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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 2 febbraio 2015, n. 4888

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente
Dott. D’ISA Claudio – rel. Consigliere
Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA;
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
(OMISSIS);
Tutte costituite parti civili nei confronti di:
1. (OMISSIS) n. il (OMISSIS);
2. (OMISSIS) n. il (OMISSIS);
3. (OMISSIS) n. il (OMISSIS);
4. (OMISSIS) n. il (OMISSIS);
5. (OMISSIS) n. il (OMISSIS);

Nonche’ su ricorso proposto da:

(OMISSIS):

avverso la sentenza n. 465/2013 della Corte d’appello di Roma del 16.01.2013;

Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

Udita all’udienza pubblica del 4 dicembre 2014 la relazione fatta dal Consigliere dott. Claudio D’Isa;

Udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Oscar Cetrangolo;

che ha concluso per l’annullamento con rinvio in accoglimento di tutti i ricorsi.

L’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia delle parti civili ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che insiste per l’annullamento della sentenza impugnata come da conclusioni scritte;

L’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), insiste per l’annullamento della sentenza impugnata;

L’avv. (OMISSIS), difensore della parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per le parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), insiste per l’annullamento della sentenza impugnata;

L’avv. (OMISSIS), difensore degli imputati, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), insiste per l’accoglimento del ricorso del (OMISSIS) e per la conferma della sentenza impugnata relativamente alla posizione degli altri imputati non ricorrenti.

RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) ed altri venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Latina per rispondere dei delitti p.p. dagli articoli 41 e 81 c.p., articolo 589 c.p., comma 2 e 3 – articolo 590 c.p., comma 2, 3 e 4, in relazione all’articolo 583 c.p., comma 2, n. 1, per avere, nelle rispettive qualita’ di legali Rappresentanti – Presidenti del Consiglio di Amministrazione e Direttori di produzione, per il periodo di tempo ad essi rispettivamente contestato, dello stabilimento della ditta ” (OMISSIS) S.p.A”, con sede e stabilimento in (OMISSIS), con condotte casualmente concorrenti, ma indipendenti tra loro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonche’ inosservanza della normativa riguardante la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali cagionavano la morte di trentatre dipendenti, e lesioni colpose ad otto dipendenti.
1.1 In particolare le condotte colpose specifiche omissive venivano cosi’ contestate:
omettevano:
a) di far sottoporre i lavoratori ad accertamenti sanitari preventivi all’ammissione al lavoro e tesi ad accertarne la idoneita’ alla mansione specifica che sarebbe stata loro assegnata in considerazione dell’azione di sostanze tossiche, infettanti, cancerogene o comunque nocive cui sarebbero stati esposti sui luoghi di lavoro (violazione dei Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 33, comma 1, lettera “a”);
h) di far sottoporre i lavoratori dipendenti, esposti all’azione di sostanze tossiche, infettanti o comunque nocive, ad accertamenti sanitari periodici, per accertarne lo stato di salute e quindi la idoneita’ alla mansione specifica a ciascuno di essi assegnata (violazione dei Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 33, comma 1, lettera “U” e articolo 58, lettera “V”).
c) di realizzare opere infrastrutturali tese a separare e segregare i luoghi di lavoro ove venivano eseguite lavorazioni pericolose esponendo, di conseguenza, anche altri lavoratori ai medesimi rischi cui erano esposti quelli addetti alle lavorazioni pericolose (violazione dei Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articoli 19).
d) di adottare e porre in essere dispositivi atti ad impedire e/o ridurre lo sviluppo e la diffusione di vapori, fumi, e/o sostanze tossiche e/o comunque nocive nell’ambiente di lavoro esponendo di conseguenza i lavoratori addetti al rischio di inalazione di sostanze tossiche e/o nocive; in dettaglio e’ stato accertato il superamento dei valori limite consentiti (TI.V.) per le concentrazioni di nerofumo, degli idrocarburi aromatici, dei metalli pesanti e di altre sostanze tossiche (violazione dei Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 20, comma 1 e 2).
e) di adottare e porre in essere dispositivi atti ad impedire e/o ridurre la diffusione di polveri nell’ambiente di lavoro; in dettaglio e’ stato accertato il superamento del valore limite consentito (TI.V.) pari a 75 mg./mc. a fronte di un valore consentito pari a 10 mg./mc. (violazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 21, comma 1).
f) di fornire e mettere a disposizione dei lavoratori dipendenti idonei mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti le lavorazioni da effettuare quali guanti, occhiali, mascherine, copricapo (violazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 377).
g) di rendere edotti i lavoratori addetti dei rischi specifici cui erano esposti durante l’attivita’ lavorativa, della pericolosita’ delle materie prime utilizzate nel ciclo lavorativo, dei corretto comportamento da tenere sui luogo di lavoro per prevenire i danni derivanti dagli agenti chimici e cancerogeni utilizzati (violazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 4, lettera “b”).
Condotte colpose queste che determinavano il decesso dei dipendenti indicati per avere contratto neoplasie (adenocarcinoma del colori, adenocarcinoma renale, adenocarcinoma del pancreas, adenocarcinoma gastrico, linfoma dell’ugola, neoplasia NSLCLC polmonare, linfoma non Hodgking, neoplasia prostatica, mieloma multiplo), descritte per ognuno di essi, conseguenti, in ragione delle mansioni svolte nel ciclo lavorativo della fabbrica di pneumatici, presso i reparti “costruzioni pneumatici”, “trafile” e “(OMISSIS)” ad ordinaria e duratura esposizione agli agenti chimici e cancerogeni quali ammine aromatiche, idrocarburi aromatici, nerofumo, silice amorfa, talco, sostanze cancerogene in genere comunque nocive, nonche’ a polveri in concentrazione superiore al TLV consentito.
2. Il Tribunale di Latina, con sentenza dell’1 luglio 2008, all’esito di una lunga e complessa istruttoria dibattimentale, riteneva (OMISSIS) responsabile delle morti dei dipendenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e delle lesioni in danno di (OMISSIS); (OMISSIS) delle morti dei dipendenti (OMISSIS) e (OMISSIS) e delle lesioni in danno di (OMISSIS); (OMISSIS) della morte del dipendente (OMISSIS) e delle lesioni in danno di (OMISSIS); (OMISSIS) della morte del dipendente (OMISSIS) e delle lesioni in danno di (OMISSIS); (OMISSIS) delle lesioni in danno di (OMISSIS).
3. La Corte d’appello di Roma, a seguito di gravame proposto dagli imputati, con la sentenza indicata in epigrafe, li ha assolti dai reati di omicidio e lesioni colpose, loro rispettivamente ascritti, in danno di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con la formula il fatto non sussiste ed ha rideterminato la pena nei confronti di (OMISSIS), quanto al delitto di omicidio colposo in danno di (OMISSIS), con conseguente revoca delle statuizioni civili in favore delle parti civili relative alle assoluzioni.
3.1 In sintesi, i giudici di secondo grado, hanno condiviso l’affermazione del Tribunale secondo cui gli studi epidemiologici che hanno riguardato anche lavoratori addetti a lavorazioni in industrie produttrici di pneumatici (ampiamente riportati e discussi in sentenza di primo grado) con riferimento alle varie neoplasie riscontrate sui dipendenti deceduti sono idonei ad affermare, anche in considerazione del vasto arco temporale coperto, sotto il profilo della causalita’ generale, l’associazione fra l’esposizione alle sostanze utilizzate nelle industrie produttrici degli pneumatici ed il tumore al polmone “con specifico riferimento alle aree della preparazione dei materiali, della vulcanizzazione e della manutenzione”. Tuttavia, ha, altresi’, affermato, in ordine all’accertamento del nesso di causalita’ fra le condotte omissive ascritte agli imputati e le patologie tumorali evidenziate, che le conclusioni basate sugli studi epidemiologici non sono, di per se’ solo, atte ad affermare il nesso eziologico in tutte le ipotesi in cui vi e’ stata contrazione di detta patologia da parte di un lavoratore dello stabilimento ” (OMISSIS) S.p.a.” di (OMISSIS).
Per quanto riguarda il tumore allo stomaco, sempre condividendo l’assunto del giudice di primo grado, rileva la Corte, gli studi scientifici (ampiamente riportati), diversamente da quanto osservato con riguardo a quelli relativi al tumore polmonare, non evidenziano in maniera univoca, neppure sotto il profilo della significativita’ statistica e della causalita’ generale, un’associazione certa fra le attivita’ lavorative svolte nell’industria di pneumatici de qua e tale tipo di tumore.
In particolare, ha osservato che nella sentenza di primo grado le risultanze acquisite in ordine alla cangerocenita’ delle specifiche sostanze in uso nello stabilimento sono state analiticamente esaminate e che la loro individuazione, quali sostanze certamente utilizzate nello stabilimento ” (OMISSIS)”, e’ stata effettuata sulla base degli accertamenti espletati dal Consulente tecnico del P.M. (OMISSIS).
Le sostanze cancerogene sicuramente presenti nell’ambiente di lavoro (OMISSIS), potevano classificarsi:
a) le ammine aromatiche (irrilevanti nei casi oggetto della presente verifica perche’ cancerogene per la vescica e, quindi, estranee al tema di indagine in quanto i due casi di tumore alla vescica originariamente oggetto di imputazione erano gia’ stati dichiarati prescritti);
b) le nitrosammine, o nitrosoamine (cfr. pagg. 168-171 della sentenza di primo grado nelle quali vengono evidenziati i singoli reparti in cui le specifiche sostanze appartenenti a tale gruppo sono state rilevate e gli organi bersaglio interessati);
c) ulteriori composti che sviluppavano nitrosammine;
d) gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (I.P.A.) per i quali vari studi hanno evidenziato, nelle diverse industrie, eccessi di tumori in vari siti e principalmente (nella stragrande maggioranza degli studi relativamente alle diverse industrie), con riferimento al polmone, ma anche allo stomaco, alla vescica, al colon retto, al tumore della pelle, della prostata, della laringe, del sangue.
3.2 Inoltre, osserva la Corte capitolina, che le riferite risultanze in ordine alla cancerogenicita’ delle specifiche sostanze presenti nello stabilimento della ” (OMISSIS)”, appalesano l’infondatezza del motivo di gravame di merito secondo cui il Tribunale avrebbe confuso i diversi concetti di “tossicita’” e di “cancerogenicita’”, emergendo che l’analisi condotta nella sentenza impugnata ha riguardato puntualmente la verifica della cancerogenicita’ delle singole sostanze utilizzate nella fabbrica.
3.3 Quanto alle argomentazioni difensive con le quali si sostiene che i sistemi presenti nello stabilimento per ridurre la possibilita’ di contatto con agenti chimico-fisici, ossia i sistemi di separazione fra i vari settori produttivi, erano idonei a prevenire il rischio da esposizione a tali agenti, rileva la Corte che il Tribunale ha correttamente desunto dalle dichiarazioni rese da numerosi testi la prova che sia i sistemi cosiddetti statici (muri, porte a scorrimento rapido, tendaggi in polimeri), che quelli di tipo dinamico (quale quello deputato all’aspirazione), non erano idonei ad impedire la circolazione degli inquinanti, che anzi veniva amplificata per effetto dei sistemi di ventilazione.
Sul punto la Corte richiama il paragrafo 10) della sentenza di primo grado (pagine da 193 a 276) nel quale il primo giudice ha analiticamente illustrato l’ambiente di lavoro nello stabilimento ” (OMISSIS)” di (OMISSIS), sulla scorta della documentazione acquisita (relativa anche ai primi anni di attivita’) e delle numerose testimonianze assunte in dibattimento.
3.4 E, dunque, per la Corte risultano corrette le conclusioni del primo giudice sotto il profilo della sussistenza dei contestati profili di colpa, atteso che sulla scorta degli studi scientifici illustrati, delle testimonianze acquisite e delle considerazioni svolte dai periti e dai consulenti del P.M., emerge con evidenza che gli imputati hanno omesso di adottare, nei periodi in cui gli stessi hanno ricoperto le rispettive cariche (di legali rappresentanti: (OMISSIS): dal luglio 1990 al 31.1.1996 e (OMISSIS): dal 1.2.1996 al 30.4.2001; di direttori di produzione: (OMISSIS) dal 1.9.1992 al 12.1.1995, (OMISSIS) dal 12.1.1995 al 26.4.1999 e (OMISSIS) dal 27.4.1999 al 30.4.2000), misure idonee ad assicurare la salubrita’ dell’ambiente di lavoro, contribuendo a creare una situazione di grave esposizione dei lavoratori agli agenti chimici cancerogeni presenti nell’ambiente, risultando accertata la specifica natura cancerogena di molte sostanze presenti nell’aria e nei fumi respirati dai lavoratori.
La Corte del merito condivide quanto affermato dal Tribunale in ordine all’accertata concretizzazione del rischio oncologico da esposizione professionale, fondato non solo sulle valutazioni I.A.R.C. (International Agency For Research On Cancer) e sulle risultanze degli studi epidemiologia, ma anche sulla concreta verifica della presenza e circolazione all’interno di tutti i settori produttivi di specifici agenti cancerogeni.
Come corretta per la Corte distrettuale e, peraltro, non specificamente contestata, risulta l’affermazione della sussistenza della posizione di garanzia ricoperta dai legali rappresentanti della ” (OMISSIS) S.p.A.” (OMISSIS) e (OMISSIS) e dai direttori di produzione (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei sopraindicati periodi (cfr. pagg. 278-285), ritiene altresi’ corrette le conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale in ordine alla violazione delle norme volte a realizzare la sicurezza del luogo di lavoro, con particolare riferimento alla mancata adozione di dispositivi tesi a realizzare la riduzione delle polveri e ad assicurare la separazione e segregazione del luoghi nei quali si utilizzavano sostanze cancerogene o si determinava una situazione di polverosita’ diffusa, nonche’ alla violazione delle norme che prescrivevano di mettere a disposizione dei lavoratori idonei mezzi personali di protezione e di assicurare una adeguata informazione in ordine ai rischi derivanti dall’uso delle sostanze di che trattasi.
3.5 Quanto allo specifico accertamento del nesso di causalita’ fra le condotte omissive in contestazione ed i decessi dei lavoratori (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e le lesioni in danno di (OMISSIS), la Corte ha ritenuto parzialmente fondati i rilievi difensivi.
Dopo un’ampia disamina dei principi giurisprudenziali di legittimita’ in materia (Sentenza n. 11197 del 21.12.2011) ha osservato:
1) quanto al decesso del (OMISSIS) i dati valorizzati dal Tribunale, ossia la durata dell’attivita’ lavorativa (32 anni), la precoce eta’ di insorgenza della malattia (adenocarcinoma polmonare) e la rapidita’ del suo decorso, non costituiscono elementi sufficienti ad affermare il nesso di causalita’ individuale atteso che:
– il (OMISSIS) ha prestato la propria attivita’ nel reparto semilavorati confinante con il reparto (OMISSIS) e con il reparto vulcanizzazione, ossia in un reparto che era semplicemente “esposto alle problematiche di polveri provenienti” dal “(OMISSIS)” e ai fumi provenienti da quello in cui veniva effettuata la vulcanizzazione degli pneumatici (questi ultimi, viceversa interessati dalla presenza di piu’ significative percentuali di sostanze di natura cancerogena, mentre quello semilavorati, secondo quanto affermato dallo stesso primo giudice (cfr. pagg. 348 e 349), era interessato soltanto dalla “presenza possibile” di polveri e di talco;
– la “esposizione complessiva” ritenuta dal primo giudice conseguenza della accertata diffusa circolazione di fumi e polveri, costituisce una situazione che, solo in via presuntiva e senza adeguato rigore scientifico, puo’ definirsi causa della patologia di che trattasi;
– le problematiche di tipo respiratorio evidenziate dalla p.o. nel corso della sua vita lavorativa, non possono dirsi con certezza riconducibili all’esposizione a dette polveri e fumi, anziche’ in via esclusiva alla prolungata abitudine al fumo di tabacco.
2) Quanto all’omicidio colposo in danno di (OMISSIS), deceduto il 15 aprile 2004. ascritto agli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) ed alle lesioni colpose in danno di (OMISSIS), ascritto ai primi due ed anche a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte, in accoglimento dei rilievi posti a base dell’appello degli imputati nell’evidenziare che entrambe le p.o. erano dedite al fumo, ha affermato che, in ordine all’adenocarcinoma al polmone, contratto dal (OMISSIS), l’abitudine al fumo del medesimo, quale fattore alternativo, incide sull’accertamento del nesso causale; relativamente al carcinoma gastrico, contratto dal (OMISSIS), gli studi scientifici illustrati non hanno evidenziato la presenza di leggi scientifiche di copertura, che consentano, quantomeno sotto il profilo della causalita’ generale, di stabilire una correlazione certa fra l’esposizione alle sostanze cancerogene in uso nello stabilimento (OMISSIS) di (OMISSIS) e il tumore gastrico di che trattasi.
Pur risultando provato, con riferimento alla fattispecie in esame che la p.o. ha lavorato per circa 11 anni in un reparto (il (OMISSIS)), interessato da una maggiore esposizioni a sostanze cancerogene, tuttavia le evidenziate incerte risultanze in tema di causalita’ generale e la presenza di fattori (eziologici alternativi (rappresentati oltre che dal fumo di sigaretta, da una possibile infezione da Helicobacter Phylori, patologia che, seppure non specificamente accertata, non puo’ essere esclusa alla luce delle risultanze dell’esame istologico evidenziate dalla difesa), non consentono di ritenere accertato, con il necessario rigore, il nesso di causalita’.
In conclusione, con riferimento alle patologie tumorali dianzi trattate, ritiene la Corte che non puo’ affermarsi, oltre ogni ragionevole dubbio che il decesso delle persone offese (OMISSIS) e (OMISSIS) e le lesioni subite da (OMISSIS), sono conseguenza delle condotte omissive poste in essere dagli odierni imputati.
Con riferimento alla posizione dello (OMISSIS), inoltre, la brevita’ del periodo in cui lo stesso ha ricoperto la carica di direttore di produzione, costituisce ulteriore elemento che porta ad escludere la formulazione di un giudizio di penale responsabilita’ nei suoi confronti.
3) Quanto all’omicidio colposo in danno di (OMISSIS) deceduto in data (OMISSIS) a causa di neoplasia polmonare la Corte ha ritenuto che le argomentazioni svolte dal Tribunale sono condivisibili, in considerazione:
– della durata del periodo di esposizione del (OMISSIS) alle sostanze cancerogene utilizzate nel processo produttivo;
– della significativa concentrazione di tali agenti registrata nel reparto in cui il (OMISSIS) aveva svolto per ben 26 anni le mansioni assegnategli;
– della circostanza che l’attivita’ lavorativa e’ stata espletata dal (OMISSIS) a partire dall’anno 1964 e, quindi, in periodo in cui le condizioni ambientali evidenziavano significative problematiche (cfr. le risultanze dell’indagine condotta dall’ENPI tra il 1972 e il 1974 (pagg. da 193 a 201 della sentenza), nonche’ il contenuto del verbale del 9.3.1976 relativo alla riunione tra la commissione ambiente e i tecnici aziendali (pag. 202) e l’ulteriore indagine ENPI effettuata nell’anno 1977 (pag. 203207), che documentano il persistere di dette problematiche in misura rilevante fino a tale epoca);
– della circostanza che la p.o. aveva smesso di fumare nell’anno 1977, sicche’ in ragione dell’ampio periodo trascorso (15 anni) da tale momento fino alla scoperta della patologia tumorale, puo’ ragionevolmente escludersi che il fattore fumo abbia svolto un ruolo esclusivo nella determinazione dell’insorgenza della malattia.
4. Avverso la sentenza della Corte d’Appello ricorrono per cassazione l’imputato (OMISSIS), il PROCURATORE GENERALE presso la Corte d’appello, e le costituite parti civili (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (eredi di (OMISSIS) deceduto nelle more del processo l’1.01.2013).
MOTIVI POSTI A BASE DEI RICORSI:
4.1 (OMISSIS) denuncia:
1) erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla affermata esistenza del nesso di causalita’ penalmente rilevante tra le omissioni contestate a titolo di colpa all’imputato ed il decesso di (OMISSIS).
Premessi i principi giurisprudenziali di legittimita’, in materia, per altro richiamati dalla sentenza impugnata, ed, in particolare, quelli affermati con sentenza n, 11197 del 2012 (Rv. 252153) di questa sezione secondo cui “per affermare la causalita’ della condotta omissiva del datore di lavoro, nell’insorgenza del tumore polmonare del lavoratore, occorre dimostrare che esso non abbia avuto esclusiva origine dal prolungato ed intenso fumo di sigarette e che l’esposizione all’amianto sia stata condizione necessaria per l’insorgenza o per la significativa accelerazione della patologia” e quelli poste a base, con riferimento alla necessita’ di far ricorso al c.d. giudizio controfattuale, dalla sentenza “Franzese”, si argomenta che l’errore esiziale in cui e’ caduta la Corte di Appello, ribadendo quello in cui era gia’ incorso il Tribunale di Latina, e’ proprio quello di aver del tutto omesso di considerare – in tale specifica circostanza – quello che sarebbe dovuto essere il preciso oggetto del suo accertamento: la condotta omissiva colposa contestata all’imputato (OMISSIS) nelle sue dimensioni spazio-temporali, con riferimento alla produzione dell’evento morte per neoplasia polmonare dell’ex dipendente della (OMISSIS) S.p.A., (OMISSIS).
Tale errore risulta vieppiu’ censurabile in sede di legittimita’ in quanto la stessa Corte di Appello, dapprima, ha dato atto, nel corso della medesima motivazione della sentenza ora impugnata, di conoscere alcuni fondamentali dati storici inequivocabili, ma poi al momento di trame le dovute conclusioni ha totalmente omesso di valutarli nel pervenire – in maniera illogica e infondata – al giudizio di asserita sussistenza del nesso di causalita’ nel caso in esame.
Invero, dall’esame della stessa sentenza di secondo grado emergono i seguenti dati e circostanze:
1) l’imputato (OMISSIS) e’ stato Legale Rappresentante-Presidente del Consiglio di Amministrazione della (OMISSIS) S.p.A. dal 24.07.1990 al 31.01.1996 (cfr. capo di imputazione; dal 23.11.1990, secondo la visura camerale citata anche nella sentenza di primo grado a pag. 284);
2) la persona offesa (OMISSIS) ha prestato effettiva attivita’ lavorativa presso lo Stabilimento (OMISSIS) di (OMISSIS), dal 15.12.1964 al 30.11.1992, per ventotto anni, di cui ventisei presso il reparto (OMISSIS) (cfr. pag. 214 della sentenza impugnata);
3) dall’1.10.1979 la persona offesa (OMISSIS) ha smesso di lavorare al reparto (OMISSIS) come operatore, in quanto dal 1.10.1979 al 23.2.1986 era applicato al reparto (OMISSIS) come “supervisore” e dal 24.2.1086 al 30.11.1992 come “Area Specialisti” (cfr. pag. 214 della sentenza impugnata, nota n. 9), con conseguente – a tutto concedere – notevole riduzione dell’esposizione alle sostanze ritenute asseritamente nocive;
4) la persona offesa (OMISSIS) risulta aver fumato 40 sigarette al giorno, almeno per 16 anni, dal 1961 al 1977 (cfr. pag. 216 della sentenza impugnata);
5) alla persona offesa (OMISSIS) e’ stato diagnosticato di essere affetto da una neoplasia polmonare in data 24.12.1992, a seguito di verifiche resesi necessarie per via di un’opacita’ riscontrata in sede di radiografia effettuata nelle visite mediche periodiche di controllo in azienda in data 27.10.1992 (cfr. pag. 215 della sentenza impugnata);
6) il fumo di sigaretta e’ unanimemente riconosciuto nella comunita’ scientifica come fattore idoneo – da solo – a provocare l’insorgenza di una patologia tumorale al polmone (cfr., a titolo di esempio, pag. 160 della sentenza di primo grado);
7) nessuna prova scientifica e’ stata fornita in merito ad una possibile interazione dell’esposizione professionale presso la (OMISSIS) quale fattore moltiplicativo degli effetti del cancerogeno noto (fumo), ne’ nell’insorgenza della malattia, ne’ – per quel che rileva per il (OMISSIS) – per l’eventuale accelerazione del decorso di una neoplasia polmonare gia’ contratta;
8) agli atti del dibattimento e’ stata altresi’ acquisita una relazione di consulenza tecnica medico legale sulla persona di (OMISSIS) e sulla sua patologia tumorale, effettuata dal Prof. (OMISSIS) nel procedimento penale n. 5162/94 R.G.N.R. presso la Procura della Repubblica di Latina, a carico di alcuni ex Manager della (OMISSIS) S.p.A. per il reato di lesioni colpose in danno dell’allora vivente Sig. (OMISSIS).
Sulla base delle argomentazioni tecniche contenute in tale consulenza; il GIP presso il Tribunale di Latina, su richiesta del P.M.; ha emesso decreto di archiviazione per tutti gli indagati, perche’ “non e’ stata raggiunta la prova dell’esistenza del nesso di causalita’ materiale tra la condotta degli indagati e l’evento” (richiesta e decreto di archiviazione agli atti, esibiti nella medesima udienza di appello del 17 aprile 2012).
La logica interpretazione dei dati appena richiamati – riconosciuti nella stessa motivazione della sentenza ora impugnata – e, in primo luogo, la semplice constatazione per cui il Sig. (OMISSIS) ha lavorato presso lo stabilimento della (OMISSIS) S.p.A. – sotto la “gestione” del Presidente (OMISSIS) – per soli due anni, dal 23.11.1990 al 30.11.1992, oltretutto gli ultimi due anni (il ventisettesimo ed il ventottesimo) della sua storia lunga lavorativa (in cui era per di piu’ impiegato come “Area Specialisti”) presso la medesima Societa’, avrebbe dovuto condurre la Corte di Appello a conclusioni di segno diametralmente opposto.
2) Si argomenta, inoltre, quand’anche si ammettesse che l’esposizione professionale presso lo stabilimento de quo possa avere avuto un’influenza causale nell’insorgenza della malattia tumorale del (OMISSIS), si sarebbe, comunque, dovuto ipotizzare e verificare in concreto che cosa sarebbe successo al decorso di tale malattia se il (OMISSIS) avesse posto in essere i comportamenti asseritamente omessi per sua colpa nel breve periodo di tempo in cui l’ex dipendente ha prestato servizio sotto la sua direzione.
Nessuna riflessione e’ stata offerta su tali importanti elementi temporali dalla Corte d’appello pur essendo i dati noti ai giudici di merito.
Altrettanto illogica e’ la conclusione cui sono pervenuti i giudici nel ritenere il fattore alternativo dell’abitudine al fumo non influente solo perche’ il (OMISSIS) avrebbe smesso di fumare nel 1977, tale conclusione e’ stata pedissequamente mutuata dalle motivazioni della sentenza del Tribunale senza aggiungere alcun commento in ordine alle specifiche censure difensive.
Il primo giudice sul punto ha ritenuto che la relazione redatta dal prof. Zito fosse sovrastimata per la valutazione dell’incidenza del fumo nella patologia contratta dal (OMISSIS) sulla base di alcuna prova tecnico- scientifica. In ogni caso, quand’anche il dato fosse sovrastimato, nullo sarebbe cambiato nella sostanza, dal momento che, comunque, al fumo avrebbe dovuto essere riconosciuto un ruolo eziopatologico alternativo, in grado di per se’ solo di aver causato il tumore polmonare in contestazione.
Si richiama la sentenza di questa sezione 4 del 27.01.2012 n. 9479 che si e’ occupata di un caso analogo laddove si e’ affermato che il giudice del merito non si puo’ nascondere dietro il principio del libero convincimento del giudice e possa, cosi’, arbitrariamente scegliere – tra le tesi prospettate dai periti e dai consulenti tecnici – quella che ritiene preferibile senza procedere ad un’accurata analisi delle soluzioni che intende disattendere.
In sostanza, si sostiene che l’esclusione, nel caso de quo, della rilevanza dell’abitudine al fumo e di dubbio irresolubile sullo sviluppo causale degli accadimenti e’ del tutto arbitraria.
Si aggiunge che le sentenze richiamate della Cassazione si riferiscono alle neoplasie causate da amianto, sicuro elemento cancerogeno, e nei casi trattati e’ stato ritenuto l’effetto sinergico dell’abitudine al fumo, nel caso di specie, invece, nessuna delle sostanze rilevate presso lo stabilimento (OMISSIS) come ampiamente chiarito dal tecnico della difesa prof. (OMISSIS) e’ un sicuro cancerogeno per l’uomo, ne’ esistono studi di alcun tipo che attestino un effetto moltiplicativo tra l’esposizione a tali sostanze, diverse dall’asbesto ed il fumo di sigarette.
E’ evidente il vizio logico del ragionamento dei giudici del merito dal momento che, alla luce degli insegnamenti giurisprudenziali richiamati, non puo’ bastare – per ottemperare al doveroso tentativo di trovare la condizione necessaria produttiva dell’evento – il limitarsi a dire con una formula del tutto tautologica e priva di significato sostanziale che le omissioni degli imputati siano stato con elevato grado di credibilita’ razionale concausa – unitamente al fumo – dell’evento, perche’ tale conclusione non fa altro che applicare impropriamente al procedimento penale il concetto di concausa valida al piu’ in ambito medico-assicurativo.
3) Altro profilo di assoluta logicita’ per il ricorrente attiene alla valutazione della cangerogenicita’ per l’uomo, ed in particolare per il polmone, delle sostanze riscontrate nello stabilimento (OMISSIS).
Sul punto la Corte romana ha aderito – senza fornire ulteriori commenti – alle impugnate considerazioni svolte dal Tribunale, ed in cio’ si evidenzia un autonomo vizio di motivazione della sentenza di secondo grado dal momento che non si e’ fornita risposta alcuna sul perche’ la tesi di fondo del C.T. della difesa, prof. (OMISSIS), non sia stata ritenuta di pregio, al pari di quella di senso contrario fornita dal C.T. del P.M..
4) infine, si denuncia che la motivazione dell’impugnata sentenza della Corte di Appello appare manifestamente illogica anche nella parte in cui, nel confermare il ragionamento del Giudice di primo grado in merito all’asserita sussistenza – in termini di “causalita’ generale” – di un legame eziologico tra le esposizioni professionali dei lavoratori impiegati nell’industria degli pneumatici e l’insorgenza di tumori polmonari, ha fornito una valutazione assolutamente parziale degli eccessi di rischio descritti in tutti gli studi scientifici sottoposti all’attenzione del Giudice di primo grado, omettendo – senza fornire alcuna spiegazione esplicita sul punto -di valutare gli studi scientifici, anche piu’ recenti, presentati dal consulente tecnico della difesa, Prof. (OMISSIS) e puntualmente riproposti nell’atto di appello e nella memoria difensiva presentata per l’udienza di appello del 17.04.2012.
Con il secondo motivo si denuncia altro vizio di motivazione in ordine alla valutazione di non prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla circostanza aggravante di cui all’articolo 589 c.p., comma 2.
4.2 IL RICORSO DEL PROCURATORE GENERALE.
Con il primo motivo denuncia contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, nonche’ erronea applicazione della legge penale ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), nelle parti in cui essa si discosta radicalmente ed illogicamente dalle ampie risultanze dell’incidente probatorio, dalle conclusioni di cui all’elaborato peritale, nonche’ dalle qualificate e pressoche’ concordi conferme, in sede dibattimentale, nel giudizio di primo grado delle conclusioni peritali medesime.
In particolare, si evidenzia come la Corte di Appello, nella impugnata sentenza, ed in primis con difetto motivazionale abbia aderito alla tesi di un unico Consulente di parte degli imputati, Prof. (OMISSIS), addirittura assente in tutta la complessa fase dell’incidente probatorio, senza fornire alcun supporto motivazionale per aver prescelto la tesi dell’indicato consulente piuttosto che le altre, pressoche’ univoche, tesi e conclusioni di qualificati Periti e consulenti di fama nazionale ed internazionale.
Quanto al difetto motivazionale assoluto, nonche’ alla manifesta illogicita’ della motivazione ed alla erronea applicazione della legge penale ex articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), si evidenzia come durante il richiamato incidente probatorio la prova fosse stata correttamente assunta, in ossequio ai criteri costantemente dettati dalla Corte di Cassazione, attraverso l’individuazione di essa da parte dei due Periti del G.I.P. unitamente agli altri otto consulenti della Procura della Repubblica (due) e di quelli delle Parti Civili, i quali tutti hanno utilizzato e condiviso un criterio medico-legale di analisi e valutazione ufficialmente riconosciuto dalla letteratura scientifica, mai contestato dai consulenti degli imputati.
Con il secondo motivo si denuncia manifesta contraddittorieta’ nonche’ illogicita’ della motivazione, e palese difetto della stessa ex articolo 606 c.p.p., lettera d), in relazione alla contraddittoria negazione del nesso causale in ordine alla patologia contratta dalla p.o. (OMISSIS) rispetto ad altri casi trattati e con particolare riferimento alla posizione di (OMISSIS).
Invero, si argomenta, alle pagine 201-205 la Corte di appello esamina il caso di (OMISSIS) al quale e’ stato diagnosticato nel 1999 un carcinoma adenosquamoso della mucosa bronchiale gia’ metastatizzato in diverse sedi in assenza di fattori di rischio familiari c/o costituzionali. A questo riguardo la Corte di appello, dopo aver riesaminato la storia lavorativa del dipendente, ha in primo luogo ritenuto non fondato il rilievo della difesa che l’assenza di cartella clinica integrale metteva in dubbio la causa di morte.
A pagina 204 infatti la Corte di appello precisa che sono fondati soli i rilievi sub 2) 3) e 4) avanzati dalla difesa, mentre che la patologia polmonare non fosse la causa di morte non e’ stata messa in discussione in quanto il punto 1) non e’ stato ritenuto fondato dalla Corte. Del resto si trattava di un tumore polmonare in avanzatissimo stadio evolutivo per il quale ogni ipotesi causale alternativa di morte sarebbe stata inopportuna dal punto di vista non solo scientifico.
La Corte di Appello ha pero’ dubitato del nesso causale sulla base della multi fattorialita’ del tumore polmonare che non poteva escludere “l’interferenza di decorsi alternativi” senza tuttavia tener conto della durata di esposizione di 32 anni, della precocita’ di insorgenza della malattia e della rapidita’ di decorso.
E, soprattutto, senza tener conto che il (OMISSIS) aveva prestato la propria attivita’ lavorativa nel “reparto semilavorati confinante con il reparto bambury e con il reparto vulcanizzazione”, ossia in un reparto in cui, oltre alle problematiche di polvere provenienti dal (OMISSIS) ed ai fumi provenienti da quello in cui avveniva la vulcanizzazione degli pneumatici, era interessato dalla presenza possibile di polveri e talco come ben indicato alle pagine 348-349 della sentenza di 1 grado.
E, per altro, la Corte d’appello ha affermato che i presidi “per impedire la circolazione degli inquinanti” non erano idonei e che anzi la circolazione inquinante “veniva amplificata per effetto del sistema di ventilazione” ed a pagg. 161 ha anche evidenziato l’accertamento della presenza di nitrosoamine e di idrocarburi aromatici anche nei reparti ove aveva lavorato il (OMISSIS).
Per quanto riguarda il fattore “tabagismo” dalla perizia (OMISSIS) (OMISSIS) emerge che il (OMISSIS) non solo avesse abbandonato l’abitudine di fumare, ma inoltre come non fosse possibile indicare con precisione quando cio’ fosse accaduto. Il Collegio ritiene, invece, arbitrariamente, di non poter escludere che il tumore polmonare, causa della morte del (OMISSIS), abbia avuto un’esclusiva origine nel prolungato ed intenso fumo, circostanza che non trova riscontro nei dati acquisiti. Tali conclusioni per il P.G. ricorrente, non trovano riscontro ne’ sotto il profilo logico -giuridico, ne’ tanto meno nel dato documentale a disposizione del Collegio e dal quale si e’ arbitrariamente dissociato, rendendo palese la contraddittorieta’ rispetto alla valutazione della prova in relazione al diverso percorso logico – valutativo seguito per la posizione della p.o. (OMISSIS).
La palese contraddittorieta’ della motivazione invalida anche le conclusione cui perviene il Collegio in ordine alla patologia contratta da (OMISSIS).
Si afferma che la Corte ha proceduto a valutazioni meramente intuitive e congetturali non radicate nella c.d. “Legge di copertura scientifica” indispensabile per l’individuazione del “nesso di causalita’”, bensi’ fondate su prospettate correlazioni probabilistiche, scevre della capacita’ esplicativa dell’evento storico e oggettivamente realizzato.
Nella viziata motivazione – difatti – non v’e’ traccia alcuna di una pur doverosa analisi critica delle argomentazioni medico legali effettuate dai Periti, argomentazioni che risultano ignorate e/o disattese tout court, senza alcuna illustrazione delle motivazioni scientifiche e giuridiche che avrebbero indotto la Corte a ritenerle di minor valenza probatoria.
Si evidenzia come il Collegio abbia riconosciuto: a) la estrema gravita’ delle condizioni di lavoro nello stabilimento, b) l'”accentuata pericolosita’ della situazione ambientale”; c) l’assenza di separazioni tra i singoli reparti; d) la diffusione delle sostanze altamente cancerogene in tutto lo stabilimento; e) l’effetto “moltiplicatore” dei sistemi di ventilazione rispetto agli agenti inquinanti; f) l’assenza di DPC a tutela delle condizioni collettive di lavoro; g) l’assenza o assoluta carenza di DPI quali dispositivi di protezione individuale dei lavoratori; h) l’assenza di informazioni circa i rischi delle lavorazioni; i) l’assenza di informazione sulla elevata tossicita’ delle materie prime utilizzate e delle sostanze ed “derivate””.
Le evidenze disponibili con particolare riferimento alle rilevate concentrazioni di sostanze altamente tossiche, nocive per la salute dei lavoratori, l’esame obiettivo dell’ambiente di lavoro, la promiscuita’ delle mansioni di lavoro, attesa altresi’ la pacifica circostanza dell’unicita’ del capannone aziendale e dell’intera struttura di lavoro, l’assenza di dispositivi individuali e collettivi di lavoro hanno determinato una distribuzione del rischio e costituito l’humus ideale per l’insorgenza e lo sviluppo delle riscontrate patologie.
4.3 I RICORSI DELLE PARTI CIVILI.
I ricorsi delle parti civili (redatti dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse delle parti civili (OMISSIS), poi deceduto, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dall’avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) in sostanza seguono l’impostazione del ricorso del Procuratore Generale ed, in particolare, i motivi comuni e principali possono cosi’ sintetizzarsi:
a). Si denuncia che l’impugnata sentenza e’ viziata da mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, nonche’ da erronea applicazione della legge penale nelle parti in cui essa si discosta radicalmente ed illogicamente dalle ampie risultanze dell’incidente probatorio, dalle conclusioni di cui all’elaborato peritale, nonche’ dalle qualificate e pressoche’ concordi conferme, in sede dibattimentale, nel giudizio di primo grado delle conclusioni peritali medesime.
Inoltre, la Corte non ha individuato – come era tenuta a fare preliminarmente in aderenza ai principi giurisprudenziali di legittimita’ in considerazione della natura del processo – alcun criterio scientifico per la valutazione delle amplissime risultanze processuali e per la conseguente individuazione della sussistenza, o meno, del nesso di causalita’.
In particolare, si evidenzia l’error in judicando in cui e’ incorsa la Corte capitolina per avere aderito, per la risoluzione del problema giuridico afferente al nesso causale tra le condotte omissive degli imputati e l’evento morte e/o lesioni delle persone offese, alla tesi di un unico consulente di parte degli imputati, prof. (OMISSIS), assente in tutta la complessa fase dell’incidente probatorio, in quanto nominato per la fase dibattimentale (a distanza di ben cinque anni dall’apertura del procedimento penale), senza fornire alcun supporto motivazionale per aver prescelto la tesi dell’indicato consulente piuttosto che le altre, come gia’ evidenziato, pressoche’ univoche, tesi e conclusioni di oltre dieci fra qualificati Periti e Consulenti di fama nazionale ed internazionale.
Si sottolinea che il prof. (OMISSIS) non ha effettuato alcuna operazione peritale, ne’ tenuto alcun colloquio con i familiari delle vittime, ne’ ha operato alcun accesso allo stabilimento a differenza di tutti gli altri periti e consulenti
Si evidenzia che un criterio scientifico e’ stato ben delineato nel giudizio di primo grado, sia dai periti che dai consulenti del P.M. e delle parti civili, ed altrettanto puntualmente riportato nell’ampia motivazione della sentenza di primo grado.
Nell’elaborato peritale – (OMISSIS) – (OMISSIS) -, perizia effettuata nel piu’ ampio rispetto del contraddittorio, sono elencate dalla pagina 2 alla pagina 15 i profili metodologici da seguire nello studio dei singoli casi clinici in relazione alle puntuali e poderose acquisizioni dirette di dati fattuali, circostanze anamnestiche, studio della effettiva e non soltanto formale attivita’ lavorativa prestata nello stabilimento, entita’ e numero degli agenti chimici pervenuti a contatto con le pp.oo., assenza o assoluta carenza di DPI e DPC, proprio in ossequio alla citata esigenza, indicata dalla giurisprudenza di legittimita’, di una “approfondita analisi di un quadro fattuale il piu’ nutrito possibile di dati relativi all’entita’ di esposizione, al rischio professionale, tanto in rapporto all’entita’ degli agenti fisici dispersi nell’aria che in rapporto al tempo di esposizione, tenuto altresi’ conto dell’uso di eventuali dispositivi personali di protezione”.
Cio’ che, invece, e’ mancato nella sentenza di secondo grado, infatti la Corte, affrontando i singoli casi relativi al decesso delle persone offese, ha applicato criteri di volta in volta mutevoli, giungendo ad escludere il nesso di causalita’ sulla base di suggestioni, senza preventivamente individuare un criterio scientifico/legge di copertura scientifica, di valutazione per l’esame delle emergenze processuali. Ha dunque proceduto a valutazioni meramente intuitive non radicate nella c.d. “legge di copertura scientifica” indispensabile per l’individuazione del nesso di causalita’ bensi’ fondate su prospettate correlazioni probabilistiche, scevre della capacita’ esplicativa dell’evento storico ed oggettivamente realizzato.
b) Altro vizio motivazionale denunciato, determinato da error in judicando, viene evidenziato nel fatto che la Corte si e’ complessivamente dissociata – con percorso valutativo meramente intuitivo – dalle concordi risultanze processuali in relazione alle quattro posizioni esaminate (decessi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e lesioni patite da (OMISSIS)).
Si argomenta che il Collegio di appello ha attinto nelle sue valutazioni ad un criterio meramente “intuitivo” scollegato da criteri di valutazione giuridici e scientifici propri della letteratura scientifica, cosi’ come indicati nella costante giurisprudenza di legittimita’.
Dunque, si espone che, con motivazione manifestamente illogica e carente, la Corte territoriale si e’ determinata – e lo ha fatto empiricamente nonche’ intuitivamente affrontando i singoli casi – nel potere di scegliere quale delle divergenti valutazioni dovesse ritenersi preferibile, sulla mera base di proprie conoscenze senza avvalersi di esperti di fiducia dotati della capacita’ tecnico scientifiche idonee ad analizzare i casi; difatti si argomenta, non v’e’ traccia di una pur doverosa analisi critica delle argomentazioni medico legali effettuate dai Periti, argomentazioni che risultano ignorate e/o disattese tout court, senza alcuna illustrazione delle motivazioni scientifiche e giuridiche che avrebbero indotto la Corte a ritenerle di minor rilevanza probatoria.
In definitiva, si evidenzia che la Corte d’appello, in contrasto con le costanti indicazioni della Suprema Corte, non ha fatto buon governo del recente insegnamento di legittimita’, con particolare riguardo ai criteri cui deve ispirarsi il giudice del merito nella scelta della legge scientifica di copertura indispensabile per la ricostruzione della relazione causale esistente tra la malattia professionale e la condizione scatenante. Il giudice deve essere mero fruitore della legge scientifica di copertura e non creatore della stessa, in presenza di opinioni scientifiche contrastanti sul nesso di derivazione causale di un evento da una condotta, egli deve fornire una motivazione adeguata ed esauriente in ordine alla ragioni per le quali ritenga di scegliere una teoria piuttosto che un’altra.
c) Altre censure per violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorieta’, viene individuato nella palese discordanza tra le premesse relative all’accertamento positivo di un nesso causale generale e le conclusioni relative ai casi esaminati della mancanza del nesso individuale.
In effetti si evidenzia come nella prima parte della sentenza la Corte del merito ha riconosciuto: a) la estrema gravita’ delle condizioni nello stabilimento ” (OMISSIS)”; b) l’accentuata pericolosita’ della situazione ambientale; c) l’assenza di separazioni tra i singoli reparti; d) la diffusione delle sostanze altamente cancerogene; e) l’effetto “moltiplicatore” dei sistemi di ventilazione rispetto agli agenti inquinanti; f) l’assenza di DPC a tutela delle condizioni collettive di lavoro; g) l’assenza o assoluta carenza di DPI quali dispositivi di protezione individuale dei lavoratori; h) l’assenza di informazioni circa i rischi delle lavorazioni; i) l’assenza di informazione sull’elevata tossicita’ delle materie prime utilizzate e delle sostanze ed “derivate”.
Ebbene, nonostante tali premesse, il Collegio e’ pervenuto argomentando in altri successivi passi della motivazione a conclusioni incompatibili e contraddittorie.
Si sostiene che appare illogica, oltre che carente, la motivazione per individuare il criterio di causalita’ giuridico per la spiegazione della patologia tumorale contratta rispettivamente dalle persone offese: la sentenza di appello prospetta ed ascrive la genesi di tali patologie, almeno in astratto, ad una diversa multifattorialita’, evidenziando le ritenute – ma assolutamente non giustificate e soprattutto irrazionalmente difformi dai risultati scientifici assunti e dal corretto, dal punto di vista metodologico, elaborato peritale – difficolta’ ad un eccesso di causalita’ anziche’ ad un suo difetto, ad una ipercausalita’ anziche’ ipocausalita’.
4.5 I MOTIVI DEI RICORSI DELLE PARTI CIVILI IN RIFERIMENTO ALLA VALUTAZIONE DEL DECORSO DELLE MALATTIE DI CUI ERANO AFFETTE LE PERSONE OFFESE.
Quanto alle specifiche doglianze esposte dalle parti civili in riferimento alle singole vittime in sintesi si espone:
1) (OMISSIS) (ricorsi a firma avv. (OMISSIS) ed avv. (OMISSIS)).
Si espone che la manifesta contraddittorieta’ dell’impugnata sentenza emerge chiaramente dall’esame del caso. Al (OMISSIS) venne diagnosticato nel 1999 un carcinoma adenosquamoso della mucosa bronchiale gia’ metastatizzato in diverse sedi in assenza di fattori di rischio familiari e/o costituzionali.
La Corte, dopo aver rigettato le obiezioni mosse dalla difesa in punto di mancanza della cartella clinica, riconosceva che causa di morte di tale lavoratore fosse stata la patologia tumorale al polmone.
Sta di fatto, pero’, che il Giudice di appello non ha tenuto conto della durata dell’esposizione di 32 anni all’ambiente lavorativo gia’ descritto, della precocita’ di insorgenza della malattia e della rapidita’ del decorso. E, soprattutto, non ha tenuto conto che il (OMISSIS) aveva prestato la propria attivita’ lavorativa nel “reparto semilavorati confinante con il reparto bambury e con il reparto vulcanizzazione”, ossia un reparto nel quale oltre alle problematiche di polvere provenienti dal bambury ed ai fumi provenienti dal reparto vulcanizzazione era interessato dalla presenza possibile di polveri e talco come ben indicato nella sentenza di primo grado.
Appare palesemente contraddittorio come la Corte abbia escluso il nesso causale per il (OMISSIS) e lo abbia ritenuto per il (OMISSIS) caso con analoghe caratteristiche cliniche e di esposizione lavorativa.
Si presenta, invero, contraddittorio il fatto che la Corte, nella ricostruzione della posizione del (OMISSIS), abbia accertato alcuni dati fattuali oggettivi gravi e connessi all’insorgenza della malattia e poi ometta di trame le corrette valutazioni finali, giungendo a prediligere altro fattore cancerogeno, l’abitudine al tabacco, senza enunciare alcun criterio scientifico.
Ed invero, nella perizia (OMISSIS) – (OMISSIS) e’ dato leggere come il (OMISSIS) non solo avesse abbandonato l’abitudine di fumare, ma inoltre, come non fosse possibile indicare con precisione quando cio’ fosse accaduto. Sennonche’ la Corte ritiene, invece, arbitrariamente e senza alcun appiglio scientifico, di non poter escludere che il tumore polmonare, causa della morte del (OMISSIS), abbia “avuto un’esclusiva origine nel prolungato ed intenso fumo” circostanza questa che, non trovando alcun riscontro nel dato documentale, non puo’ avere alcuna valenza ai fini della decisione.
In definitiva, si afferma, in sentenza, la sussistenza di una “altra e diversa causa eziopatogenetica che da sola e’ in grado di spiegare l’evento, costituita dal fumo di tabacco” ma di cui nel caso specifico non e’ possibile provarne ne’ la quantita’, ne’ la durata del consumo.
Contraddittoriamente la Corte nella prima parte della sentenza fa proprie tutte le analisi del Tribunale in punto di esame di tutti gli studi scientifici depositati in atti dalle parti per poi tralasciare ogni considerazione degli stessi al momento della valutazione finale.
Si evidenzia come tutte le vittime prese in esame risultassero in ipotesi fumatori, tuttavia emerge dagli atti una completa incertezza sull’entita’ o almeno sulla durata dell’uso di sigarette, in alcuni casi del tutto indeterminata.
In maniera del tutto contraddittoria, con riferimento alle vittime (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), forse minor fumatori della vittima (OMISSIS), il fattore “fumo di sigaretta” e’ stato ritenuto esclusivo o, comunque, alternativo alla esposizione prolungata ad agenti chimici di elevata tossicita’ e cancerogenicita’ quali quelli accertati come presenti e diffusi nello stabilimento (OMISSIS).
Ed, invero, si sottolinea, avendo la Corte d’appello pedissequamente riportato la descrizione dell’ambiente lavorativo, cosi’ come era stata dettagliatamente presentata dal Tribunale, appare logico ritenere che allo stesso modo anche la Corte abbia valutato la struttura della fabbrica come un ambiente unico e le aree di lavorazione senza soluzione di continuita’, prive pertanto di separazione le une dalle altre, e che, quindi, tale stato ha esposto in eguale modo ogni lavoratore all’azione tossica delle sostanze utilizzate nel ciclo produttivo assimilando cosi’ le lavorazioni meno esposte al pericolo diretto delle sostanze tossiche/cancerogene a quelle che sono invece lavorazioni propriamente pericolose.
2) (OMISSIS) (ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS)).
Il decesso del lavoratore e’ avvenuto il 15.04.2004 a causa di neoplasia polmonare, egli ha prestato attivita’ lavorativa dal 1969, in qualita’ di operaio all’interno dello stabilimento della (OMISSIS), e posto in mobilita’ nel 1993, e durante il rapporto di lavoro e’ stato a lungo esposto a sostanze tossiche utilizzate per la produzione di pneumatici. La patologia contratta, quindi, e’ senza dubbio riconducibile all’esposizione sul posto di lavoro a condizioni di elevato rischio che hanno favorito l’insorgere della malattia e condotto l’operaio al decesso, cosi’ come indiscutibilmente accertato dalla perizia e confermato dal consulente di parte prof. (OMISSIS).
Nessuna norma di sicurezza e di protezione era stata disposta per evitare il contatto con le sostanze chimiche. Di tale situazione lavorativa altamente rischiosa gli imputati ne erano perfettamente consapevoli come emerso in maniera incontrovertibile nel giudizio di primo grado. La motivazione dell’impugnata sentenza, che ha escluso il nesso causale tra tale situazione lavorativa e l’insorgenza della malattia, e’ frutto di un’analisi superficiale dei fatti: non e’ stato spiegato perche’ i motivi posti a base del gravame degli imputati siano stato ritenuti attendibili nonostante le contrarie risultanze processuali.
3) (OMISSIS) (ricorsi a firma avv. (OMISSIS) ed avv. (OMISSIS)). Al lavoratore nel 2001 era stato diagnosticato un adenocarcinoma gastrico in assenza di fattori di rischio familiari e/o costituzionali. La Corte d’appello, dopo avere esaminato la storia lavorativa e, soprattutto che e’ provato “con riferimento alla fattispecie in esame che la p.o. ha lavorato per 11 anni nel reparto bambury, “interessato da una maggiore esposizione a sostanze cancerogene” pur tuttavia ha ritenuto che non sia rimasto accertato “con il necessario rigore il nesso di causalita’” tra la predetta patologia tumorale e l’attivita’ lavorativa a motivo di “incerte risultante in tema di causalita’ generale” ed in ragione della presenza di fattori eziologici alternativi, rappresentati dal fumo di sigaretta, da una possibile infezione da helicobacter pilori, patologia che, seppure non specificamente accertata, non puo’ essere esclusa alla luce delle risultanze dell’esame istologico evidenziate dalla difesa”.
Le argomentazioni della Corte male si accordano con i presupposti clinico-scientifici che caratterizzano le patologie tumorali. E’ noto che tali patologie presentino una genesi multifattoriale, dato questo non compreso dalla Corte del merito; non tiene conto, infatti, pur citando una sentenza di questa Corte (sez. 4, n. 11197/2011) che ha affrontato la questione, che il fattore di rischio lavorativo puo’ avere un effetto sinergico rispetto ad altri possibili. Determinanti la malattia, provocando una riduzione del suo periodo di latenza,e risultando cosi’ concausale rispetto al concreto decorso della stessa. E’ il caso del tumore polmonare, ma anche dello stomaco, in un soggetto esposto per la sua attivita’ lavorativa ad un fattore di rischio ulteriore che ha interagito con il fumo accelerando il decorso della malattia.
L’accurata ricostruzione epidemiologica, accolta dal Tribunale e successivamente dalla stessa Corte, ha fatto emergere in maniere univoca un eccesso di neoplasie gastrointestinali tra i lavoratori impiegati nella produzione di pneumatici. Sul punto non vi e’ alcun dubbio che anche le c.d. leggi statistiche godono di cittadinanza nella spiegazione causale di un fenomeno poiche’ affermano che in certe condizioni, effettuato un dato empirico, si verifichera’ un certo genere di conseguenze in una certa percentuale di casi.
Il nesso causale tra adenocarcinoma gastrico e lavorazione della gomma e’ stato tuttavia negato dalla Corte poiche’ non era possibile escludere che esso fosse derivato dall’infezione da helicobacter pilori non valutando, pero’, ammesso che fosse rimasta accertata tale infezione, che nella maggior parte dei soggetti portatori della stessa non si sviluppa alcun tumore gastrico, ma che tale evenienza si puo’ verificare se coesiste l’esposizione a cancerogeni e/o ad agenti irritativi in ragione del loro effetto sinergico.
Ma sta di fatto che dalla documentazione clinica acquisita non emerge che il (OMISSIS) fosse affetto da helicobacter pilori.
La Corte aderisce apoditticamente all’unica prospettazione del consulente prof. (OMISSIS), ritenendo la mera e non documentata possibilita’ di esistenza di tale fattore di rischio come causa non solo concorrente ex articolo 41 c.p., bensi’ escludente i fattori causali contestati in imputazione e riconosciuti dal Tribunale. La Corte avrebbe dovuto motivare adeguatamente il perche’ abbia voluto aderire ad una tesi isolata e di parte elaborata da consulente assente alle operazioni peritali e non piuttosto alle qualificate e concordanti conclusioni degli altri periti.
Quanto all’incidenza dell’altro fattore alternativo, l’abitudine al fumo, una prima evidente contraddittorieta’ di motivazione la si coglie, per la parte civile ricorrente, laddove ha riconosciuto esistente il nesso causale per il decesso di (OMISSIS), risultante in atti ipotetico maggior fumatore, e lo ha disconosciuto per le altre posizioni di minor fumatori, tra cui il (OMISSIS).
I periti (OMISSIS) – (OMISSIS) per il caso in esame hanno escluso ogni fattore eziologico concorrente. Il (OMISSIS) risulta che abbia fumato sigarette ma solo a partire dal suo ingresso come operaio in (OMISSIS) a poco piu’ di vent’anni, e, comunque, in misura almeno tre volte inferiore alla frequenza di fumo risultante per il (OMISSIS).
RITENUTO IN DIRITTO
5. I ricorsi vanno accolti nei limiti che si preciseranno.
5. 1 – Premessa – La primaria questione che si pone all’attenzione del Collegio riguarda la possibilita’ generalizzata per i casi di specie, accertata su base scientifica, di individuare con ragionevole certezza nell’ambito di una patologia multifattoriale, in presenza di piu’ fattori di rischio, la causa di insorgenza del tumore di cui erano affette le parti offese e che certamente ha determinato la loro morte; ovviamente su tale questione vi e’ la contrapposizione, da un lato, della tesi negativa propugnata dal ricorrente (OMISSIS), secondo cui il dato probatorio acquisito nel processo, e cioe’ che non e’ possibile escludere, per il lavoratore (OMISSIS) l’efficienza causale di un diverso meccanismo eziologico fondato sull’abitudine al fumo di sigaretta, ben puo’ fondare un ragionevole dubbio che smentisce la spiegazione che l’evento morte sia certamente derivato dall’esposizione ai fattori cancerogeni individuati dai periti; dall’altro la tesi del Procuratore Generale e delle parti civili che, invece, deducono la non influenza causale del fattore fumo, oltre che per la patologia di cui era affetto il (OMISSIS) anche per quelle di cui erano affetti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sicuramente determinate dalla esposizione a quei fattori cancerogeni cui si e’ fatto riferimento e ben descritti in sentenza.
La Corte d’appello, condivisibilmente, ha ritenuto, nell’affrontare, appunto, la questione basilare dell’accertamento del nesso causale – secondo le regole codificate negli articoli 40 e 41 c.p. – che, al fine di pervenire all’affermazione o meno della responsabilita’ penale degli imputati, e’ necessario accertare la causa individuale delle singole neoplasie polmonari riscontrate nelle pp.oo., la cui identificazione ben puo’ condurre, stante la pacifica multifattorialita’ della patologia, a risultati diversi da caso a caso, sulla base dell’esame complessivo di tutte le evidenze probatorie disponibili con riguardo a ciascuna posizione soggettiva, la cui indagine relativa deve condursi secondo i criteri e le regole giuridiche, oggetto della elaborazione della giurisprudenza di legittimita’ in materia.
In sostanza, la Corte distrettuale ha affermato che, pur in presenza di una legge scientifica di tipo statistico accertante l’esistenza di una relazione probabilistica tra esposizione alle sostanze inquinanti, presenti nello stabilimento della ” (OMISSIS)” ed insorgenza del tumore al polmone, la ricorrenza – per le persone offese (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – del fattore oncogeno alternativo (rappresentato dall’abitudine al fumo di sigaretta) risulta di per se’ idonea a indurre un ragionevole dubbio sull’autonoma capacita’ dell’esposizione al fumo di innescare la malattia neoplastica anche in assenza del fattore di rischio professionale. In effetti, si sostiene che, anche se mentalmente eliminato, il rischio professionale, nell’ambito del giudizio controfattuale, necessario a verificare la fondatezza dell’ipotesi accusatoria, non consentirebbe di ritenere verificata l’ipotesi che le vittime non si sarebbero ammalate o avrebbero contratto la patologia tumorale in epoca significativamente posteriore; tale situazione ha imposto, sotto questo assorbente profilo, l’assoluzione degli imputati.
La Corte distrettuale rileva che, a tale condivisibile esposizione sul piano teorico dello statuto della prova della causalita’ materiale, non ha fatto seguito, da parte del Tribunale, una altrettanta coerente applicazione dei principi, calibrata sull’intero compendio delle evidenze probatorie disponibili e delle circostanze del caso concreto, con specifico riguardo alle posizioni dei lavoratori (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS), nei cui confronti la sussistenza del nesso causale tra l’evento mortale, conseguente alla patologia tumorale dagli stessi contratta, e l’esposizione professionale alle polveri presenti (V. punto 3.1. della parte narrativa) nello stabilimento industriale, non puo’ ritenersi accertata secondo quell’alto o elevato grado di credibilita’ razionale o probabilita’ logica richiesto proprio dalla giurisprudenza richiamata dal giudice di primo grado.
6. Nesso causale – Dunque, inevitabilmente, per la verifica della giustezza dell’una (quella del ricorrente (OMISSIS)) e dell’altra tesi (quella del Procuratore Generale e delle parti civili) il Collegio non puo’ far a meno di esaminare i temi proposti alla luce della giurisprudenza di questa Corte di interpretazione degli articoli 40 e 41 c.p., e, segnatamente, di quella affermata dalla richiamata sentenza Sezioni Unite Franzese, n. 30328 del 2002, non tralasciando di tenere, altresi’, conto dell’evoluzione, in questi ultimi dodici anni, dell’ulteriore elaborazione giurisprudenziale in materia.
E’ innanzitutto da rilevare che per il Procuratore Generale e per le ricorrenti parti civili la Corte capitolina, nel riportarsi alle conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale (V, parte narrativa punti 3.1, 3.2, 3.3. e 3.4), ritiene provate le violazioni da parte degli imputati delle norme cautelari, con particolare riferimento all’adozione di presidi idonei ad eliminare le polveri, formate da sostanze inquinanti, nonche’ la effettiva presenza di tali polveri nello stabilimento industriale, ed anche la sussistenza – in termini di “causalita’ generale” – di un legame eziologico tra le esposizioni professionali dei lavoratori impiegati nell’industria di pneumatici e l’insorgenza dei tumori polmonari.
Invero, e’ il ricorrente (OMISSIS) che (V. paragrafi 3) e 4) dei motivi del ricorso del (OMISSIS) di cui al punto 4.1 della parte narrativa) che nel denunciare altro vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, contesta la valutazione della cangerogenita’ per l’uomo, ed in particolare per il polmone, delle sostanze riscontrate nello stabilimento ” (OMISSIS).
La censura e’ del tutto infondata.
Quanto, infatti, alla “causalita’ generale” la Corte, ripercorrendo analiticamente le argomentazioni del Tribunale e, confrontandosi con i rilievi critici posti con il gravame di merito, ha dato ben conto della scelta della tesi scientifica, basata su studi statistici ed epidemiologici, proposta dai consulenti del P.M. e delle parti civili (V. parte narrativa punti da 3.1 a 3.4).
E’ opportuno accennare sinteticamente alla questione relativa ai poteri attribuiti al giudice in sede di valutazione dei risultati peritali, giacche’ pure questo tema e’ richiamato dai ricorsi, le cui censure denunciano una distorsione palese fra il risultato probatorio (perizie) utilizzato nella motivazione e l’atto probatorio acquisito al processo.
E’ indubitabile la necessita’ per il giudice dell’ausilio degli esperti della materia per la individuazione, nel caso concreto, delle leggi scientifiche e di quelle statistiche, non appartenendo tale sapere alla cultura giuridica, ed il dato fornito dagli ausiliari va senz’alcun dubbio recepito, come base di valutazione fattuale.
A tal riguardo, la giurisprudenza costante di questa Corte ammette, in virtu’ del principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove la possibilita’ del giudice di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purche’ dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicche’, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, e’ inibito al giudice di legittimita’ di procedere ad una differente valutazione, poiche’ si e’ in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se non entro i limiti del vizio motivazionale (Sez. 4, Sentenza n. 34747 del 17/05/2012 Ud. Rv. 253512; Sez. 4, Sentenza n. 45126 del 06/11/2008 Ud. Rv. 241907 Cass. sez. 4, 20 maggio 1989 n.7591 rv.181382).
Orbene, la Corte territoriale, rifacendosi “per relationem”, come gia’ evidenziato, alle argomentazioni svolte dai periti, ivi compresa la parte riguardante i rilievi mossi dai consulenti di parte, ritiene che sia stato possibile individuare la causa della morte nelle malattie tumorali e che, queste possano essere state generate dalla esposizioni alle polveri inquinanti presenti nell’ambiente di lavoro, salvo poi a verificare, per il singolo caso concreto, la presenza di altro fattore cancerogeno alternativo che legittima il ragionevole dubbio sulla efficacia causale determinante dell’esposizione professionale.
Tutto cio’ precisato, la metodologia motivazionale impone di affrontare ora la questione essenziale, come delineata, certamente di diritto, se e’, giuridicamente corretto ritenere la sussistenza del nesso causale, tra le condotte degli imputati e gli eventi lesivi, collegabili, quindi, all’esposizione alle polveri inquinanti delle persone offese, ancorche’ la presenza di altro fattore cancerogeno abbia potuto determinare la stessa patologia, idonea a prospettare un ragionevole dubbio sull’autonoma capacita’ dell’abitudine al fumo di innescare la malattia neoplastica anche in assenza del fattore di rischio professionale; risolto positivamente il quesito va, poi, verificata la tenuta logica dell’impugnata sentenza relativamente alla valutazione dei dati probatori, circa la prevalenza dell’uno rispetto all’altro fattore di provocare autonomamente la malattia.
6.1 Sentenza Franzese e successiva evoluzione della giurisprudenza della S.C. – Il caso di specie ha una sua peculiarita’: l’azione omissiva contestata, quella di non aver disposto le misure idonee a proteggere i lavoratori dalle polveri inquinanti, e’ stata incontrovertibilmente accertata, come pure, e’ rimasta acquisita, in presenza di una legge scientifica di tipo statistico, l’esistenza di una relazione probabilistica tra esposizione a tali poveri ed insorgenza di quelle patologie tumorali polmonari riscontrate nelle persone offese, allo stesso modo dell’abitudine al fumo. E dunque, la compresenza, per le persone offese, dell’esposizione ai due fattori cancerogeni, laddove, ed i periti sono tutti concordi sul punto, l’uno non esclude l’altro, (si concorda con le critiche svolte prima dalla sentenza impugnata e poi dagli stessi ricorrenti circa la tesi della concausalita’ dei due fattori delineata dal P.M.) essendo, quindi, consentita una valutazione di prevalenza tra i due (diversamente da come accade per altri fattori cancerogeni, quale l’esposizione all’amianto e l’abitudine al fumo, laddove uno esclude l’altro), determina che il giudizio controfattuale va effettuato con l’eliminare, nei casi concreti, mentalmente il fattore professionale per verificare se le vittime, anche in presenza del fattore “abitudine al fumo”, non si sarebbero ammalate o avrebbero contratto la patologia tumorale in epoca significativamente posteriore.
Il richiamo da parte di tutti i ricorrenti alla locuzione “oltre ogni ragionevole dubbio”, contenuta nella sentenza delle sezioni unite “Franzese” e poi in altre ed ora recepita nell’articolo 533 c.p.p., per fondare la primaria censura dell’impossibilita’ di pervenire all’affermazione di colpevolezza degli imputati non potendosi ritenere accertata la sussistenza del nesso causale, come delineato, secondo quell’alto o elevato grado di credibilita’ razionale o “probabilita’ logica”, impone di far notare, dopo l’esperienza giurisprudenziale applicativa di oltre dieci anni, che, al di la’ dell’icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui e’ permeato il nostro sistema processuale, sono a fondamento della stessa, sicche’ esattamente e’ stato notato come detta frase ha una funzione meramente descrittiva piu’ che sostanziale, giacche’, in precedenza, il “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell’imputato ne comportava il proscioglimento a norma dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, allora non si e’ in presenza di un diverso e piu’ rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma si ribadisce un principio immanente nel nostro ordinamento, costituzionale ed ordinario, secondo cui la condanna e’ possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale della responsabilita’ dell’imputato (Cfr. Sez. 2, Sentenza n. 7035 del 09/11/2012 Ud. Rv. 254025; Sez. 2, Sentenza n. 16357 del 02/04/2008 Ud. Rv. 239795; Sez. 1, Sentenza n. 20371 del 11/05/2006 Ud; Cass. sez. 2, 7 giugno 2006 n. 19575 rv.233785 cui adde Cass. sez. 1, 13 settembre 2006 n.30402 rv.234374 e dello stesso estensore 14 giugno 2006 n.20371 rv.234111).
Detta acquisizione serve anche a valutare la portata della decisione delle sezioni unite (Cass. sez. un. 11 settembre 2002 n.30328 rv.222138 e 222139), oggetto anche di differenti letture da parte della dottrina ed all’interno della quarta sezione, pur rimanendo inalterata l’interpretazione da essa data agli articoli 40 e 41 del codice penale (Sez. 4, Sentenza n. 9170 del 14/02/2013 Ud. Rv. 255397; Sez. 4, Sentenza n. 17758 del 06/03/2012 Ud. Rv. 253502) Sez. 4, Sentenza n. 17523 del 26/03/2008 Ud. Rv. 239542; Sez. 5, Sentenza n. 4941 del 18/12/2008 Ud. Rv. 242630; Sez. 4, Sentenza n. 35115 del 24/05/2007 Ud. Rv. 237452; Sez. 4, Sentenza n. 20560 del 02/03/2005 Ud. Rv. 231356; Sez. 4, Sentenza n. 4675 del 17/05/2006 Ud. Rv. 235658;Sez. 4, Sentenza n. 39062 del 26/05/2004 Ud. Rv. 229832; Sez. 4, Sentenza n. 40183 del 23/06/2004 Ud. (Rv. 229834;Rv. 234111 Cass. sez. IV 13 febbraio 2003 n.7026, Loi ed altri rv.223749, Cass. sez. 4, 21 maggio 2003 n.19312, Merlin rv.19312 e Cass. sez. 4, 2 ottobre 2003 n.37432, Monti ed altri rv.225988; Sez. 4, Sentenza n. 4981 del 05/12/2003 Ud. Rv. 229668).
Infatti, secondo le pronunce di questa Corte ad essa succedutesi, corroborate da voci dottrinali piu’ convincenti, e’ stata ribadita la perdurante validita’ della teoria condizionalistica e la necessita’ di procedere al giudizio controfattuale, non poste mai in dubbio, e riaffermato che il nesso di causalita’ non puo’ essere accertato con criteri di valutazione diversi da quelli utilizzati per gli altri elementi costitutivi del reato, sostenendosi un’argomentazione ovvia, ma, purtroppo, non pacifica in tema di colpa professionale, in cui si faceva riferimento a criteri metagiuridici quali ad esempio il valore della vita umana, richiamandosi, altresi’, un principio lampante, secondo cui per pronunciare una condanna sono necessarie le prove, che possono essere anche indiziarie e logiche, ed introducendo il criterio della probabilita’ logica rispetto a quella statistica in modo da ridimensionare “in modo equilibrato” quella teoria seguita da autorevole voce dottrinale della certezza e della probabilita’ prossima ad uno e l’altra della probabilita’ statistica e delle serie ed apprezzabili probabilita’ di successo.
Il merito, unanimemente riconosciuto, della decisione delle sezioni unite “Franzese” e’ quello di aver rimosso l’equivoco di una diversita’ di accertamento della causalita’ omissiva e soprattutto, proprio sotto questo profilo, di aver ritenuto non accettabile la teoria della certezza o della quasi certezza, prossima ad uno, quasi che in questi casi fosse possibile prevedere un differente modo di accertamento del fatto e del rapporto eziologico e fosse possibile una certezza assoluta, contrastata, persino, dalla filosofia della scienza, che, secondo quanto sostenuto dai piu’ accreditati filosofi del ramo, si fonda sulla c.d. “causa probabile”, giacche’ appartiene “all’innocenza del pensiero scientifico del passato” il riferimento alla certezza assoluta.
Peraltro, senza addentrarsi in un esame minuto della predetta decisione ed in un’analisi della sua struttura, la pronuncia assume particolare rilevanza per l’attenzione riservata al momento dell’accertamento processuale, che assume importanza fondamentale per il caso che ci occupa, attese le censure mosse con i ricorsi alla sentenza della Corte d’appello di Venezia.
Infatti, si puo’ fare questione di modalita’ di accertamento della sussistenza del nesso causale tra omissione ed evento solo qualora esistano condotte eterogenee ed interagenti, ma non quando il fatto sia sicuramente attribuibile, secondo le varie tipologie delle normali valutazioni probatorie (prova diretta, critica ed indiziaria), al soggetto come proprio.
La sentenza a SS.UU. chiarisce che “nulla esclude che (coefficienti medio – bassi di probabilita’ c.d. frequentista per tipi di evento, rivelati dalla legge statistica) se corroborati dal positivo riscontro probatorio, condotto secondo le cadenze tipiche della piu’ aggiornata criteriologia medico – legale, circa la sicura non incidenza nel caso di specie di altri fattori interagenti in via alternativa, possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento”.
Pertanto, escluso che “si elevino a schemi di spiegazione del condizionamento necessario solo leggi scientifiche universali e quelle statistiche che esprimano un coefficiente probabilistico “prossimo al” cioe’ alla “certezza”, giacche’ si tratterrebbe di assicurare un “garantismo nichilista”, occorre riferirsi al ragionamento inferenziale dettato in tema di prova indiziaria dall’articolo 192 c.p.p., comma 2, ed alla regola generale in tema di valutazione della prova di cui al comma 1 della medesima disposizione ed alla ponderazione, ma non all’acritico accoglimento, delle ipotesi antagoniste, in modo che, “esclusa l’interferenza di decorsi alternativi, la condotta omissiva dell’imputato, (risulti) condizione “necessaria” dell’evento, attribuibile per cio’ all’agente come fatto proprio”, sicche’ e’ ben presente nella citata pronuncia la consapevolezza del carattere probabilistico delle leggi scientifiche, ma le stesse servono, in uno con quelle statistiche e le massime generalizzate di comune esperienza, a dare credibilita’ razionale all’accertamento del nesso eziologico.
Infatti, interessa al diritto l’individuazione della condizione necessaria dell’evento e non di quella sufficiente cioe’ dell’insieme delle condizioni che rendono inevitabile un determinato risultato, condizione che nemmeno le leggi scientifiche sono in molte ipotesi in grado di esprimere, senza che per questo si dubiti della loro intrinseca razionalita’.
Le leggi statistiche ed i correlati studi costituiscono uno strumento revisionale utile ai fini della prevenzione dei rischi ed ipotizzano un rapporto causale tra fenomeni senza che provino di per se’ un nesso di causalita’ tra fenomeni cioe’ costituiscono un indizio da poter valorizzare, insieme ad altri, nell’accertamento di detto rapporto “ex post”.
6.2 Alla luce di queste osservazioni e di questi principi, esaminati i proposti ricorsi, ritiene il Collegio che e’ certamente condivisibile l’impostazione motivazionale della sentenza impugnata in ordine al tema del nesso causale, essa non e’, pero’, esente da critica nel momento della valutazione dei dati probatori acquisiti con riferimento alla morte di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
In riferimento a questo decesso va accolto il ricorso del (OMISSIS), e va trattato per prima in quanto l’annullamento della sentenza sul punto e’ determinato, non tanto dalla questione giuridica enunciata in precedenza, quanto dalla mancata valutazione, con giudizio controfattuale, dell’incidenza delle omissioni contestate al (OMISSIS) circa l’insorgenza della malattia tumorale.
Il vizio di motivazione denunciato dall’imputato e’ palese.
Il Collegio concorda pienamente con la Corte d’appello, rimandando appresso la piu’ approfondita analisi della questione giuridica, circa l’efficienza causale dell’esposizione professionale nella genesi della malattia tumorale del (OMISSIS), con esclusione di qualsiasi altro fattore alternativo, ivi compresa l’abitudine al fumo.
Manca pero’ qualsiasi considerazione, pur a fronte di uno specifico motivo del gravame di merito, circa l’incidenza causale della mancata predisposizione delle misure atte ad eliminare o a fronteggiare, a tutela dei lavoratori, la presenza delle polveri tossiche nello stabilimento della ” (OMISSIS)” nel periodo in cui il lavoratore (OMISSIS) ha prestato attivita’ lavorativa durante la presidenza del C.d.A. della societa’ del (OMISSIS).
E’ dato certo che il lavoratore aveva lavorato presso quello stabilimento dal 15.12.1964 al 30.11.1992, per ventotto anni, di cui ventisei presso il reparto (OMISSIS), cioe’ sino al 1990, ove e’ stata rilevata la piu’ alta concentrazione delle polveri tossiche di cui trattasi, di cui tredici anni come operatore, sin dall’inizio dell’attivita’ della fabbrica, quando non veniva adottata alcuna cautela e l’attivita’ lavorativa avveniva in presenza di fumi e di vapori e di una situazione di ampia diffusione di polveri a causa di una inadeguata organizzazione del lavoro (V. sentenza pag. 218).
E’ certo che il (OMISSIS) e’ stato presidente del C.D.A. dal 24.07.1990 al 31.01.1996, come e’ certo che quelle carenze antinfortunistiche, contestate, non sono state eliminate in tale periodo.
Ebbene, la Corte non si e’ posta la domanda di cosa sarebbe successo, se nel periodo 23.11.1990-30.11.1992, il (OMISSIS) avesse posto in essere i comportamenti omessi per sua colpa. Sarebbe, comunque, insorta la malattia, o avrebbe avuto, quanto meno, un decorso meno veloce?
E’ pur vero che la neoplasia e’ stata diagnosticata in data 24.12.1992, ma e’ da ritenere fondatamente che la stessa sia stata contratta in tempo di molto antecedente.
Ma resta il fatto che l’argomento non e’ stato preso in considerazione dal Giudice di appello e, poiche’ esso e’ di rilevanza decisiva nell’accertamento del nesso causale quanto alla condotta omissiva contestata al ricorrente, si impone l’annullamento della sentenza sul punto nei confronti del (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per nuovo esame.
6.3 L’ulteriore conseguenza dei principi esposti e’ che il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile circa la reale ed effettiva efficacia condizionante della condotta omissiva rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comporta la neutralizzazione dell’accusa e l’esito assolutorio del giudizio. Il ragionevole dubbio deve essere, pero’, reale, fondato su specifici elementi di fatto che lo avvalorino, sul piano concreto, circa la effettiva inferenza causale del fattore alternativo, non potendosi escludere che, sulla base delle leggi scientifiche e di quelle statistiche, e dell’esame complessivo di tutte le evidenze probatorie disponibili, quel fattore interagente (nel caso di specie in maniera esclusiva) possa risultare non influente, eliminato mentalmente quello addebitabile alla condotta umana, all’esito di un giudizio di credibilita’ razionale.
Dunque, correttamente la Corte romana, in linea di principio, ha proceduto ad accertare la causa individuale delle singole neoplasie polmonari nelle pp.oo. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e di quella gastrica di (OMISSIS), la cui identificazione ha condotto, stante la pacifica multifattorialita’ della patologia, a risultati diversi caso per caso, sulla base dell’esame complessivo di tutte le evidenze probatorie disponibili con riguardo a ciascuna posizione soggettiva.
Orbene, se puo’ affermarsi che relativamente ai decessi di (OMISSIS) (per questi come si e’ gia’ esposto l’annullamento della sentenza su ricorso del (OMISSIS) e’ determinata dal mancato giudizio controfattuale in riferimento alla posizione di tale ricorrente) e (OMISSIS) (un discorso a parte va fatto per il (OMISSIS) affetto da tumore allo stomaco) l’indagine e’ stata condotta secondo i criteri e le regole giuridiche or ora esposte. Di tal che, esclusa l’influenza di processi causali alternativi, si puo’ sostenere in termini di “certezza processuale”, ossia di alta credibilita’ razionale o probabilita’ logica, che con riferimento al decesso di (OMISSIS) sia stata proprio quella condotta omissiva, ascritta, a determinare l’evento lesivo, facendo riferimento, come gia’ rilevato, secondo la citata sentenza delle Sezioni Unite, sia a dati statistici sia ad altro materiale probatorio.
Quanto, invece, al decesso del (OMISSIS), la Corte, e’ approdata, facendo parimenti buon uso dei criteri e delle regole giuridiche richiamate, ad affermare il ragionevole dubbio circa la riconducibilita’ della causa della neoplasia, quale fattore determinante, alla esposizione delle polveri inquinanti, in presenza dell’altro fattore cancerogeno del tabagismo. Ha, infatti, evidenziato che la presenza di pregressi stati patologici certamente riconducibili all’abitudine al fumo (si richiama la relazione del prof. (OMISSIS)), portano ad escludere l’acquisizione di prova idonea ad affermare la sussistenza del nesso di causalita’ tra l’esposizione alle sostanze cancerogene utilizzate nello stabilimento (OMISSIS) e la patologia di natura oncologica che ha determinato il decesso del (OMISSIS), risultando tali patologie significativamente indicative di un’esclusiva incidenza del fattore alternativo costituito dall’abitudine al fumo di tabacco.
Sul punto sia il ricorso del Procuratore Generale (V. parte narrativa al punto 4.2) che quello delle parti civili ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), si limitano alla denuncia del vizio motivazionale senza pero’ affrontare il dato specifico evidenziato dalla Corte d’appello della presenza di pregressi stati patologici certamente riconducibili all’abitudine al fumo del (OMISSIS).
Pertanto, il ricorso del Procuratore Generale, riguardando anche altre posizioni processuali, le cui censure in parte sono state accolte, va rigettato, mente il ricorso delle indicate parti civili va dichiarato inammissibile con la loro condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.
6.4 Diversamente, per quanto riguarda la morte di (OMISSIS), ritiene il Collegio che siano fondati i denunciati (dal Procuratore Generale e dalle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) vizi motivazionali sotto il profilo della contraddittorieta’.
La motivazione dell’impugnata sentenza, piu’ che affrontare il contrasto tra diverse tesi scientifiche prospettate dai consulenti (diversamente da come sostengono il Procuratore Generale e le parti civili secondo cui la Corte romana ha aderito tout-court alla tesi di un unico consulente di parte degli imputati, prof. (OMISSIS)), pur prendendo atto del giudizio di prevalenza, formulato dal consulente prof. (OMISSIS), dell’abitudine tabagica sull’esposizione lavorativa, come fattore di induzione della neoplasia polmonare per il (OMISSIS), ha altresi’ considerato la conclusiva considerazione degli altri periti, secondo cui tali giudizi devono intendersi formulati, non gia’ nell’ambito di un’incidenza concausale, maggiore o minore dei due diversi fattori nell’induzione sinergica della patologia neoplastica, ma bensi’ in termini di una capacita’ alternativa di entrambi i fattori oncogeni di determinarne l’insorgenza, sia pure in diversa misura probabilistica, in relazione alle singole posizioni soggettive esaminate. Tuttavia, sulla base di tale, se pur condivisibile, considerazione la Corte del merito ha ritenuto non verificato il nesso di condizionamento tra l’esposizione professionale del (OMISSIS) alle sostanze cancerogene presenti nell’ambiente di lavoro e l’insorgenza della neoplasia polmonare, secondo il grado di elevata probabilita’ logica o credibilita’ razionale richiesto dalla richiamata giurisprudenza delle SS.UU. penali della Corte di cassazione per pervenire ad un giudizio di condanna, non essendo al riguardo sufficiente la mera probabilita’ statistica di produzione dell’evento emersa dal complesso delle indagini peritali.
Ritiene il Collegio che la Corte distrettuale abbia, quasi fideisticamente, ritenuto di non poter pervenire al giudizio di responsabilita’, all’esito del ragionamento probatorio, per non essere rimasta esclusa l’interferenza del fattore alternativo dell’abitudine al fumo di tabacco, per cui non risulterebbe giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva degli imputati sia stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilita’ razionale” o “probabilita’ logica”.
In effetti il Giudice di appello ha fatto riferimento al solo dato statistico, evidenziato dai periti, non proseguendo, poi, quel percorso di verifica di credibilita’ razionale e scientifica dell’accertamento. Operazione, questa, rimessa certamente al giudice e non ai periti, perseguita dal Tribunale, che, una volta acquisiti quei dati peritali, ha verificato la validita’ del coefficiente di probabilita’ espresso dalla legge statistica sulla base delle circostanze di fatto e dell’evidenza probatoria.
Appare, difatti, contraddittoria con riferimento alla quasi identica posizione lavorativa del (OMISSIS), l’analisi da parte della Corte territoriale degli elementi probatori analizzati dal Tribunale, quali la durata lavorativa (32 anni), la precoce eta’ di insorgenza della malattia e la rapidita’ del suo decorso Non e’ affatto condivisibile il giudizio che la “esposizione complessiva”, ritenuta dal primo giudice quale conseguenza della accertata diffusa circolazione di fumi e polveri, costituisce una situazione che, solo in via presuntiva e senza adeguato rigore scientifico, puo’ definirsi causa della patologia in questione. Invero la descrizione e l’analisi approfondita che il Giudice di primo grado (per altro recepite e riportate diffusamente nella sentenza di secondo grado) ha fatto dell’ambiente di lavoro con riferimento alla mancata adozione di presidi antinfortunistici ha evidenziato come la presenza delle polveri inquinanti (contenenti sicuri fattori cancerogeni quali le ammine aromatiche, le nitrosammine, gli idrocarburi policiclici aromatici, formaldeide e talco) erano si’ presenti in maniera eclatante nei reparti di lavorazione (in particolar modo nel (OMISSIS)) ma lo erano in maniera significativa anche nel reparto semilavorati, confinante con il (OMISSIS) ed il reparto di vulcanizzazione, ove ha prestato attivita’ lavorativa il (OMISSIS) (in sostanza il Tribunale ha evidenziato che l’ambiente di lavoro fosse unico ed indiviso per l’assenza di separazioni fisiche e quindi di elementi adatti all’isolamento tra un reparto e l’altro, per cui ogni lavoratore era esposto in egual modo all’azione tossica delle sostanze utilizzate nel ciclo produttivo). Quindi il dato della presenza di tali fattori cancerogeni non e’ stato affatto ricavato in via presuntiva. Viceversa e’ l’altro dato, quello relativo all’abitudine al fumo, che non trova riscontro in acquisizioni probatorie certe, atteso che, come evincesi dalla perizia (OMISSIS) – (OMISSIS), il (OMISSIS) non solo avesse abbandonato l’abitudine di fumare, ma che non fosse possibile neanche indicare con precisione quando cio’ fosse accaduto. E’ dunque fondato il rilievo delle ricorrenti parti civili rappresentate dall’avv. (OMISSIS) secondo cui la Corte d’appello afferma la sussistenza di una “altra e diversa causa eziopatogenetica che da sola e’ in grado di spiegare l’evento insorgenza della patologia, costituita dal fumo di tabacco”, ma di cui nel caso specifico non e’ possibile provarne ne’ la quantita’, ne’ la durata nel consumo, tanto da non giustificare il ragionevole dubbio legittimante l’assoluzione di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Dunque, non e’ condivisibile, sul piano logico motivazionale, il rilievo fatto proprio dalla Corte del merito secondo cui il dato probatorio rilevante, acquisito al processo, e’ che, nonostante la perizia collegiale abbia attribuito un c.d. “giudizio di prevalenza” all’esposizione professionale, ha ritenuto determinante il decorso causale alternativo per la posizione del (OMISSIS).
La non condivisibilita’ del rilievo deriva proprio da un’erronea lettura delle conclusioni cui e’ pervenuta la perizia collegiale e delle dichiarazioni rese a chiarimento nel corso dell’incidente probatorio dai periti. Invero, i periti hanno indicato le leggi scientifiche in base alle quali l’esposizione dell’uomo alle polveri contenenti fattori cancerogeni, quali quelli analiticamente individuati, determina l’insorgere della patologia tumorale di cui trattasi, anche con l’indicazione di quali sono le probabilita’ statistiche che tale evento si produca, solo che, non hanno potuto, in termini di certezza scientifica, escludere l’influenza alternativa dell’altro fattore cancerogeno dell’abitudine al fumo di tabacco. Ma tale risposta non doveva essere certamente data dai periti.
Come gia’ ricordato e’ solo il giudice che, sulla base del dato peritale (leggi scientifiche e statistiche) tenendo conto, poi, del risultato probatorio, puo’ verificare la validita’ del coefficiente di probabilita’ espresso dalla legge statistica in relazione alle circostanze di fatto e all’evidenza (credibilita’ razionale e scientifica dell’accertamento).
In conclusione, emerge quella distorsione, come denunciata, in sentenza fra il risultato probatorio utilizzato in motivazione e l’atto probatorio acquisito al processo.
In particolare, la Corte del merito, pur partendo dal dato pacificamente acquisito, degli effetti genotossici e dell’accertata azione cangerogena sull’organismo umano delle sostanze individuati come presenti nello stabilimento ” (OMISSIS)”, riconosciuti dalla comunita’ scientifica mondiale e dagli enti nazionali ed internazionali competenti, sulla base sia di studi in vitro e in vivo che delle analisi epidemiologiche sui soggetti esposti, non affronta, quanto al decesso del (OMISSIS), l’incidenza concreta del fattore alternativo dell’abitudine al fumo, sostenendo, intuitivamente, come rilevano i ricorrenti, la sua efficacia causale determinante.
L’esame delle censure oggetto dei ricorsi del Procuratore Generale e delle parti civili, riguardanti la parte della motivazione della sentenza impugnata che ha affrontato la valutazione degli elementi probatori emersi, unitamente alle leggi scientifiche ed ai dati statistici evidenziati dai periti, deve essere limitato dal Collegio a verificare se i giudici di appello abbiano logicamente escluso quel giudizio di credibilita’ razionale dell’ipotesi accusatoria secondo cui la patologia tumorale di cui e’ stato affetto il lavoratore (OMISSIS) sia diretta conseguenza dell’esposizione delle polveri tossiche.
Ebbene ritiene il Collegio che la motivazione, con riferimento alla morte del (OMISSIS), non abbia una sua tenuta logica per non aver valutato, secondo quei criteri di cui si e’ parlato e da essa professati, elementi sicuramente significativi quali le mansioni lavorative cui era addetto il (OMISSIS) in un reparto attiguo a quelli di lavorazione e dove era certa la presenza delle predette polvere tossiche, la lunga durata della esposizione alla sostanze cancerogene, la precocita’ dell’insorgenza della neoplasia e della rapidita’ del suo decorso.
Cio’ ritenuto, la sentenza va annullata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con riferimento al decesso di (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per nuovo esame.
6.5. Relativamente alle lesioni (determinate dal tumore gastrico) di cui era rimasto affetto il lavoratore (OMISSIS), poi deceduto nelle more del processo, i ricorsi del Procuratore Generale e delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno rigettati risultando infondati i motivi posti a base di essi.
Come gia’ riportato nella parte narrativa, la Corte d’appello, con riferimento al tumore gastrico, ha ribaltato la decisione di condanna del Tribunale sulla base dei rilievi di natura scientifica gia’, per altro, evidenziati nella sentenza di primo grado e che, diversamente da quanto osservato con riguardo agli studi relativi al tumore polmonare, gli studi scientifici riguardanti la neoplasia gastrica non evidenziano in maniera univoca, neppure sotto il profilo della significativita’ statistica e della causalita’ generale, un’associazione certa fra la esposizione alle sostanze presenti nello stabilimento dove ha prestato attivita’ lavorativa il (OMISSIS) e tale tipo di tumore.
La Corte rileva che, pur risultando provato che la p.o. ha lavorato per circa undici anni nel reparto (OMISSIS), interessato da una maggiore esposizione a sostanza cancerogene, tuttavia, le incerte risultanze in tema di causalita’ generale e la presenza di fattori eziologici alternativi (fumo di tabacco) non consentono di ritenere accertato, con il necessario rigore, il nesso causale.
Le ricorrenti parti civili, pur dando atto per il tumore gastrico, diversamente da quello al polmone, della mancanza di una legge scientifica generale, sulla base della quale possa affermarsi che tale neoplasia possa essere generata, in termini di alta probabilita’ razionale, dalla esposizione alle sostanze tossiche di cui trattasi, censurano l’impugnata sentenza argomentando che la Corte d’appello avrebbe dovuto ricercare il risultato probatorio per il tramite di leggi di copertura scientifiche probabilistiche.
Si richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le leggi scientifiche a carattere probabilistico hanno capacita’ esplicative sostanzialmente pari a quelle delle leggi universali.
Ritornando ai principi giurisprudenziali espressi dalla sentenza Franzese e da quelle che le hanno fatto seguito, apparendo l’osservazione determinante alla risoluzione del caso sottoposto all’esame del Collegio, la Suprema Corte, senza mettere in discussione l’utilizzabilita’ oltre che delle leggi universali anche di quelle statistiche, ha inteso evidenziare e mettere in luce l’esigenza di distinguere tra credibilita’ razionale e scientifica della legge da un lato e credibilita’ razionale e scientifica dell’accertamento, dall’altro. Viene precisato che “il giudice ha un duplice compito: quella dell’attenta verifica della “fondatezza scientifica” della legge statistica, al quale si aggiunge quello della verifica dell’applicabilita’ del coefficiente di probabilita’ rilevato nella fattispecie concreta”. Si e’ passati, quindi, dalla probabilita’ scientifica, alla probabilita’ logica, per cui si e’ parlato di teoria della probabilita’ logica ovvero di alto grado di credibilita’ razionale. Di conseguenza alla stregua del c.d. giudizio controfattuale ed all’esito del ragionamento probatorio “…che abbia altresi’ escluso l’interferenza di fattori alternativi, deve risultare giustificata e processualmente certa la conclusione per cui la condotta omissiva e’ stata condizione necessaria dell’evento” con alto o elevato grado di credibilita’ razionale o di probabilita’ logica”.
Nel caso di specie, riguardante la malattia del (OMISSIS), le conclusioni cui sono pervenuti i consulenti del P.M. e delle parti civili (V. pag. 89 della sentenza), pur dando atto della probabilita’ statistica, in assenza di una legge scientifica, che il tumore gastrico possa essere generato dalla esposizioni a quelle sostanze presenti nello stabilimento ove ha prestato attivita’ lavorativa la p.o., e pur in assenza di nesso epidemiologico, hanno evidenziato che il supplemento 7 della I.A.R.C. aveva affermato che gli eccessi di rischio non erano stati osservati in maniera consistente nei vari studi, che le citazioni di studi riguardavano l’industria della gomma in generale, condotti, tranne uno italiano, in paesi lontani e non vi era prova di analogia con lo stabilimento in esame, che le sostanze ritenute responsabili erano state nerofumo I.P.A. e nitrosamine analitiche, senza specificazione delle relative esposizioni professionali, che il tumore era comune (16.000 casi annui in Italia) e che i fattori di rischio erano il fumo, la dieta, il riflusso biliare e l’infezione da Helicobacter piliory.
Tutto cio’ riportato, a parere del Collegio, la valutazione della Corte d’appello e’ del tutto giustificata stante, non solo l’assenza di una legge scientifica, ma anche di una legge statistica valida per giungere ad una credibilita’ razionale e scientifica dell’accertamento e a far ritenere il ragionevole dubbio circa che l’esposizione alle sostanze tossiche di cui trattasi sia stata da sola causa efficiente della genesi del tumore di cui era affetto il (OMISSIS), non tralasciando di osservare la ritenuta presenza di altri fattori cancerogeni alternativi (abitudine al fumo ed affezione da Helicobacter pilory).
P.Q.M.
Annulla, in accoglimento del ricorso di (OMISSIS), la sentenza impugnata in ordine al decesso di (OMISSIS) e, in accoglimento del ricorso del Procuratore Generale e delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine al decesso di (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, cui rimette anche la regolamentazione delle spese processuali tra le parti.
Rigetta il ricorso del Procuratore Generale nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e di (OMISSIS) in ordine alle lesioni patite da (OMISSIS)
Dichiara inammissibile il ricorso delle parti civili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) in ordine al decesso di (OMISSIS) e le condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.

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