Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 30 maggio 2014, n. 12265
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14359/2008 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) giusta mandato a margine dei rispettivi atti di appello nonche’ fogli congiunti al presente ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS) nella qualita’ di impresa designata alla gestione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia Vittime della Strada in persona del suo Procuratore Speciali Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta mandato in calce;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 89/2007 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 23/3/2007, R.G.N. 396/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di ricorso, rigetto del 2.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14359/2008 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) giusta mandato a margine dei rispettivi atti di appello nonche’ fogli congiunti al presente ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS) nella qualita’ di impresa designata alla gestione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia Vittime della Strada in persona del suo Procuratore Speciali Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta mandato in calce;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 89/2007 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 23/3/2007, R.G.N. 396/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di ricorso, rigetto del 2.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno citato in giudizio davanti al Tribunale di Palmi la Spa (OMISSIS), quale impresa designata dal F.G.V.S., per sentirla condannare al risarcimento del danno conseguente alla morte di (OMISSIS), rispettivamente figlio e fratello, avvenuta a seguito di un incidente stradale verificatosi in data (OMISSIS) a seguito di uno scontro con un veicolo rimasto sconosciuto.
Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda ed ha condannato la convenuta al risarcimento nei confronti degli attori nella misura di lire 80.000.000 per la (OMISSIS) e di lire 30.000.000 per (OMISSIS).
A seguito di impugnazione dell’ (OMISSIS) e del (OMISSIS) e di impugnazione incidentale dell’ (OMISSIS), la Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza pubblicata il 23-3-2007, ha accolto parzialmente solo l’appello principale e, per quello che ancora interessala rideterminato in euro 49.063,41 ed in euro 25.822,84 il danno morale rispettivamente dovuto alla madre ed al fratello di (OMISSIS), rigettando l’impugnazione sul danno patrimoniale.
Propongono ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) con due motivi illustrati da successiva memoria.
Resiste con controricorso l’ (OMISSIS) quale impresa designata dal F.G.V.S..
Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda ed ha condannato la convenuta al risarcimento nei confronti degli attori nella misura di lire 80.000.000 per la (OMISSIS) e di lire 30.000.000 per (OMISSIS).
A seguito di impugnazione dell’ (OMISSIS) e del (OMISSIS) e di impugnazione incidentale dell’ (OMISSIS), la Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza pubblicata il 23-3-2007, ha accolto parzialmente solo l’appello principale e, per quello che ancora interessala rideterminato in euro 49.063,41 ed in euro 25.822,84 il danno morale rispettivamente dovuto alla madre ed al fratello di (OMISSIS), rigettando l’impugnazione sul danno patrimoniale.
Propongono ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) con due motivi illustrati da successiva memoria.
Resiste con controricorso l’ (OMISSIS) quale impresa designata dal F.G.V.S..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminare e’ l’esame dell’eccezione di invalidita’ della procura formulata dalla soc. (OMISSIS), in quanto conferita su foglio separato senza osservare il dettato dell’articolo 365 c.p.c..
L’eccezione e’ infondata.
Questa Corte ha affermato che “la procura alle liti apposta su foglio materialmente congiunto all’atto introduttivo e’ valida, avendo la Legge n. 141 del 1997, articolo 1, che ha modificato l’articolo 83 c.p.c., comma 3, parificato tale procura a quella in calce, la quale, come quella a margine, e’ sempre speciale, riferendosi comunque al processo cui accede, non rilevando la diversita’ dei caratteri a stampa dei due atti, ne’ altri requisiti di forma nessuno dei quali e’ prescritto a pena di nullita’”. (Cass. Sentenza n. 23777 del 14/11/2011; v. tra le tante anche Cass. N. 9670 del 2003, N. 12558 del 2003, N. 6070 del 2005, N. 15692 del 2009).
1. Con il primo motivo di impugnazione si denunzia vizio di omessa motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in ordine ai criteri utilizzati per la liquidazione del danno morale e violazione degli articoli 2056, 2059 e 1226 c.c., “nella determinazione del danno morale nella sua interezza” ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Sostengono i ricorrenti che la Corte di appello, pur ritenendo che il danno morale fosse stato liquidato in misura insufficiente, ha rideterminato gli importi, con l’aumento di soli di euro 7.000,00 per la madre e di euro 10.000,00 per il fratello, senza indicare i parametri utilizzati per la liquidazione equitativa e attribuendo somme non idonee a riparare il danno subito.
Assumono la violazione dei criteri informatori della materia per la liquidazione del danno morale da morte da congiunto.
2. Il motivo e’ fondato.
Preliminarmente e’ necessaria una breve esposizione dello sviluppo della giurisprudenza di legittimita’ degli ultimi anni che ha portato a ricondurre all’unitario concetto di” danno non patrimoniale” tutte le varie figure di danno, con diverse denominazioni, utilizzate in passato.
3. Si ricorda che questa Corte con le sentenze 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828 (note come sentenze “gemelle”), ha riconosciuto che una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., impone una riconduzione verso un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, “quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purche’ costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto” (cosi’ la sentenza n. 8827).
4. Ha chiarito che il riconoscimento dei “diritti della famiglia” deve essere inteso “non gia’ restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel piu’ ampio senso di modalita’ di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira, generando bensi’ bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati”.
5. Di conseguenza, ove “il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non un annullamento, delle positivita’ che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita (…) deve senz’altro trovare ristoro nell’ambito della tutela ulteriore apprestata dall’articolo 2059 c.c., in caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto”.
6. Successivamente le Sezioni Unite, con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, hanno affrontato di nuovo il problema confermando la lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., in senso bipolare (danno patrimoniale/danno non patrimoniale); hanno superato il concetto di danno morale transeunte, osservando che tale formula “non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in se’ considerata”; hanno chiarito che, al di fuori dei casi determinati dalla legge, “e’ data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona”, cioe’ se sussiste una ingiustizia “costituzionalmente qualificata”; hanno recepito, sia pure intendendole come “mera sintesi descrittiva”, le nozioni di danno biologico e di danno da perdita del rapporto parentale, ricondotte tutte alla figura piu’ ampia del danno non patrimoniale.
7. In assenza di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge, “pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purche’ conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiche’ il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (articoli 2, 29 e 30 Cost.)”; ed hanno ribadito che il danno non patrimoniale deve, comunque, essere provato.
8. In conclusione “il danno non patrimoniale e’ categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate….. e l’interpretazione costituzionale dell’articolo 2059 c.c., rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione.
9. In sostanza quelli che in passato sono stati definiti e liquidati come danno biologico, danno morale e danno alla vita di relazione,corrispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo nell’ambito dell’unica categoria di danno non patrimoniale.
Il giudice di merito e’ tenuto a liquidare il danno non patrimoniale tenendo conto di quale aspetto del danno, fra tutte queste singole poste di danno, e’ stato allegato dalla parte tenendo conto delle prove raccolte, senza incorrere in duplicazioni risarcitorie perche’ – cio’ che assume portata decisiva e’ la centralita’ della persona e “l’integralita’ del risarcimento del valore uomo”.
10. Questa Corte ha piu’ volte affermato che l’aspetto del danno non patrimoniale tradizionalmente definito “danno morale”, va liquidato con criterio equitativo,che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto. La liquidazione equitativa deve rendere evidente e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito e’ pervenuto alla relativa quantificazione, permettendo di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravita’ del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entita’ della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo (Cass. civ. Sez. 3, 16 febbraio 2012 n. 2228; Idem, 29 novembre 2011 n. 25222; Idem, 12 dicembre 2008 n. 29191, fra le tante).
11. Occorre quindi provvedere all’integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni semplicistico meccanismo di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell’ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del danneggiato, della gravita’ delle conseguenze pregiudizievoli e delle particolarita’ del caso concreto, al fine di valutare in termini il piu’ possibile equilibrati e realistici, l’effettiva entita’ del danno (Cass. civ. Sez. Lav., 21 aprile 2011 n. 9238).
12. Deve tenersi conto della relazione affettiva di ogni danneggiato con la vittima, in relazione alla peculiare situazione familiare, alle abitudini di vita, alla consistenza del nucleo familiare ed alla compromissione che ne sia derivata dal sinistro, e di ogni altra circostanza (Cass. civ. Sez. 3, 5 ottobre 2010 n. 20667).
13. Dalla sentenza impugnata non risulta alcuna motivazione in tal senso. La Corte di merito ha accolto l’impugnazione dei ricorrenti provvedendo ad aumentare l’entita’ del risarcimento senza indicare i criteri adottanti per tale liquidazione in modo da rendere impossibile il controllo sull’iter logico seguito.
14. Si ricorda che la liquidazione equitativa del danno non significa liquidazione arbitraria,ma il giudice deve dare esattamente conto dei criteri e dei parametri che lo hanno guidato nella liquidazione.
15. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’articolo 1223 c.c., e vizio motivazione in relazione al mancato riconoscimento del danno patrimoniale. I ricorrenti censurano la circostanza che la Corte di merito ha rigettato la domanda sul rilievo che mancava la prova che il minore producesse reddito o fosse in procinto di produrlo.
16. Il motivo e’ infondato.
Deve essere confermata la decisione di rigetto,ma la motivazione deve essere integrata con le seguenti considerazioni.
17. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita degli alimenti che il figlio avrebbe potuto erogare in favore dei genitori o del genitore superstite, questi devono provare che, sulla base delle circostanze attuali, secondo criteri non ipotetici, ma ragionevolmente probabilistici, essi avrebbero avuto bisogno di tale prestazione alimentare; allo stesso modo, va provato il verosimile contributo del figlio ai bisogni della famiglia, ove dedotto per il futuro (cfr. Cass. n. 759 del 16/01/2014 (Cass. n. 4791/07 e n. 8546/08).
18. Parimenti, per dar prova della frustrazione dell’aspettativa ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, i genitori hanno l’onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia. A tal fine la previsione va operata sulla base di criteri ragionevolmente probabilistici, non gia’ in via astrattamente ipotetica, ma alla luce delle circostanze del caso concreto, conferendo rilievo alla condizione economica dei genitori sopravvissuti, alla eta’ loro e del defunto, alla prevedibile entita’ del reddito di costui, dovendosi escludere che sia sufficiente la sola circostanza che il figlio deceduto avrebbe goduto di un reddito proprio. Cass. Sentenza n. 8333 del 03/05/2004. La sentenza va cassata in relazione al primo motivo e rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione che decidera’ secondo i principi espressi,provvedendo anche sulle spese del presente giudizio.
L’eccezione e’ infondata.
Questa Corte ha affermato che “la procura alle liti apposta su foglio materialmente congiunto all’atto introduttivo e’ valida, avendo la Legge n. 141 del 1997, articolo 1, che ha modificato l’articolo 83 c.p.c., comma 3, parificato tale procura a quella in calce, la quale, come quella a margine, e’ sempre speciale, riferendosi comunque al processo cui accede, non rilevando la diversita’ dei caratteri a stampa dei due atti, ne’ altri requisiti di forma nessuno dei quali e’ prescritto a pena di nullita’”. (Cass. Sentenza n. 23777 del 14/11/2011; v. tra le tante anche Cass. N. 9670 del 2003, N. 12558 del 2003, N. 6070 del 2005, N. 15692 del 2009).
1. Con il primo motivo di impugnazione si denunzia vizio di omessa motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in ordine ai criteri utilizzati per la liquidazione del danno morale e violazione degli articoli 2056, 2059 e 1226 c.c., “nella determinazione del danno morale nella sua interezza” ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Sostengono i ricorrenti che la Corte di appello, pur ritenendo che il danno morale fosse stato liquidato in misura insufficiente, ha rideterminato gli importi, con l’aumento di soli di euro 7.000,00 per la madre e di euro 10.000,00 per il fratello, senza indicare i parametri utilizzati per la liquidazione equitativa e attribuendo somme non idonee a riparare il danno subito.
Assumono la violazione dei criteri informatori della materia per la liquidazione del danno morale da morte da congiunto.
2. Il motivo e’ fondato.
Preliminarmente e’ necessaria una breve esposizione dello sviluppo della giurisprudenza di legittimita’ degli ultimi anni che ha portato a ricondurre all’unitario concetto di” danno non patrimoniale” tutte le varie figure di danno, con diverse denominazioni, utilizzate in passato.
3. Si ricorda che questa Corte con le sentenze 31 maggio 2003, n. 8827 e n. 8828 (note come sentenze “gemelle”), ha riconosciuto che una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., impone una riconduzione verso un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, “quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purche’ costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto” (cosi’ la sentenza n. 8827).
4. Ha chiarito che il riconoscimento dei “diritti della famiglia” deve essere inteso “non gia’ restrittivamente, come tutela delle estrinsecazioni della persona nell’ambito esclusivo di quel nucleo, con una proiezione di carattere meramente interno, ma nel piu’ ampio senso di modalita’ di realizzazione della vita stessa dell’individuo alla stregua dei valori e dei sentimenti che il rapporto parentale ispira, generando bensi’ bisogni e doveri, ma dando anche luogo a gratificazioni, supporti, affrancazioni e significati”.
5. Di conseguenza, ove “il fatto lesivo abbia profondamente alterato quel complessivo assetto, provocando una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non un annullamento, delle positivita’ che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita (…) deve senz’altro trovare ristoro nell’ambito della tutela ulteriore apprestata dall’articolo 2059 c.c., in caso di lesione di un interesse costituzionalmente protetto”.
6. Successivamente le Sezioni Unite, con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, hanno affrontato di nuovo il problema confermando la lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., in senso bipolare (danno patrimoniale/danno non patrimoniale); hanno superato il concetto di danno morale transeunte, osservando che tale formula “non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in se’ considerata”; hanno chiarito che, al di fuori dei casi determinati dalla legge, “e’ data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona”, cioe’ se sussiste una ingiustizia “costituzionalmente qualificata”; hanno recepito, sia pure intendendole come “mera sintesi descrittiva”, le nozioni di danno biologico e di danno da perdita del rapporto parentale, ricondotte tutte alla figura piu’ ampia del danno non patrimoniale.
7. In assenza di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge, “pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purche’ conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona. Ipotesi che si realizza, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), poiche’ il pregiudizio di tipo esistenziale consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (articoli 2, 29 e 30 Cost.)”; ed hanno ribadito che il danno non patrimoniale deve, comunque, essere provato.
8. In conclusione “il danno non patrimoniale e’ categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate….. e l’interpretazione costituzionale dell’articolo 2059 c.c., rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione.
9. In sostanza quelli che in passato sono stati definiti e liquidati come danno biologico, danno morale e danno alla vita di relazione,corrispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo nell’ambito dell’unica categoria di danno non patrimoniale.
Il giudice di merito e’ tenuto a liquidare il danno non patrimoniale tenendo conto di quale aspetto del danno, fra tutte queste singole poste di danno, e’ stato allegato dalla parte tenendo conto delle prove raccolte, senza incorrere in duplicazioni risarcitorie perche’ – cio’ che assume portata decisiva e’ la centralita’ della persona e “l’integralita’ del risarcimento del valore uomo”.
10. Questa Corte ha piu’ volte affermato che l’aspetto del danno non patrimoniale tradizionalmente definito “danno morale”, va liquidato con criterio equitativo,che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto. La liquidazione equitativa deve rendere evidente e controllabile l’iter logico attraverso cui il giudice di merito e’ pervenuto alla relativa quantificazione, permettendo di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravita’ del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell’entita’ della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d’animo (Cass. civ. Sez. 3, 16 febbraio 2012 n. 2228; Idem, 29 novembre 2011 n. 25222; Idem, 12 dicembre 2008 n. 29191, fra le tante).
11. Occorre quindi provvedere all’integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni semplicistico meccanismo di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell’ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del danneggiato, della gravita’ delle conseguenze pregiudizievoli e delle particolarita’ del caso concreto, al fine di valutare in termini il piu’ possibile equilibrati e realistici, l’effettiva entita’ del danno (Cass. civ. Sez. Lav., 21 aprile 2011 n. 9238).
12. Deve tenersi conto della relazione affettiva di ogni danneggiato con la vittima, in relazione alla peculiare situazione familiare, alle abitudini di vita, alla consistenza del nucleo familiare ed alla compromissione che ne sia derivata dal sinistro, e di ogni altra circostanza (Cass. civ. Sez. 3, 5 ottobre 2010 n. 20667).
13. Dalla sentenza impugnata non risulta alcuna motivazione in tal senso. La Corte di merito ha accolto l’impugnazione dei ricorrenti provvedendo ad aumentare l’entita’ del risarcimento senza indicare i criteri adottanti per tale liquidazione in modo da rendere impossibile il controllo sull’iter logico seguito.
14. Si ricorda che la liquidazione equitativa del danno non significa liquidazione arbitraria,ma il giudice deve dare esattamente conto dei criteri e dei parametri che lo hanno guidato nella liquidazione.
15. Con il secondo motivo si denunzia violazione dell’articolo 1223 c.c., e vizio motivazione in relazione al mancato riconoscimento del danno patrimoniale. I ricorrenti censurano la circostanza che la Corte di merito ha rigettato la domanda sul rilievo che mancava la prova che il minore producesse reddito o fosse in procinto di produrlo.
16. Il motivo e’ infondato.
Deve essere confermata la decisione di rigetto,ma la motivazione deve essere integrata con le seguenti considerazioni.
17. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita degli alimenti che il figlio avrebbe potuto erogare in favore dei genitori o del genitore superstite, questi devono provare che, sulla base delle circostanze attuali, secondo criteri non ipotetici, ma ragionevolmente probabilistici, essi avrebbero avuto bisogno di tale prestazione alimentare; allo stesso modo, va provato il verosimile contributo del figlio ai bisogni della famiglia, ove dedotto per il futuro (cfr. Cass. n. 759 del 16/01/2014 (Cass. n. 4791/07 e n. 8546/08).
18. Parimenti, per dar prova della frustrazione dell’aspettativa ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, i genitori hanno l’onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia. A tal fine la previsione va operata sulla base di criteri ragionevolmente probabilistici, non gia’ in via astrattamente ipotetica, ma alla luce delle circostanze del caso concreto, conferendo rilievo alla condizione economica dei genitori sopravvissuti, alla eta’ loro e del defunto, alla prevedibile entita’ del reddito di costui, dovendosi escludere che sia sufficiente la sola circostanza che il figlio deceduto avrebbe goduto di un reddito proprio. Cass. Sentenza n. 8333 del 03/05/2004. La sentenza va cassata in relazione al primo motivo e rinviata alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione che decidera’ secondo i principi espressi,provvedendo anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta il secondo;cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.
Leave a Reply