Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 3 dicembre 2015, n. 24622
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21593/2012 proposto da:
(OMISSIS) SPA (gia’ (OMISSIS) SPA) (OMISSIS), in persona dei procuratori Dott. (OMISSIS) e Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 654/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 09/06/2012 R.G.N. 1250/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2015 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per la remissione del ricorso alle S.U. in subordine per il rigetto del ricorso con compensazione delle spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L'(OMISSIS) un autocarro sul quale era montato un braccio meccanico, durante lavori di costruzione di un immobile ed all’interno del relativo cantiere, urto’ i soprastanti cavi dell’alta tensione, e causo’ in questo modo la morte per folgorazione dell’operaio (OMISSIS), che in quel momento stava operando in prossimita’ del suddetto braccio meccanico.
2. Nel 1992 i prossimi congiunti della vittima ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) convennero dinanzi al Tribunale di Crotone, per quanto qui ancora rileva, il conducente ( (OMISSIS)), la proprietaria ( (OMISSIS)) e l’assicuratore contro i rischi della r.c.a. del suddetto autocarro (la (OMISSIS) s.p.a., che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.p.a.), chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno rispettivamente patito.
3. Con sentenza 6.10.2006 il Tribunale di Crotone ritenne che l’area all’interno della quale avvenne il sinistro, ovvero il cantiere dove si svolgevano i lavori di costruzione dell’immobile, fosse privata e non aperta alla pubblica circolazione. Ne trasse la conseguenza che non s’applicasse nel caso specifico la disciplina dell’assicurazione r.c.a., e la ivi prevista possibilita’ per le vittime di proporre una azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile. Rigetto’, di conseguenza, la domanda proposta nei confronti della (OMISSIS) s.p.a..
3. La sentenza venne appellata dai soccombenti.
Con sentenza 9.6.2012 n. 654 la Corte d’appello di Catanzaro riformo’ la decisione, ritenendo che l’area del sinistro, pur se privata, era comunque aperta all’accesso di un numero indeterminato di persone, ed accolse di conseguenza la domanda nei confronti dell’assicuratore, nei limiti del massimale.
4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS) (successore della (OMISSIS) s.p.a. in virtu’ di fusione per incorporazione), sulla base di un solo motivo, illustrato da memoria. Hanno resistito con controricorso gli eredi (OMISSIS) e (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Con l’unico motivo di ricorso la sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Si assumono violati l’articolo 2054 c.c.; della Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articoli 1 e 18; articoli 3 e 58 C.d.S..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che il sinistro oggetto di causa rientrasse nel concetto di “circolazione” del veicolo, e che di conseguenza fossero applicabili le norme dettate a tutela delle vittime dalla Legge 24 dicembre 1969, n. 990, sull’assicurazione obbligatoria della responsabilita’ civile derivante da circolazione dei veicoli.
Deduce che la legge sull’assicurazione obbligatoria della r.c.a. non definisce il concetto di “circolazione”, con la conseguenza che l’interprete deve ricavarlo da altri testi normativi: ed il codice della strada definisce la “circolazione” all’articolo 3 come “il movimento, la fermata e la sosta” dei veicoli sulla strada.
Da questa nozione sarebbero esclusi, sostiene la ricorrente, le attivita’ del veicolo “non funzionali” al movimento: di conseguenza la manovra d’un braccio meccanico montato su un autocarro, non essendo funzionale al movimento del veicolo, non rientra nel concetto di circolazione.
1.2. Con la memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., la (OMISSIS) ha soggiunto che all’accoglimento del proprio ricorso non e’ di ostacolo la decisione pronunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte, n. 8620 del 2015, giacche’ anche quella decisione avrebbe sostenuto l’esigenza – ai fini di stabilire quando possa applicarsi la disciplina dell’assicurazione obbligatoria r.c.a. – di “valorizzare la interazione tra veicolo e circolazione”, interazione che invece mancherebbe quando il veicolo sia destinato a svolgere funzioni estranee alla circolazione, come nel caso di specie.
1.3. Il Pubblico Ministero ha sollecitato la rimessione della questione alle Sezioni Unite, sostenendo che i veicoli possono essere monofunzionali, cioe’ destinati al solo trasporto; ovvero polifunzionali, cioe’ concepiti per lo svolgimento di funzioni ulteriori rispetto al trasporto (come, appunto, un’autogru’); ed aggiungendo che in tale ultima ipotesi i danni causati dalla “circolazione” del mezzo possono ritenersi soltanto quelli causati dalla circolazione, non dalle altre attivita’ cui il mezzo e’ destinato. Se cosi’ non fosse, ha osservato il Pubblico Ministero, gli assicurati virtuosi sarebbero esposti al pagamento di premi maggiorati in conseguenza dei maggiori rischi cui sono esposti i veicoli polifunzionali.
A conforto delle proprie conclusioni ha altresi’ aggiunto che, nel giudizio di merito, il conducente dell’autogru’ fu condannato ai sensi dell’articolo 2043 c.c., non dell’articolo 2054 c.c..
1.4. Il motivo e’ infondato.
La questione oggi sottoposta a questo collegio e’ stata infatti gia’ decisa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, le quali componendo i precedenti contrasti hanno stabilito che “il concetto di circolazione stradale di cui all’articolo 2054 c.c., include anche la posizione di arresto del veicolo e cio’ in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo e’ destinato a compiere e per il quale puo’ circolare sulle strade. Ne consegue che per l’operativita’ della garanzia per R.C.A. e’ necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalita’ non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreche’ esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo (Nella specie le S.U., hanno ricondotto all’articolo 2054 c.c. e alla disciplina della R.C.A. il sinistro mortale determinato dall’imperita manovra da parte del conducente di un mezzo in sosta, munito di un braccio meccanico di sollevamento, per effetto della quale un cassone metallico, in fase di caricamento, era scivolato travolgendo la vittima). (Sez. U, Sentenza n. 8620 del 29/04/2015, Rv. 635401).
Questo principio deve trovare applicazione anche nel presente giudizio, nel quale il danno e’ stato arrecato da una struttura seagente (il braccio meccanico) che costituiva una parte del veicolo assicurato.
Il danno, dunque, e’ stato causato dal movimento del veicolo e rientra nel concetto di “circolazione”. Ne’ puo’ distinguersi dal punto di vista giuridico tra movimento dell’intera massa del veicolo e movimento d’una sua parte:
-) sia per la lettera della legge, nella quale non si trova tale distinzione;
-) sia per lo scopo della Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 18, che e’ quello di tutelare le vittime ed impone dunque una interpretazione coerente con questa finalita’.
Se danno causato dalla circolazione e’ stato ritenuto quello causato dall’apertura o chiusura d’uno sportello d’un veicolo fermo (Sez. 3, Sentenza n. 18618 del 21/09/2005, Rv. 586670), ovvero dal ribaltamento del cassone di carico d’un camion (Sez. 3, Sentenza n. 8305 del 31/03/2008, Rv. 602546), logica e diritto impongono di considerare tale anche il danno derivato dal movimento d’un braccio meccanico montato su un autocarro.
1.5. Ne’ le osservazioni in senso contrario svolte della societa’ ricorrente, ne’ quelle svolte dal Pubblico Ministero, appaiono convincenti. Quanto alle prime, si deve rilevare che l’assicuratore della r.c.a. deve coprire obbligatoriamente i danni causati dalla “circolazione”, e che la circolazione e’ definita dal codice della strada come “il movimento, la sosta o la fermata” del veicolo (Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 3, comma 1, n. 9). Nel silenzio totale della legge, non puo’ ammettersi che per “movimento del veicolo” debba intendersi solo quello orizzontale dell’intero veicolo. Dal punto di vista della fisica e’ “movimento” sia lo spostamento del mezzo nel suo complesso, sia lo spostamento delle sue parti.
La “interazione funzionale” che, secondo la (OMISSIS), dovrebbe sussistere tra il concetto di circolazione e quello di “spostamento dell’intero veicolo”, oltre a non avere aggancio nella lettera della legge, e’ interpretazione non consentita dall’ordinamento costituzionale e da quello comunitario.
Costituisce infatti ius receptum il principio, gia’ ricordato, secondo cui tutta la disciplina dell’assicurazione della r.c.a. e’ preordinata al conseguimento di uno scopo: apprestare la maggior tutela possibile alle vittime della strada.
Che la tutela della vittima sia stata la finalita’ principale della Legge 24 dicembre 1969, n. 990, e’ stato affermato, oltre che dalla unanime giurisprudenza di legittimita’ e di merito, anche dalla Corte costituzionale, secondo cui il sistema normativo stabilito con la Legge n. 990 del 1969, “ponendo in massimo rilievo la tutela del terzo danneggiato per eventi causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, persegue il raggiungimento delle maggiori garanzie patrimoniali in suo favore. A tale scopo il legislatore ha istituito l’assicurazione obbligatoria in materia, ponendo cosi’ la norma di ordine pubblico che ogni veicolo o natante deve essere assicurato; e cio’ in vista della realizzazione, nel settore, delle esigenze di solidarieta’ sociale cui l’articolo 2 Cost., ha conferito rilevanza costituzionale” (Corte Cost., 29-03-1983, n. 77).
Il principio di cui si discorre e’ stato altresi’ recepito dal diritto comunitario: esso e’ chiaramente affermato dal 2 , dal 12 e dal 14 Considerando della Direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16.9.2009 (la quale, peraltro, non ha fatto che recepire le norme previgenti nell’ordinamento comunitario sin dal 1972); ed e’ stato piu’ volte ribadito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (ex permultis, Corte giustizia CE 28-03-1996, Bernaldez, in causa C-129/94, in motivazione; Corte Giustizia CE, sez. 1 30 giugno 2005, Candolin, in causa C-537/03; Corte giustizia CE, sez. 3 , 9 giugno 2011, Lavrador, in causa C-409/09, e Corte giustizia CE, sez. 2 I, 17 marzo 2011, Carvalho Ferreira Santos, in causa C-484/09).
Da questo principio di rilievo comunitario e costituzionale discende l’obbligo per il giudice nazionale di interpretare le norme di legge che disciplinano l’assicurazione r.c.a. in modo coerente con esso.
E’ dunque evidente che l’interpretazione propugnata dalla (OMISSIS), riducendo sensibilmente la tutela delle vittime, non sarebbe coerente con i principi appena ricordati.
1.6. Non convincenti appaiono, altresi’, le osservazioni svolte dal Pubblico Ministero nelle sue conclusioni orali, in quanto:
– ai fini della applicabilita’ e della estensione delle norme sull’assicurazione obbligatoria della r.c.a., la legge non consente alcuna distinzione tra veicoli “monofunzionali” e “polifunzionali”;
– il problema della misura del premio non viene in rilievo nei rapporto tra assicuratore e terzo danneggiato, tra i quali non c’e’ contratto e non si paga premio, ma potrebbe al massimo rilevare nel rapporto interno tra assicuratore ed assicurato.
2. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimita’ vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 1.
P.Q.M.
la Corte di Cassazione, visto l’articolo 380 c.p.c.:
-) rigetta il ricorso;
-) condanna la (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione in favore di (OMISSIS) delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 10.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
-) condanna la (OMISSIS) s.p.a. alla rifusione in favore di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di euro 10.200, di cui euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2.
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