Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 13 febbraio 2017, n. 6636

La rilevazione del tasso alcolemico con etilometro è valida anche quando l’apparecchio segnala «volume insufficiente», ovvero che il guidatore non ha soffiato nel boccaglio abbastanza aria per consentire una misurazione ottimale. In forza del Dm 196/1990, che detta i requisiti di omologazione degli etilometri, la misurazione deve reputarsi corretta ogniqualvolta il display dell’apparecchio indica il valore rilevato. Di conseguenza, il fatto che sullo schermo appaia anche la scritta “misurazione insufficiente” «prova solo il fatto che la quantità d’aria» soffiata è stata «minore di quella occorrente per una misurazione ottimale». La scritta, dunque, va interpretata solo come un «messaggio di servizio» e non come un «inequivocabile messaggio di errore». Se si ritenesse non utilizzabile il valore misurato, si dovrebbe configurare il reato di rifiuto del test: «in assenza di patologie che abbiano impedito di effettuare al meglio il test», dovendo in tal caso trattarsi di un comportamento volontario».

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 13 febbraio 2017, n. 6636

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente

Dott. D’ISA Claudio – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3126/2014 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 30/10/2015;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/01/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.ssa Delia Cardia che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze, pronunciando nei confronti dell’odierna ricorrente (OMISSIS), con sentenza del 30/10/2015, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca il 22/10/2013 appellata dall’imputata, ne confermava l’affermazione di responsabilita’ (in primo grado era stata condannata alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 1500 di ammenda, con sospensione della patente di guida per mesi quattro per il reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b, e comma 2 sexies, fatto accertato in (OMISSIS)), ma l’ammetteva al lavoro di pubblica utilita’ e, conseguentemente, rideterminava la pena irrogata in giorni 96 di lavoro di pubblica utilita’, indicando l’Ente presso cui svolgerlo.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, la (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Con un primo motivo si deducono, cumulativamente, violazione di legge e vizio motivazionale assumendosi la mancanza di prova che l’imputata fosse in stato di ebbrezza in ragione dell’ora non corrispondente a quella reale indicata sugli scontrini dell’alcooltest e, soprattutto, della circostanza che su entrambi gli scontrini comparisse la dicitura “volume insufficiente”.

Con un secondo motivo si deduce violazione di legge, sub specie di travisamento della prova richiamando le argomentazioni di cui al primo motivo ed evidenziando che, dal confronto con le istruzioni relative all’etilometro utilizzato, si evinceva chiaramente che la dicitura “volume insufficiente” altro non proverebbe che l’irregolarita’ della compiuta misurazione.

Con un terzo motivo il difensore ricorrente deduce difetto di motivazione in relazione all’eccessivita’ della pena, che viene ritenuta eccessiva, ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Stante la non manifesta infondatezza dei primi due motivi sopra illustrati cio’ soprattutto in ragione della esistenza del non condivisibile precedente di questa Corte di legittimita’, che opina nel senso di cui in ricorso e di cui si dira’ in seguito-non puo’ che prendersi atto che, al momento di questa pronuncia, il reato in contestazione risulta ormai prescritto.

Pur tenendo conto di complessivi quattro mesi e 18 giorni di sospensione della prescrizione (per i rinvii disposti alle udienze del 4/6/2013 su istanza della difesa e del 9/7/2013 per l’astensione degli avvocati dalle udienze), risalendo i fatti di cui all’imputazione al 26/9/2010, il termine massimo di prescrizione per il reato contravvenzionale di cui all’articolo 186 C.d.S., risulta decorso il 13/2/2016.

S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Tale pronuncia assorbe evidentemente l’ulteriore doglianza in punto di motivazione sulla dosimetria della pena, peraltro infondata avendo la Corte territoriale motivato congruamente sul punto.

2. Va rilevato, in primis, che manifestamente infondata appare la doglianza relativa all’indicazione dell’ora sugli scontrini di misurazione emessi dall’etilometro.

Sul punto la Corte territoriale ha gia’ fornito una motivazione logica e congrua, nonche’ corretta in punto di diritto, evidenziando che nessun dubbio puo’ nutrirsi circa il corretto funzionamento dell’etilometro in mancanza della deduzione di fatti specifici e che il contrasto evidenziato dall’appellante tra gli orari riportati negli scontrini delle due prove e quello indicato nell’annotazione di servizio e’ inconferente ai fini della prova di un presunto malfunzionamento dello strumento.

Corretta appare l’affermazione che si legge nella sentenza impugnata che vuole essere di tutta evidenza che la segnalazione dell’orario e’ assolutamente indipendente dalla misurazione del tasso alcolemico e che la registrazione di orari inesatti non inficia la regolare misurazione del tasso alcolico fornita dall’etilometro, cio’ soprattutto alla luce di quanto riferito dal teste (OMISSIS), che ha chiarito come la differenza di orari, nel caso che ci occupa, sia conseguente al fatto che l’etilometro riportava l’orario solare e non quello convenzionale in vigore nel periodo in cui avvenne l’accertamento.

Va ricordato, quanto al funzionamento dell’etilometro, che costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte, infatti, l’affermazione che, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l’alcoltest risulti positivo costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l’utilizzo di una errata metodologia nell’esecuzione dell’aspirazione, non limitandosi a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarita’ dell’etilometro (sez. 4, n. 42084 del 4/10/2011, Salamone, Rv. 251117). Non e’ sufficiente, in altri termini, la mera allegazione della sussistenza di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio (cosi’ sez. 4, n. 17643 del 24/3/2011, Neri, Rv. 250324, nella cui motivazione la Corte ha precisato che l’articolo 379 reg. esec. C.d.S., si limita ad indicare le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati ed omologati, ma non prevede alcun divieto la cui violazione determini l’inutilizzabilita’ delle prove acquisite).

Peraltro, ribadito che l’esito positivo dell’alcooltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed e’ onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, questa Corte di legittimita’ ha anche precisato che non e’ sufficiente allegare la circostanza relativa all’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori (sez. 4, n. 45070 del 30/3/2004, Gervasoni, Rv. 230489).

Piu’ recentemente si e’ anche precisato che l’esito positivo dell’alcooltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed e’ onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria, che non puo’ consistere nella mera allegazione di certificazione medica attestante l’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale certificazione sia sfornita di riscontri probatori in ordine sia all’effettiva assunzione del farmaco sia alla concreta riconducibilita’ del rilevato tasso alcolemico a detta assunzione (sez. 4, n. 15187 dell’8.4.2015, Bregoli, rv. 263154; conf. sez. 4, n. 19386 del 5.4.2013, De Filippo, rv. 255835).

3. Ebbene, restando in tema si palesa infondata la questione attinente un mancato corretto funzionamento dell’etilometro che dovrebbe desumersi dalla circostanza che sugli scontrini dell’alcooltest, ove si rilevano i valori di ebbrezza di cui all’imputazione, compaia la dicitura “volume insufficiente”.

Va innanzitutto rilevato che gli scontrini del risultato dell’alcooltest registrano anche, prima dei risultati, l’indicazione “autotest corretto-zerotest corretto” e, dopo i risultati, una nuova indicazione di “zerotest corretto”. La macchina, dunque, ha risposto positivamente all’auto-check di controllo, prima e dopo, l’utilizzo. Resta, pero’, il dato di un risultato accompagnato dalla dicitura “volume insufficiente”.

Ebbene, questa Corte di legittimita’ ha gia’ affrontato il caso caratterizzato dalla risposta “volume insufficiente” fornita dall’apparecchiatura utilizzata per l’alcoltest, seguita dalla indicazione di parametri numerici espressivi del rapporto grammo/litro, esprimendo almeno tre diversi orientamenti.

Secondo il primo, che e’ evidentemente il piu’ vicino alla tesi sostenuta in ricorso (Sez. 4, n. 35303 del 13/6/2013, Natale, n.m.), “l’indicazione, su entrambi i tagliandi rilasciati dall’etilometro, della dicitura volume insufficiente, contrasta insanabilmente con la contestuale indicazione, pure presente sugli scontrini, relativa al valore relativo al tasso alcolemico registrato, evenienza quest’ultima che presuppone l’effettuazione di una corretta misurazione del campione di aria alveolare espirato”. Pertanto incorrerebbe in vizio motivazionale il provvedimento che non consideri l’incompatibilita’ logica tra i dati rilasciati dalla apparecchiatura, in entrambe le misurazioni effettuate, e il corretto funzionamento della macchina; si’ da risultare parimenti manifestamente illogico ritenere affidabili i dati relativi al tasso alcolemico emergenti da tali prove.

Secondo tale indirizzo interpretativo, che il Collegio non condivide, nemmeno la contestuale presenza di sintomi quali alitosi alcolica, eloquio impastato, instabilita’ e occhi lucidi puo’ ritenersi idonea a dimostrare che lo stato di ebbrezza sia tale da far rientrare la condotta di guida nell’ambito applicativo del reato di cui all’articolo 186 C.d.S..

Altro filone giurisprudenziale di questa Corte ha ritenuto che “premessa la volontarieta’ della condotta necessaria ai fini del controllo, la mancata adeguata espirazione, cui consegue emissione di scontrino indicante la dicitura “volume insufficiente” (ma con indicazione del tasso alcolemico), in assenza,…, di fattori condizionanti l’emissione di aria (quali patologie atte a incidere sulle capacita’ respiratorie del soggetto), non puo’ essere ritenuta tale da rendere l’esito dell’esame di alcoltest inattendibile. Ne consegue che nella descritta situazione, alternativamente, o gli esiti dell’esame sono ritenuti idonei a fondare il giudizio di responsabilita’ per il reato contestato, secondo l’esito del test effettuato, o conducono a ritenere configurabile il reato di cui all’articolo 186, comma 7, in ragione della dimostrata indisponibilita’ del soggetto a sottoporsi validamente all’accertamento” (cosi’ sez. 4, n. 1878 del 24/10/2013 – dep. il 2014, Di Giovanni, Rv. 258179; az. 4, n. 22239 del 29/01/2014, Politano’, Rv. 259214).

Vi e’ poi un terzo orientamento che e’ individuabile nella posizione intermedia assunta da sez. 4 n. 23520 del 19/2/2016, Bessega, Rv. 266948)” che ha ritenuto che i citati orientamenti possano essere conciliabili sul piano dell’onere motivazionale del giudice. Cio’ in quanto, a ben vedere, tanto l’affermazione di una sicura inattendibilita’ del risultato del test che quella di una sostanziale irrilevanza dell’indicazione volume insufficiente non esibiscono le fondamenta tecniche e/o scientifiche sulle quali dovrebbero pur poggiare. Quella pronuncia ha ritenuto che occorre che la motivazione dia conto delle modalita’ di funzionamento dell’apparecchiatura, chiarendo cosi’ come sia possibile l’emissione della duplice attestazione.

4. Ritiene tuttavia il Collegio vada ribadito il dictum della piu’ recente Sez. 4, n. 40709 del 15/7/2016, Cantagalli, Rv. 267779, che ha rilevato come la risposta al quesito che ci occupa circa il senso da attribuire alla dicitura “volume insufficiente” vada ricercata nella logica e nelle disposizioni di cui al Decreto Ministeriale 22 maggio 1990, n. 196 – Regolamento recante individuazione degli strumenti e delle procedure per l’accertamento dello stato di ebbrezza (GU Serie Generale n.171 del 24-7-1990) in vigore dal 8/8/1990.

L’allegato a tale DM disciplina analiticamente il funzionamento e le procedure relative all’impiego degli strumenti di misura della concentrazione di alcool nel sangue (i cosiddetti etilometri). Ebbene, se si vanno a leggere nel loro combinato disposto i punti 2.5, 3.5 e soprattutto il 3.5.1 dell’allegato, appare chiaro che, laddove l’apparecchio indica il risultato della misurazione – e non da’ un inequivocabile messaggio di errore – la misurazione deve ritenersi correttamente effettuata, ancorche’, come pure prevede esplicitamente la norma, compaia anche un “messaggio di servizio” teso ad evidenziare che l’espirazione e’ stata effettuata con ridotto volume d’aria.

Corrisponde peraltro a criteri di logica ed e’ notorio che qualsivoglia apparecchio di misurazione, anche di quelli comunemente destinati anche all’uso domestico (si pensi all’apparecchio con cui ci si misura la pressione arteriosa oppure a quello per l’automisurazione dei livelli di glucosio nel sangue) in caso di cattivo funzionamento o di inesatta procedura, piuttosto che un risultato inaffidabile, segnali l’avvenuto errore.

La dicitura “volume insufficiente”, dunque, in casi come quello che ci occupa prova soltanto il fatto che la quantita’ d’aria introdotta nell’etilometro sia stata minore di quella occorrente per una rilevazione ottimale, ma evidentemente sufficiente per fornire un dato affidabile. Peraltro, in assenza di patologie che abbiano impedito di effettuare al meglio il test – che non sono state in alcun modo provate – e’ evidente che ci troviamo di fronte ad un comportamento volontario, teso ad inficiare il controllo, conseguendone che, nella descritta situazione, alternativamente, o gli esiti dell’esame sono ritenuti idonei a fondare il giudizio di responsabilita’ per il reato contestato, secondo l’esito del test effettuato, o conducono a ritenere configurabile il reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 7, in ragione della dimostrata indisponibilita’ del soggetto a sottoporsi validamente all’accertamento.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata perche’ estinto il reato per intervenuta prescrizione

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