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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 21 aprile 2015, n. 16685

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. FOTI Giacomo – Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 83/2012 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del 06/06/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/03/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente all’aggravante della destrezza;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) il quale ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza in data 6 giugno 2012, confermava l’affermazione di responsabilita’ pronunciata in primo grado, all’esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di furto di un paio di scarpe da ginnastica in danno dell’esercizio commerciale (OMISSIS) sito nel Centro Commerciale “(OMISSIS)” nel Comune di (OMISSIS): con l’aggravante di aver commesso il fatto con mezzo fraudolento; per tale fatto, il (OMISSIS) era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 200,00 di multa, previo riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’ e la diminuzione per la scelta del rito (giudizio abbreviato).

Per come ritenuto accertato in punto di fatto dai giudici di merito, la vicenda si era cosi’ svolta: il (OMISSIS) era stato tratto in arresto nella flagranza del reato; egli si era impossessato di un paio di scarpe da ginnastica, marca Nike, del valore di euro 68,00 sottraendole dal punto vendita calzature (OMISSIS), e dunque al suo responsabile (OMISSIS), e, dopo averle occultate nella felpa che aveva indosso (e non in un giubbotto come detto nella sentenza di primo grado), aveva oltrepassato la barriera antitaccheggio facendo scattare l’allarme; si era quindi dato alla fuga; era stato pero’ notato dal Carabiniere (OMISSIS) che, libero dal servizio, si trovava in abiti civili nel predetto centro; questi lo aveva inseguito, si era qualificato ma a quel punto il (OMISSIS) aveva estratto le scarpe e se ne era disfatto; dopo ulteriore breve inseguimento il Carabiniere era riuscito a bloccarlo e ad arrestarlo.

La Corte territoriale, in risposta ai motivi di appello dedotti nell’interesse dell’imputato, riteneva configurabile l’aggravante contestata; riteneva altresi’ rituale la querela presentata dal responsabile dell’esercizio commerciale pur sprovvisto di poteri di rappresentanza del proprietario dell’esercizio stesso, osservando che si trattava peraltro di questione superflua avuto riguardo alla procedibilita’ di ufficio del reato in virtu’ dell’aggravante contestata e ritenuta sussistente.

2. Ricorre per cassazione il (OMISSIS), tramite il difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con censure che possono cosi’ riassumersi: con i primi due motivi si sostiene che il mancato accertamento in termini di oggettiva certezza delle precise caratteristiche del capo di abbigliamento indossato dal (OMISSIS) al momento del fatto, non consentirebbe di individuare il mezzo fraudolento di cui, secondo l’accusa, si sarebbe avvalso il (OMISSIS) stesso: la Corte cagliaritana avrebbe fatto ricorso a mere congetture introducendo ex novo una dettagliata descrizione della felpa (ammesso che non si sia trattato di un giubbotto), ritenendo un tale capo di abbigliamento idoneo a nascondere ma anche a trattenere al suo interno le scarpe impedendone la fuoriuscita, circostanza non rilevata dal primo giudice; la Corte d’Appello avrebbe pertanto implicitamente ammesso che l’aggravante in argomento richiederebbe un quid pluris rispetto alla mera sottrazione della res, dovendo anche considerarsi che nel caso in esame era presente la c.d. barriera con sistema antitaccheggio per il rilevamento di condotte simili a quella addebitata al (OMISSIS); l’occultamento della res sottratta rientrerebbe nelle ordinarie modalita’ di esecuzione del furto, e, registrandosi in proposito un’oscillazione nella giurisprudenza di legittimita’, la questione ben potrebbe essere rimessa al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione; con il terzo motivo si afferma che – esclusa l’aggravante – ci si troverebbe in presenza di reato perseguibile a querela: orbene, ad avviso del ricorrente, non sarebbe stata presentata idonea e rituale querela in quanto proposta dal responsabile del punto vendita sprovvisto di procura speciale rilasciata dal gestore dell’attivita’ commerciale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato.

1.1. Le modalita’ del fatto, quali descritte dai giudici di merito, inducono, invero, ad escludere che nel caso in esame possa ravvisarsi, nella condotta del (OMISSIS), quel quid pluris, rispetto alla mera sottrazione della res, indispensabile ai fini della configurabilita’ dell’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento (articolo 625 c.p., comma 1, n. 2) contestata all’imputato. L’occultamento della merce rubata – nella concreta fattispecie, un paio di scarpe da ginnastica – al di sotto di un comune capo di abbigliamento non e’ idoneo ex se ad integrare l’aggravante in parola, alla luce del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, intervenute per dirimere un contrasto interpretativo ancora esistente al momento della proposizione del ricorso del (OMISSIS) (il che aveva indotto il ricorrente a sollecitare l’eventuale rimessione della questione appunto alle Sezioni Unite, poi, come detto, intervenute successivamente): “L’aggravante dell’uso di mezzo fraudolento di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosita’, astuzia, scaltrezza; volta a sorprendere la contraria volonta’ del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa, rimarcata efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita a self service, trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene” (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013 Ud. – dep. 30/09/2013 – Rv. 255974).

Nella condotta fraudolenta, per come puntualizzato dalla Sezioni Unite, deve dunque individuarsi un tratto specializzante rispetto alle modalita’ ordinarie del furto, costituito da significativamente maggiore gravita’ a causa delle peculiari modalita’ con le quali vengono aggirati i mezzi di tutela apprestati dal possessore del bene. Non meno puntuale appare la sottolineatura, da parte delle Sezioni Unite, della straordinarieta’ dell’azione, improntata a scaltrezza, astuzia.

1.2. Da quanto precede traspare con evidenza che il comportamento del (OMISSIS), consistito nel mero nascondimento della merce sulla persona, all’interno di un ordinario indumento, non concreta la frode tipica; ne’ rileva se il capo di vestiario indossato dal (OMISSIS) fosse un giubbotto o una felpa, non essendo emerso che si trattasse di indumento realizzato appositamente per agevolare l’occultamento della merce rubata.

1.3. L’aggravante contestata al (OMISSIS) deve essere quindi esclusa.

2. L’esclusione dell’aggravante contestata al (OMISSIS) rende rilevante l’altra questione posta dal ricorrente, vale a dire quella concernente la ritualita’ o meno della querela presentata contro il (OMISSIS).

Trattasi di censura infondata sulla scorta di quanto affermato anche al riguardo dalle Sezioni Unite con la medesima sentenza n. 40354 del 18/07/2013 (RV. 255975) gia’ sopra citata, con la quale e’ stato enunciato infatti l’ulteriore principio secondo cui “il bene giuridico protetto dal reato di furto e’ costituito non solo dalla proprieta’ e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso nella peculiare accezione propria della fattispecie, costituito da una detenzione qualificata, cioe’ da una autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilita’ e si puo’ configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonche’ quando si costituisce in modo clandestino o illecito. Ne discende che, in caso di furto di una cosa esistente in un esercizio commerciale, persona offesa legittimata alla proposizione della querela e’ anche il responsabile dell’esercizio stesso, quando abbia l’autonomo potere di custodire, gestire, alienare la merce”. Nel caso in esame la querela contro il (OMISSIS) e’ stata presentata dal responsabile dell’esercizio commerciale in cui e’ avvenuto il furto: ne deriva l’assoluta ritualita’ e validita’ della stessa, giusta quanto precisato dalle Sezioni Unite.

3. L’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 625, comma primo, n. 2, cod. pen., impone l’annullamento della pronunzia limitatamente a tale punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Cagliari per la rideterminazione della pena.

3.1. Il ricorso deve essere per il resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza limitatamente alla contestata circostanza aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 2, (uso di mezzo fraudolento), che esclude, e rinvia alla Corte di appello di Cagliari, altra Sezione, per la rideterminazione della pena.

Rigetta il ricorso nel resto.

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