www.studiodisa.it

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV

SENTENZA 26 maggio 2014, n. 21241

Ritenuto in fatto

 1. D.M.G.R. , D.M.A. , D.M.D.N. , O.M. , Be.Se. , B.G. venivano giudicati dal Tribunale di Montepulciano responsabili della morte di C.B. il quale, mentre era intento a schiodare delle assi di legno all’interno del cantiere edile della D.M. Costruzioni s.r.l. sito in (omissis), veniva schiacciato da una gru a torre caduta a terra manovrata dall’O. .

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Firenze ha riformato la descritta pronuncia unicamente nelle statuizioni concernenti il trattamento sanzionatorio, che ha ridotto per tutti gli imputati, la cui condanna ha confermato.

2. Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito la causa della caduta al suolo della gru era da identificarsi nel sinergico concorrere di una sua errata movimentazione da parte dell’O. , il quale aveva avanzato il pesante carico agganciato sino allo sbilanciamento della gru, e nel mancato funzionamento del dispositivo di sicurezza denominato ‘limitatore di momento’, a sua volta determinato dalla mancata taratura dello stesso da parte dei montatori.

Di conseguenza, per quel che qui interessa, al Be. ed al B. , tecnici della ditta noleggiatrice Samet s.a.s., i quali avevano installato la gru, il Tribunale di Montepulciano aveva ascritto di non aver eseguito il collaudo e la taratura della stessa, in tal modo non rilevando che il dispositivo di sicurezza ‘limitatore di momento’ era inefficace a causa della saldatura di tondini interferenti con il microinterruttore che costituiva parte integrante del dispositivo di sicurezza; a D.M.G. , quale rappresentante legale e firmatario del POS e a D.M.A. , direttore tecnico e amministratore di fatto della D.M. Costruzioni s.r.l., e quindi entrambi quali datori di lavoro, veniva ascritto di aver omesso di sorvegliare l’installazione della gru, in violazione dell’art. 35, co. 4 d.lgs. 626/94; di aver adibito alla funzione di gruista un operaio sprovvisto di formazione ed informazione adeguata alla specifica mansione, in violazione dell’art. 38 d.lgs. 626/94; di aver omesso di sottoporre la gru alla verifica dell’ASL competente, in violazione dell’art. 4 d.lgs. 626/94. A D.M.D.N. , direttore di cantiere, veniva ascritto di non aver vigilato sull’attivazione dei dispositivi di sicurezza in fase di montaggio della gru e di non aver impedito al lavoratore inesperto O. di effettuare la pericolosa operazione di movimentazione del carico.

3. Alla conferma della dichiarazione di responsabilità la Corte di Appello è pervenuta rigettando i rilievi rispettivamente proposti dagli appellanti.

In particolare, vale rammentare che:

– il B. aveva dedotto l’assenza di prove sulla circostanza che l’installazione non era stata eseguita correttamente dai montatori, i quali avevano rilasciato il certificato che attestava il montaggio conforme alle prescrizioni di sicurezza.

La Corte di Appello ha ricordato che la mancanza di collaudo e di taratura era dimostrata, oltre che dalle risultanze dell’accertamento tecnico condotto dal consulente del p.m. – le quali indicavano la causa della caduta della gru a torre nel mancato funzionamento del dispositivo che leggeva la capacità di tenuta del peso via via che il carrello veniva fatto scorrere verso l’estremità del braccio, segnalando il superamento del punto di equilibrio – dal fatto che le fatture di acquisito dei materiali evidenziavano che al momento del montaggio in cantiere non c’erano materiali idonei ad eseguire la prova di sollevamento carichi. Rigettava, il Collegio distrettuale, anche la prospettazione dell’assorbente valore della circostanza dell’omessa richiesta della verifica dell’ASL da parte della impresa D.M. , richiamando il ruolo concausale della condotta degli installatori, secondo i principi di cui all’art. 41 cod. pen..

– Il Be. si era lamentato della omessa considerazione di possibili causali alternative, quali il c.d. ‘effetto pendolo’; la Corte di Appello ha ritenuto che l’ipotesi fosse meramente congetturale, non avendo trovato alcuna eco nelle dichiarazioni testimoniali; ed ha escluso che il comportamento colposo dell’O. potesse essere considerato unica causa dell’evento.

– D.M.A. aveva censurato che gli fosse stata attribuita la qualità di datore di lavoro, essendo egli un Direttore tecnico. Il giudice di seconde cure ha precisato, al riguardo, che se pure si prescinda dalla individuazione nel D.M. di un amministratore di fatto, questi era senz’altro da qualificarsi come dirigente ed in quanto tale destinatario tanto dell’obbligo di comunicazione all’Asl che di formazione dell’O. . A riguardo della prospettata esclusiva efficienza causale dell’operato degli installatori, che avevano rilasciato certificato di conformità del montaggio della gru, la Corte di Appello ha affermato che il sinistro si era verificato per il convergere del mancato funzionamento del dispositivo di sicurezza della gru e dell’errata manovra eseguita dall’O. , determinata dalla mancata formazione del medesimo e dall’omessa sorveglianza del direttore di cantiere; pertanto, l’omesso funzionamento del dispositivo di blocco della gru, ha affermato il giudice di seconde cure, non può avere ‘efficacia sulla omessa adozione delle primarie cautele preventive e non solleva i depositari di altre posizioni di garanzia da eventuali precedenti e concorrenti responsabilità’. Del pari infondata è stato ritenuta l’evocazione del principio di affidamento, in relazione al menzionato certificato di conformità: ciò in quanto l’impresa D.M. era tenuta alla verifica diretta dei sistemi di sicurezza gravanti sui montatori al termine del montaggio, come esplicitamente previsto dal POS, e a promuovere la verifica da parte della ASL.

– D.M.D.N. aveva lamentato l’assenza di colpa nel proprio operato e comunque l’assenza di efficienza causale del medesimo. La Corte di Appello ha rilevato che avendo il D.M. sottoscritto il verbale di consegna dei lavori ed essendo stato incaricato di sovrintendere alla esecuzione degli stessi nel cantiere, aveva assunto una posizione in ordine alla direzione effettiva delle operazioni secondo crismi di sicurezza e alla sorveglianza specifica dell’operato del personale dipendente operante nel cantiere, innanzitutto con riferimento all’utilizzazione dei macchinari secondo le loro caratteristiche. Inoltre egli aveva assistito al completamento delle operazioni di montaggio della gru senza esecuzione del collaudo del peso.

4. Avverso la decisione appena riassunta ricorre per cassazione D.M.A. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Danilo Ammannato.

4.1. Con un primo motivo deduce violazione dell’art. 606, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 27 Cost., 40 e 43 cod. pen., 2 e 18, co. 3bis d.lgs. n. 81/08.

Rileva il ricorrente che la Corte di Appello, dopo aver attribuito al ricorrente la qualifica di dirigente, ha richiamato una sua posizione di garanzia senza individuare una condotta colposa che gli sia riferibile perché l’obbligo di comunicazione all’ASL della avvenuta installazione della gru incombe per legge al datore di lavoro, così come l’obbligo di formare i lavoratori e nella specie il gruista O. , e perché il ricorrente non era stato presente sul cantiere nel quale avvenne il sinistro.

4.2. Con un secondo motivo si lamentano analoghe violazioni, questa volta in relazione all’art. 40 cod. pen. e all’art. 26, co. 4 d.lgs. n. 81/08, per avere la Corte di Appello erroneamente posto in capo al ricorrente un obbligo di controllo sull’operato della ditta Samet, ancorché in forza dell’art. 26 cit., non sussista l’obbligo, per il committente, di eseguire un controllo pressante, continuo e capillare sull’operato di ditta appaltatrice specializzata, in particolare con riferimento ai danni da rischi specifici propri dell’attività di quest’ultima.

Ravvisa l’esponente errore di diritto e vizio di illogicità della sentenza laddove afferma una responsabilità omissiva per colpa a carico di D.M.A. in relazione al comportamento del gruista, poiché tale responsabilità compete al capo cantiere.

4.3. Con un terzo motivo si deduce vizio motivazionale in relazione agli artt. 62bis e 133 cod. pen., lamentando che la Corte di Appello abbia negato la concessione delle attenuanti generiche sulla base di un unico precedente penale colposo del ricorrente e senza considerare che questi non era il datore di lavoro né il responsabile della sicurezza e che la causa essenziale dell’incidente, per affermazione della stessa Corte distrettuale, fu il mancato funzionamento del dispositivo di blocco della gru; infine, la Corte di Appello non ha valutato che la responsabilità del fatto ricade su ulteriori soggetti.

5.1. B.G. ricorre per cassazione con atto sottoscritto dal difensore, avv. Mariangela Marrangoni.

Con un primo motivo deduce violazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. Sostiene l’esponente che non essendo emersa la prova che i tondini siano stati saldati dai montatori ed essendo verosimile che siano stati saldati successivamente all’installazione della gru – infatti ciò spiegherebbe la mancata comunicazione alla ASL da parte dell’impresa D.M. -, deve essere esclusa la colpa dei montatori perché se anche essi avessero collaudato e tarato il dispositivo di sicurezza, ciò non avrebbe evitato l’infortunio, causato dalla successiva azione sul microinterruttore. Allo stesso modo, se il datore di lavoro avesse fatto la comunicazione alla Asl, l’evento non si sarebbe verificato. Rileva, al riguardo, che l’installazione venne eseguita il 26.9.2006 e che l’incidente si verificò il (omissis) ; l’impresa D.M. avrebbe avuto il tempo per eseguire la comunicazione all’ASL, che a sua volta avrebbe potuto eseguire la verifica. Aggiunge che nel caso di specie eseguire o meno la taratura era irrilevante perché la gru era del tipo automontante; il che significa che le precedenti tarature non venivano meno a causa della successiva installazione. Peraltro, anche con la taratura il sinistro si sarebbe egualmente verificato, stante la grave colpa ascrivibile all’O. nel manovrare la gru. Infine, tenuto conto della responsabilità dei coimputati, la condotta del B. non può considerarsi causa dell’infortunio.

5.2. Con un secondo motivo si deduce vizio motivazionale. Ad avviso dell’esponente, l’accertamento condotto dal consulente del p.m. non è attendibile, per ragioni di merito che egli espone compiutamente. Per contro, si aggiunge, emerge la possibilità che la gru si sia ribaltata per l’effetto pendolo dovuto alla imperizia del gruista nello svolgere l’operazione di carico e movimentazione dei materiali. L’esponente rileva che ciò era stato segnalato con l’appello, senza che però la sentenza impugnata renda motivazione sul punto, se non per dire che l’ipotesi del pendolo è frutto di mera illazione perché nessuno dei testimoni l’ha riferita; ma tanto può dirsi anche per la ‘corretta’ manovra del gruista.

5.3. Con un terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606, lett. d) cod. proc. pen., laddove è stato negato il confronto tra il consulente del p.m. e quello degli imputati e non è stata accolta la richiesta di nomina di un perito.

5.4. Con un quarto motivo ci si duole di un’asserita violazione di legge, commessa in relazione all’art. 589 cod. pen.. La Corte di Appello ha inflitto al B. una pena più elevata rispetto a quella dei coimputati, ancorché essi rispondano del più grave reato di cui all’art. 589, co. 2 cod. pen. non essendo stata contestata al medesimo se non la colpa generica.

5.5. Con un quinto motivo si lamenta violazione di legge in relazione all’art. 133 cod. pen. ed altresì vizio motivazionale. Si sostiene che la pena più elevata inflitta al B. anche rispetto al B. non è giustificata da alcuna motivazione. L’unico parametro che sembra essere stato assunto dalla Corte di Appello è quello della maggiore anzianità del B. ; ma per l’esponente tanto rende illogica la motivazione. Non può ritenersi che alla maggiore età anagrafica corrisponde certamente maggiore esperienza professionale; né risulta dagli atti che il Be. abbia svolto compiti di mera manovalanza.

5.6. Con un sesto motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche, per non aver la Corte di Appello reso alcuna motivazione sul punto.

6. Con atto a firma dell’avv. Salvatore Perrotta ricorre ancora il B. , unitamente al Be. , deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in punto di nesso causale, che si ritiene non riferibile all’operato dei montatori per la ‘predominanza’ rispetto alla omessa taratura della omessa richiesta di verifica alla ASL, del comportamento del gruista e dell’omessa formazione del medesimo. Inoltre, continua l’esponente, la condotta del gruista è stata nell’occasione specifica senz’altro abnorme, come dimostrato dal fatto che la gru era stata utilizzata per alcuni mesi senza che avvenissero incidenti.

7. Ricorre per cassazione D.M.N. , con atto sottoscritto dal difensore, avv. Emilio Somma.

7.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge per la mancata enunciazione in forma chiara e precisa del fatto contestato all’imputato; l’eccezione sollevata dinanzi al giudice di primo grado e poi alla Corte di Appello ha portato questa a mutare il nucleo della condotta ascritta all’imputato, che da quella di aver causato il crollo della gru è divenuta quella di aver omesso di sorvegliare affinché l’operatore della gru non trasportasse carichi eccessivi rispetto alla portata dello strumento. Tanto integra violazione dell’art. 429, co. 2 cod. proc. pen..

7.2. Con un secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’omesso avviso al difensore di fiducia del conferimento dell’incarico al consulente del p.m. ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen.. Sostiene l’esponente che, essendo stato nominato difensore di fiducia dopo che il difensore di ufficio aveva ricevuto il menzionato avviso, il p.m. avrebbe dovuto dare avviso anche al difensore di fiducia, posto che la nomina era intervenuta prima del conferimento dell’incarico. Da tanto si fa derivare l’inutilizzabilità della consulenza svolta su incarico del p.m..

7.3. Con un terzo motivo si deduce vizio motivazionale e violazione di legge in relazione all’art. 41 cod. pen.. La qualità di gruista dell’O. e la certificazione rilasciata dai tecnici in ordine al perfetto funzionamento della gru sono per l’esponente elementi che hanno determinato una frattura del nesso causale tra la condotta del D.M. e l’evento.

Considerato in diritto

 8. I ricorsi sono infondati, nei termini di seguito precisati.

9.1. L’assunto di D.M.A. secondo il quale la Corte di Appello avrebbe errato nell’attribuirgli le violazioni degli obblighi di dare comunicazione all’ASL della avvenuta installazione della gru e di formare i lavoratori, obblighi posti a suo carico nonostante egli sia stato qualificato come dirigente, è irricevibile per un duplice aspetto. In primo luogo, sia pure in termini non del tutto lineari, la Corte di Appello ha attribuito a D.M.A. la qualifica di datore di lavoro (si veda pg. 18). In secondo luogo, anche a preferire una lettura ‘iduttiva’ della motivazione in esame, e quindi a ritenere che all’imputato in parola si sia assegnato il ruolo di dirigente, va rammentato che il d.lgs. n. 626/94 (al quale occorre fare riferimento ratione temporis) poneva anche in capo a tale figura sia l’obbligo di provvedere alla formazione dei lavoratori; altrettanto faceva il d.p.r. n. 547/55 quanto all’obbligo di dare comunicazione all’ASL della avvenuta installazione della gru.

Occorre dare atto al ricorrente che la tecnica legislativa attraverso la quale si è pervenuti ad accomunare il datore di lavoro ed il dirigente per taluni obblighi prevenzionistici (la più parte di quelli incombenti sul datore) non è esattamente limpida. L’art. 22, proprio per stare al tema del ricorso, menzionava unicamente il datore di lavoro come soggetto tenuto ad adempiere all’obbligo di formazione. Ma l’art. 89, co. 2, lett. a) puniva tanto il datore di lavoro che il dirigente per la violazione dell’art. 22, commi da 1 a 5, così definendo anche l’ambito di applicazione dei reati evocati.

Da parte sua, l’art. 194 d.p.r. 547/55, richiamato dalle sentenze di merito per l’obbligo di sottoporre a verifica annuale la gru in questione, è tra le norme la cui violazione l’art. 389 del citato d.p.r. pone a carico tanto del datore di lavoro che del dirigente; ed anche l’art. 35, co. 4quater d.lgs. n. 626/94, che prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di far eseguire le verifiche delle attrezzature ivi menzionate viene richiamato dall’art. 89, co. 2 lett. a), che contempla la soggezione a pena tanto del datore di lavoro che del dirigente per l’ipotesi della violazione di quella norma.

Così ribadita l’esistenza in capo al dirigente degli obblighi che la Corte di Appello ha individuato come violati, risulta del tutto privo di rilievo che il D.M. non fosse presente sul cantiere perché la sua attività lo portava a muoversi su un ampio scacchiere territoriale. La circostanza poteva influenzare le modalità di adempimento degli obblighi ma non sottrarre l’obbligato ai propri doveri.

9.2. Infondata è la censura che si muove alla sentenza impugnata, lamentando che essa abbia attribuito al D.M. un obbligo di controllo sull’operato della ditta Samet. Invero, la Corte di Appello ha posto a fondamento del giudizio di responsabilità dell’imputato in parola l’aver adibito alla gru un operaio non adeguatamente formato. Il controllo al quale ha fatto riferimento la Corte distrettuale è quello previsto dal POS (consistente nella verifica diretta dei sistemi di sicurezza gravanti sui montatori al termine del montaggio) ed altresì quello previsto dall’art. 35, co. 4quater cit., che si è già detto doveroso anche per il dirigente. Pertanto, risulta non pertinente il richiamo, fatto dal ricorrente, all’art. 26 d.lgs. n. 81/08, che concerne il c.d. rischio interferenziale.

Quanto appena espresso da altresì conto della infondatezza del rilievo che vorrebbe attribuita in via esclusiva al capo cantiere la responsabilità per aver adibito l’O. al comando della gru.

9.3. Infine, in relazione al diniego delle attenuanti generiche, va rammentato che nel motivare tale decisione non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 – dep. 23/09/2010, Giovane e altri, Rv. 248244). Nel caso di specie, è il ricorrente medesimo a rilevare come la Corte di Appello abbia fatto perno sulla gravità del fatto e sull’esistenza di un precedente penale specifico.

10.1. Il primo motivo del ricorso del B. attinge il tema del nesso di causalità, asserendo per più versanti che anche qualora fosse stata tenuta la condotta lecita l’evento si sarebbe egualmente verificato perché i tondini interferenti con il microinterruttore erano stati saldati dopo il montaggio della gru e perché la condotta gravemente imprudente dell’O. avrebbe provocato comunque la caduta della gru.

Orbene, che i tondini siano stati posti in situ solo dopo il montaggio della gru presso il cantiere della D.M. Costruzioni s.r.l. è congettura del ricorrente non assistita dall’accertamento processuale. Ciò posto, risulta evidente che la mancata taratura e quindi l’omessa verifica del funzionamento dei dispositivi di sicurezza della gru abbiano avuto un ruolo decisivo nella causazione dell’evento, in concorso con le ulteriori cause individuate dai giudici di merito, tra le quali l’errore operativo del gruista O. .

È appena il caso di rammentare che nell’ipotesi di concorso di cause l’ordinamento limita l’attribuzione dell’evento ad una sola di queste unicamente ove essa si presenti come fatto imprevedibile ed atipico. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, le cause sopravvenute idonee a escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dall’agente, sia quelle che, pur inserite in un percorso causale ricollegato alla condotta (attiva od omissiva) dell’agente, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, sì da risultare imprevedibili in astratto e imprevedibili per l’agente (tra le altre, Sez. 4, n. 43168 del 21/06/2013 – dep. 22/10/2013, Frediani, Rv. 258085). Tale non può ritenersi l’errore – per quanto macroscopico – dell’operatore di un’attrezzatura nello svolgimento dei compiti affidatigli. All’inverso, è consolidato orientamento quello che rimarca come la condotta negligente od imprudente originata dall’altrui condotta colposa non costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, non risultando abnorme né del tutto imprevedibile (Sez. 4, n. 32303 del 02/07/2009 – dep. 06/08/2009, Concas, Rv. 244865).

10.2. Manifestamente infondato è poi il secondo motivo, che invero tende a veder affermata una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata con le sentenze di merito. Di ciò risulta avvertito l’esponente medesimo che infatti conclude rilevando l’omessa motivazione in merito alla prospettazione difensiva del verificarsi del c.d. effetto pendolo. In realtà si tratta di un mero artificio retorico, perché il ricorrente si appresta poi a censurare la replica fornita dalla Corte di Appello. Orbene, vale ricordare che compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall’aver assunto dati inconciliabili con ‘atti del processo’, specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).

Dunque, se è vero che la Corte di Appello ha respinto la ricostruzione alternativa fondata sul c.d. effetto pendolo bollandola come ‘frutto di mera illazione’, è però altrettanto vero che essa è poi scesa ad una dimostrazione ben più ancorata alle risultanze processuali. Infatti, il Collegio distrettuale ha aggiunto che tale ipotesi era da escludere perché al momento del crollo della gru il carrello era all’ultimo dei venticinque metri di lunghezza del braccio; pertanto, si era verificata una estensione non compatibile con il mantenimento dell’equilibrio del braccio. Trattasi di motivazione non manifestamente illogica; di conseguenza non censurabile in questa sede.

10.3. Vale rammentare che la sentenza con cui il giudice respinge la richiesta di una perizia, ritenuta decisiva dalle parti, non è censurabile ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione (Sez. 4, n. 7444 del 17/01/2013 – dep. 14/02/2013, Sciarra, Rv. 255152).

Nel caso che occupa la Corte di Appello ha esplicato che quanto affermato dal consulente tecnico del P.M. è risultato esaustivo, tanto da rendere non necessario procedere al conferimento di incarico peritale e al confronto tra gli esperti delle parti (pg. 12). Si è quindi in presenza di adeguata motivazione, non censurabile in questa sede.

10.4. In merito al trattamento sanzionatorio le doglianze del ricorrente si indirizzano a diversi profili. Va quindi precisato che per quanto al B. non sia stata contestata l’ipotesi di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme prevenzionistiche, la pena inflittagli risulta in ogni caso legale, poiché determinata nell’ambito del range espresso dai termini edittali. Né può affermarsi che ogni ipotesi di reato commesso con colpa specifica – nucleo di una circostanza aggravante – sia per ciò solo più grave dell’omologo reato commesso con colpa generica, posto che la natura della violazione cautelare è solo uno dei parametri influenti sul complessivo trattamento sanzionatorio. È appunto il caso che occupa, nel quale la Corte di Appello ha ritenuto il fatto del B. di particolare gravità perché questi era stato il ‘principale artefice del disfunzionamento della gru, avendo egli pretermesso, quale montatore più anziano,… la taratura del limitatore di movimento ed il successivo collaudo’. Dove l’evocazione della maggiore anzianità del B. , lungi dal rendere illogica la motivazione, sta come d’uso a significare il maggior grado di esperienza e quindi le maggiori capacità di dominio della situazione, con conseguente maggiore rimproverabilità della violazione delle regole che governavano l’attività di montaggio della gru. La diversa affermazione del ricorrente è meramente assertiva.

Quanto alla censura che investe la mancata concessione delle attenuanti generiche, la Corte di Appello ha reso sul punto una motivazione implicita. Evenienza ammissibile, anche in presenza di una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013 – dep. 26/06/2013, Camello ed altri, Rv. 256340). Orbene, il Collegio distrettuale ha essa evidenziato i fattori conducenti alla riduzione della pena e al contempo indicato quelli che sostengono la misura determinata, dando in tal modo conto delle ragioni della congruità della pena così come inflitta e quindi della mancata concessione delle attenuanti generiche, la cui funzione è per l’appunto quella di adeguare la pena al fatto.

10.5. Il motivo proposto con l’impugnazione redatta dall’avv. Perrotta -unico motivo per il Be. – deve essere trattato unitamente a quelli, analoghi, formulati dagli ulteriori ricorrenti (vd. infra, parag. 12).

11.1. Il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di D.M.N. appare manifestamente infondato. Si assume la sussistenza di una violazione dell’art. 429, co. 2 cod. proc. pen., ovvero di una prescrizione concernente il decreto che dispone il giudizio evocando tuttavia non già la incompletezza della contestazione in esso contenuta ma la mutazione che della contestazione originaria avrebbe compiuto la Corte di Appello. In ogni caso, l’esponente medesimo rileva che al D.M. era stato contestato di aver omesso, quale capo cantiere, di impedire all’O. di effettuare l’operazione descritta nella complessiva imputazione. Invero non si vede come una simile contestazione possa essere qualificata ‘generica’, specie se letta unitamente alla minuta descrizione dell’intero accadimento pure contenuta nella contestazione.

La modifica che si imputa alla Corte di Appello è invero insussistente (oltre che irrilevante nella prospettiva tracciata dal motivo di ricorso), essendosi questa limitata ad ulteriormente esplicitare il senso dell’enunciato originario: ‘omesso… di sorvegliare affinché l’operatore della gru non trasportasse carichi eccessivi rispetto alla portata dello strumento’.

11.2. In tema di comunicazioni (in senso lato) al difensore, quale quella prevista dall’art. 360 cod. proc. pen., va condivisa quella giurisprudenza di legittimità secondo la quale ‘le notificazioni, così come le comunicazioni e gli avvisi, devono essere indirizzate al difensore della parte che risulti nominato, d’ufficio o di fiducia, al momento in cui sono disposte, senza alcun obbligo di rinnovazione in favore del difensore successivamente nominato (Sez. 3, n. 20931 dell’11/3/2009, P.M. in proc. Fanin, rv. 243864). Invero, a ritenere diversamente si esporrebbe il procedimento alle manovre ostruzionistiche della parte (in astratto qualsiasi parte), che attraverso la reiterazione di nomine e revoche sarebbe in grado di procrastinare l’assunzione dell’atto in vista del quale gli è dovuta comunicazione, per la necessità di garantire la regolarità del medesimo. Peraltro, proprio in materia di accertamenti tecnici irripetibili il legislatore ha dato mostra di voler preservare la rapidità dell’atto, prevedendo che l’avviso venga dato dal p.m. ‘senza ritardo’. Correlativamente, non può trovare accesso un’interpretazione della norma che possa pregiudicare la tempistica tipica dell’accertamento irripetibile. Né va ignorato che il principio qui ribadito non implica alcuna limitazione del diritto di difesa, essendo assicurata la comunicazione ad un difensore della parte, sul quale grava l’onere di trasmettere l’informazione a quello investito del mandato al tempo dell’incombente investigativo.

12. In ragione della comune prospettazione (primo motivo B. , ricorso Be. – B. , terzo motivo D.M.N. ) della insussistenza del nesso causale tra l’evento e la condotta rispettivamente ascritta per la ricorrenza di una pluralità di ulteriori condotte aventi efficienza causale nella produzione del sinistro che ha visto vittima il C. , appare opportuno rammentare che l’ipotesi di concorso di condotte aventi efficienza (con)causale è espressamente ammessa dal diritto penale nazionale, tanto da dedicare ad essa la previsione di cui all’art. 41 cod. pen. La questione, quindi, non è quella di computare il numero delle condotte che in qualche guisa si posero quali antecedenti della caduta della gru e quindi dello schiacciamento del povero lavoratore, come se dalla pluralità derivasse un effetto di sottrazione di taluno degli autori di quelle condotte (e poi, di quale tra essi?). Il quesito è se una o più di tali condotte possano qualificarsi come cause da sole sufficienti a causare l’evento per cui è processo, tenendo presente il particolare contesto connotato dalla pluralità di garanti. La giurisprudenza di questa Corte ha formulato al riguardo il principio per il quale ‘quando l’obbligo di impedire l’evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedire l’evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell’articolo 41, comma primo, cod. pen. In questa ipotesi, la mancata eliminazione di una situazione di pericolo (derivante da fatto commissivo od omissivo dell’agente), ad opera di terzi, non è una distinta causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, ma una causa/condizione negativa grazie alla quale la prima continua ad essere efficace: affermazione resa nell’ambito di un procedimento penale per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose provocati dal malfunzionamento di una caldaia installata in un appartamento, addebitato alla condotta colposa di colui che aveva rilasciato erroneamente la dichiarazione di idoneità dell’impianto e di coloro che avevano eseguito in modo analogamente erroneo alcuni lavori di manutenzione che non avevano rimosso la condizione di pericolo derivante dalle condizioni dell’impianto; (Sez. 4, n. 43078 del 28/04/2005 -dep. 29/11/2005, Poli ed altri, Rv. 232416; conforme Sez. 4, n. 37992 del 11/07/2012 – dep. 01/10/2012, De Angelis, Rv. 254368).

Con specifico riguardo alla materia della sicurezza del lavoro, si è affermato che in caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle relative misure di prevenzione, la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dal comportamento di altri destinatari degli obblighi di prevenzione che abbiano a loro volta dato occasione all’evento, quando quest’ultimo risulti comunque riconducibile alla mancanza od insufficienza delle predette misure e si accerti che le stesse, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del verificarsi di quell’evento (Sez. 4, n. 43966 del 06/11/2009 – dep. 17/11/2009, Morelli, Rv. 245527).

In sostanza, allorquando le condotte colpose di una pluralità di soggetti concorrano nella causazione di un evento, sul piano della definizione della relazione eziologica è del tutto privo di significato distinguere una maggiore o minore efficienza causale; fattore che, eventualmente, può trovare spazio sul piano della commisurazione della pena. D’altro canto, sovente accade che un determinato evento sia l’effetto del susseguirsi di più condotte, ciascuna delle quali, considerata da sola, non sarebbe in grado di produrre l’evento. E tuttavia l’ordinamento riconduce quest’ultimo a ciascuno degli agenti/omittenti, se l’azione o l’omissione, attraverso l’effetto sinergico delle ulteriori condotte, ha contribuito (quindi concorso) a determinarlo.

È per l’appunto quanto si è determinato nel caso che occupa, ove alla negligenza dei montatori della gru si è associato il mancato controllo sulla gru e l’assegnazione del compito di manovrare la complessa attrezzatura ad un soggetto al quale si era mancato di somministrare la necessaria attività di formazione.

13. In conclusione, tutti i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *