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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 6 giugno 2014, n. 23930

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte d’Appello di Catania, a conferma di quella resa in data 19/07/2012 dal GUP del locale Tribunale all’esito di giudizio abbreviato, ribadiva la condanna di C.F. e C.A. alla pena di quattro anni di reclusione ciascuno per il reato di concorso nella cessione a terzi di sostanze stupefacenti del tipo marijuana suddivisa in stecchette di carta (artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990).
La Corte rigettava la richiesta di C.A. di assoluzione per non aver commesso il fatto e quella formulata da entrambi gli appellanti di riconoscere l’attenuante del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/90, osservando che le modalità dello spaccio (su strada e con ripartizione dei compiti fra i correi) denotavano come gli stessi avessero costituito una sorta di ‘punto vendita’ di marijuana noto ai consumatori che li avvicinavano in autovettura per rifornirsi e che la circostanza non consentiva di ravvisare l’invocata attenuante speciale.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, entrambi riferiti alla mancata applicazione dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 nonché alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Considerato in diritto

3. Il ricorso risulta fondato nei termini di cui alla motivazione.
Nel respingere la censura difensiva in ordine alla denegata applicazione dell’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza che gli imputati procedessero alla cessione delle sostanze stupefacenti sulla pubblica via e secondo una rudimentale ripartizione di compiti, che prevedeva come uno fosse addetto alla materiale consegna agli acquirenti e l’altro deputato ad incamerare il corrispettivo della cessione, in tal modo “costituendo una sorta di ‘punto vendita’ di marijuana noto ai consumatori che li avvicinavano in autovettura per rifornirsi”.
Reputa, tuttavia, il collegio che le indicate modalità della condotta non siano affatto preclusive del riconoscimento dell’attenuante speciale del fatto di lieve entità, secondo le condizioni che ne legittimano la ricorrenza, rimaste sostanzialmente inalterate all’esito della temperie di pronunzie d’illegittimità costituzionale (sent. Corte Costituzionale n. 32 del 2014) e di interventi normativi (d.l. n. 146 del 2013 conv. nella l. n. 94 del 2014 e da ultimo d.l. n. 36 del 2014 conv. nella l. n. 79 del 2014) che direttamente o indirettamente l’hanno investita, peraltro con riferimento esclusivo al trattamento sanzionatorio ivi previsto.
Come, infatti, risulta evidente dall’art. 74, comma 6 d.P.R. n. 309 del 1990, anche la cessione continuativa a terzi di sostanze stupefacenti può integrare il fatto di lieve entità, avuto riguardo alla quantità e qualità della sostanza detenuta e spacciata, da accertarsi con riguardo al principio attivo, alla complessità ed all’ampiezza della organizzazione, al numero ed alla qualità dei soggetti coinvolti, nonché più in generale ad ogni altro profilo della vicenda che, secondo il giudizio discrezionale ma motivato del giudice di merito, appaia idoneo ad incidere sulla entità del fatto (Cass. Sez. 6, n. 5415 del 10/03/1995, Corrente ed altri, Rv. 201644 e in termini analoghi ma al di fuori di contesti associativi, Sez. 6, n. 29250 del 01/07/2010, Moutawakkil, Rv. 249369).
Se, dunque, appare normativamente sancita la compatibilità dell’attenuante speciale addirittura con la partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico (continuativo) di modiche quantità sostanze stupefacenti, appare evidente come la mera ripartizione di compiti tra i concorrenti nel reato che caratterizza la fattispecie non possa assurgere a ragione ostativa al riconoscimento della ipotesi della lieve entità.
E’ infatti la stessa Corte territoriale a ricordare che l’attività di cessione si svolgeva secondo la suddivisione di compiti già ricordata, ma nell’ambito di un contesto organizzativo il cui livello di complessità consisteva praticamente in essa.
Risalta, allora e con tutta evidenza, preminente nell’argomentare dei giudici d’appello la considerazione che gli imputati avessero costituito una sorta di centro di smercio al dettaglio di marijuana, che altro non vuoi dire che essi erano dediti all’attività di cessione in maniera continuativa, situazione la cui rilevanza preclusiva ai fini del riconoscimento dell’attenuante è stata, come anzidetto, già esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte.
Spetterà alla Corte territoriale valutare la ricorrenza di altre condizioni ostative, diverse da quelle ritenute con la sentenza impugnata, al delinearsi dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, nel rispetto del principio di diritto che la mera reiterazione nel tempo di più condotte di cessione di modiche quantità sostanze stupefacenti non osta al relativo riconoscimento; risulta assorbito dalla pronunzia l’atro motivo di ricorso.
4. All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento della decisione impugnata sul punto con rinvio alla Corte d’Appello di Catania per nuovo giudizio.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità dell’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990 e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania.

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