Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 30 marzo 2015, n. 6395

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8541/2012 proposto da:

(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del suo Amministratore Delegato Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SPA;

– intimati –

nonche’ da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

e contro

(OMISSIS) SRL (OMISSIS), (OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2323/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/10/2011 R.G.N. 9/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2014 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, e ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’ (OMISSIS), poi divenuto (OMISSIS) s.p.a. concluse nel 1982 con la (OMISSIS) s.n.c. un contratto di anticipazione di credito della durata di 24 mesi per lire 300 milioni, Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1976, n. 7, ex articolo 23, per finanziare la costruzione di un fabbricato. A garanzia della restituzione dell’anticipazione, venne iscritta ipoteca sul terreno sul quale doveva sorgere il fabbricato, fino a concorrenza dell’importo di lire 750 milioni.

Nel 1983 la (OMISSIS) alieno’ la proprieta’ alla (OMISSIS) s.r.l. che si accollo’ il debito e nel 1984 completo’ la costruzione del fabbricato ed inizio’ a vendere la varie unita’ immobiliari.

Nel dicembre l986 lo stesso istituto di credito concesse alla (OMISSIS) s.r.l. un mutuo di scopo per lire 200 milioni inscrivendo una seconda ipoteca per 600 milioni.

Pochi giorni dopo, il 5.1.1987, la (OMISSIS) s.r.l. vendette ai signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) un appartamento all’interno del fabbricato costruito sul terreno, essi si accollarono una parte del mutuo (lire 60 milioni) e la (OMISSIS) si impegno’ a cancellare la sola ipoteca del 1982.

L’istituto di credito erogo’ la somma mutuata alla (OMISSIS) s.r.l. solo nel 1989, e rilascio’ l’assenso alla cancellazione della prima iscrizione ipotecaria.

Non provvedendo ne’ la (OMISSIS) ne’ i (OMISSIS) al pagamento dei ratei di mutuo del 1986, (OMISSIS) s.p.a. (denominazione nel frattempo assunta dall’ (OMISSIS)) inizio’ un pignoramento immobiliare nei confronti dei signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione all’omessa restituzione del mutuo di scopo concesso alla (OMISSIS) s.r.l., con accollo parziale da parte dei (OMISSIS), sui soli immobili acquistati dai (OMISSIS) che erano gli ultimi di quelli realizzali ad essere stati venduti.

Gli acquirenti proposero opposizione all’esecuzione, ex articolo 615 c.p.c., dinanzi al Tribunale di Belluno, invocando la nullita’ del contratto di mutuo del 1986 per mancanza originaria della causa, stante che l’edificazione del complesso alla cui realizzazione era finalizzata la concessione del mutuo stesso era completamente terminata prima della concessione del mutuo stesso, e comunque evidenziarono il comportamento doloso o gravemente colposo della banca, che aveva concesso il finanziamento a costruzione terminata, ed in via subordinata chiesero accertarsi che la banca non avesse diritto a procedere nei loro confronti oltre la quota di mutuo di 60 milioni che si erano accollata.

Il tribunale adito all’esito del giudizio di primo grado accoglieva l’opposizione, dichiarando la nullita’ del mutuo concesso nel 1986 e della conseguente iscrizione ipotecaria, con conseguente inesistenza del diritto dell’istituto di credito di agire esecutivamente verso i (OMISSIS), essendo stato il mutuo di scopo concesso quando gia’ la costruzione era terminata ed utilizzato dalla societa’ per altre finalita’, ovvero per ripianare debiti pregressi, e quantificava il debito residuo dei (OMISSIS), condannandoli a pagare alla banca l’importo corrispondente.

Proponeva appello l’ (OMISSIS) s.p.a. (nuova denominazione assunta dall’istituto di credito) deducendo che lo scopo era stato conseguito, e che il prestito era stato utilizzato per ripianare non un qualsiasi debito pregresso della societa’, ma proprio l’anticipazione originariamente concessa dalla banca, che presentava condizioni piu’ onerose rispetto al mutuo del 1986, per la costruzione di quello stesso fabbricato. I (OMISSIS) proposero appello incidentale.

La Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza n. 2323 del 2011 qui impugnata, confermo’ la nullita’ del contratto di mutuo del 23.12.1986 e della iscrizione ipotecaria del 30.12.1986 nonche’ del pignoramento, ritenendo il primo privo di causa, ed accolse in parte l’appello incidentale dei (OMISSIS) affermando che la riconvenzionale della banca dipendesse da un titolo diverso da quello dedotto e che nel giudizio di opposizione all’esecuzione potesse discutersi solo della validita’ del titolo esecutivo. Respinse invece le domande dei (OMISSIS) volte al risarcimento dei danni morali e patrimoniali e quella di condanna per lite temeraria.

La (OMISSIS) s.r.l., attuale titolare del credito a seguito di una serie di cessioni, propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi ed illustrato da memoria nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l. e dell’originaria parte creditrice, attualmente denominata (OMISSIS) s.p.a.; resistono i (OMISSIS) con controricorso contenente anche due motivi di ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la societa’ ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1325 e 1418 c.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 23, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Evidenzia che il contratto di mutuo della cui validita’ si discute era un mutuo edilizio, ovvero un mutuo di scopo legale, con individuazione dello scopo da parte della legge, in cui il mutuatario assume, oltre all’obbligo di restituzione delle somme ricevute, anche l’obbligo di conseguire lo scopo legale, legato alla realizzazione di un determinato programma edilizio. Sostiene che ai fini della validita’ della causa occorresse solo verificare se il fabbricato fosse stato effettivamente realizzato, ed esso era stato effettivamente ultimato (ben due anni prima della concessione del mutuo) a poco importando se esso fosse stato realizzato con il denaro prestato dalla banca o con altri fondi, attesa la fungibilita’ del denaro e quindi che la causa del contratto fosse esistente e valida. Sostiene che il mutuo non fu concesso per trasformare un precedente debito chirografario in debito ipotecario, ma per estinguere il residuo finanziamento concesso nel 1982 e a sua volta garantito da iscrizione ipotecaria, grazie al quale era stato realizzato lo scopo di cui al mutuo concesso nel 1986, e che il nuovo mutuo costitui’ un parziale rinnovo del precedente finanziamento a condizioni molto piu’ favorevoli per il mutuatario, sia quanto agli interessi che quanto ai tempi di restituzione. Inoltre, sostiene che quel tipo di mutuo, restituibile in un piu’ ampio arco di tempo anche mediante accollo parziario da parte degli acquirenti delle porzioni immobiliari, avrebbe meglio consentito di raggiungere anche lo scopo di rendere piu’ facile la circolazione e l’acquisizione da parte dei terzi delle abitazioni non di lusso costruite grazie al finanziamento.

Il motivo e’ infondato.

La sentenza impugnata e’ esente da vizi laddove ha confermato la valutazione di nullita’ del mutuo contratto nel 1986, per finanziare la costruzione di un complesso edilizio ultimato da due anni, gia’ affermata dal giudice di primo grado.

Le ragioni della nullita’ possono ricondursi a questo: il mutuo di scopo e’ lecito fintante che la realizzazione dello scopo da esso prevista e’ possibile al momento della conclusione del contratto. Se, come nel caso di specie, il contratto viene concluso quando la realizzazione dello scopo e’ impossibile perche’ collegata ad un fatto che si e’ gia’ storicamente verificato ben prima della concessione del mutuo, il finanziamento nasce viziato, nel senso che viene concesso per consentire al mutuatario di realizzare non la finalita’ prevista dalla legge (ovvero la realizzazione di un programma edilizio), ma uno scopo diverso, che potrebbe essere a sua volta lecito, ma dovrebbe essere perseguito con un diverso strumento che non abbia questo vincolo finalistico. Nel caso di specie, a ben vedere, la ricorrente ha anche esplicitato lo scopo ulteriore, che era quello di estinguere il precedente finanziamento, ottenuto a condizioni piu’ onerose.

Le considerazioni della ricorrente atte ad evidenziare l’esistenza di una causa possibile e lecita cozzano contro la verita’ dei fatti: la natura fungibile del denaro e’ cosa al tempo stesso ovvia e irrilevante laddove cio’ che conta e’ che mediante l’erogazione di una determinata somma di denaro il costruttore possa essere effettivamente messo in condizioni di perseguire lo scopo previsto dal contratto. Poco importa se quella somma e’ l’unica che egli abbia a disposizione o se si aggiunge ad altre, quel che conta e’ che il progetto in relazione al quale viene concesso il finanziamento sia ancora da completare. Come ha affermato con molta chiarezza gia’ Cass. n. 3752 del 1981, il mutuatario puo’ anche destinare la disponibilita’ ricevuta a finalita’ diverse, purche’ utilizzi una somma di eguale ammontare per la realizzazione dello scopo del mutuo, cosa nel caso di specie esclusa perche’ lo scopo si era gia’ realizzato.

Del pari, irrilevanti sono le considerazioni sulla finalita’ della legge di favorire gli acquisti immobiliari e la circolazione dei beni anche mediante la frammentazione e l’accollo di parte del mutuo contratto dal costruttore da parte degli acquirenti.

Puo’ rientrare infatti nelle finalita’ del mutuo di scopo anche quella di consentire una migliore commercializzazione degli immobili realizzati mediante l’accollo parziario del mutuo da parte degli acquirenti, a condizioni migliori di quelle reperibili sul mercato dal singolo, e tuttavia correttamente nel caso di specie la corte d’appello ha escluso che il contratto di mutuo potesse esplicare, fin dalla sua conclusione, anche tale sua eventuale finalita’.

Questa finalita’ e’ possibile infatti qualora il progetto immobiliare che la societa’ costruttrice ha inteso realizzare, che comporta non solo la costruzione ma poi anche la vendita degli immobili, sia ancora da realizzare, almeno in parte, e qualora questa possibilita’ sia offerta a tutti gli acquirenti: nel caso di specie, gli immobili non solo erano stati gia’ ultimati, ma erano stati tutti gia’ venduti in precedenza, tranne quello acquistato, pochi giorni dopo l’accensione del nuovo mutuo, dai (OMISSIS): cosicche’ essi, a loro insaputa, si sono trovati ad accollarsi non soltanto una quota di mutuo proporzionale al valore del bene immobile acquistato, ma, in mancanza di altri possibili acquirenti, proprio perche’ l’immobile era stato non soltanto gia’ realizzato ma anche gia’ venduto, si sono trovati da soli a dover fronteggiare le pretese esecutive della banca allorche’ la societa’ costruttrice non ha restituito le rate di mutuo.

Proprio l’effetto di suddivisione del prestito tra i vari acquirenti per favorirne la circolazione era impossibile da realizzare, avendo la societa’ costruttrice gia’ venduto la quasi totalita’ delle unita’ immobiliari prima della richiesta del mutuo. E’ ben vero che nel contratto non vi era alcun impegno ne’ della banca mutuante ne’ del venditore di garantire il frazionamento della seconda ipoteca iscritta sull’immobile oggetto dell’acquisto. Ed e’ ben vero che la possibilita’ di frazionamento del mutuo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 3, comma 5, non costituiva un diritto per gli accollanti ma una scelta nella discrezionalita’ del mutuante, diversamente a quanto avverra’ a seguito della entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica n. 385 del 1993 (v. Cass. n. 264 del 2006), pero’, nella specie la stessa possibilita’ di frazionamento del mutuo era esclusa fin dal momento della conclusione del contratto in mancanza di una possibile pluralita’ di acquirenti, e di cio’ era all’oscuro l’acquirente.

Quello che quindi dovrebbe essere un normale mezzo per finanziare la realizzazione di progetti immobiliari e poi per consentirne ed agevolarne anche la commercializzazione, si e’ rivelato un meccanismo penalizzante l’unico malcapitato acquirente dell’unica parte di immobile gia’ costruito e non ancora venduto, che si e’ trovato gravato di una esecuzione relativa all’intero prestito.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce l’esistenza di un vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella mancata conoscenza della avvenuta alienazione degli altri appartamenti da parte della banca al momento di concessione del mutuo. Sostiene che nel contratto di mutuo era stato indicato, previo riscontro effettuato dal notaio della societa’ costruttrice, che esistevano anche altri appartamenti non venduti, oltre a quello acquistato dai (OMISSIS), e che anche se cio’ non si rivelo’ vero, non si trattava di circostanza che la banca potesse conoscere.

Anche con il terzo motivo di ricorso la societa’ denuncia la contraddittorieta’ della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove la sentenza impugnata ha al tempo stesso affermato che tutti gli appartamenti erano stati venduti in precedenza, per poi riconoscere che l’appartamento alienato ai (OMISSIS) ed il garage di pertinenza erano ancora in proprieta’ della costruttrice al momento della concessione del mutuo.

Infine, con il quarto motivo di ricorso, la societa’ ricorrente lamenta l’esistenza di un vizio di motivazione laddove la corte d’appello ha escluso che l’accollo del mutuo da parte dei (OMISSIS) potesse configurare una facilitazione nella commerciabilizzazione dell’immobile in quanto tutti gli altri appartamenti erano stati venduti in precedenza.

Anche i tre motivi relativi al vizio di motivazione, che si possono esaminare congiuntamente in quanto connessi, devono essere rigettati.

La sentenza appare esente dai vizi di motivazione denunciati, anche in ordine alla ritenuta consapevolezza in capo alla banca della reale destinazione della somma presa a mutuo.

Nel confermare la sentenza di primo grado sul punto, la corte ha tenuto conto delle circostanze di fatto accertate, considerando l’anomalia di un mutuo concesso nel 1986, finalizzato solo formalmente allo scopo del completamento o della realizzazione di una iniziativa edilizia, che ha tempi concentrati, ed erogato a tre anni di distanza, in un lasso di tempo in cui, conformemente ad un principio di sia pur minima diligenza, la banca avrebbe potuto e dovuto verificare se la situazione era medio tempore variata o anche diversa rispetto alle relazioni notarili e a quella enunciata al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo.

Con il primo motivo di ricorso incidentale, i signori (OMISSIS) denunciano la violazione di legge in relazione agli articoli 2697, 2043, 2059 e 1229 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ il vizio di motivazione sul punto in cui la sentenza d’appello non ha ritenuto di condannare la banca al risarcimento dei danni in loro favore.

Il motivo e’ infondato, gli stessi ricorrenti non contestano la chiara affermazione contenuta nella sentenza impugnata, in base alla quale la domanda di risarcimento danni viene rigettata perche’ i danni non sono stati provati, nei due gradi di merito a cio’ deputati, neppure nella loro esistenza, a prescindere dal loro ammontare e pertanto l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, di rigetto della relativa domanda, e’ perfettamente conforme alle norme citate, in quanto il danno non patrimoniale non e’ in re ipsa e la sua quantificazione in via equitativa non puo’ prescindere ne’ da parametri di riferimento e neppure, e preliminarmente, dalla prova della sua effettiva esistenza che non puo’ essere fornita in questa sede ne’ tanto meno in eventuali fasi di rinvio.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i contro ricorrenti denunciano sempre la violazione di legge in relazione all’articolo 96 c.p.c., comma 2 e il difetto di motivazione per la omessa condanna della banca al risarcimento del danno per lite temeraria, avendo la corte omesso di rilevare adeguatamente, e di sanzionare come dovuto, la totale mancanza di prudenza nella condotta della banca come emerge dall’eseguito pignoramento immobiliare.

Il motivo di ricorso e’ infondato, esso viene sviluppato essenzialmente in relazione al vizio di motivazione, ma la motivazione della corte d’appello sul punto non puo’ ritenersi omessa ne’ insufficiente laddove rigetta la domanda di risarcimento danni per lite temeraria, in quanto fa riferimento ad una prospettabile astratta configurabilita’ di una nozione di mutuo di scopo lata fino a ricomprendere il finanziamento di iniziative edilizie gia’ intraprese purche’ non concluse.

Conclusivamente, la Corte rigetta il ricorso principale ed anche il ricorso incidentale. In virtu’ della reciproca soccombenza e della prevalente soccombenza del ricorrente principale, la cui domanda e’ stata integralmente rigettata, compensa le spese di lite al 50% e per il residuo 50% le pone a carico della parte ricorrente in virtu’ del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta sia il ricorso principale che il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite al 50%. Pone il restante 50% a carico della parte ricorrente e lo liquida in complessivi euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.

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