.2014 dalla Corte di appello di Trieste che confermava quella del Tribunale di Tolmezzo in data 29.9.2011 con la quale il predetto era stato condannato, con attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla pena condizionalmente sospesa di mesi sette di reclusione con sospensione della patente di guida per mesi quattro per il delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale in danno (OMISSIS) (fatto dell'(OMISSIS)).

2. Il (OMISSIS), secondo quanto emerge dalla imputazione, nel percorrere la strada statale n. (OMISSIS) con direzione di marcia (OMISSIS), alla guida di un autocarro Iveco, svoltando a sinistra per immettersi in (OMISSIS), ometteva di usare la massima prudenza e di dare la dovuta precedenza al velocipede condotto da (OMISSIS) che, provenendo dall’opposta direzione di marcia, urtava frontalmente contro il serbatoio posto sul lato destro dell’autocarro e in seguito veniva travolto dalle ruote gemellari posteriori lato destro terzo asse del citato autoveicolo.

Secondo il giudice di primo grado, nella sua tesi seguito dalla Corte territoriale, risultava accertato che il (OMISSIS) aveva investito il (OMISSIS) durante l’attraversamento della statale, che le tracce di frenata presenti in loco non erano state lasciate dal camion condotto dall’imputato e che l’impatto tra il ciclista e il camion non era avvenuto sul serbatoio del camion stesso. La decisione di condanna si fondava essenzialmente sulla perizia redatta dall’Ing. (OMISSIS) la quale illustrava tre possibili ricostruzioni della condotta di guida dell’imputato tra loro alternative, specificava che i dati oggettivi sui quali elaborare la dinamica del sinistro non erano sufficienti per stabilire in modo univoco la modalita’ dell’investimento e rilevava che, comunque, in tutte le ipotesi ricostruttive delineate dal perito, vi era un dato incontestabile e cioe’ che in ogni caso il conducente del mezzo avrebbe dovuto dare la precedenza al velocipede sopraggiungente dalla sua destra posto che il (OMISSIS) in tutte le ipotesi ricostruttive delineate aveva a disposizione un campo di visibilita’ tale da poter avvistare il ciclista prima di iniziare la svolta.

3. Il ricorrente deduce i motivi di seguito sinteticamente riportati:

3.1. la mancata assunzione di una prova decisiva e l’inosservanza di norma prevista a pena di nullita’ ed inutilizzabilita’, contestando la ricostruzione del sinistro effettuata dal perito, priva di calcoli delle forze in gioco, e seguita dal giudice, e ribadendo la necessita’ della rinnovazione della perizia come richiesto piu’ volte nel corso del processo;

3.2. il vizio motivazionale in ordine all’omessa spiegazione della ritenuta attendibilita’ della perizia assumendo la sua incompatibilita’ con lo stato di fatto antecedente il sinistro;

3.3. la violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno atteso che questo era avvenuto da parte dell’assicurazione e non vi era prova di manifestazione concreta da parte dell’imputato della volonta’ di opporsi alla riparazione;

3.4. la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione alla mancata applicazione del criterio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti contestate.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

4. Il ricorso e’ parzialmente fondato, onde merita accoglimento per quanto di ragione.

5. Sub 3.1. e 3.2. Tali censure sono infondate. Esse tendono, sostanzialmente, ad una rivalutazione delle risultanze processuali non consentita in sede di legittimita’. Al riguardo, giova sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento e’ riservato in via esclusiva al giudice di merito” (Sez. Un. n. 6402/97, imp. Dessimone ed altri, Rv. 207944).

Ne’ la mancata rinnovazione dell’esperimento peritale, vale ad integrare il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), non potendosi ritenere la riassunzione della perizia d’ufficio “prova decisiva”: questa e’ solo quella che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante. Peraltro, la perizia non rappresenta nemmeno una prova decisiva tale valutazione costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, come nel caso di specie, e’ insindacabile in cassazione (Cass. pen. Sez. 4, n. 7444 del 17.1.2013, Rv. 255152). Infatti, la Corte territoriale ha addotto sul punto una meticolosa e diffusa motivazione (pag. 5 e ss.) in ordine alla sufficienza dell’istruttoria dibattimentale con specifico riferimento alla valutazione delle risultanze peritali. Inoltre, il nuovo testo dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), come modificato dalla Legge 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilita’ per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”, non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimita’ e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non e’ tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Per non dire che si verte in ipotesi di decisione di appello conforme, in ordine all’affermazione di colpevolezza, a quella di primo grado in cui il limite del devolutum non puo’ quindi essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimita’, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. 2, 15.1.2008, n. 5994; Sez. 1, 15.6.2007, n. 24667, Rv. 237207; Sez. 4, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636): circostanza non ravvisabile nel caso in esame.

Infine, si rammenta che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilita’, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – e’ rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimita’ se sorretti da adeguata motivazione, come appunto deve ritenersi nel caso di specie (ex pluribus: Cass. pen. Sez. 4, n. 37838 dell’1.7.2009, Rv. 245294). Sub 3.4. Anche tale motivo e’ infondato. La valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonche’ per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 c.p. e’ censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Evenienza che qui deve senz’altro escludersi attesa la congrua motivazione addotta sul punto dal Giudice a quo che ha richiamato la gravita’ del fatto. Sub 3.3. E’ fondata, invece, tale ultima censura.

Invero, le sentenze nn. 46557 del 2004 di questa Sezione, 12760 del 1991 della Sezione 3, 5941 del 2009 delle SS.UU. richiamate sia nell’impugnata sentenza sia nel ricorso, pur mettendo in rilievo la ricorrenza comunque di un profilo “volontaristico” nell’attenuante ex articolo 62 c.p., n. 6 nel senso che l’intervento risarcitorio deve essere riferibile all’imputato, hanno concordato con la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 138 del 1998) nel ravvisare la volonta’ di riparazione anche nell’avere stipulato un’assicurazione o nell’avere rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall’attivita’ pericolosa.

E’ stato in tal modo introdotto un principio di portata generale secondo il quale, ai fini della sussistenza dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6 il risarcimento, “ancorche’ eseguito dalla societa’ assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volonta’ di farlo proprio” (Fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale) (Sez. 4, n. 13870 del 6.2.2009, Rv. 243202).

Analogamente, deve ritenersi che l’attenuante in questione debba operare laddove il risarcimento sia stato effettuato dal datore di lavoro dell’imputato ovvero dalla compagnia assicuratrice del veicolo di sua proprieta’ e condotto da un suo dipendente, dal momento che deve ritenersi che quest’ultimo sia necessariamente a conoscenza dell’efficacia dell’assicurazione obbligatoria per la RCA stipulata a garanzia della circolazione del mezzo aziendale e condivida gli effetti riparatori della conseguente attivazione della Compagnia assicurativa a favore del responsabile civile e, mediatamente, in suo favore. E nel caso di specie il risarcimento e’ stato eseguito dalla societa’ assicuratrice su attivazione del responsabile civile, cioe’ della societa’ datrice di lavoro dell’imputato, proprietaria del camion, che aveva stipulato la polizza assicurativa.

5. Va annullata, pertanto, la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’articolo 62 c.p., n. 6 con rinvio su tale punto alla Corte di Appello di Trieste. Il ricorso dev’essere, nel resto, rigettato.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’articolo 62 c.p., n. 6 e rinvia su tale punto alla Corte d’Appello di Trieste.

Rigetta il ricorso nel resto.

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