cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 3 giugno 2015, n. 11493

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2794-2014 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), – società con socio unico in persona del Responsabile della Direzione Affari Legali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 175, presso la DIREZIONE AFFARI LEGALI, rappresentata e difesa dagli avvocati FILIPPETTO MARCO e FERRETTI PAOLA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.F., M.L.M., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MALLUZZO LUIGI MARIA giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 342/2013 del TRIBUNALE di LOCRI SEDE DISTACCATA DI SIDERNO, depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/2015 dal Consigliere Relatore Dr. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

uditi l’Avvocati Ferretti Paola e Fabbri Paola (delega Filippetto) difensori della ricorrente che si riportano agli scritti e chiedono l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Malluzzo Luigi Maria difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

I.- Con la decisione ora impugnata, avente il n. 342/13, il Tribunale di Locri – sezione distaccata di Sidereo ha rigettato l’opposizione proposta da Poste Italiane S.p.A., quale debitrice esecutata, nei confronti dei creditori procedenti, avv.to L.M.M. e avv.to F.S.

Questi ultimi, in qualità di procuratori distrattari (in forza di sentenze emesse in favore di terzi soggetti, che vi figuravano come loro assistiti), avevano agito esecutivamente, dinanzi al Tribunale di Locri, sezione distaccata di Sidereo, contro la Telecom Italia S.p.A, debitrice esecutata, con diversi pignoramenti presso terzi nei confronti della società Poste Italiane S.p.A., filiale di Sidereo. Avendo quest’ultima, in qualità di terzo pignorato, reso dichiarazione positiva ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ., detti procedimenti esecutivi si concludevano con diverse ordinanze di assegnazione emesse in favore degli avv.ti M. e S. ed a carico di Poste Italiane S.p.A.
Per ciascuna di queste ordinanze, notificata in forma esecutiva, era intimato a Poste Italiane S.p.A., in qualità di debitrice esecutata, precetto, e (per più d’una) anche precetto in rinnovazione.
Sulla base dei detti titoli esecutivi (riuniti per gruppi e menzionati nel verbale di pignoramento mediante l’indicazione dei numeri dei processi esecutivi conclusi con le singole ordinanze di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ.) e dei relativi precetti, era effettuato un pignoramento di somme di denaro, a carico della società debitrice, presso l’agenzia postale di Sidereo, con iscrizione della relativa procedura esecutiva mobiliare dinanzi al Tribunale di Locri – sezione distaccata di Sidereo.

1.2.- Poste Italiane S.p.A. si è opposta a ciascuno dei precetti ed al pignoramento mobiliare, introducendo il presente giudizio di opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione; quest’ultimo ha disposto per la trattazione del giudizio di merito.
All’esito di questo giudizio, fatte precisare le conclusioni, il Tribunale di Locri­sezione distaccata di Siderno ha ritenuto che l’opposizione verta «in materia di vizi formali degli atti opposti`» e che pertanto avrebbe dovuto essere proposta nel rispetto del termine di decadenza di venti giorni dalla «notifica dell’atto oggetto di opposizione», ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ.. Ha concluso nel senso che questo termine «non è stato assolutamente rispettato».
Ha riscontrato, inoltre, un comportamento della parte opponente «tale da far emergere responsabilità per lite temeraria ex art. 96 c.p. c.»».

Ha quindi rigettato l’opposizione ed ha condannato l’opponente al pagamento, in favore degli opposti, avv.ti M. e S., della somma di € 2.500,00, liquidata a titolo di danno da risarcire ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché al pagamento delle spese di lite, liquidate nell’importo di € 2.500,00, oltre accessori come per legge

2.- Avverso la sentenza Poste Italiane S.p.A. propone ricorso straordinario affidato a tre motivi, illus[iati da memoria. Gli avvocati M. e S. resistono con controricorso. Va dato atto che alla discussione dinanzi a questa Corte ha partecipato, oltre al difensore della società ricorrente, anche l’avv. M., in qualità di difensore di sé medesimo e dell’avv. S.. Nella stessa data del 20 aprile 2015, il Consiglio Nazionale Forense, interpellato in qualità di organo preposto alla tenuta dell’Albo speciale degli avvocati cassazionisti, ha comunicato l’attuale efficacia dell’iscrizione dell’avv. L.M.M. e la sospensione dell’efficacia dei provvedimenti disciplinari di sospensione, pur risultanti a suo carico, in quanto appellati dinanzi allo stesso Consiglio Nazionale Forense.

Motivi della decisione

1.- Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai resistenti per carenza della procura speciale in favore del difensore di Poste Italiane S.p.A.Il mandato è, infatti, apposto a margine del ricorso; questo contiene in calce alla prima pagina la data e nella stessa pagina anche gli estremi della sentenza impugnata.

Va, in proposito, ribadito che il mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, è, per sua natura, speciale e non richiede alcuno specifico riferimento al processo in corso, sicché é irrilevante la mancanza di un espresso richiamo al giudizio di legittimità (così, tra le più recenti, Cass. n. 18468/14, ord. n. 1205115).

2.- Va altresì rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai resistenti per errata scelta del mezzo di gravame, trattandosi -secondo i resistenti- di sentenza appellabile, e quindi non assoggettabile al rimedio dei ricorso straordinario per cassazione, in quanto pronunciata ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ.
Sebbene sia corretto l’assunto dei resistenti secondo cui, nel caso di specie, l’opposizione proposta dalla società esecutata debba essere qualificata come opposizione all’esecuzione, per come si dirà trattando del primo motivo di ricorso, si ritiene che il Tribunale abbia qualificato l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi.

Depongono in tal senso sia il tenore letterale della motivazione che la ratio decidendi sull’opposizione. Per come già detto esponendo lo svolgimento del processo, il giudice ha ritenuto che la società opponente avesse inteso far valere «vizi formali» degli atti opposti -vale a dire, dei precetti e del pignoramento mobiliare basato su questi precetti- e, pur senza esplicitare le ragioni di questo assunto, lo stesso giudice ne ha tratto la conclusione della necessità che l’opposizione fosse proposta nel termine di venti giorni decorrente dalla notificazione dell’atto oggetto di opposizione. Trattasi di decisione coerente con l’individuazione dei motivi di opposizione come riguardanti vizi di forma degli atti, piuttosto che riguardanti la contestazione del diritto della controparte a procedere in executivis.

Peraltro, a sostegno e riscontro di quanto affermato, il giudice ha riportato in sentenza il disposto dell’ars. 617, comma secondo, cod. proc. civ. Ha quindi concluso che «nel caso di specie detto ultimo termine non è stato assolutamente rispettato».

Risulta perciò che il Tribunale abbia ritenuto essere stata proposta un’opposizione agli atti esecutivi e abbia ritenuto di non pronunciarsi nel merito per essere decorso, al momento del deposito del ricorso dinanzi al giudice dell’esecuzione, il termine di venti giorni di cui all’ars. 617 cod. proc. civ. 2.1.- Quanto fin qui esposto è sufficiente a confutare l’assunto dei resistenti secondo cui il Tribunale avrebbe affermato che la società esecutata avrebbe dovuto proporre un’opposizione agli atti esecutivi, ma in realtà avrebbe proposto un’opposizione all’esecuzione. E’ vero che la motivazione contiene l’enunciato che «l’opposizione, così come proposta non appare proceduralmente corretta, in quanto andava proposta sotto la forma dell’opposizione agli atti esecutivi 1…]», ma ad esso segue immediatamente la motivazione di cui si è detto sopra; segue altresì la perentoria affermazione che, nel caso di specie, non sarebbe stato rispettato il termine di venti giorni, previsto dall’art. 617 cod. proc. civ.

Per contro, non vi è alcun passaggio motivazionale in cui si qualifichi espressamente l’opposizione come opposizione all’esecuzione. Le nconsiderazioni ulteriori svolte dal Tribunale sul contenuto dell’atto di opposizione e sulle richieste della parte opponente sono riferite, infatti, alla decisione del giudice di condannare quest’ultima per responsabilità processuale aggravata.

2.2.- Avendo il Tribunale qualificato l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi, è corretta la scelta della società Poste Italiane S.p.A. di proporre il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., nonché degli artt. 618 e 360, ult. co., cod. proc. civ.

E’ orientamento consolidato di questa Corte quello per il quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere ex post, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile (cfr., tra le tante, Cass. n. 3712/11, nonché Cass. n. 26294107, n. 6054/10, ord. n. 2261/10 e ord. n. 171/12, tutte riferite alle opposizioni esecutive). 3.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa, erronea e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Tale seconda censura è inammissibile, così come eccepito dai resistenti, poiché formulata in riferimento al testo dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. non applicabile, ratione temporis, al presente ricorso. Dal momento che la sentenza impugnata è stata pubblicata dopo 1′ 11 settembre 2012, la norma applicabile è quella dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come sostituito dell’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 134 deI 2012, che consente la censura soltanto per «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». 3.1.- Malgrado ciò, è ammissibile e fondata la censura di violazione di legge. Il motivo, infatti, non presenta i vizi di genericità e di difetto di autosufficienza, nonché di erroneità ed assenza di chiara indicazione delle ragioni dell’impugnazione, sostenuti dai resistenti.

Quanto a questo secondo aspetto, si rileva che sono esposte in modo chiaro ed inequivoco le ragioni della doglianza e che sono esattamente indicate le norme processuali che si ritengono violate o falsamente applicate, con la specificazione del relativo vizio di legittimità.

Ed invero, parte ricorrente ribadisce che l’atto introduttivo del giudizio di opposizione si presentava sotto forma di opposizione all’esecuzione ed evidenzia che i motivi dell’opposizione erano relativi al diritto della controparte di procedere in executivis. Specificamente, Poste Italiane S.p.A. fa presente di avere ritenuto di proporre opposizione all’esecuzione sia perché si erano verificati in più circostanze «doppi pagamenti di una medesima ordinanza di assegnazione» sia perché si era rilevato che «la quasi totalità delle somme portate dal precetto non erano ripetibili».

La ragione dell’impugnazione è chiara ed anche coerentemente enunciata in ricorso, laddove -in riferimento alla dedotta violazione degli arti. 615 e 617 cod. proc. civ.- è detto che la sentenza di merito viene censurata (anche) sotto l’aspetto dell’interpretazione dell’opposizione (da parte del Tribunale). Vi sin ribadisce che, oltre alla forma (vale a dire, all’intitolazione), l’atto introduttivo aveva il contenuto dell’opposizione all’esecuzione, perché era dedotta l’inesistenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata per la non debenza e/o l’eccesso della somma richiesta nel precetto. A conforto della censura, viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte in merito alla distinzione tra opposizione agli atti esecutivi ed opposizione all’esecuzione nonché in merito alla riconducibilità a quest’ultima della contestazione relativa all’eccesso della somma richiesta col precetto rispetto a quella dovuta, anche in riferimento agli onorari ed ai diritti per l’attività di difesa successiva alla formazione del titolo esecutivo. 3.2.- Il Collegio ritiene che l’illustrazione del primo motivo non sia viziata nemmeno per difetto di autosufficienza.

Ed invero, malgrado il ricorso non ripercorra punto per punto le vicende del giudizio di merito e non riporti pedissequamente i motivi dell’atto introduttivo della lite dinanzi al giudice dell’esecuzione, contiene tuttavia una sintesi delle une e, soprattutto, degli altri, che è pienamente autosufficiente. Essa, infatti, è idonea, per come si evince da quanto sopra riportato, sia a chiarire i fatti essenziali della causa sia ad illustrare a questa Corte, con la completezza necessaria per la sua intelligibilità, l’unica effettiva ragione di censura della sentenza impugnata: l’errore del giudice nella qualificazione dell’opposizione. Evidentemente estranee al giudizio di legittimità sono le questioni concernenti il merito dell’opposizione all’esecuzione – doppi pagamenti delle ordinanze di assegnazione, contenuto degli atti di precetto. Pertanto, sono prive di rilevanza le osservazioni dei resistenti in merito alla mancata indicazione in ricorso -in asserita violazione del principio di autosufficienza- di dati fattuali che rilevavano nel giudizio di merito e rileveranno nel giudizio di rinvio, ma che non sono affatto funzionali all’illustrazione ed alla comprensione, in sede di legittimità, della censura di violazione di legge.

4.- Nel merito, questa censura è fondata.

E’ sufficiente, allo scopo, ribadire i seguenti principi, espressione di orientamenti univoci di questa Corte di legittimità: «in materia di esecuzione forzata, il criterio distintivo fra l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi si individua considerando che, con la prima, si contesta 1 “‘an” dell’esecuzione, cioè il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ovvero – nell’esecuzione per espropriazione – della pignorabilità dei beni, mentre, con la seconda, si contesta solo la legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l’esistenza di vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all’azione esecutiva» (Cass. n. 16262105, n. 20989/12 e numerose altre).

Alla stregua di tale criterio, va qualificata come opposizione all’esecuzione, e non come opposizione agli atti esecutivi, l’opposizione con cui si contesti il diritto del creditore di procedere esecutivamente in base al titolo esecutivo costituito dall’ordinanza di assegnazione ai sensi dell’ars. 553 cod. proc. civ., qualora si assuma l’integrale pagamento delle somme oggetto di assegnazione intervenuto dopo la pronuncia dell’ordinanza;

– « in materia di esecuzione forzata, l’opposizione a precetto con la quale la parte deduce che una tra le somme chieste nell’atto di precetto in base al titolo esecutivo non è dovuta, costituisce opposizione all’esecuzione, in quanto con essa la parte contesta, sia pure entro questi limiti, il diritto a procedere ad esecuzione forzata, adducendo che per detto credito manca un titolo esecutivo, e perciò l’opposizione deve ritenersi ammissibile anche qualora sia proposta oltre il termine di cinque giorni dalla not f ca del precetto (Nella specie, la S. C., sulla scorta del succitato principio di diritto, ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile, in quanto proposta oltre il termine dell’art. 617, cod. proc. civ., l’opposizione al precetto con la quale la parte aveva contestato il diritto del creditore ad ottenere il pagamento della somma chiesta a titolo di rimborso spese generali, in aggiunta alle spese liquidate nel decreto ingiuntivo fatto valere come titolo esecutivo, nonostante che detta somma non fosse stata liquidata nel decreto)» (così Cass. n. 7886103, ma cfr., tra le tante, di recente Cass. n. 9698111, n. 6102/13).

Anche quando il titolo esecutivo è costituito dall’ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., il creditore assegnatario, come si dirà, può agire esecutivamente, in forza dello stesso titolo, non solo per la somma ivi indicata, comprensiva delle spese liquidate dal giudice del processo esecutivo in cui è stata pronunciata, ma anche per le spese successive necessarie alla sua attuazione, come le spese di registro o quelle per le copie o per la notificazione (cfr. Cass. n. 3976/03). Queste spese, così come i compensi per la correlata attività del procuratore ad litem, non possono che essere auto-liquidati nel precetto.

4.1.- Né rileva in senso contrario, l’orientamento richiamato dai resistenti, per il quale in tema di espropriazione presso terzi, il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi è l’unico esperibile avverso l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 cod. proc. civ., non solo quando si contestino vizi formali suoi, o degli atti che l’hanno preceduta, ma pure quando si intenda confutare l’interpretazione che il giudice dell’esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entità ed alla esigibilità del credito (cfr. Cass. n. 4578108, nonché, tra le altre, di recente Cass. n. 5529111, n. 20310112, n. 11642114).

Questo orientamento, che pure, in sé, va ribadito, non trova applicazione alcuna nel caso di specie.

Esso presuppone che il terzo pignorato intenda fare valere, in tale sua qualità, vizi dell’ordinanza di assegnazione, pronunciata, ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ., a conclusione del processo esecutivo per espropriazione prezzo terzi introdotto dal creditore del suo debitore. Presuppone, cioè, che i vizi lamentati riguardino la formazione o il contenuto dell’ordinanza medesima (cfr. Cass. n. 20310/12 cit.; nonché Cass. n. 4505/11, n. 5529111, n. 5687112, n. 5895/12), anche nel caso in cui si intenda contestare la misura del credito assegnato (cfr.b Cass. n. 1728100, n. 6432/03, n. 5510103) ovvero la liquidazione delle spese fatta dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ.. Si tratta quindi di opposizione agli atti esecutivi proposta ai sensi del comma secondo dell’art. 617 cod. proc. civ., perché riferita al processo esecutivo concluso con la detta ordinanza.

Tuttavia, l’ordinanza di assegnazione è, a sua volta, titolo esecutivo che, munito della relativa formula, può essere portato ad esecuzione dal creditore assegnatario (già pignorante) contro il terzo pignorato (cfr. Cass. n. 3976/03, n. 19363/07, nonché già Cass. n. 394/68). Nel caso in cui il creditore assegnatario agisca esecutivamente in danno del terzo pignorato inadempiente questi assume la qualità di debitore esecutato. In siffatta qualità, si può avvalere dei rimedi riconosciuti dall’ordinamento in favore della generalità dei debitori che siano esecutati in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale (quale è l’ordinanza di assegnazione, anche se non idonea al giudicato: cfr. Cass. n. 11404109).

In particolare, il terzo pignorato che sia assoggettato ad esecuzione può valersi dell’opposizione all’esecuzione, per opporre al creditore assegnatario fatti estintivi od impeditivi della sua pretesa sopravvenuti alla pronuncia del titolo esecutivo (quali, ad esempio, i pagamenti successivi all’emissione dell’ordinanza ex art. 553 cod. proc. civ.: cfr. Cass. n. 11566/13) ovvero per contestare la pretesa azionata col precetto (quale, ad esempio, l’eccesso degli importi per le spese o le competenze che -per quanto detto sopra sulla valenza dell’ordinanza come titolo esecutivo- ben possono essere auto-liquidate con l’atto di precetto).
Quest’ultima eventualità si è appunto verificata nel caso di specie.

Poste Italiane S.p.A., in qualità di debitore esecutato dai creditori avv.ti M. e S., ha proposto un’opposizione all’esecuzione nella procedura esecutiva mobiliare intrapresa col pignoramento di somme di denaro presso l’agenzia postale di Siderno.

Il Tribunale di Locri – sezione distaccata di Sidereo ha errato nel qualificare l’opposizione proposta come opposizione agli atti esecutivi e nel ritenere precluso l’esame del merito a causa del decorso del termine decadenziale dell’art. 617 cod. proc. civ.

Il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata. Restano assorbiti i motivi secondo (relativo alla condanna di Poste Italiane S.p.A. al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ.) e terzo (relativo all’omesso esame di un fatto decisivo, costituito, secondo la ricorrente, dall’«abuso del diritto»).

La causa va rinviata al Tribunale di Reggio Calabria, così individuato ai sensi dell’art. 383, comma primo, cod. proc. civ., affinché esamini i motivi di opposizione all’esecuzione, essendo rimesse al giudice del rinvio la verifica della sussistenza di pagamenti già effettuati da parte di Poste Italiane S.p.A., in riferimento a ciascuna delle ordinanze così come poste a fondamento dell’atto di pignoramento e specificate nel ricorso introduttivo dinanzi al giudice dell’esecuzione (quindi, ordinanza per ordinanza), nonché la verifica della correttezza o meno degli importi pretesi, a titolo di spese e compensi successivi all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, con ciascun precetto (quindi, precetto per precetto), gravando l’onere della prova relativa sulla società debitrice opponente.

Resta demandata al giudice del rinvio anche la riconducibilità della condotta dei creditori assegnatari procedenti, qualificata dall’opponente in termini abuso del diritto (o del processo), alla previsione dell’art. 96 cod. proc. civ., trattandosi di domanda accessoria.
Si rimette al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Reggio Calabria, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

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