www.studiodisa.it

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza del 2 settembre 2013, n. 20051

…omissis…

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1703, 1705 e 1706 c.c., artt. 1350 e 1351 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che dalla corte di merito la domanda sia stata rigettata in ragione dell’erroneamente ravvisata mancanza di forma del mandato ad acquistare, laddove il mandato spiega i suoi effetti esclusivamente nel rapporto “interno” tra “rappresentato e rappresentante”, mentre gli effetti del contratto di compravendita immobiliare (e quindi il trasferimento della proprietà) in capo al “rappresentato” si producono solo in forza del successivo atto di trasferimento immobiliare (che come noto deve avere forma scritta), non certo in forza del mandato.

Lamenta non essersi da tale giudice tenuto conto che soltanto l’atto di acquisto dell’immobile da parte del mandatario e l’atto di ritrasferimento debbono stipularsi con la forma scritta, ed essere soggetti a trascrizione, e che nel caso la scrittura del 7/4/1991 a firma del C. costituisce atto unilaterale di riconoscimento dell’obbligo sul medesimo incombente, e del fatto di avere agito “in nome e per conto” di esso odierno ricorrente, integrando quindi tale dichiarazione, tra le parti, gli estremi di una confessione stragiudiziale proveniente dal debitore ( C.) e rivolta al creditore ( T.).

Con il 2 motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1988 c.c., art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che, dopo averla ineccepibilmente qualificata come promessa, la corte di merito abbia erroneamente escluso l’idoneità della suindicata dichiarazione del 7/4/1991 a radicare in capo al C. l’obbligo di ritrasferirgli l’immobile acquistato, in quanto scaturente da un obbligo giuridicamente “inesistente”.

Lamenta che erroneamente la corte territoriale ha ritenuto il chirografo in argomento come privo di causa, la quale viceversa chiaramente emerge da tale atto laddove il C. dichiara di aver partecipato alla vendita all’incanto “in nome e per conto” del T., cui si impegnava a trasferire l’immobile in tale occasione acquistato.

Si duole che la Corte d’Appello abbia omesso di considerare che una pattuizione come quella intercorsa tra le parti in causa può rivelare l’ipotesi di un negozio fiduciario a contenuto obbligatorio, volto a modificare il risultato finale del negozio esterno di compravendita, con obbligo per il fiduciario C. di ritrasferirgli, quale fiduciante, il bene acquistato nella specie col decreto di trasferimento del Tribunale di Roma.

Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che la “dichiarazione di volontà contenuta nella menzionata scrittura integra… indubitabilmente, ex se, gli estremi dell’assunzione dell’obbligo del C. a trasferire l’immobile e, corrispondentemente, gli estremi del riconoscimento del diritto del T. a vedersi trasferire la proprietà dell’immobile medesimo”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, vanno accolti nei termini di seguito indicati.

La corte di merito ha confermato la pronunzia del giudice di prime cure di rigetto della domanda proposta dall’originario attore ed odierno ricorrente T. nei confronti del C. di ritrasferimento della proprietà dell’immobile da quest’ultimo acquistato all’asta dal fallimento ILG, giusta decreto di trasferimento d.d. 15/2/1990.

Domanda fondata su dichiarazione in data 7/4/1991, sottoscritta dal C., del seguente tenore: “In relazione all’immobile di cui al decreto di trasferimento n. 26289 del Tribunale di Roma in data 13 febbraio 1990, io sottoscritto C.C. nato ad (OMISSIS) e residente in (OMISSIS), dichiaro di aver partecipato alla vendita all’incanto di cui sopra in nome e per conto del sig. T.F. al quale mi impegno a trasferire l’immobile di cui sopra non appena in possesso dei documenti necessari alla stipula dello atto di compravendita. (OMISSIS) In fede”.

Come correttamente ravvisato dalla corte di merito, la partecipazione del C. alla suindicata vendita all’incanto ha trovato titolo in un rapporto di mandato.

Mandato senza rappresentanza, in realtà (benchè la dichiarazione rechi la formula, evidentemente atecnica e comunque impropria, “in nome e per conto”, che continua ad essere invero utilizzata dall’odierno ricorrente nella formulazione dei motivi), essendo stato il decreto di trasferimento emesso a nome del C., e non risultando dalle parti mai dedotta questione relativa all’inadempimento di un mandato con rappresentanza, bensì domandata, evidentemente ai sensi dell’art. 1706 c.c., comma 2, l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. dell’obbligo su quest’ultimo asseritamente incombente di ritrasferimento in favore del T., quale mandante per conto del quale la proprietà del bene immobile de quo è stata dal C. acquistata in nome proprio nella sua veste di mandatario senza rappresentanza.

Le ragioni poste dal giudice dell’appello a base dell’impugnata decisione si sostanziano nella ravvisata mancanza di prova in ordine alla sussistenza tra le parti di un contratto di mandato in forma scritta avente per oggetto l’acquisto all’asta fallimentare dell’immobile di cui trattasi, nonchè nella ritenuta inidoneità della sopra riportata dichiarazione a provarne l’esistenza o a tenerne il luogo, non potendo conseguentemente essa “radicare in capo al C., nonostante la sua stessa convinzione contraria in quel momento, un obbligo giuridicamente inesistente”.

Dichiarazione dalla corte di merito ravvisata d’altro canto insuscettibile di valere come fonte autonoma dell’obbligo del C. a trasferire l’immobile de quo T., trattandosi di mero atto di ricognizione o promessa unilaterale difettante di causa.

La questione portata all’attenzione di questa Corte concerne dunque la sufficienza della dichiarazione in argomento, in difetto della forma scritta ad substantiam del mandato senza rappresentanza, a fondare la domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. dell’obbligo del C. di ritrasferimento in capo al T. dell’immobile acquistato all’asta del suindicato fallimento.

Nell’impugnata sentenza la corte di merito evoca, a sostegno dell’adottata decisione di rigetto della domanda, l’orientamento dominante secondo cui la mancanza della forma scritta ad substantiam rende nullo il mandato (anche) senza rappresentanza avente ad oggetto il trasferimento di beni immobili, impedendo che si costituisca un rapporto giuridico, e che conseguentemente sorgano legittimamente obbligazioni tra le parti (v. Cass., 18/6/1998, n. 6063; Cass., 12/1/1991, n. 256. V. altresì Cass., 24/1/2003, n. 1137 e la conforme Cass., 25/10/2005, n. 20651, ove si afferma la necessità della forma scritta ad substantiam sia per il mandato con rappresentanza che per il mandato senza rappresentanza, sia per il mandato ad acquistare che per il mandato a vendere beni immobili).

Al riguardo, si è in passato da questa Corte sottolineato come la volontà che da vita al mandato è la stessa che da vita al negozio giuridico che per conto del mandante il mandatario è tenuto a compiere, sicchè, se per quest’ultimo è necessaria la forma scritta, anche l’atto con il quale il mandante dichiara la sua volontà deve rivestire la medesima forma, trattandosi, in sostanza, dell’applicazione della regola della necessità dell’atto scritto per le convenzioni relative ad immobili che si trae da molteplici disposizioni (v. Cass., 10/11/2000, n. 14637, che con riferimento ad ipotesi di mandato a vendere argomenta dagli artt. 1351, 1392 e 1403 c.c.).

Il principio è stato elaborato sulla scorta della sostanziale equiparazione tra mandato e contratto preliminare (v. già Cass., Sez. Un., 19/10/1954, n. 3861), in ragione essenzialmente dell’applicabilità anche al primo del rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c., stante il disposto di cui all’art. 1706 c.c., comma 2 (v. le risalenti Cass., 3/8/1960, n. 2271 e Cass., 19/5/1960, n. 1261).

In ragione della ravvisata eadem ratio, si è ritenuto che il rigore della forma si imponga anche nella c.d. rappresentanza indiretta, pur in mancanza di norma espressa al riguardo, per tale via giungendosi alla conclusione che il mandato senza rappresentanza, sia ad acquistare che ad alienare beni immobili, deve rivestire la forma scritta (v. Cass., 10/11/2000, n. 14637).

Più recentemente, peraltro, movendo dalla distinzione tra procura e mandato (la prima risolventesi nel conferimento ad un terzo del potere di compiere un atto giuridico in nome di un altro soggetto, e il secondo in un contratto in forza del quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici nell’interesse di un’altra) si è escluso che il mandato con rappresentanza a vendere beni immobili sia soggetto all’onere della forma scritta ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 1392 c.c. e art. 1350 c.c., comma 1, n. 1, argomentandosi dal rilievo che gli effetti del contratto di compravendita si producono in capo al rappresentato in forza del solo rapporto di rappresentanza, e non già del mandato, il quale assume un rilievo meramente “interno”, e non anche “esterno”, spiegando i propri effetti solo tra rappresentato e rappresentante, e non pure nei confronti dei terzi (v. Cass., 30/5/2006, n. 12848 e, da ultimo, Cass., 24/1/2012, n. 1007).

Si è sottolineato che la suddetta soluzione si spiega in ragione del necessario collegamento funzionale tra contratto base, sottoposto all’onere di forma, e atto di conferimento della procura, negandosi che possa in contrario valere il richiamo all’art. 1704 c.c., giacchè nel prevedere che al mandato con rappresentanza si applicano “anche” le norme dettate per la procura, e non già queste ultime tout court, tale norma lascia impregiudicata la questione se per esso debba trovare applicazione il principio della libertà delle forme (v. Cass., 30/5/2006, n. 12848).

Osservato che nella fattispecie in esame il mandato ha in realtà ad oggetto un’attività giuridica più articolata e complessa del mero acquisto della proprietà di un bene immobile da un terzo, da detto assunto appare invero necessario trarre ulteriori corollari.

La necessità della forma scritta, che in deroga al principio di libertà delle forme ex art. 1325 c.c., comma 1, n. 4, e art. 1350 c.c., comma 1, n. 13, (in ordine al quale v., da ultimo, Cass., 22/3/2012, n. 4541; Cass., 30/5/2006, n. 12848. E già Cass., 16/12/1986, n. 7551; Cass., 19/1/1980, n. 459; Cass., 22/11/1967, n. 2803; Cass., 6/3/1953, n. 532) si impone per gli atti che costituiscono titolo per la realizzazione dell’effetto reale in capo alla parte del negozio, e pertanto per gli acquisti immobiliari, trova fondamento, come posto in rilievo anche in dottrina, nell’esigenza di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell’atto, in funzione della sicurezza della circolazione dei diritti.

A tale stregua, l’onere di forma non può allora ritenersi necessario per il mandato, che costituisce la fonte del rapporto “interno” di gestione, perchè il mandatario possa validamente acquistare in nome proprio il diritto di proprietà su bene immobile (mandato senza rappresentanza), al fine cioè della realizzazione dell’effetto reale in capo al medesimo.

Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, nel mandato senza rappresentanza non si costituisce infatti alcun rapporto tra mandante e terzo proprietario alienante, tutti gli effetti del contratto producendosi in capo al mandatario, ai sensi dell’art. 1705 c.c. non potendo riconoscersi invero rilievo nemmeno all’eventuale conoscenza che del mandato il detto terzo eventualmente abbia (v.Cass., Sez. Un., 8/10/2008, n. 24772; Cass., 9/7/2001, n. 9289; Cass., 7/1/1993, n. 78).

A fortiori deve pertanto dirsi nell’ipotesi in cui come nella specie il mandatario venga officiato della partecipazione all’asta pubblica, la realizzazione dell’effetto reale in tale ipotesi costituendo mera eventualità.

In tale ipotesi tra il mandante e il mandatario senza rappresentanza trova infatti applicazione il solo rapporto “interno”, con esplicazione dei relativi meri effetti obbligatori tra le parti. Non anche il rapporto esterno, coinvolgente il terzo.

Le esigenze di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell’atto, sottese all’imposizione della forma scritta quale relativo requisito di validità del contratto traslativo del diritto reale sul bene immobile, non si pongono in realtà con riferimento al mandato ad acquistare senza rappresentanza, che non costituisce fonte di alcun atto di dismissione di un diritto di proprietà o altro diritto reale su bene immobile in capo al mandante ma determina l’insorgenza di un mero diritto del medesimo al compimento dell’attività gestoria da parte del mandatario.

Tali esigenze si pongono invece in relazione all’atto di acquisto del diritto reale da parte del mandatario in nome proprio, e, successivamente, per l’atto di ritrasferimento che il mandatario è ex lege (art. 1706 c.c., comma 2) obbligato a porre in essere in esecuzione del rapporto di gestione al fine di realizzare l’effetto reale immobiliare in capo al mandante.

A tale stregua, solo per tali atti la forma scritta deve ritenersi costituire requisito essenziale, a pena di nullità, in base alla regola generale ex art. 1350 c.c., comma 1, n. 1.

Non anche per il mandato.

Analogamente a quanto da questa Corte invero affermato in tema di mandato con rappresentanza (v. Cass., 30/5/2006, n. 12848; Cass., 10/11/2000, n. 14637), e come deve del pari ritenersi con riferimento ad ogni ipotesi in cui un rapporto meramente “interno” si distingua da quello “esterno” tra agente e terzo.

La distinzione tra rapporto “interno” di gestione (tra mandante e mandatario) e rapporto “esterno” (tra mandatario e terzo) che del primo costituisce attuazione è stata del resto da tempo sottolineata nella giurisprudenza di legittimità (ad es., con riferimento all’ipotesi della costituzione di società con obbligo di ritrasferimento delle quote sociali o azioni, cfr. Cass., 2/7/1990, n. 6764), pervenendosi anche ad affermare che in caso d’inadempimento del rapporto gestorio il mandatario è tenuto al risarcimento del danno in favore del mandante pure se il contratto di mandato senza rappresentanza ad acquistare beni immobili sia privo di forma scritta (v. Cass., 26/2/1966, n. 596, che ha ritenuto al riguardo ammissibile la prova per testimoni, con le restrizioni e le relative eccezioni previste all’art. 2724 c.c., e, da ultimo, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 3/12/1999, n. 13516. Contra v. peraltro, Cass., 9/7/2001, n. 9289, e già Cass., 3/8/1960, n. 2271).

Nè vale in contrario evocare l’art. 1351 c.c, dettato per il contratto preliminare  (v., da ultimo, Cass., 7/6/2011, n. 12308;Cass., 7/4/2011, n. 8001).

Trattasi infatti di ipotesi eccezionale, in deroga al principio generale di libertà delle forme, come tale ex art. 14 preleggi pertanto insuscettibile di applicazione analogica, ed altresì di applicazione estensiva (v. Cass., 6/3/1953, n. 532), attesa l’autonomia e la netta distinzione sussistente tra mandato e contratto preliminare, nonchè tra mandato con rappresentanza e mandato senza rappresentanza (v. Cass., Sez. Un., 8/10/2008, n. 24772).

Fattispecie la cui diversità di ratio emerge pienamente laddove si consideri che l’esigenza di responsabilizzazione del consenso sottesa alla regola di imposizione della forma scritta certamente non si coglie in capo al mandante in relazione all’attività gestoria del mandatario.

L’onere della forma scritta ad substantiam si spiega invece, stante il disposto dell’art. 1350 c.c., comma 1, n. 1, per gli atti del mandatario.

Per l’acquisto che questi effettua dal terzo (rapporto esterno) e per quello di successivo trasferimento in capo al mandante del diritto reale sul bene immobile a tale stregua acquistato, al cui compimento (oltre che al rendiconto ex art. 1713 c.c.) il mandatario è obbligato ai sensi dell’art. 1706 c.c., comma 2, essendo tenuto a costituire l’effetto reale in capo al mandante, la cui realizzazione può in caso di inadempimento del mandatario essere comunque determinata in via coattiva (v. Cass., 20/3/1982, n. 1814), ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 1706 c.c., comma 2 e art. 2932 c.c., mediante il rimedio dell’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. (che è d’altro canto di generale applicazione, esperibile cioè in relazione a qualsiasi fattispecie da cui insorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia che si tratti di un negozio unilaterale sia che si tratti di un atto o di un fatto dai quali detto obbligo possa sorgere ex lege: v. Cass., 15/7/1997, n. 6471; Cass., 30/5/1995, n. 6071; Cass., 21/2/1992, n. 2120; Cass., 17/7/1980, n. 4649).

L’espressa previsione di tale rimedio in favore del mandante, cui sono di norma (salvo cioè il relativo esercizio in via surrogatoria) precluse le azioni a tutela del diritto sostanziale acquistato dal mandatario (v. Cass., Sez. Un., 8/10/2008, n. 24772), diversamente da quanto affermato nell’impugnata sentenza e da questa Corte invero generalmente ritenuto non giustifica tuttavia l’estensione al mandato senza rappresentanza della necessità della forma scritta ad substantiam.

A fondare la domanda di applicazione del rimedio dell’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. ben può invero considerarsi idoneo e sufficiente anche un atto come nella specie complesso, ricognitivo e unilaterale d’impegno (v. Cass., 18/1/1985, n. 136), pur se redatto successivamente (cfr. Cass., 11/12/2000, n. 15575; Cass., 17/3/1993, n. 3173; Cass., 2/7/1991, n. 7269; Cass., 8/7/1983, n. 4618) all’acquisto da parte del mandatario del diritto reale sul bene da ritrasferire al mandante.

Quanto al contenuto di tale atto, vale osservare che se l’onere del requisito della forma scritta si è, avuto riguardo al contratto preliminare (v. Cass., 23/8/1997, n. 7935) e allo stesso contratto traslativo, ritenuto assolto qualora l’atto rechi, o comunque consenta – anche per relationem – di individuare l’indicazione del bene, del prezzo e della causa del contratto (cfr. Cass., 8/3/1984, n. 1627; Cass., 14/2/1981, n. 908; Cass., 7/6/1966, n. 1495. In tema di vendita immobiliare, per la ritenuta sufficienza, ai fini della forma scritta ab substantiam, del mero riferimento nel contratto alla “esistenza” di un “prezzo” già pagato v. Cass., 26/8/1996, n. 7848.

Analogamente v. da ultimo, con riferimento a contratto preliminare di compravendita immobiliare, anche per la precisazione che l’esigenza della determinatezza – o quantomeno della determinabilità- dell’oggetto del contratto, sanzionata di nullità dall’art. 1418 c.c., comma 2, in relazione all’art. 1346 c.c. e art. 1325 c.c., n. 3, è soddisfatta dalla dichiarazione, che nella scrittura abbia fatto il promittente venditore, che il prezzo è stato pagato, nella specie mediante l’assunzione di tutte le spese necessarie per la costruzione dell’edificio da alienare, essendo necessariamente implicito in tale riconoscimento che anche la prestazione dovuta dal promissario compratore è stata consensualmente individuata, v. Cass., 26/3/2012, n. 4854), a fortiori va condiviso l’orientamento che considera non indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto e che siano ivi indicati tutti gli estremi occorrenti per la trascrizione, la quale serve solo a rendere opponibile la vendita ai terzi (cfr. Cass., 8/3/1984, n. 1627; Cass., 30/3/1981, n. 1811; Cass., 15/3/1969, n. 842), con riferimento alla domanda del rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto.

Ben può infatti il giudice, richiesto di emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., integrare la descrizione dell’immobile offerta dall’attore con dati evincibili anche da altri atti di causa (v., con riferimento ai dati catastali, Cass., 29/12/2011, n. 29849.

Contra, nel senso che l’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento, v. peraltro Cass., 16/1/2013, n. 952).

Siffatte problematiche non si pongono tuttavia nella specie.

Nel caso in esame la dichiarazione de qua rivela infatti espressamente, come già più sopra osservato, sia la causa mandati dell’operazione negoziale posta nel caso in essere dalle parti (cfr. Cass., 24/12/1994, n. 11158; Cass., 3/5/1993, n. 5113) sia l'”impegno a trasferire l’immobile di cui sopra non appena in possesso dei documenti necessari alla stipula dello atto di compravendita”, e consente, pur se per relationem mediante il riferimento “all’immobile di cui al decreto di trasferimento n. 26289 del Tribunale di Roma in data 13 febbraio 1990”, di individuare sia il bene alienato che il prezzo all’uopo versato.

Alla stregua di quanto sopra, escluso che possa affermarsi -come fa invece la corte di merito nell’impugnata sentenza- che la mancanza della forma scritta del mandato senza rappresentanza ad acquistare impedisce tout court la costituzione di un rapporto giuridico e conseguentemente l’insorgenza di diritti ed obbligazioni in capo alle relative parti, diversamente da quanto ravvisato nell’impugnata sentenza (sulla scorta di quanto pure da questa Corte in altre occasioni sostenuto: per la negazione che la ricognizione di debito possa rappresentare una fonte autonoma di obbligazione, ad essa riconoscendosi soltanto un effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, v. Cass., 14/2/2012, n. 2104; Cass., 20/1/2006, n. 1101) deve dunque conclusivamente affermarsi che la dichiarazione unilaterale de qua è senz’altro idonea e sufficiente a fondare di per sè l’acquisto immobiliare di cui trattasi, e a fortiori l’esperibilità del rimedio ex art. 2932 c.c., irrilevante essendo al riguardo, stante quanto più sopra osservato, la mancanza originaria della forma scritta del mandato senza rappresentanza.

Priva di interesse rimane allora l’indagine sollecitata dal ricorrente in ordine all’eventuale sussistenza nel caso di un negozio fiduciario (di solito caratterizzato dall’assunzione soltanto verbale dell’obbligo di ritrasferimento: v., da ultimo, Cass., 20/2/2013, n. 4262. Per la riconduzione del pactum fiduciae al mandato senza rappresentanza v. invero Cass., 23/12/1987, n. 9634. V. anche Cass., 27/3/1997, n. 2756).

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia che, in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei seguenti principi:

La forma scritta è richiesta a pena di nullità per gli atti relativi a diritti reali su beni immobili per esigenze di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell’atto.

In tema di mandato all’acquisto, tale forma è in base agli artt. 1350, 1351, 1392 e 1706 c.c. richiesta per la procura conferita dal mandante al mandatario, per il contratto -preliminare o definitivo- concluso dal mandatario a nome del mandante o proprio, e, in questo secondo caso, per il conseguente atto volto a ritrasferire il bene al mandante, la mancanza del quale può essere supplita dall’esecuzione forzata in forma specifica.

La forma scritta non può considerarsi invece prescritta anche per il contratto di mandato in sè, perchè da questo deriva soltanto, tra mandante e mandatario, l’obbligazione di eseguire il mandato, la cui mancata conforme esecuzione lo espone unicamente a responsabilità per danni.

Per converso, una volta che il mandatario abbia effettuato l’acquisto, l’esecuzione in forma specifica dell’obbligazione di ritrasferire il bene al mandante può trovare fondamento nell’atto unilaterale, redatto anche successivamente al detto acquisto, con cui il mandatario riconosca il suo obbligo di farlo, quante volte l’atto contenga l’indicazione del bene, del prezzo e della causa del contratto, o che gli stessi consenta di individuare anche per relationem.

Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2013.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2013

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *