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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza n. 18330 del 31 luglio 2013

Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2871/2008 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI DE
CALVI 6, presso lo studio dell’avvocato TOMBOLINI Roberto, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
COMUNE ROMA, in persona del legale rappresentante pro tempore
G. M. P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA
COLONNA 32, presso lo studio dell’avvocato SALUSTRI Emilio, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORUSSO ENRICO giusta
delega in atti;
– controricorrente –
e contro
ICS S.R.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 25/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 08/01/2007 R.G.N. 750/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/05/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato EMILIO SALUSTRI;
udito l’Avvocato ROBERTO TOMBOLINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 27/2007, depositata in data 8 gennaio 2007, la Corte di appello di Roma ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento dei danni proposta da B.M. contro il Comune di Roma, a seguito di una caduta dal motociclo, che si asseriva causata dalla presenza sul fondo stradale di un chiusino sporgente dal suolo di alcuni centimetri e di una chiazza oleosa, resa ancor più viscida dalla pioggia.

La caduta ha causato all’attore lesioni personali che hanno richiesto un intervento chirurgico al ginocchio, residuando postumi permanenti.

Il Comune aveva resistito alla domanda, chiedendo ed ottenendo di chiamare in causa la s.r.l. ICS, a cui erano stati dati in appalto i lavori di manutenzione della strada.

La Corte di appello, come già il Tribunale di Roma, ha ritenuto che l’istruttoria svolta – ed in particolare il contenuto della relazione della polizia stradale – abbia evidenziato che la caduta è stata provocata solo dalla chiazza d’olio, la quale era di recente formazione, quindi addebitabile a caso fortuito, non essendovi stato il tempo di rilevarne la presenza e di intervenire ad eliminarla.

Il B. propone due motivi di ricorso per cassazione.

L’intimato resiste con controricorso.

ICS non ha depositato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 2051 cod. civ. e vizi di motivazione, il ricorrente assume che la Corte di appello ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 2051 cod. civ., ma non ne ha tratto le debite conseguenze giuridiche, secondo cui il proprietario risponde oggettivamente ed in ogni caso dei danni cagionati dalla cosa che ha in custodia, salvo che fornisca la prova del caso fortuito, restando irrilevante il fatto che egli dimostri di avere adempiuto, o di non aver potuto adempiere, ai doveri di manutenzione.

Erroneamente e mal valutando le testimonianze, poi, la Corte ha dedotto che la macchia oleosa era di recente formazione.

1.1.- Il motivo non è fondato.

La giurisprudenza ha più volte chiarito che – in materia di responsabilità per la custodia di strade – occorre distinguere fra i casi in cui il danno sia conseguenza di un vizio intrinseco alla struttura della cosa, oppure sia da ascrivere all’intervento di agenti esterni, normalmente imputabili alla natura, al traffico, al pubblico degli utenti o ad un singolo soggetto terzo (un masso, un animale, una macchia d’olio, ecc.).

Nel secondo caso la responsabilità non è imputabile oggettivamente all’ente pubblico, per il solo fatto della presenza dell’ostacolo, ma occorre che risulti che l’intrusione è stata agevolata dalla peculiare conformazione del bene; oppure dal difetto di manutenzione o di vigilanza sullo stesso (presenza di animali o di altri ostacoli, ecc.) ed, in questi ultimi casi, che vi è stato colpevole ritardo nell’accertare la sopraggiunta situazione di pericolo e/o nell’intervenire per rimuoverla (cfr., fra le tante, Cass. Civ. Sez. 3, 1 dicembre 2004 n. 22592; Idem, 22 aprile 2010 n. 9546; Ideai, 18 luglio 2011 n. 15720).

Nella specie l’attore non ha dedotto nè dimostrato che la macchia d’olio sia fuoruscita dal sottosuolo o da un condotto sotterraneo di proprietà del Comune o da altra causa comunque ricollegabile alla struttura del bene pubblico.

Neppure ha dedotto o dimostrato il colpevole ritardo da parte dell’ente pubblico nell’avere rilevato la presenza della macchia insidiosa sul fondo stradale, avendo anzi la Corte di appello accertato che essa risultava essere di recente formazione.

Correttamente quindi la sentenza impugnata ne ha imputato la presenza al fatto di un terzo – presumibilmente ad un qualche veicolo di passaggio – cioè ad un fatto che costituisce caso fortuito, non prevedibile e non eliminabile se non in un congruo lasso di tempo, che nella specie non risulta sia trascorso.

Il ricorrente si limita a contestare il merito delle valutazioni compiute dalla Corte di appello circa il fatto che la macchia d’olio era di recente formazione: accertamento di per sè non suscettibile di censura in questa sede, se non sotto il profilo dei vizi di motivazione, tramite consistenti deduzioni e prove idonee a dimostrare il contrario di quanto affermato dalla sentenza impugnata:

deduzioni e prove che nella specie sono del tutto mancanti.

2.- Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2043 cod. civ., e dell’art. 116 cod. proc. civ., nonchè vizi motivazionali, per avere la Corte di appello escluso che la caduta del ricorrente possa essere stata provocata anche dalla presenza in luogo del chiusino sporgente dal suolo.

3.- Il motivo è inammissibile sia per l’inidoneità dei quesiti formulati ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., sia perchè rimette in questione gli accertamenti in fatto a cui la Corte è pervenuta circa la causa dell’incidente.

3.1.- Il quesito di diritto è generico, astratto e non congruente con le ragioni della decisione (“Dica la Corte se la responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., della p.a. per danni conseguenti all’utilizzo del bene costituito da una strada pubblica deve essere limitato ai soli casi di insidia o trabocchetto , oppure se possano rinvenirsi altre ipotesi di comportamento colposo…. Se la p.a. deve ritenersi responsabile del danno causato da un pericolo……non prevenuto e non segnalato”).

Il quesito non richiama la fattispecie oggetto di esame, che ha rilevanza essenziale al fine di dare concreto spessore al problema esaminato ed al principio di diritto che si chiede alla Corte di affermare; che peraltro neppure è stato formulato (cfr. sulle modalità di formulazione dei quesiti,fra le tante, Cass. Civ. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36 e 11 marzo 2008 n. 6420; Cass. Civ. Sez. 3, 30 settembre 2008 n. 24339 e 9 maggio 2008 n. 11535).

Il quesito non è neppure congruente con le ragioni della decisione, poichè la Corte di appello non ha affermato che la responsabilità del Comune può essere ravvisata solo nei casi di insidia o trabocchetto. Ha invece escluso che nella specie sia ravvisabile un nesso causale fra la presenza del chiusino e la caduta del motociclista.

3.2.- Il quesito sui vizi di motivazione – individuati nel fatto che “…il giudice non ha vagliato nel loro complesso le risultanze probatorie …. Ha evidenziato e ritenuto decisive solo una parte delle dichiarazioni rese dall’ attore,… non ha considerato le ulteriori dichiarazioni testimoniali che riguardavano un fatto determinante ai fini dell’accertamento della responsabilità del convenuto ex art. 2043 c.c.” – non richiama il fatto controverso in relazione al quale la sentenza impugnata si assume mal motivata, nè le insufficienze e le illogicità della motivazione stessa, che non risultano comprensibili se non previa lettura dell’intera illustrazione del motivo, in piena violazione dello scopo per cui la legge ha richiesto la formulazione dei quesiti (cfr. Cass. civ. Sez. Un. 1 ottobre 2007 n. 20603 e 18 giugno 2008 n. 16258; Cass. Civ. Sez. 3, 4 febbraio 2008 n. 2652; Cass. Civ. Sez. 3, 7 aprile 2008 n. 8897, n. 4646/2008 e n. 4719/2008, fra le tante).

Va soggiunto che neppure nell’illustrazione del motivo il ricorrente ha specificato quali siano i lamentati vizi logici, nonchè le asserite insufficienze o contraddittorietà della motivazione.

Non ha dedotto e dimostrato, per esempio, in quale posizione fosse il chiusino, rispetto alla strada percorsa dalla motocicletta; se la incrociasse irrimediabilmente, sì da non poter essere evitato, tenuto anche conto della posizione della macchia d’olio, o se fosse in posizione laterale e defilata. Neppure ha dimostrato di avere sottoposto all’attenzione della Corte di appello l’ipotetica collocazione del chiusino in posizione per lui pericolosa, od altre circostanze idonee a rendere credibili le sue affermazioni circa il collegamento causale fra lo stato dei luoghi di cui il Comune è responsabile e la caduta della motocicletta.

4.- Il ricorso non può che essere rigettato.

5.- Considerata la natura della controversia e la circostanza che la macchia d’olio che ha provocato la caduta, pur non essendo imputabile alla responsabilità del Comune, neppure è imputabile a colpa del motociclista, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2013

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