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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 2 febbraio 2015, n. 4876

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. LEO Guglielmo – Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL 30/08/1969
avverso l’ordinanza n. 1314/2014 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del 01/10/2014;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CITTERIO CARLO;
sentite le conclusioni del PG Dott. BRANCATO M., per l’accoglimento.
CONSIDERATO IN FATTO
1. A mezzo dei difensori, (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso l’ordinanza con la quale il 1.10.2014 il Tribunale di Catania ha confermato il provvedimento del locale GIP in data 24.6.2014 di rigetto dell’istanza di autorizzazione allo svolgimento di attivita’ lavorativa, enunciando motivo di “manifesta illogicita’ della motivazione, erronea applicazione dell’articolo 284 c.p.p., comma 3” con riferimento all’argomento del Tribunale che ha tratto ragioni di capacita’ economica dalla nomina di un secondo difensore fiduciario e dall’assenza di giustificazioni per il mancato svolgimento di attivita’ lavorativa da parte della coniuge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il Tribunale ha dato atto che il GIP aveva indicato due ragioni per la propria originaria reiezione dell’istanza: la mancanza di prova dell’assoluta indigenza del (OMISSIS) e del nucleo familiare, l’incompatibilita’ dell’attivita’ lavorativa prospettata con le esigenze di controllo proprie della misura cautelare in atto. Ha dichiaratamente evitato di prendere in esame il rilievo della compatibilita’ tra lavoro ed esigenze cautelari, giudicando assorbente l’insussistenza di una prova idonea della necessaria assoluta indigenza: sul punto ha argomentato facendo riferimento alla recente nomina di un codifensore fiduciario (che aveva tra l’altro determinato il venir meno dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato) e all’assenza di ragioni fisiche o di vita che impedissero lo svolgimento di lavoro da parte della coniuge dell’indagato, osservando che erano state in proposito prospettate solo affermazioni assertive.
3. Il ricorso e’ fondato, nei termini che seguono.
L’apprezzamento di insussistenza di una situazione economica e familiare che fondasse la richiesta di autorizzazione al lavoro esterno all’abitazione e’, allo stato, retta da due argomenti che si risolvono in motivazione da un lato assertiva e dall’altro manifestamente illogica.
Quanto al primo, la nomina di un codifensore sul piano logico non puo’ infatti, per se’, essere considerata indicativa di una situazione reddituale in atto incompatibile o anche solo incoerente con la necessita’ di lavorare: prescindendo dalla mancata conoscenza o indicazione delle concrete connotazioni anche economiche dei rapporti con i professionisti incaricati della difesa, la particolarita’ del contesto di coinvolgimento in situazione di limitazione della propria liberta’ personale puo’ imporre, o spiegare, peculiari attivazioni dell’interessato, rispetto alle sue ordinarie esigenze di vita personali e familiari, per l’esercizio piu’ ampio dei propri diritti di difesa; tali attivazioni ben possono consistere dal ricorso a prestiti di familiari o terzi all’intaccare risparmi e, paradossalmente, fanno sorgere o integrano quelle esigenze di procacciarsi reddito lecito per fronteggiare i propri impegni.
La astratta possibilita’ della moglie di cercare un lavoro non esclude l’esigenza in atto di provvedere anche autonomamente agli obblighi di assistenza materiale e mantenimento, pure penalmente sanzionati, che all’imputato personalmente competono in quanto padre e marito.
Per contro il Tribunale ha pretermesso l’esame dell’aspetto della compatibilita’ tra la concreta modalita’ di lavoro richiesta dal sottoposto alle indagini e le esigenze cautelari in atto, su cui pure il GIP aveva specificamente argomentato. Essendo stato il punto contestato con i motivi d’appello, non e’ possibile in questa sede alcun recupero di quell’unica motivazione sul punto.
Inevitabile l’annullamento come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catania

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