Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 23 novembre 2016, n. 49619

Ai fini della sussistenza dell’aggravante della ingente quantità, il criterio individuato dalle Sezioni unite con la sentenza Biondi del 2012 è, per così dire, “flessibile”, soprattutto nel caso di superamento del valore-soglia, poiché in tali casi la valutazione circa la configurabilità dell’ingente quantità nel caso concreto non è automatica, ma è rimessa al giudice del merito

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

SENTENZA 23 novembre 2016, n.49619

Ritenuto in fatto

Con sentenza resa in data 23 settembre 2015, la Corte d’appello di Catania confermava la pronunzia di condanna alla pena di giustizia emessa in data 5 marzo 2015, all’esito di rito abbreviato, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nei confronti di P.A. ed Z.E. , imputati del delitto p. e p. dagli artt. 110 e 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, D.P.R. 309/1990, per avere trasportato e detenuto in concorso fra loro un ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo marijuana (kg. 30 circa, corrispondente a circa 76.949 dosi medie singole); detto stupefacente, contenuto in 4 sacchi, veniva rinvenuto a bordo dell’autovettura condotta dal P. ; quanto allo Z. , costui precedeva il P. a bordo di altra autovettura e gli consegnava i documenti per l’imbarco sul traghetto da Villa San Giovanni a Messina.

Avverso la prefata sentenza ricorrono tanto il P. quanto lo Z. : il primo con atto sottoscritto dal suo difensore di fiducia, il secondo con atto sottoscritto personalmente.

Va premesso che la penale responsabilità dei due imputati non è da loro contestata e che ambedue i ricorsi vertono esclusivamente sulla determinazione del trattamento sanzionatorio.

In particolare, il ricorso del P. è articolato in due ordini di motivi.

3.1. Con il primo motivo l’esponente denuncia vizio di motivazione in riferimento alta mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80, D.P.R. 309/1990. Deduce l’esponente che la Corte etnea non ha fornito risposta alle doglianze esposte in sede d’appello circa la detta aggravante, ma si è limitata ad aderire alle considerazioni svolte sul punto dal primo giudice e ad applicare i criteri e i parametri della sentenza a Sezioni Unite Biondi del 2012, sulla sola base del superamento della soglia minima ricavata in base a detta pronunzia apicale; ma, osserva il ricorrente, occorreva considerare che il quantitativo di marijuana sequestrato era destinato a una piazza di spaccio, come quella catanese, abituata a traffici di droga di ben più allarmanti proporzioni, e di tale elemento specifico (valorizzato in varie occasioni dalla giurisprudenza di legittimità) occorreva tenere conto pervenendo, conseguentemente, all’esclusione dell’aggravante de qua.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso l’esponente denuncia vizio di motivazione in riferimento al diniego delle attenuanti generiche e alla mancata determinazione della pena nel minimo edittale: sul punto l’esponente lamenta l’adozione di mere formule di stile da parte della Corte territoriale.

Il ricorso presentato nell’interesse dello Z. si articola in un unico motivo, con il quale si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta aggravante di cui all’art. 80, n. 2, D.P.R. 309/1990: oltre a denunciare la contraddittorietà della quantificazione delle dosi medie singole sulla base del peso lordo della sostanza sequestrata, l’esponente evidenzia che il superamento della soglia minima individuata dalle Sezioni Unite con la nota sentenza Biondi del 2012 non determina l’automatica applicazione dell’aggravante, ma quest’ultima dev’essere comunque valutata dal giudice di merito; e che, peraltro, anche considerando i valori numerici fissati dalle sezioni Unite (q.m.d. x 2000), il valore-soglia per le droghe leggere sarebbe superato, in base alle percentuali medie di principio attivo, solo da quantitativi superiori ai 50 chilogrammi.

Considerato in diritto

Il primo motivo di ricorso del P. e quello dello Z. , vertenti entrambi sull’aggravante dell’ingente quantità di cui all’art. 80 comma 2 D.P.R. 309/1990, possono essere congiuntamente trattati.

Si tratta in ambedue i casi di motivi infondati.

Conviene premettere che la più volte evocata giurisprudenza a Sezioni Unite del 2012 interveniva nell’ambito di un quadro normativo affatto diverso dall’attuale, ossia in epoca antecedente alla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi.

Il decreto del Ministro della Salute in data 11 aprile 2006, richiamato dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990 nella versione antecedente la detta pronunzia d’incostituzionalità, aveva fornito indicazione dei limiti quantitativi massimi delle

sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale, delle sostanze elencate nella tabella I del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, ai sensi dell’articolo 73, comma 1-bis del detto Testo Unico.

2.1. Le Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150, hanno stabilito il principio secondo il quale l’aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata.

2.2. Il successivo, ben noto mutamento del quadro normativo di riferimento (conseguente in particolare alla citata sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimi gli artt. 4-bis e 4-vicies ter della L. n. 49 del 2006; e al D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, entrata in vigore in data 21 maggio 2014) ha posto il problema della permanenza o meno della validità del criterio stabilito dalle Sezioni Unite ai fini dell’aggravante de qua.

Sul punto, si registrano due diversi indirizzi.

3.1. Secondo un primo orientamento (espresso ex multis dalle sentenze Sez. 3, n. 1609 del 27/05/2015, dep. 18/01/2016, Gavagna, Rv. 265810, e Sez. 3, n. 12532 del 29/01/2015, Castelletti e altro, Rv. 263001), l’impostazione accolta dalle Sezioni Unite è superata, in quanto essa si rapporta al sistema tabellare che il D.L. n. 272 del 2005, art. 4-vicies ter, convertito con modificazioni nella L. n. 49 del 2006 (c.d. legge Fini- Giovanardi), aveva introdotto nel testo unico degli stupefacenti, sostituendo alle originarie quattro tabelle che distinguevano le droghe leggere (tabelle 2 e 4) dalle droghe pesanti (tabelle 1 e 3) un’unica tabella relativa a tutte le sostanze stupefacenti e psicotrope droganti. A seguito della già citata sentenza 32/2014 della Corte Costituzionale, il legislatore ha modificato il sistema tabellare che ne era conseguito, introducendo con il D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni nella L. 16 maggio 2014, n. 79, quattro nuove tabelle in ordine a tali sostanze. Perciò la determinazione dei presupposti per l’applicazione della aggravante della ingente quantità non può prescindere da questa diversa impostazione normativa: invero, il nuovo quadro legislativo formatosi, che smentisce la ratio della normativa vigente all’epoca dello sviluppo giurisprudenziale di cui sopra, appare difficilmente compatibile con una interpretazione tendenzialmente soltanto aritmetica e dunque ‘automatica’ dell’aggravante dell’ingente quantità.

3.2. Viceversa, secondo un secondo e diverso indirizzo espresso in altre decisioni, la Corte si è espressa in senso affermativo (vds. fra le altre Sez. 6, n. 543 del 17/11/2015, dep. 2016, Paio, Rv. 265756; Sez. 6, n. 44596 del 08/10/2015, Maggiore, Rv. 265523; Sez. 6, n. 6331 del 04/02/2015, Berardi, Rv. 262345), sul rilievo che i criteri elaborati dalle Sezioni unite, con la ridetta decisione n. 36258/2012, per l’applicazione della aggravante della ingente quantità mantengono una loro validità, nella misura in cui possono essere utilizzati come meri criteri orientativi, individuati a seguito di una indagine condotta su un numero cospicuo di sentenze di merito.

Questo secondo indirizzo appare preferibile, atteso che nella stessa sentenza Biondi a Sezioni Unite il criterio individuato è, per così dire, ‘flessibile’, soprattutto nel caso di superamento del valore-soglia, poiché in tali casi la valutazione circa la configurabilità dell’ingente quantità nel caso concreto non è automatica, ma è rimessa al giudice del merito.

Venendo al caso di specie, la Corte territoriale, nell’affermare la sussistenza dell’aggravante de qua, ha diffusamente argomentato le ragioni in base alle quali non solo si è determinato il superamento del valore-soglia in termini decisamente ampi (al riguardo è appena il caso di osservare che alcun pregio hanno le considerazioni riferite al richiamo al peso lordo della sostanza, atteso che la Corte di merito menziona in modo puntuale la determinazione del numero di dosi ricavabili sulla base del rinvenimento del principio attivo e del conseguente calcolo all’uopo effettuato, che determina un superamento pressoché doppio del valore minimo); ma si è anche avuta cura di precisare che il numero di dosi ricavabili è idoneo a rifornire un numero ingente di tossicodipendenti, criterio questo adottato a sua volta in diverse pronunzie di legittimità.

In tale quadro, ogni ulteriore considerazione circa la qualificazione del quantitativo di sostanza stupefacente come di ingente quantità è sottratta al sindacato di legittimità, avendo il giudice di merito (cui era demandata la valutazione sul punto) congruamente motivato il proprio convincimento affermativo, a fronte di un quantitativo di sostanza stupefacente e di dosi droganti oggettivamente assai elevato.

Quanto al secondo motivo del ricorso del P. , esso è inammissibile, in quanto manifestamente infondato e in parte generico.

Invero, la natura meramente assertiva delle considerazioni con cui viene censurata la motivazione ‘di stile’ dell’esclusione delle attenuanti generiche da parte della Corte etnea è fondata, per lo più, su una serie di considerazioni di natura generale su come dev’essere articolata la motivazione sul punto da parte dell’organo giudicante; ed è oltretutto disattesa dal percorso argomentativo seguito nell’impugnata sentenza, in cui, oltre a farsi espresso richiamo alla motivazione quoad poenam della sentenza di primo grado, si esclude qualsiasi rilevanza della confessione resa dai due imputati, stante l’evidenza della prova a loro carico; e si valuta la congruità della pena applicata, in relazione alle peculiarità del caso concreto (e dunque alla notevole quantità di stupefacente sequestrato, alle modalità del fatto e della condotta ecc.), muovendo dalla considerazione che la pena-base di 4 anni di reclusione è stata determinata sulla base del valore medio edittale (di cui all’art. 73, comma 4, D.P.R. 309/1990) e che l’aumento di pena ex art. 80, comma 2, D.P.R. 309/1990 è stato determinato in misura di un terzo, ossia nel minimo previsto. Basti al riguardo richiamare il principio giurisprudenziale in base al quale, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (per tutte si veda Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).

Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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