Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 10 agosto 2015, n. 34701

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere

Dott. ZOSO Liana Maria T. – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 464/2013 CORTE APPELLO di CALTANISSETTA, del 01/04/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/05/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio e restituzione della pena in 11 mesi di reclusione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Caltanissetta, con sentenza dell’1/4/2014, confermo’ quella emessa da Tribunale della stessa citta’ il 28/11/2012, con la quale (OMISSIS), giudicato colpevole del delitto di cui all’articolo 589 c.p., commi 1 e 2, ai danni di (OMISSIS), era stato condannato alla pena stimata di giustizia.

In particolare si rimproverava al (OMISSIS), quale amministratore unico della s.n.c. 5B Alimentari, la quale aveva avviato lavori di manutenzione di un capannone, al fine di eliminare le infiltrazioni d’umidita’ passanti attraverso la copertura, costituita da lastre di fibrocemento, avvalendosi per la stesura di un manto di malta di rinforzo, fra gli altri, della collaborazione del (OMISSIS), quale autonomo lavoratore, venuto a morte a cagione delle lesioni riportate cadendo al suolo dal predetto tetto, che non ne aveva sorretto il peso, di avere omesso di predisporre le necessarie protezioni, al fine d’impedire il verificarsi d’infortuni; di avere omesso di designare il coordinatore per l’esecuzione e di predisporre il piano di sicurezza e coordinamento; di avere omesso di fornire alla vittima dettagliate informazioni sui rischi specifici derivanti dall’ambiente di lavoro.

2. Contro la sentenza della Corte nissena il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione corredato da due motivi di censura.

2.1. Con il primo motivo, denunziante violazione di’ legge e vizio motivazionale in questa sede rilevabile, il ricorrente sostiene l’erroneita’ della sentenza di condanna sotto piu’ profili:

a) egli non era committente del (OMISSIS), il quale era stato incaricato dalla (OMISSIS) s.p.a., alla quale l’imputato si era rivolto per avere la fornitura del calcestruzzo;

b) non si era in alcun modo ingerito nei lavori, ne’, tantomeno aveva dato direttive ed anzi al momento dell’evento era assente

c) il fatto era da addebitarsi alla condotta abnorme della vittima;

d) la sentenza non aveva motivato sulle conseguenze del mancato rispetto dell’obbligo, ricadente sui lavoratori, di rispettare le norme poste a tutela della sicurezza.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alle rivendicate attenuanti generiche e all’entita’ della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il primo motivo e’ destituito di giuridico fondamento.

3.1. Questi gli assunti salienti ai quali e’ giunta la Corte territoriale, facendo ragionato uso del potere motivazionale, sulla base delle emergenze istruttorie, incensurabilmente valutate.

Il committente, pur assumendo un ruolo suo specifico, non e’ esonerato dalla posizione di garante, fermo restando il concorso di colpe altrui, ove l’evento debba ricollegarsi, in tutto o in parte alla sua condotta colposa omissiva o commissiva, come quando permette lo svolgimento dei lavori in situazioni nelle quali emerga situazione di’ pericolo, dovuto allo stato dei luoghi e/o all’impiego di determinati mezzi, o quando si sia ingerito.

Nel caso l’imputato aveva consentito che i lavori venissero svolti da una squadra di operai (della quale faceva parte la vittima), senza previamente assicurarsi che fossero stati approntati i necessari presidi di sicurezza e senza considerare lo stato della copertura, la quale dalla svolta consulenza era emerso, oltre a non essere per sua natura calpestarle, risultava gravemente lesionato.

A questo punto l’assenza del (OMISSIS) al momento dell’infortunio deve reputarsi ininfluente, assumendo rilievo la decisiva circostanza che l’imputato aveva avviato i lavori in piena violazione delle prescrizioni normative in materia di sicurezza. Ne’ la sua posizione di garanzia poteva venir meno senza aver fatto ricorso ad un responsabile dei lavori, munito dei necessari poteri decisori, gestionali e di spesa, fatto sempre salvo l’obbligo di redigere il piano di sicurezza per l’esecuzione ed il coordinamento, avendo coinvolto piu’ soggetti autonomi.

A fronte del compiuto quadro sopra descritto la critica mossa dal ricorrente e’ vana.

Anche a voler credere che il (OMISSIS) si fosse rivolto alla (OMISSIS) per ottenere la fornitura e che fosse stata questa a prendere contatto ed incaricare la squadra dei lavoratori autonomi incaricati di trasportare, riversare e collocare il materiale cementizio fluido ( (OMISSIS) e il (OMISSIS), quali proprietari di una betoniera, il primo, e di una pompa, il secondo, e (OMISSIS), quale abituale collaboratore della (OMISSIS)), non e’ dubbio che, ferma restando l’eventuale responsabilita’ di altri, l’imputato restava il committente finale dell’intervento.

Ne’, la prospettazione difensiva fa venir meno la colpa grave e certa dell’imputato nell’avere avviato lavori intrinsecamente pericolosi (la natura della copertura non poteva tollerare l’appesantimento di materiale ulteriore), senza, peraltro la garanzia di alcun presidio di sicurezza.

In definitiva, non si rinviene ragione alcuna per potersi escludere la posizione di garanzia del committente, pacificamente sussistente, in quanto soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un’opera, e’ titolare “ex lege” di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti etc.) e puo’ designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente rilasciato accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa, che gli consenta di essere esonerato dalle responsabilita’, sia pure entro i limiti dell’incarico medesimo e fermo restando la sua piena responsabilita’ per la redazione del piano di sicurezza, del fascicolo di protezione dai rischi e per la vigilanza sul coordinatore in ordine allo svolgimento del suo incarico e sul controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza (Cass., Sez. 4 , n. 37738 del 28/5/2013, dep. 13/9/2013, Rv. 256635).

Peraltro, l’evidenza delle precauzioni mancate e del grave rischio fatto assumere fanno si’ che qui non possa assumere rilievo l’esonero ritenuto nei soli casi in cui le predette precauzioni richiedano una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine (Cass., Sez. 3 , n. 1228 del 25/2/2015, dep. 24/3/2015, Rv. 262757; Sez. 4 , n. n. 1511 del 28/11/2013, dep. 15/01/2014, Rv. 259086).

Infine, deve, senz’altro affermarsi che nel caso in esame risulta palese che l’evento debba ritenersi causalmente collegato a plurime omissioni colpose, specificamente determinate, imputabili alla sfera di controllo dello stesso committente, col che pienamente si giustifica l’estensione della responsabilita’ dell’eventuale appaltante (la cui esistenza e’ rimasta peraltro non accertata) (si veda per una ben diversa situazione nella quale l’estensione non ricorre, Cass., Sez. 4 , n. 6784 del 23/1/2014, dep. 12/2/2014, Rv. 259286), assumendo solo il senso di un mero esercizio di retorica sterile pretendere di essere liberato perche’ coloro che lui avrebbe dovuto garantire, non avevano preteso l’applicazione delle garanzie.

3.2. Quanto alla denunciata natura abnorme della condotta della vittima va osservato che la Corte di merito non cade nel denunziato vizio.

La rado del discrimine e’ la stessa: poiche’ il garante deve assicurare il bene dell’integrita’ fisica e della vita del garantito, il quale da solo, per una pluralita’ di ragioni non sarebbe in grado di pienamente tutelarsi, il concorso (invero frequente) della colpa di quest’ultima o di altro soggetto, la cui attivita’ o anche sola presenza risulta legittimamente inserita nel processo lavorativo, non elide affatto la penale responsabilita’ dei primi. Salvo l’emergere di condotte che per la loro anomalia, bizzarria o abnormita’ non erano tali da indurre il garante ad una precipua preventiva percezione del rischio.

La razionale ricostruzione del fatto operata dal giudice dell’appello rende evidente la macroscopica infondatezza della pretesa dei ricorrenti. Non e’ dato in alcun modo cogliere in cosa sia consistita la bizzarria comportamentale, l’anomala ed imprevedibile condotta del lavoratore, il quale, dovendo manovrare con un comando a distanza la pompa, onde consentire soddisfacente distribuzione del materiale fluido, gli si fosse reso necessario, o anche solo utile, o apparentemente tale, condurre tale operazione dalla copertura.

Anche se puo’ assumersi come possibile che all’evento possa aver concorso una manovra erronea del predetto lavoratore autonomo deve escludersi, secondo la logica comune, che nel caso in esame una tale manovra possa considerarsi avulsa dalle mansioni svolte, abnorme e, pertanto, imprevedibile da parte del soggetto tenuto alla garanzia. Esattamente al contrario dell’assunto trattasi, invece, di un tragico evento occorso nell’esercizio e a causa dello svolgimento dell’attivita’ lavorativa, come tale del tutto prevedibile e prevenibile dai garanti.

Puo’ sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza di questa Sezione del 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimita’ (tra le tante, v. Sez. 4 , 12/5/2011, n. 35204; Sez. 4 , 10 novembre 2009, n. 7267; Sez. 4 , 17 febbraio 2009, n. 15009; Sez. 4 , 23 maggio 2007, n. 25532; Sez. 4 , 19 aprile 2007, n. 25502; Sez. 4 , 23 marzo 2007, n. 21587; Sez. 4 , 29 settembre 2005, n. 47146; Sez. 4 , 23 giugno 2005, n. 38850; Sez. 4 , 3 giugno 2004), la quale ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilita’, poiche’ l’esistenza del rapporto di causalita’ tra la violazione e l’evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito puo’ essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormita’ abbia dato causa all’evento; abnormita’ che, per la sua stranezza e imprevedibilita’ si ponga al di fuori delle possibilita’ di controllo dei garanti.

Piu’ in generale, e’ bene ribadire che la Cassazione ha gia’ avuto condivisamente modo di affermare che “in materia di normativa antinfortunistica, l’obbligo del datore di lavoro ma, qui, per che prima si e’ detto, anche del committente di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro si estende anche ai soggetti che, nell’impresa, hanno prestato la loro opera in via autonoma (v. di recente, Sezione 4 , 25 maggio 2007-3 ottobre 2007, Sfoggia).

Se e’ indiscutibile, infatti, che il lavoratore autonomo ha l’obbligo di munirsi dei presidi antinfortunistici connessi all’attivita’ autonomamente prestata, e’ altrettanto indiscutibile che sono a carico del datore di lavoro, che si avvale di un lavoratore della prestazione autonoma, da un lato, l’obbligo di garantire le condizioni di sicurezza dell’ambiente di lavoro ove detta opera viene prestata, e, dall’altro, quello di’ fornire attrezzature adeguate e rispondenti alla vigente normativa di sicurezza nonche’ di informare il prestatore d’opera dei rischi specifici esistenti sul luogo di lavoro (v. Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articoli 4 e segg.; Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626; articolo 2087 c.c.). E’ di decisivo rilievo, in particolare, il disposto dell’ari. 2087 c.c., in forza del quale, il datore di lavoro, anche al di la’ delle disposizioni specifiche, e’ comunque costituito garante dell’incolumita’ fisica e della salvaguardia della personalita’ morale di quanti prestano la loro opera nell’impresa, con l’ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi all’obbligo di tutela, l’evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’articolo 40 c.p., comma 2. Tale obbligo e’ di cosi’ ampia portata che non puo’ distinguersi, al riguardo, che si tratti di un lavoratore subordinato, di un soggetto a questi equiparato (cfr. Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 3, comma 2) o, anche, di persona estranea all’ambito imprenditoriale, purche’ sia ravvisabile il nesso causale tra l’infortunio e la violazione della disciplina sugli obblighi di sicurezza. Infatti, secondo assunto pacifico e condivisibile, le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori possano subire danni nell’esercizio della loro attivita’, ma sono dettate anche a tutela dei terzi, cioe’ di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono la’ dove vi sono macchine che, se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi. Cio’, tra l’altro, dovendolo desumere dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera n), che, ponendo la regola di condotta in forza della quale il datore di lavoro “prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno”, dimostra che le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell’interesse di tutti, anche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa (cfr. Sezione 4 , 20 aprile 2005, Stasi ed altro)” (Cass., Sez. 4 , n. 13917 del 17/1/2008, Rv. 239590).

4. Il secondo motivo e’ fondato.

Con l’atto di appello l’imputato aveva invocato il riconoscimento delle attenuanti generiche e la riduzione della pena.

Non rinvenendosi sul punto motivazione non resta che annullare la sentenza impugnata in parte qua. Nel resto la statuizione diviene, pertanto, irrevocabile.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza limitatamente alle statuizioni che fissano il trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di Appello di Caltanissetta. Fermo il resto.

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