www.studiodisa.it

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV

SENTENZA 16 luglio 2015, n. 30989

Ritenuto in fatto

Con sentenza dei 27/11/2013 la Corte di Appello di Napoli confermava la condanna di M.C. per il delitto di omicidio colposo in danno di F.A.. Veniva anche confermata la pena di anni uno di reclusione e la condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili da liquidare in separato giudizio.

All’imputato era stato addebitato che, alla guida della sua auto Mercedes, percorrendo via Botteghelle di Napoli, impegnando un incrocio a velocità non inferiore ai 100 k/h, era andato a collidere con altra auto (Fiat Punto) che già aveva impegnato l’incrocio, determinando in tal modo la morte della F., conducente dell’altro veicolo (acc. in Napoli il 16/10/2004, ore 23.40).

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore lamentando la erronea applicazione della legge ed il vizio della motivazione, laddove la corte di merito, così come il giudice di primo grado, a fronte della rilevazione di una velocità elevata dell’auto dell’imputato, desunta presuntivamente da indici probatori dubbi ed incerti, non aveva preso in considerazione che l’efficacia causale dell’evento era da ricondurre alla esclusiva responsabilità della vittima, la quale non aveva rispettato il segnale di stop e non aveva allacciato la cintura di sicurezza.

Considerato in diritto

 

II ricorso è infondato.

Va premesso che la Corte di merito, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto che la responsabilità dell’imputato emergesse dalle seguenti circostanze – L’incidente era avvenuto in una strada gravata da un limite di velocità di 30 k/h; – L’auto della vittima proveniva da sinistra rispetto al veicolo dell’imputato e la strada percorsa dalla F. era gravata da segnale di ‘stop’;

– Lo scontro era avvenuto al centro della carreggiata;

– La velocità dell’auto del M., al momento del fatto, era elevatissima, come si desumeva dai rilevanti danni ai veicoli; dalle deposizioni dei verbalizzanti, esperti della materia; dalla circostanza che al momento dello scontro il veicolo del M. aveva fatto un testa-coda; dalla circostanza che il corpo della vittima era stato sbalzato fuori dall’abitacolo;

– smentita era la testi difensiva della velocità moderata, infatti, contrariamente alle deduzioni del M., l’auto Mercedes non era stata trovata con la terza marcia innestata, ma a ‘folle’. Sulla base di tali considerazione la corte distrettuale confermava la condanna. Le censure mosse dalla difesa alla sentenza sul punto della ricostruzione dell’incidente, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

Ciò premesso quanto alla ricostruzione dei sinistro, va ricordato che l’art. 141 del C.d.S., nel regolare la velocità di circolazione degli autoveicoli, stabilisce tra l’altro che il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile; inoltre deve regolare la velocità in prossimità delle intersezioni. Nell’interpretare la disposizione, questa Corte di legittimità ha avuto modo di precisare ulteriormente che, il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque, in prossimità di un incrocio, moderare la velocità, per essere in grado di affrontare qualsiasi evenienza, compresa quella che non gli venga accordata la precedenza spettantegli (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1826 del 23/11/1990 Ud. (dep. 08/02/1991), Rv. 186307; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9615 del 19/03/1991 Ud. (dep. 14/09/1991), Rv. 188213). Inoltre, che il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 12789 del 18/10/2000 Ud. (dep. 07/12/2000), Rv. 218473).

Nel caso di specie la Corte di merito, con coerente e logica motivazione, ha evidenziato che l’imputato è sopraggiunto all’intersezione a velocità notevolmente superiore a quella consentita ed in ogni caso non adeguata a prevenire lo scontro con un veicolo che aveva già ampiamente impegnato l’incrocio, sebbene senza rispettare lo stop, determinando pertanto l’incidente con la sua condotta.

Né vale ad escludere la colposa causalità della condotta del M. la circostanza che la vittima non abbia rispettato l’obbligo di dare la precedenza, ciò in quanto è patrimonio di comune esperienza che nella circolazione stradale non può farsi affidamento sulla assoluta diligenza e rispetto delle regole degli utenti della strada, per cui la violazione dell’obbligo di precedenza non è un evento imprevedibile ed impone quindi, al conducente favorito ad un incrocio di moderare la velocità ed ispezionare la strada per evitare sinistri (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 12361 dei 07/02/2008 Ud. (dep. 20/03/2008), Rv. 239258; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 15561 dei 17/10/1990 Ud. (dep. 23/11/1990), Rv. 185856; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9420 dei 21/06/1988 Ud. (dep. 23/09/1988), Rv. 179227). Pertanto nessuna violazione di legge e difetto di motivazione è dato riscontrare laddove la Corte di merito, nell’affermare la responsabilità dell’imputato, ha rilevato da parte sua la violazione di ordinarie regole di diligenza e prudenza (colpa generica), nonchè di specifiche disposizioni del C.d.S. (colpa specifica), e che tale condotta colposa (causalmente efficiente) è stata posta in essere a fronte di un evento prevedibile ed evitabile, se solo fosse stato rispettato il limite di velocità di 30 k/h.

Quanto alla circostanza che la vittima non allacciasse la cintura di sicurezza, va anche in tal caso rammentata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di omicidio colposo conseguente a sinistro stradale, il mancato uso, da parte della vittima, della cintura di sicurezza non vale di per sé ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del conducente di un’autovettura che, violando ogni regola di prudenza e la specifica norma del rispetto dei limiti di velocità, abbia reso inevitabile l’impatto con altra autovettura sulla quale viaggiava la vittima, e l’evento, non potendo considerarsi abnorme né del tutto imprevedibile il mancato uso delle cinture di sicurezza, il quale può, tuttavia, riflettersi sulla quantificazione della pena e sull’ammontare risarcitorio (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 42492 del 03/10/2012 Ud. (dep. 31/10/2012), Rv. 253737).

Valutata pertanto la infondatezza delle censure, il ricorso deve essere rigettato. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *