guida in stato di ebrezza

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 8 febbraio 2016, n. 4985

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco – rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

Avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI TRIESTE in data 7 maggio 2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI:

udite le conclusioni del PG in persona del dott. Francesco Mauro Iacoviello che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

E’ presente per il ricorrente l’avvocato (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza resa in data 7 maggio 2014 la Corte d’Appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine del 7 febbraio 2013, appellata da (OMISSIS) e, in via incidentale, dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Trieste, ha aumentato la pena inflitta all’imputato in quella di mesi otto di arresto ed euro 2.300,00 di ammenda, confermando nel resto la impugnata decisione.

2. Il (OMISSIS) era stato tratto a giudizio per rispondere del reato previsto e punito dall’articolo 186 C.d.S., comma 1 e comma 2, lettera c) e comma 2 bis per aver circolato, alla guida del veicolo tipo BMW 525, targato (OMISSIS) di altrui proprieta’, in stato di ebbrezza dovuto all’assunzione di bevande alcoliche, essendo stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,50 (2,75 g/l). Con le aggravanti di aver provocato un incidente stradale e di aver commesso il fatto alle ore 3,50.

3. Avverso tale decisione ricorre in cassazione a mezzo del difensore il (OMISSIS) denunciando sotto piu’ profili violazione di legge, vizio di motivazione e mancata assunzione di prova decisiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso non puo’ trovare accoglimento.

Sostiene in primo luogo il ricorrente l’erroneita’ della disposta sanzione accessoria della revoca della patente, stante la concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante dell’aver provocato un incidente stradale.

Il motivo e’ infondato: come infatti precisato da questa Corte (cfr. da ultimo Sez. 4, n. 7821 del 2015) ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 2 – bis, secondo periodo, qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato – come nel caso di specie – un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l), fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 del presente articolo, la patente di guida e’ sempre revocata ai sensi del capo 2 , sezione 2 , del titolo 6 “.

La sanzione amministrativa della revoca della patente e’ quindi quella, legalmente dovuta e automaticamente conseguente all’accertamento del descritto reato. Ne’ alcuna rilevanza puo’ avere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla detta aggravante. L’avere, il conducente in stato di ebbrezza, provocato un incidente costituisce bensi’, infatti, ai sensi del primo periodo del medesimo comma, circostanza aggravante del reato di cui al comma 2 come tale soggetta al giudizio di bilanciamento, ma e’ pacifico nella giurisprudenza della Suprema Corte che, ai fini delle conseguenze diverse dalle sanzioni penali, la rilevanza del suo accertamento permanga anche in caso di giudizio di equi – o subvalenza rispetto alle circostanze attenuanti eventualmente ritenute sussistenti. Il giudizio di comparazione tra le circostanze, che conduca all’esclusione dell’operativita’ dell’aggravante sul piano sanzionatorio, non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato (v. anche, ai fini dell’esclusione della applicabilita’ della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’, Sez. 4, n. 17826 del 10/01/2014, Cavanna, non massimata; Sez. 4, n. 30254 del 26/06/2013, Colin, Rv. 257742; Sez. 2, n. 24862 del 29/05/2009, Randazzo, Rv. 244340; in precedenza, in altre situazioni, Sez. 5, n. 4539 del 19/01/1978, Perazzolo, Rv. 138656; Sez. 1, n. 11320 del 22/05/1978, Battista, Rv. 139992; Sez. 6, n. 3318 del 13/01/1981, dep. 1982, Ninzi, Rv. 152974; Sez. 4, n. 10212 del 13/07/1999, Pisano M., Rv. 214586; Sez. 4, n. 14502 del 12/10/1999, Benassai A., Rv. 215542).

Tale principio opera anche con riferimento alla sanzione amministrativa accessoria sopra richiamata della revoca della patente. Anche in tal caso, invero, come puntualmente precisato in alcune delle pronunce gia’ sopra richiamate, l’esito dell’eventuale giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e la concorrente circostanza aggravante di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2 – bis, non assume rilievo ai fini della individuazione della sanzione amministrativa accessoria da applicare, che e’ in ogni caso quella della revoca (in tal senso, v. Sez. 4, n. 17826 del 2014, cit., che ha anche escluso possa ravvisarsi profilo di dubbia legittimita’ costituzionale delle norme in tema di circostanze del reato – articoli 59 c.p. e segg., – nella parte in cui non dispongono che l’esito del giudizio di bilanciamento proietti i propri effetti, oltre che sulla pena principale e sulle pene accessorie, anche sulla sanzione amministrativa accessoria al reato, rammentando – sulla scorta dell’insegnamento di Sez. U, n. 8488/1998 – che, ancorche’ non possano essere negati i connotati schiettamente afflittivi delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente, queste sono pur sempre sanzioni che si giustificano diversamente dalle sanzioni penali, svolgendo una funzione riparatoria dell’interesse pubblico violato diretta a dare una risposta efficace, non solo repressiva ma anche preventiva, rispetto a fatti plurioffensivi, ovvero dotati di una particolare pericolosita’ per la convivenza sociale e per gli interessi pubblici).

Sotto altro profilo va inoltre precisato che nella irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie per il reato di guida in stato di ebbrezza, pur rilevando i parametri previsti dall’articolo 133 cod. pen., assume carattere preminente la finalita’ retributiva connessa alla gravita’ della violazione (cfr. Sez. 4, n. 26111 del 16/05/2012, Rv. 253597).

Quanto alla questione del mancato consenso al prelievo ematico, la sentenza evidenzia altresi’ che l’imputato, dopo la causazione di incidente stradale, venne trasferito presso un nosocomio. Giunto in pronto soccorso, il paziente fu subito sottoposto ad esame medico. Va a riguardo considerato che si e’ quindi in presenza di indagini disposte a fini terapeutici, prescindendo dalle indicazioni dei Carabinieri, sicche’ i relativi reperti documentali sono senz’altro utilizzabili nel processo. Questa Corte di legittimita’ ha avuto modo di enunciare ripetutamente che i risultati del prelievo ematico, effettuato durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilita’ processuale, la mancanza del consenso (Sez. 4, n. 8041, 21/12/2011, Rv. 252031; Sez. 4, n. 1827, 4/11/2009 Rv. 245997; Sez. 4, n. 4118, 9/12/2008 Rv. 242834).

Si e’ chiarito altresi’ che il difetto di consenso al prelievo del campione non costituisce una causa di inutilizzabilita’ patologica dell’accertamento compiuto, facendo appello a principi di natura costituzionale. In particolare, non appaiono violati i principi affermati con la sentenza della Corte Costituzionale 238/1996, che ha dichiarato l’illegittimita’ dell’articolo 224 c.p.p., comma 2, nella parte in cui consente che il giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla liberta’ personale dell’indagato o dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei “casi” e nei “modi” dalla legge. La Corte Costituzionale, come pure si e’ avuto modo di rimarcare (particolarmente Rv. 252031), e’ giunta alla pronuncia di illegittimita’ per arginare l’utilizzo di provvedimenti coercitivi atipici, astrattamente riconducibili alla nozione di “provvedimenti … necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali”, senza che fosse prevista alcuna distinzione tra quelli incidenti e quelli non incidenti sulla liberta’ personale, cosi’ cumulandoli in una disciplina, connotata da assoluta genericita’ di formulazione e totale carenza di ogni specificazione dei casi e dei modi in presenza dei quali soltanto poteva ritenersi legittima l’esecuzione coattiva di accertamenti peritali mediante l’adozione, a discrezione del giudice, di misure restrittive della liberta’ personale. Carenza normativa a cui, peraltro, di recente il legislatore ha posto riparo con l’introduzione dell’articolo 224 bis c.p.p.. Peraltro, la stessa Corte, nel censurare la genericita’ della disciplina penale, ha segnalato che invece, “… in un diverso contesto, che e’ quello del nuovo codice della strada (articoli 186 e 187), il legislatore – operando specificamente il bilanciamento tra l’esigenza probatoria di accertamento del reato e la garanzia costituzionale della liberta’ personale – abbia dettato una disciplina specifica (e settoriale) dell’accertamento (sulla persona del conducente in apparente stato di ebbrezza alcoolica o di assunzione di sostanze stupefacenti) della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, (prevedendo bensi’ in entrambi i casi la possibilita’ del rifiuto dell’accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilita’ dei conducente ad offrirsi e cooperare all’acquisizione probatoria); disciplina – questa – la cui illegittimita’ costituzionale e’ stata recentemente esclusa da questa Corte (sentenza n. 194 del 1996, citata) proprio denegando, tra l’altro, la denunziata venerazione dell’articolo 13 Cost., comma 2, atteso che la dettagliata normativa di tale accertamento non consente neppure di ipotizzare la violazione della riserva di legge”. Ne consegue che lo stesso giudice delle leggi ha riconosciuto la legittimita’ della disciplina del codice della strada, anche laddove nell’indicare le modalita’ degli accertamenti tecnici per rilevare lo stato di ebbrezza, non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei campioni. Cio’ che puo’ essere opposto e’ il rifiuto al controllo; ma la stessa sanzione penale che accompagna tale condotta, sancendone il disvalore, risulta incompatibile con la pretesa di un esplicito consenso al prelievo dei campioni.

Quanto infine alla doglianza relativa alla mancata assunzione di prova decisiva e’ giurisprudenza costante di questa Corte che la perizia, per il suo carattere “neutro” sottratto alla disponibilita’ delle parti e rimesso alla discrezionalita’ del giudice, non puo’ farsi rientrare nel concetto di prova decisiva (cfr. ex plurimis, Sez. 4, n. 14130 del 22/01/2007, Rv. 236191).

5. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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