Cassazione logo

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 28 aprile 2015, n. 17684

Ritenuto in fatto

1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 21/05/2014, ha confermato la pronuncia emessa in data 28/06/2013 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, che aveva dichiarato D.B.A.A. colpevole del reato di cui all’art.186, commi 1 e 2 lett.b), d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 per aver circolato sulla pubblica via alla guida di un velocipede, benché fosse in stato di ebbrezza con tasso alcolemico pari a 0,9 g/I.
2. A.A. D.B. propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in quanto la fattispecie prevista dall’art.186 cod. strada non può essere applicata nel caso in cui non si guidi un veicolo a motore. II ricorrente sostiene che debba essere applicato alla sanzione penale il medesimo principio interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità a proposito della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che non può essere applicata a colui il quale si sia posto alla guida di un veicolo per la cui circolazione non è stata richiesta alcuna abilitazione. La fattispecie concreta avrebbe potuto eventualmente essere sussunta, secondo il ricorrente, nell’ipotesi contravvenzionale prevista dall’art.688 cod. pen.

Considerato in diritto

1. II ricorso è infondato.
2. La prospettazione avanzata dal ricorrente in ordine alla pretesa inapplicabilità della disciplina penalistica della guida in stato di ebbrezza alla conduzione di veicoli non motorizzati (e segnatamente della bicicletta), non è condivisibile, essendosi i giudici del merito correttamente allineati al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, autorevolmente sostenuto dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte nel 2002, quando si è precisato che < Se è vero che la reazione dell’ordinamento giuridico, allorchè si prevede la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, svolge, talora, effettive funzioni cautelare, in quanto le misure rimediano nell’immediato ad uno stato di pericolo concreto – ad es., ritiro della patente a chi sia colto a guidare in stato di ebbrezza – è incontestabile che il ritiro della patente non potrebbe svolgere davvero alcuna funzione cautelare se la violazione, prevista e punita dall’art.186 cod. strada fosse commessa alla guida di una bicicletta o di altro veicolo per i quali non sia richiesta la patente. In questi casi, l’agente che accerti la violazione e si preoccupi, come deve, che l’autore della violazione non circoli, in quel momento, con quel veicolo, potrà avvalersi, a fini cautelare, di altri ipotizzabili sussidi, ma non del ritiro della patente e ciò per la decisiva ragione che la privazione della patente non sarebbe affatto di nessun ostacolo, in futuro, alla circolazione con quel veicolo con il quale è stata commessa la violazione, non essendo previsto, per la guida dello stesso, il possesso della patente> da ciò desumendosi chiaramente la pacifica rilevanza penale della condotta di guida in stato di ebbrezza qualora il mezzo di circolazione sia una bicicletta indipendentemente dall’applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie previste dalla norma violata (Sez. U, n. 12316 del 30/01/2002, Fugger, Rv. 221039, in motivazione; Sez. 4, n. 2021 del 09/07/1997, Crasnich, Rv. 209287).
3. Si deve, dunque, ribadire che il reato di guida in stato di ebbrezza può essere commesso attraverso la conduzione di una bicicletta, a tal fine rivestendo un ruolo decisivo la concreta idoneità dei mezzo usato a interferire sulle generali condizioni di regolarità e di sicurezza della circolazione stradale (Sez. 4, n. 4893 dei 22/01/2015, Pastore, Rv. 262038; Sez. 4, n. 19413 del 29/03/2013, Cologna, Rv. 255081). Giova, in proposito, ricordare quanto affermato sin dal 1995 dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte in merito alla contravvenzione di ubriachezza punita dall’art.688 cod. pen., che concorre con il reato di guida in stato di ebbrezza punito dall’art.186 cod. strada, data la diversità degli interessi giuridici rispettivamente tutelati dalle due norme (Sez.U, n. 1299 dei 27/09/1995, dep. 1996, Cirigliano, Rv. 203633); anche sotto tale profilo, data la necessità di garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l’incolumità di chi vi si trova, risulta chiara l’inconferenza delle argomentazioni svolte nel ricorso.
4. II ricorso è, dunque, infondato e va rigettato; segue, a norma dell’art.616 cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *