cassazione 9

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 26 marzo 2015, n. 12986

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

– (OMISSIS), n. (OMISSIS);

– (OMISSIS), n. (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di MESSINA in data 7/04/2014;

visti gli atti, il provvedimento denunziato ed i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SELVAGGI Eugenio, che ha chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata ordinanza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 7/04/2014, depositata in data 20/06/2014, il tribunale del riesame di MESSINA rigettava la richiesta di riesame presentata nell’interesse dei ricorrenti ed avente ad oggetto il decreto 12/03/2014 con cui il P.M. presso il tribunale di PATTI convalidava il sequestro dell’autocarro IVECO tg. (OMISSIS) e del materiale in esso specificato, in relazione al reato di cui al Decreto Legge n. 172 del 2008, articolo 6, comma 1, lettera D), n. 2.

2. Hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) a mezzo del difensore fiduciario cassazionista Avv. (OMISSIS), impugnando la predetta ordinanza con cui deducono un unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Deducono, con tale unico motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera c), per l’inosservanza dell’articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 253 c.p.p., comma 1, e articolo 355 c.p.p., comma 2.

In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per avere i giudici del riesame rigettato la richiesta di riesame proposta avverso il decreto del PM, con cui veniva convalidato il sequestro della PG avente ad oggetto l’autocarro di cui sopra nonche’ il materiale ferroso trasportatovi, nonostante fosse palese la mancanza di motivazione circa la concreta finalita’ probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti; il tribunale del riesame, disattendendo l’orientamento consolidato espresso dalle Sezioni Unite, avrebbe invece ritenuto che, avendo per oggetto il sequestro il corpo del reato, nessuna dimostrazione sarebbe richiesta della necessita’ del sequestro in funzione dell’accertamento dei fatti, in quanto l’esigenza probatoria del corpus delicti sarebbe in re ipsa; il tribunale, sul punto, richiamerebbe a sostegno di tale assunto una decisione, rimasta isolata nella giurisprudenza di questa Corte, che i ricorrenti mostrano di non condividere, chiedendo pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ fondato per le ragioni di seguito esposte.

4. Deve, preliminarmente, ricordarsi che, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’articolo 325 c.p.p., ammette il sindacato di legittimita’ solo per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 stesso codice, lettera e), (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003 – dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).

5. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che sia fondato il motivo di ricorso.

Ed invero, la censura difensiva, come anticipato, verte sull’omessa motivazione in ordine alla concreta finalita’ probatoria per l’accertamento dei fatti; il tribunale del riesame, sul punto, motiva richiamando un orientamento giurisprudenziale che sostiene che per il corpo del reato la concreta finalita’ probatoria sarebbe sostanzialmente “in re ipsa”. Trattasi di questione, invero, su cui sembrerebbe essere sorto nella giurisprudenza di questa Corte un contrasto giurisprudenziale che vede contrapposti, da un lato, l’orientamento espresso dalle ormai note SS.UU. Ferazzi in proc. Bevilacqua che, in particolare, afferma che nel caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalita’ probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, che, sebbene non integrato sul punto dal p.m. neppure all’udienza di riesame, sia stato confermato dall’ordinanza emessa all’esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226713) e, dall’altro, un orientamento sostenuto da un nutrito gruppo di decisioni (di cui e’ espressione, da ultimo: Sez. 2, n. 23212 del 09/04/2014 – dep. 04/06/2014, P.M. in proc. Kasse, Rv. 259579), che invece sostiene che il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullita’, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra la “res” sequestrata ed il reato oggetto di indagine, non anche in ordine alla necessita’ di esso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiche’ l’esigenza probatoria del corpo del reato e’ “in re ipsa”.

6. Questo Collegio ritiene di dover dare continuita’ all’orientamento sostenuto dalle Sezioni Unite, non ravvisandosi, infatti, nella giurisprudenza successiva, che sostiene il difforme orientamento, elementi idonei a far ritenere validamente superato il principio di diritto affermato dal Supremo Collegio a Sezioni Unite.

7. La necessita’ di esplicitare le esigenze probatorie nell’ambito di un sequestro avente ad oggetto il corpo di reato e’ argomento sul quale vi e’ stato un peculiare dibattito che ha visto, nell’ambito della giurisprudenza di legittimita’, il susseguirsi di molteplici interventi delle Sezioni Unite.

Due, essenzialmente, come anticipato, gli orientamenti che si sono contrapposti. Da un lato, si sostiene l’automatica assoggettabilita’ al sequestro del corpus delicti ritenendo, per quest’ultimo, l’esigenza probatoria in re ipsa; dall’altro lato, invece, si considera in ogni caso necessaria un’apposita verifica circa la sussistenza delle finalita’ probatorie, anche a fronte del corpo di reato.

7.1. In particolare, sul primo versante, la distinzione operata tra corpo del reato e cose pertinenti al reato ai fini della motivazione del decreto di sequestro nasce da una lettura del dato normativo che connette l’aggettivo “necessarie”, contemplato dall’articolo 253, comma 1, alle sole “cose pertinenti al reato”, in quanto utilizzato al femminile plurale. Cosicche’, si sostiene, se si fosse voluto riferire il termine “necessarie” anche al corpo del reato, seguendo le comuni regole grammaticali si sarebbe dovuto declinare quell’aggettivo al maschile plurale. Ne discende, secondo quest’orientamento, che il corpo del reato e’, per sua natura, inscindibilmente legato all’illecito in un rapporto di immediatezza tale da far apparire necessaria senza ombra di dubbio l’acquisizione tramite sequestro a fini di prova e di accertamento dei fatti. In tal caso, e’ considerato sufficiente che la motivazione si incentri, piu’ che sulla sussistenza delle esigenze probatorie idonee a giustificare il provvedimento di adprehensio, come sarebbe nel caso di cose pertinenti al reato, sulla configurabilita’ della res quale corpo del reato. A fronte di tali oggetti, invero, si tende a porre attenzione prevalentemente, se non esclusivamente, all’effettiva possibilita’ di qualificare la cosa come corpus delicti, accertando la presenza del rapporto di immediatezza, descritto dall’articolo 253, comma 2, tra la res e l’illecito (Sez. 6, n. 2882 del 06/10/1998 – dep. 11/12/1998, Calcaterra V, Rv. 212678; Sez. 6, n. 103 del 20/01/1998 – dep. 16/03/1998, Gulino, Rv. 210821; Sez. 3, 23/11/1995, Sassoli De Bianchi, in CP, 1996, 3074; Sez. 1, n. 2640 del 05/06/1992 – dep. 12/09/1992, P.M. in proc. Tognoni, Rv. 191736; Sez. 2, n. 6217 del 04/11/1991 – dep. 25/02/1992, Sacchetti, Rv. 189345; Sez. 6, n. 3397 del 28/11/1990 – dep. 05/02/1991, Patelli, Rv. 186330; Sez. 3, n. 3893 del 28/09/1990 – dep. 16/11/1990, Monti, Rv. 185782).

D’altro canto, al fine di ovviare ad automatismi legati alla qualita’ della res, si e’ rilevato come la finalita’ probatoria delle cose che costituiscono il corpo di reato non puo’ essere presunta, ma va accertata di volta in volta, tanto che si tratti di cosa pertinente al reato quanto di corpo del reato, dovendosi, altrimenti, prospettare un quarto genere di sequestro oltre ai tre gia’ previsti dal codice di rito (probatorio, conservativo e preventivo). Tra gli argomenti a sostegno di questa tesi, specifica attenzione e’ stata data al disposto dell’articolo 262, relativo alla restituzione delle cose sequestrate una volta venute meno le esigenze probatorie, da cui si ricavava l’intenzione del legislatore di fissare esplicitamente un nesso imprescindibile tra la misura e le predette istanze (su quest’ultimo aspetto, v. Sez. 6, n. 2262 del 15/06/1992 – dep. 11/07/1992, Bottinelli ed altri, Rv. 191268; e, piu’ in generale, Sez. 1, n. 4722 del 17/11/1992 – dep. 26/01/1993, Credito Commerciale S.p.a. in proc. Gennari, Rv. 192804; Sez. 6, 13/03/1992, Migliore, in GI, 1992, II, 445; Sez. 3, n. 3756 del 09/12/1991 – dep. 14/01/1992, P.M. in proc. Giordano, Rv. 188882).

7.2. Su questo tema le Sezioni Unite, in un primo momento sconfessarono quell’orientamento che riteneva superflua la motivazione a proposito del corpus delicti: venne corretta l’analisi sintattico-grammaticale dell’articolo 253, rilevando come “per ragioni di immediata contiguita’ sintattica e’ possibile la concordanza dell’aggettivo con l’ultimo nome femminile, quando questo e’ plurale, anche se e’ preceduto da nomi maschili”; si ribadi’ l’esigenza di verificare tramite la motivazione la correttezza e la legittimita’ del provvedimento e, infine, si smenti’ l’assunto per cui il corpo del reato e’ sempre necessario per la ricostruzione dei fatti, prendendo ad es. l’ipotesi di beni oggetto del furto (Sez. U, n. 10 del 18/06/1991 – dep. 24/07/1991, Raccah, Rv. 187861).

7.3. Con una successiva pronuncia le Sezioni Unite (Sez. U, n. 2 del 11/02/1994 – dep. 15/03/1994, P.M. in proc. Carella ed altri, Rv. 196261) ribaltarono la posizione precedentemente assunta, rilevando come la finalita’ probatoria del corpo del reato e’ in re ipsa e, pertanto, nel caso di sequestro probatorio che abbia ad oggetto il corpus delicti non e’ necessario giustificare la necessita’ del ricorso a tale mezzo, essendo sufficiente, a tal fine, un richiamo alla qualificazione della cosa come corpo del reato. In particolare, proprio quest’ultimo aspetto ha continuato a presentare profili controversi anche dopo la pronuncia delle Sezioni Unite del 1991, poiche’, pur riconoscendo la mancanza di obbligatorieta’ nel sequestro del corpo di reato, la relativa motivazione veniva essenzialmente circoscritta all’indicazione della qualifica di corpus delicti propria della res (Sez. 6, n. 402 del 10/02/1993 – dep. 18/03/1993, P.M. in proc. Maiale ed altri, Rv. 193815; Sez. 2, n. 16 del 07/01/1993 – dep. 27/01/1993, Morabito, Rv. 192972). L’attenzione delle Sezioni Unite in questo secondo intervento si incentro’, infatti, sulla nozione di corpo del reato e, al riguardo, fu evidenziato come siffatto concetto implichi “un vincolo necessario con la prova del reato”, presupponendo un rapporto di immediatezza tra la res e l’illecito penale idoneo a rendere superflua la motivazione sulle esigenze probatorie.

7.4. Su questi aspetti, infine, le Sezioni Unite hanno avuto modo di soffermarsi ulteriormente nel decidere sui poteri del giudice del riesame in tema di sequestro (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996 – dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657). In quest’ultimo intervento, la Suprema Corte, sul presupposto che l’organo giurisdizionale e’ chiamato ad accertare l’astratta configurabilita’ del reato ipotizzato in raccordo con la realta’ processuale, ha rilevato come, anche per il corpo di reato, vada verificata l’esistenza della relazione d’immediatezza, delineata dall’articolo 253, comma 2, tra la cosa stessa e l’illecito penale.

7.5. Il problema, tuttavia, ha continuato a non trovare soluzione unanime. Parte della giurisprudenza, invero, tende a sostenere che, anche nel caso in cui il sequestro probatorio abbia ad oggetto il corpus delicti, il provvedimento che lo dispone deve contenere esplicita motivazione sulla rilevanza che tale cosa assume ai fini della ricostruzione dei fatti e l’indicazione delle ragioni che rendono necessario il sequestro (Sez. 6, n. 33229 del 02/04/2014 – dep. 28/07/2014, Visca, Rv. 260339). Se cosi’ non fosse, infatti, si verrebbe a configurare “un’ablazione della cosa” priva di quella giustificazione dell’interesse pubblico che sola puo’ derogare ai principi sanciti dall’articolo 42 Cost..

Esigenza, quest’ultima, avvertita soprattutto ove si consideri come, talvolta, il sequestro possa concernere cose di proprieta’ di un terzo estraneo (Sez. 6, n. 1786 del 20/05/1998 – dep. 11/06/1998, Ferroni, Rv. 211710). D’altro canto, si sostiene che quando il sequestro probatorio riguarda cose che assumono la qualifica di “corpo di reato”, non e’ necessaria una specifica motivazione circa la necessita’ del sequestro stesso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiche’ la qualita’ di corpo del reato comporta l’esistenza di un rapporto di immediatezza tra le cose e l’illecito penale (Sez. 3, n. 23943 del 08/04/2003 – dep. 30/05/2003, Panico, Rv. 225192; Sez. 5, 7/04/2003, Zanzi, in Gdir, 2003, 36, 95; Sez. 3, n. 41178 del 24/10/2002 – dep. 10/12/2002, Camozza, Rv. 222974; Sez. 6, 7/12/2001, Liccione, in Gdir, 2002, Dossier 3, 85; Sez. 3, n. 38851 del 27/09/2001 – dep. 30/10/2001, De Masi V, Rv. 220114; Sez. 3, n. 2728 del 10/07/2000 – dep. 25/08/2000, Volpin M, Rv. 217185; Sez. 3, n. 1766 del 10/05/1999 – dep. 16/06/1999, P.M. e Burjak A, Rv. 213843); in questa prospettiva, con riferimento ad un ciclomotore coinvolto in un incidente stradale, v. Sez. 4, n. 11843 del 02/03/2010 – dep. 26/03/2010, Bottino, Rv. 247039). In questa prospettiva, la differenziazione compiuta a proposito dell’oggetto del sequestro probatorio e della corrispondente motivazione ha fatto ritenere che in caso di “corpo del reato” sia (soltanto) richiesta l’indicazione degli elementi che giustificano tale qualificazione (Sez. 6, n. 74 del 07/11/2002 – dep. 08/01/2003, Bici, Rv. 223176).

7.6. A questo proposito, l’ultimo intervento delle Sezioni Unite ha stabilito che anche nell’ipotesi di sequestro avente ad oggetto una cosa costituente corpo del reato il relativo decreto deve contenere specifica motivazione circa la finalita’ probatoria che si intende, in concreto, perseguire. Cio’ a pena di nullita’ (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226711; a tale ultimo indirizzo si e’ adeguata la successiva giurisprudenza di legittimita’: Sez. 5, n. 1769 del 07/10/2010 – dep. 20/01/2011, P.M. in proc. Cavone, Rv. 249740; Sez. 5, n. 30328 del 22/06/2004 – dep. 12/07/2004, Sala, Rv. 229127; nonche’ Sez. 2, n. 35615 del 09/06/2004 – dep. 27/08/2004, Di Virgilio, Rv. 229721). In questo caso, tra l’altro, questa Corte ha sottolineato come, a fronte della carenza di indicazioni da parte del P.M., il giudice del riesame non puo’ intervenire per integrare la motivazione e indicare le finalita’ del sequestro, poiche’ il sequestro probatorio e’ atto del P.M. e ad egli spetta l’indicazione dei fini perseguiti (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226712). Di guisa che, nel caso in cui la mancanza di motivazione sia radicale, la Corte di Cassazione deve pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226713); l’annullamento deve essere, invece, con rinvio, nell’ipotesi in cui il provvedimento abbia accertato l’esistenza delle esigenze probatorie ma abbia omesso soltanto di indicarle specificando il rapporto tra la res oggetto della misura e i fatti da provare (Sez. 5, n. 30328 del 22/06/2004 – dep. 12/07/2004, Sala, Rv. 229127; cfr., pero’, Sez. 3, n. 29499 del 08/06/2004 – dep. 07/07/2004, Passarelli, Rv. 229496, secondo cui la motivazione del decreto di sequestro probatorio puo’ essere integrata sia dal P.M., attraverso la presentazione di una memoria scritta, sia dal giudice del riesame; nonche’, nel senso della esistenza di un vero e proprio “potere-dovere” in capo al giudice del riesame di “integrare” o “riformare” la motivazione del provvedimento di sequestro carente in punto di esigenze probatorie, Sez. 3, 15/07/2004, Marchesini, in Gdir, 2004, n. 40, 93).

7.7. In prospettiva apparentemente riduttiva rispetto all’insegnamento delle accennate Sezioni Unite, tenendo conto dell’oggetto sottoposto ad adprehensio (sostanza stupefacente) si tende a considerare legittimo il sequestro probatorio del corpo del reato posto che l’esigenza probatoria del “corpus delicti” e’ in “re ipsa” (cosi’, con riguardo al sequestro di sostanza stupefacente, Sez. 4, n. 8662 del 15/01/2010 – dep. 03/03/2010, Bertoni, Rv. 246850). D’altra parte, questa Corte, a Sezioni Unite, decidendo riguardo ad un provvedimento adottato dalla sezione disciplinare del C.S.M., ha richiamato l’attenzione sul fatto che il sequestro probatorio presuppone la configurabilita’ della res come corpo del reato o come cosa pertinente al reato e “richiede la rilevanza probatoria dell’oggetto che si intenda acquisire rispetto a un’ipotesi criminosa astrattamente configurabile; ne consegue che la motivazione del relativo decreto deve riguardare la natura e la destinazione delle cose sequestrate, piu’ che l’esistenza e la configurabilita’ del reato, il cui accertamento e’ riservato alla decisione sul merito” (Sez. U, Sentenza n. 15976 del 08/07/2009, Rv. 608990).

7.8. Anche in dottrina si sono delineate due diverse opinioni al riguardo, sebbene possa dirsi prevalente quella che ha attribuito alla motivazione un ruolo di garanzia imprescindibile in ogni caso. In questa prospettiva si collocano coloro che, oltre a negare rilevanza all’analisi sintattico-grammaticale fatta dell’articolo 253, comma 1, peraltro, discostandosene, evidenziano la necessita’ di un indispensabile rapporto tra il sequestro e le esigenze di ricostruzione dei fatti. Cio’ anche sulla base di quanto prescritto dall’articolo 262, a proposito della restituzione delle cose sequestrate qualora siano venute meno le esigenze probatorie.

7.9. In un’ottica diversa, altra parte della dottrina ha escluso la necessita’ di individuare le finalita’ probatorie del sequestro del corpo di reato, dovendo quest’ultimo essere distinto dal concetto di cose pertinenti al reato anche sul piano operativo, oltre che sistematico. Peraltro, si e’ sostenuto che se per il corpus delicti non puo’ sempre parlarsi di sequestro obbligatorio, la sua rilevanza ai fini della prova e’ da ritenersi comunque presunta. Ne consegue che non e’ sempre necessario dover dimostrare la sequestrabilita’ della res.

7.10. Tuttavia, l’articolo 253, comma 1, richiede che il sequestro probatorio sia disposto con “decreto motivato” senza, a questo proposito, fare alcuna distinzione tra corpus delicti e cose pertinenti al reato. La motivazione, dunque, diventa parte integrante e necessaria del provvedimento al punto che la sua eventuale mancanza consente di configurare una nullita’ ai sensi dell’articolo 125, comma 3 (sul significato di “mancanza di motivazione”, con specifico riferimento ad un provvedimento di sequestro, v. Sez. 3, 9/04/1990, Novelli, in GI, 1990, 2 , 371).

Si tratta di requisito irrinunciabile, per mezzo del quale e’ reso possibile non solo il controllo sui presupposti legittimanti l’adozione della misura, ma anche l’identificazione del tipo di sequestro disposto, viste le notevoli similitudini esistenti, in determinati casi, tra sequestro probatorio e sequestro preventivo. Il riferimento e’ al sequestro disposto ex articolo 354, comma 2, ed al sequestro preventivo “provvisorio” realizzato ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., comma 3 bis.

7.11. Si deve, pertanto, porre attenzione alla struttura della motivazione, affinche’ quest’ultima non si trasformi in mera formula di stile. A questo proposito, utili riferimenti sono rinvenibili in giurisprudenza ove e’ stato specificato come il decreto che dispone il sequestro probatorio debba indicare in termini chiari il legame tra la res ed il reato con l’indicazione in concreto del fatto contestato e dell’illecito commesso, pur prestando attenzione a non anticipare l’accertamento circa la sussistenza del reato proprio del giudizio di merito (Sez. 5, 24/09/2002, Zanarini, in Gdir, 2003, 2, 81; Sez. 3, n. 813 del 31/03/1993 – dep. 29/05/1993, P.M. in proc. Minarelli, Rv. 194041; Sez. 6, n. 3572 del 09/10/1992 – dep. 26/01/1993, Faccio, Rv. 192934; Sez. 2, n. 6331 del 19/11/1990 – dep. 17/12/1990, Di Rocco, Rv. 186004). In quest’ottica, devono considerarsi annullabili quei provvedimenti in cui, su basi puramente congetturali, si prospetti la semplice possibilita’ del configurarsi di un reato (Sez. 1, n. 1993 del 25/06/1990 – dep. 31/10/1990, Isola, Rv. 185598).

7.12. Specificamente, in tema di sequestro probatorio, l’articolo 253, comma 1, impone che nel decreto vi sia l’enunciazione del fatto di reato per cui si procede, di cui siano indicati, sia pure sommariamente, gli elementi costitutivi, in maniera tale da consentire al giudice del riesame la verifica circa l’astratta possibilita’ di sussumere il fatto attribuito alla persona sottoposta ad indagini in una specifica ipotesi di reato, nonche’ la sussistenza del rapporto di pertinenzialita’ tra l’oggetto del sequestro e il fatto reato ipotizzato (Sez. 5, n. 29903 del 01/07/2002 – dep. 21/08/2002, Caroprese ed altro, Rv. 222395). Peraltro, il vaglio del giudice del riesame non deve essere limitato alla mera presa d’atto della tesi accusatoria, ma estrinsecarsi in un’attivita’ di controllo in ordine alla legalita’ del provvedimento, che si concretizza nella verifica della possibilita’ di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica (Sez. 5, 13/10/2004, Zubani, in Gdir, 2004, 48, 94; in senso conforme, Sez. 3, 3/06/2004, Iurino, in Gdir, 2004, 35, 76); nell’ambito di tale controllo il giudice del riesame deve tenere conto sia delle prospettazioni del P.M. che delle contrarie allegazioni difensive riguardanti l’ipotesi di reato dedotta (Sez. 2, n. 44399 del 27/09/2004 – dep. 12/11/2004, Rosellini ed altro, Rv. 229899).

In particolare, con riguardo al controllo del giudice del riesame in tema di sequestro probatorio e’ necessario che il Tribunale del riesame verifichi “l’astratta sussistenza del reato ipotizzato, valutando il “fumus commissi delicti” sotto il profilo della congruita’ degli elementi rappresentati e, quindi, della sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro” (Sez. 5, n. 24589 del 18/04/2011 – dep. 20/06/2011, Misseri, Rv. 250397). Prima della sentenza delle Sezioni Unite Ferazzi in proc. Bevilacqua (v. supra) si era ritenuto possibile che il tribunale del riesame integrasse la motivazione del decreto di sequestro probatorio del P.M. impropriamente definito come preventivo, indicandone la corretta qualificazione (Sez. 1, n. 3817 del 10/11/2000 – dep. 31/01/2001, Corso, Rv. 218168).

8. La questione, si noti, e’ stata peraltro oggetto di reiterate segnalazioni dell’Ufficio del Massimario di questa Corte (si veda, da ultimo, la Rel. n. 10/15 del 5 febbraio 2015, che integra e sostituisce quella redatta dal medesimo Ufficio con la Rel. n. 16/2014 del 28 febbraio 2014), la quale richiama Sez. 3, n. 19615 del 11/03/2014 – dep. 13/05/2014, Gamba, Rv. 259647, quale espressione dell’orientamento consolidato volto a dare continuita’ al decisum delle Sezioni Unite del 2004 (seguita, si noti, dalla successiva Sez. 3, n. 37187 del 06/05/2014 – dep. 05/09/2014, Guarnieri e altri, Rv. 260241 e da Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014 – dep. 17/10/2014, Giovannini, Rv. 260314). Nella stessa Relazione, l’Ufficio del Massimario si fa carico di enucleare puntualmente anche le ragioni addotte a fondamento del contrapposto orientamento (di cui espressione, solo per citare le ultime in ordine cronologico, sono: Sez. 2, n. 52619 del 11/11/2014 – dep. 18/12/2014, Djikine, Rv. 261614; Sez. 2, n. 23212 del 09/04/2014 – dep. 04/06/2014, P.M. in proc. Kasse, Rv. 259579), che – come piu’ approfonditamente pero’ argomentato da Sez. 2, n. 31950 del 03/07/2013 – dep. 23/07/2013, Fazzari, Rv. 255556 che, nel tentativo di confutare il diverso e prevalente indirizzo, che fa capo alle Sezioni Unite del 2004 citate, ha offerto una serie di ulteriori spunti di riflessione a sostegno della fondatezza dell’orientamento sostenuto – ha preso le mosse ancora una volta dal dato letterale della norma, l’articolo 253 c.p.p., che stabilisce al comma 1, “l’Autorita’ Giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti”, al comma 2, “sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato e’ stato commesso nonche’ le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo”.

La premessa sul dato normativo ha consentito alla decisione in questione di osservare che, gia’ dal testo letterale della legge, risulta, anche da un punto di vista grammaticale, che, in tema di sequestro probatorio, “necessarie per l’accertamento dei fatti”, sono solo le cose pertinenti al reato; in tal caso, solo se ed in quanto necessarie a fini probatori, determinate cose potranno essere qualificate come “pertinenti al reato” e, dunque, essere oggetto del procedimento di sequestro. Dette valutazioni non sono, al contrario, richieste per il “corpo del reato”, e, quindi, per le cose individuate dal legislatore, nell’articolo 253 c.p.p., comma 2; per esse, invero, il rapporto con il reato non e’ mediato dalla finalita’ della prova, ma e’ immediato, tant’e’ che in via generale ne e’ prevista la confisca. Ne consegue, secondo il ragionamento in esame, che, in tema di misure cautelari reali, e’ obbligatorio il sequestro penale del corpo del reato che mira a sottrarre all’indagato tutte le cose sulle quali o mediante le quali il reato e’ stato commesso, nonche’ le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto e il prezzo. Di contro, e’ facoltativo e presuppone la tutela delle esigenze probatorie il sequestro delle cose pertinenti al reato. Precisano, pur tuttavia, i giudici in tale ultima sentenza, che se e’ vero che, nel provvedimento di sequestro del corpo di reato, non e’ necessario offrire la dimostrazione della necessita’ del sequestro in funzione dell’accertamento dei fatti, atteso che la esigenza probatoria del corpus delicti e’ in re ipsa, e’ altrettanto vero che, “ai fini della qualificazione come corpo di reato delle cose in sequestro, il provvedimento deve dare concretamente conto della relazione di immediatezza descritta nell’articolo 253 c.p.p., comma 2, tra la res e l’illecito penale”. Ne consegue che nel provvedimento di sequestro probatorio del corpo di reato non e’ sufficiente la mera indicazione delle norme di legge violate, ma occorre anche che sia individuato il rapporto diretto tra cosa sequestrata e delitto ipotizzato e che, quindi, siano descritti gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo che siano specificati gli episodi in relazione ai quali si ricercano le cose da sequestrare.

9. Ritiene il Collegio, tuttavia, che i predetti argomenti non siano pero’ idonei a superare l’indirizzo affermatosi gia’ nel 2004 con le richiamate Sezioni Unite.

Ed invero, quanto argomentato da ultimo dalla sentenza Fazzari e’ espressione di un orientamento minoritario che non puo’ essere condiviso e confermato. Tale orientamento, in sostanza, riproduce quello risalente delle Sez. U, n. 2 del 11/02/1994 – dep. 15/03/1994, P.M. in proc. Carella ed altri, Rv. 196261 (v. supra). Questa interpretazione e’ stata pero’ poi superata dalla piu’ volte richiamata sentenza delle Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226711. Hanno, tra l’altro, affermato le Sezioni Unite che “il vigente codice di rito non prevede affatto, accanto alle tre forme tipiche di sequestro -probatorio, preventivo, conservativo – la figura autonoma del sequestro del corpo del reato come quartum genus, suscettibile di automatica e obbligatoria applicazione in virtu’ della sola qualita’ della cosa, essendo invece necessario che ogni provvedimento diretto all’apprensione della res ed alla conseguente imposizione del vincolo temporaneo di indisponibilita’ su di essa rientri per le specifiche finalita’ di volta in volta perseguite, in uno dei tre menzionati modelli legali”. Ne consegue che: a) “anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullita’, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalita’ perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti”; b) “qualora il pubblico ministero non abbia indicato, nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura e abbia persistito nell’inerzia pure nel contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest’ultimo non e’ legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalita’ del sequestro, cosi’ integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse”; c) “nel caso di radicale mancanza della motivazione, in ordine alla necessaria sussistenza della concreta finalita’ probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, del decreto di sequestro di cose qualificate come corpo di reato, che, sebbene non integrato sul punto dal p.m. neppure all’udienza di riesame, sia stato confermato dall’ordinanza emessa all’esito di questa procedura, la Corte di cassazione deve pronunziare sentenza di annullamento senza rinvio di entrambi i provvedimenti”.

Questa interpretazione e’ stata poi confermata e ribadita innumerevoli volte (tra le tante, come gia’ in precedente visto: Sez. 6, n. 21736 del 12/02/2008 – dep. 29/05/2008, Possanzini, Rv. 240353; Sez. 2, n. 32941 del 13/07/2012 – dep. 21/08/2012, Albanese, Rv. 253658; in particolare, Sez. 5, n. 46788 del 15/03/2013 – dep. 22/11/2013, Scriva, Rv. 257537 e Sez. 3, n. 37187 del 06/05/2014 – dep. 05/09/2014, Guarnieri e altri, Rv. 260241, che opportunamente evidenziano come il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalita’ perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, avuto riguardo ai limiti dell’intervento penale sul terreno delle liberta’ fondamentali e dei diritti dell’individuo costituzionalmente garantiti, quale e’ certamente il diritto di proprieta’ garantito dall’articolo 42 Cost., e dall’articolo 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Questa Sezione ritiene di dover confermare, anche in questa occasione, questo ultimo orientamento interpretativo – alle cui motivazioni integralmente si riporta -, non essendo stati addotti argomentazioni idonee a superarlo. Poiche’ il diverso orientamento interpretativo che si disattende appare minoritario e non consolidato e poiche’, comunque, si stanno qui seguendo e confermando i principi interpretativi enunciati dalle Sezioni Unite, non si ritiene di dover rimettere la questione alle stesse Sezioni Unite, come invece dovrebbe farsi qualora si optasse per la diversa interpretazione.

10. Nel caso in esame si tratta di sequestro probatorio effettuato di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria e convalidato dal pubblico ministero con decreto del 12/03/2014, il quale pero’ non contiene alcuna indicazione delle concrete finalita’ probatorie che rendevano necessario il vincolo.

Ne’ a tal fine potrebbe farsi utile riferimento al richiamo al verbale di sequestro dei Carabinieri, il quale valeva unicamente per legittimare il potere di iniziativa, prima dell’intervento del Pubblico Ministero, nell’esecuzione del sequestro, secondo quanto disposto dall’articolo 354 (disposizione infatti espressamente citata nella frase verbale) e dunque per legittimare un sequestro “probatorio” urgente del corpo del reato ad opera della polizia giudiziaria, ma cio’ non esimeva, in sede di convalida, il Pubblico Ministero dall’indicare le ragioni probatorie per le quali era necessario mantenere il sequestro. Del resto, proprio l’articolo 354 c.p.p., comma 2, in riferimento al sequestro probatorio d’urgenza sia del corpo del reato che delle cose pertinenti al reato contiene l’inciso “se del caso”, e cio’ significa che il vincolo reale e’ solo facoltativo e non obbligatorio e che e’ necessario motivare la rilevanza funzionale dell’atto per l’accertamento dei fatti. Nel caso di specie tale motivazione manca radicalmente sia nel decreto di convalida del PM, sia nell’ordinanza impugnata che giustificano il sequestro probatorio esclusivamente con la natura di corpo di reato di quanto in sequestro, senza pero’ fare alcun cenno a quali in concreto fossero le esigenze probatorie che determinavano la necessita’ di operare e mantenere il sequestro e il tipo di accertamenti che avrebbero dovuto essere compiuti. Del resto, nemmeno davanti al tribunale del riesame il PM ha specificato quali accertamenti erano stati compiuti e quali ancora avrebbero dovuto essere compiuti. La mancanza di motivazione circa le esigenze probatorie non poteva peraltro essere colmata dal tribunale del riesame, il quale, stante il difetto di qualsiasi ulteriore indicazione da parte del PM, non ha potuto far altro che riproporre una motivazione parimenti generica ed astratta, richiamando il contrario orientamento che sostiene che per il corpo del reato non sarebbero richieste valutazioni in merito alla finalita’ di prova richieste per le cose pertinenti al reato perche’ il rapporto con il reato non sarebbe mediato dalla finalita’ della prova, ma e’ immediato.

11. Quanto sopra e’ sufficiente per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata. Ritiene, infatti, questo Collegio di non dover disporre l’annullamento senza rinvio dell’impugnata ordinanza e del decreto di convalida del PM, sussistendo davanti al giudice del riesame (che si atterra’ al principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite Ferazzi), la possibilita’ per il PM – come evidenziato dalle stesse Sezioni Unite – di specificare le ragioni che, in funzione dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in concreto l’applicazione della misura.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.

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