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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 11 febbraio 2016, n. 5690

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ISA Claudio – Presidente

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. TANGA Antonio Leonard – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 483/2014 del 26/02/2015 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. GIANNITI Pasquale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GALLI Massimo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Asti presentava richiesta di decreto penale di condanna nei confronti di (OMISSIS) in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza (tasso alcolemico di 0.85 g/l alle ore 00.36 e di 0.82 g/l alle ore 00.45), con l’aggravante di avere commesso il fatto tra le ore 22 e le ore 7.00, in (OMISSIS).

2. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti non accoglieva la richiesta e pronunciava sentenza 26 febbraio 2015, con la quale, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 129 e 459 c.p.p., assolveva Salvatore Antonio dal reato allo stesso ascritto per essere il fatto non previsto dalla legge come reato.

3. Avverso la suddetta sentenza presentava ricorso per cassazione il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, lamentando violazione della legge penale. In particolare, il Pubblico Ministero ricorrente rilevava che il Giudice aveva svolto un articolato ragionamento sul valore da attribuire alle rilevazioni tecniche eseguite per accertare il tasso alcolemico dell’imputato per giungere alla conclusione che l’imputato era sì alla guida in stato di alterazione alcolica, ma che detto stato non era accompagnato da livelli alcolemici penalmente rilevanti. Aggiungeva che il Giudice, così provvedendo aveva violato la legge processuale in quanto, in caso di richiesta di decreto penale, non è consentito pronunciare sentenza di proscioglimento ex articolo 129 per mancanza, contraddittorietà od insufficienza della prova desumibile dal fascicolo del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto.

2. Già a metà degli anni 90 le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di statuire che, in via generale, il giudice per le indagini preliminari può prosciogliere la persona nei cui confronti il Pubblico Ministero abbia richiesto l’emissione di decreto penale di condanna soltanto qualora ritenga ricorrere una delle ipotesi tassativamente indicate nell’articolo 129 c.p.p. e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell’articolo 530 c.p.p., comma 2, alle quali, prima del dibattimento – non essendo stata la prova ancora assunta – l’articolo 129 non consente si attribuisca valore processuale (così, Sez. Unite n. 18 del 9.6.1995, Cardoni, rv. 202375 che a loro volta richiamavano le sentenze nn. 19, 20, 21, 22, emesse in pari data, rispettivamente, nei proc. Omenetti, Valeri, Solustri e Tupputi; conf. sez. 5, n. 18059 del 25.3.2003, Bortolotti, rv. 224849; sez. 4, n. 4186 del 21.11.2007, Tricolore, rv. 238431).

Peraltro, detta pronuncia delle Sezioni Unite si poneva sulla scia della giurisprudenza costituzionale (si cfr.no in particolare le ordinanze nn. 300 del 17.6.1991 rv. 17402 e 362 dell’11.7.1991, rv. 17425) che aveva affermato il principio che la mancanza della prova potesse avere rilevanza, solo “ad istruttoria ultimata” e, dunque, a dibattimento (o comunque a processo, nel codice di rito vigente, nel caso di rito abbreviato) concluso e non prima dello stesso.

La statuizione delle Sezioni Unite è stata più volte successivamente ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, che ha esplicitato che l’eventuale necessità di approfondimento del quadro probatorio impone la restituzione degli atti al P.M., ai sensi dell’articolo 459 c.p.p., comma 3, (così sez. 6, n. 29538 del 27.6.2013, P., rv. 256149, sez. 2, n. 1631 del 12.12.2012, 2013, Rouane, rv. 254449; sez. 4, n. 992 del 18.7.2013, 2014, Carito, rv. 259079).

3. Questa Corte ha poi ulteriormente precisato che il giudice, chiamato a valutare la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, può deliberare il proscioglimento, secondo il disposto degli articoli 459 e 129 codice di rito, solo quando risulti evidente la prova positiva dell’innocenza dell’imputato, o risulti evidente che non possono essere acquisite prove della sua colpevolezza, mentre l’analoga sentenza è preclusa quando l’infondatezza dell’accusa dovrebbe essere affermata mediante un esame critico degli elementi prodotti a sostegno della richiesta (sez. 5, n. 14981 del 24.3.2005, Becatelli, rv. 231461) ovvero sulla base di una valutazione di opportunità sul proficuo esercizio dell’azione penale o sulla inoffensività della condotta (così sez. 3, n. 15034 del 24.10.2012, 2013, Carboni, rv. 258013 e n. 3914 del 5.12.2013, 2014, Pintaldi, rv. 258298).

4. Occorre qui riaffermare il principio (già espresso con le sentenze n. 4862 del 13.12.2012 dep. il 31.1.2013, Sechi e n. 47475 del 24.10.2013, Grasso, entrambe non massimate) secondo cui il giudice per le indagini preliminari può emettere sentenza ex articolo 459 c.p.p., comma 3, in assenza di contraddittorio, soltanto nel caso in cui sussista l’evidenza di elementi che escludano la sussistenza del reato, e che tale situazione non ricorre allorquando la valutazione operata dal giudice si fondi su percorsi valutativi che risolvono elementi contrastanti e che trovano nel giudizio la fase esclusiva di esame nel contraddittorio delle parti.

Orbene, nel caso di specie, non ricorre quella mancanza assoluta della prova non integrabile nelle fasi successive, alla quale fa riferimento la citata pronunciai delle SS.UU. n. 18/95 e che sola può legittimare un proscioglimento adottato ex articolo 129 c.p.p., dal gip investito della richiesta ex articolo 459 c.p.p..

Invero, il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta la decisione impugnata, impone di rilevare come il Gip abbia assolto il (OMISSIS) dall’imputazione ascrittagli ritenendo che le rilevazioni tecniche effettuate al momento del controllo dimostravano che l’imputato, in detto momento, aveva un tasso alcolemico di poco superiore alla soglia dello 0,80 (superamento pari a 0,05 alla prima prova e pari a 0,02 alla seconda), ma che non poteva essere affermato con assoluta certezza la corrispondenza tra la contestazione come cristallizzata nel capo di imputazione e l’effettivo stato di alterazione dell’imputato al momento del controllo.

Ciò in quanto: a) il minimo superamento del tasso soglia, considerato in sé, potrebbe essere frutto della connaturale ed ineliminabile imprecisione (per quanto riguarda valori di così minima entità) degli strumenti impiegati per l’accertamento tecnico;

b) coerente con l’osservazione che precede sarebbe la previsione di cui all’allegato al Decreto Ministeriale n. 196 del 1990, che, nel dettare le norme di individuazione degli strumenti e delle procedure per l’accertamento dello stato di ebbrezza, introduce all’articolo 4.1.1. una soglia di tolleranza pari al “4% in valore relativo per concentrazione tra 0,40 mg/1 e 1 mg/1 inclusi”;

c) applicando tale percentuale alle risultanze degli accertamenti effettuati a carico di (OMISSIS) secondo le modalità indicate dall’articolo 4.1.2. (“Gli errori massimi tollerati sono arrotondati al valore intero del gradino di verifica più vicino. Nel caso di uguaglianza assoluta fra i due limiti, si prenderà il valore inferiore”), si sarebbe dovuto pervenire ad un risultato inferiore al tasso 0,80 g/l, con conseguente configurabilita’ dell’ipotesi di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2 lettera a) (che, come è noto, non costituisce reato).

La valutazione che precede, effettuata dal giudice di merito, non tiene peraltro conto dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimita, secondo la quale: a) quanto alla pretesa inattendibilità dell’alcoltest, costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria all’accertamento (difetti dello strumento, errore di metodologia nell’esecuzione), non essendo affatto sufficiente congetturare la mancanza di omologazione del macchinario (Cass., Sez. 4, n. 17463 del 24/3/2011) o il mancato deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro (Cass., Sez. 4, n. 42084 del 4/10/2011); o prospettare dubbi non correlati a specifici elementi fattuali; b) quanto all’assunto che non si dovrebbe tenere conto dei decimali risultanti dalla misurazione, detto assunto contrasta inesorabilmente con il contenuto dell’articolo 186 C.d.S., il quale non pone una simile preclusione (cfr., tra le tante, Sez. 4, sent. N. 4967 del 27/11/2013, dep. 2014, Defina); e) quanto al decreto ministeriale 196/1990, la giurisprudenza, sulla scorta delle indicazioni contenute nel Decreto Ministeriale n. 196 del 1990, articolo 1, comma 2 e dell’articolo 379 cit. Reg. C.d.S., comma 2, ha precisato l’obbligatorietà, per gli agenti di polizia, di effettuare almeno due verifiche ad intervallo di cinque minuti e, tra i risultati ottenuti, di considerare rilevante quello col valore inferiore (cfr., tra le tante, le sent. nn. 18375/2013, 3346/2009 e 16478/2008) e che i due accertamenti non possono essere sostituiti dalla combinazione di un accertamento tecnico con un controllo sintomatico.

Ne consegue che in accoglimento del ricorso la sentenza deve essere annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Asti per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Asti per il prosieguo.

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