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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza  22 luglio 2013, n. 31286

Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Pisa, sezione distaccata di Pontedera, dichiarava M.I. colpevole dei reati di cui agli artt. 186 comma 2 lett. C) e 189 commi 6 e 7 del C.d.S. e, ritenuta la continuazione tra i reati, con la diminuente del rito, lo condannava alla pena di un anno di reclusione, disponendo la sospensione della patente di guida per la durata di anni due.
La vicenda veniva così ricostruita in fatto. Nella notte del (omissis), il M.      veniva inseguito e fermato dalla Polizia dopo aver investito con il proprio veicolo un pedone nel parcheggio antistante la discoteca di (omissis). Al momento del controllo era stato riscontrato, in ragione delle manifestazioni riscontrate (stato confusionale, frasi sconnesse, precario equilibrio e alito con sentore di alcol), che il predetto versava in evidente stato di ebbrezza alcolica. Sottoposto al test mediante etilometro, veniva registrato un tasso alcolemico di 1,94 g/l, mentre non era possibile esperire successivi test a causa delle cattive condizioni psicofisiche del predetto, che non consentivano di portare a termine le successive intraprese dieci prove. In seguito, nel mentre la Polizia assumeva a sommarie informazioni un testimone, il M.      si dava alla fuga con l’auto e veniva fermato dopo un inseguimento.
A seguito di appello interposto dall’imputato, la Corte d’Appello di Firenze osservava che il dato scaturente da un unico rilievo, per l’impossibilità di eseguirne un secondo, non era idoneo a far ritenere integrata la prova del tasso alcolemico inquadrarle nella fascia di cui alla lett. C) dell’art. 186 C.d.S. e, in ragione dell’ebbrezza solo sintomatica rilevata, riteneva inquadrabile il fatto nell’ipotesi di cui alla lett. A) dell’art. 186 c.d.s., priva di rilevanza penale.
Di conseguenza assolveva l’imputato dal reato di guida in stato di ebbrezza e confermava l’affermazione di responsabilità in ordine all’altra imputazione, rideterminando la pena inflitta e concedendo i doppi benefici.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Firenze e l’imputato.
Il primo deduce vizio motivazionale e violazione di legge. Rileva che erroneamente la Corte aveva proceduto all’assoluzione dell’imputato dal reato di cui al capo A) poiché l’impossibilità di effettuare il secondo rilievo era conseguente allo stato di forte ebbrezza alcolica in cui si trovava l’imputato, che non era stato in grado di soffiare a sufficienza nel boccaglio dell’apparecchio.
L’imputato, a sua volta, deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al reato sub B). Rileva l’erroneità dell’affermazione, contenuta in sentenza, secondo la quale èX escluso che l’imputato possa non aver percepito l’investimento”, essendo la stessa in contrasto con alcune dichiarazioni testimoniali specificamente indicate.
Deduce, ancora, vizio motivazionale con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate sulla scorta del rilievo secondo cui si era trattato di condotta grave, pur non potendosi ritenere la gravità insita nella stessa fattispecie di reato.
Rileva, altresì, vizio motivazionale con riferimento alla sanzione della sospensione della patente di guida, non essendo stata fornita spiegazione alcuna circa la determinazione della durata della stessa.

Considerato in diritto

Deve trovare accoglimento il ricorso avanzato dal Procuratore Generale. Si rileva al riguardo che questa stessa sezione, con sentenza del 9.6.2011 n. 28787 rv. 250714, ha rilevato che, poiché l’esame alcolemico non costituisce una prova legale, “ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, lo stato di ebbrezza può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall’art. 186 Cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale”.
Una volta ammesso che l’accertamento dello stato di ebbrezza possa avvenire su base sintomatica, non può affermarsi che l’unica ipotesi di illecito previsto dall’art. 186 c.d.s. in tal modo astrattamente ravvisabile sia quella meno grave perché, così dicendo, ci si porrebbe in contraddizione con il principio appena affermato. Di conseguenza l’unica soluzione giuridicamente corretta che residua è quella di ritenere consentito l’accertamento sintomatico per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 C.d.S. (si veda Cass. 27940/2012).
Ne discende che in tutti i casi in cui – pur avendo il giudice di merito accertato il superamento della soglia minima – non sia possibile affermare, secondo il criterio dell’oltre il ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente possa rientrare nelle due fasce di maggior gravità contemplate dalla norma, il giudice dovrà ravvisare l’ipotesi più lieve con tutte le conseguenze che ne derivano, ma nel caso in cui si sia in presenza di manifestazioni eclatanti di ebbrezza, il giudice, fornendo la sua decisione di adeguata motivazione, può logicamente ritenere superate le soglie superiori.
Alla luce dei principi sopra enunciati il ricorso è da ritenere fondato.
La Corte di appello, infatti, pur dando atto della esistenza degli estremi sintomatici dello stato di ebbrezza, ha ritenuto necessitata la riconduzione del fatto nel reato contestato sub A), sull’erroneo presupposto che per configurare le altre ipotesi fosse necessario l’esito di un secondo rilievo.
La sentenza, pertanto, va annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze che, dopo attento scrutinio del compendio probatorio in tema di elementi sintomatici dello stato di ebbrezza, provvederà a nuovo esame sul punto.
È invece inammissibile il ricorso dell’imputato.
Quanto al primo motivo d’impugnazione, si rileva che trattasi di censura in fatto volta alla rivalutazione del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità a fronte di logica ricostruzione degli accadimenti da parte dei giudici di merito. Va osservato in proposito che la sentenza ha tenuto conto dell’attuale rilievo difensivo affermando, con motivazione scevra da vizi logici, che in nessun caso un investimento frontale può rimaner ignoto al conducente, quand’anche egli si trovi in condizione di ebbrezza alcolica.
Allo stesso modo risultano ben motivati anche il diniego delle attenuanti generiche e la determinazione della durata della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, sulla scorta della considerazione della condotta particolarmente grave posta in essere dall’imputato prima e dopo l’investimento del pedone e dell’assenza di fattori che depongano per la meritevolezza di un trattamento di particolare tenuità, talché al riguardo nessun vizio è prospettabile.
Per le ragioni indicate il ricorso va dichiarato inammissibile.
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non emergendo ragioni di esonero, anche della sanzione pecuniaria ex art. 616 C.P.P..

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo A) con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Firenze; dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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