Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 25 novembre 2014, n. 48981

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2060/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 13/06/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F. Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) (Ndr: testo originale non comprensibile).

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 13.6.2013 ha riformato la decisione in data 10.12.2009 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di quella citta’, assolvendo (OMISSIS), perche’ il fatto non sussiste, dal reato di cui alla Legge n. 75 del 1958, articolo 3, n. 5, condotta cosi’ qualificata dal primo giudice, posta in essere nella qualita’ di responsabile di settore della concessionaria di pubblicita’ che cura la raccolta e l’invio ad un quotidiano delle richieste di inserzione a pagamento di annunci personali palesemente diretti a pubblicizzare l’attivita’ di prostituzione svolta a domicilio da giovani donne e transessuali, annunci che venivano pubblicati nella sezione annunci economici del giornale (fatti accertati in (OMISSIS), con permanenza in atto).
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la condotta contestata e’ certamente collocabile nell’ambito di operativita’ della Legge n. 75 del 1958, articolo 3, n. 5, avendo, quale unico scopo, quello di pubblicizzare l’attivita’ delle prostitute e che la Corte territoriale, nell’indicare le ragioni del proprio convincimento, ha erroneamente valutato i fatti con riferimento all’originaria imputazione di favoreggiamento della prostituzione e non a quella, ritenuta dal primo giudice, di lenocinio a mezzo stampa, incorrendo peraltro in una palese contraddizione laddove, dopo aver affermato la pacifica destinazione degli annunci alla pubblicizzazione di prestazioni sessuali dietro corrispettivo, osserva che si tratta di una condotta penalmente irrilevante, in quanto ordinaria prestazione di servizi senza alcun supporto aggiuntivo all’attivita’ di meretricio.
Rileva inoltre, richiamando la giurisprudenza di legittimita’, che quanto prospettato non avrebbe alcuna affinita’ con altre fattispecie prese in esame, quali la locazione di un’abitazione ad una prostituta che vi eserciti il meretricio o lo svolgere attivita’ di collaborazione domestica nell’abitazione di una persona dedita al meretricio.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
La questione concernente la configurabilita’ o meno del delitto di favoreggiamento della prostituzione attuato mediante pubblicazione di inserzioni pubblicitarie a pagamento sulla stampa o insiti web e’ stata ripetutamele affrontata da questa Corte e si pone nel solco di quelle decisioni che, analizzando altre condotte, quali, ad esempio, la locazione di un appartamento ad una prostituta o l’accompagnamento in auto sul luogo ove viene esercitato il meretricio, sono giunte alla conclusione che, per la sussistenza del reato, il quale richiede un oggettivo aiuto all’esercizio della prostituzione in quanto tale, siano necessarie anche prestazioni ed attivita’ ulteriori (v. anche, per i richiami ai precedenti, Sez. 3 n. 37299, 11 settembre 2013 con riferimento alle ipotesi dell’accompagnamento e Sez. 3 n. 7336 del 17 febbraio 2014).
Con specifico riferimento, invece, alla pubblicita’ a mezzo stampa o internet, il reato di favoreggiamento e’ stato ritenuto sussistente qualora alla pubblicazione su un sito web di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, si aggiungano ulteriori attivita’ finalizzate ad agevolarne la prostituzione, al fine di rendere piu’ allettante l’offerta e di facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti quali, nella fattispecie esaminata, l’essersi interessato alle foto delle donne da pubblicare, l’aver contattato il fotografo per fare delle nuove foto, il far sottoporre le donne a servizi fotografici erotici (Sez. 3 n. 26343, 25 giugno 2009).
Nella stessa occasione si era altresi’ evidenziata la irrilevanza penale della mera pubblicazione degli annunci, che costituisce un normale servizio svolto a favore della persona della prostituta e non della prostituzione.
2. In seguito, altre due pronunce, che la Corte territoriale menziona, nella sentenza impugnata, unitamente a quella appena citata, sono pervenute ad analoghe conclusioni.
In particolare, il favoreggiamento della prostituzione e’ stato escluso, con espresso richiamo alla precedente decisione, in un caso in cui l’imputato si limitava a telefonare alle prostitute inserzioniste per la pubblicazione degli annunci, facendosi inviare per email le loro fotografie (Sez. 3 n. 4443, 2 febbraio 2012).
In altra decisione si e’ giunti ad identiche conclusioni, escludendo che l’effettuazione di ritocchi con strumenti informatici alle fotografie pubblicate sul sito non esuli dalla prestazione di un ordinario servizio (Sez. 3 n.20384, 13 maggio 2013).
3. Il Pubblico Ministero ricorrente osserva, tuttavia, che le suddette pronunce, cui i giudici del gravame hanno fatto riferimento, riguardano il delitto di favoreggiamento della prostituzione originariamente contestato, osservando che questa Corte sarebbe giunta a diverse conclusioni proprio riguardo al delitto di lenocinio a mezzo stampa di cui alla Legge n. 75 del 1958, articolo 3, n. 5, che era quello di cui si sarebbe dovuto tenere conto nella decisione impugnata, essendo stata cosi’ qualificata, all’esito del giudizio di primo grado, la condotta contestata.
A tale proposito, cita una precedente decisione, nella quale si e’ affermato che il reato di lenocinio a mezzo stampa e’ integrato dalla condotta del direttore del giornale il quale, consapevole del contenuto, consente la pubblicazione di inserzioni relative ad un’attivita’ di prostituzione, in quanto pone in essere, in tal modo, un’attivita’ di intermediazione tra cliente e prostituta (Sez. 3 n. 15275, 20 febbraio 2007).
Nella sentenza si ricorda come il delitto in questione si riallaccia alla contravvenzione di adescamento gia’ sanzionata dal Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, articolo 208, (TULPS) e, richiamando anche i lavori parlamentari relativi alla Legge n. 75 del 1958, si afferma che con esso il legislatore ha inteso incriminare alcune forme specifiche di invito al libertinaggio, da intendere come attivita’ d’intermediazione alla prostituzione di persone determinate ed individuabili dai possibili clienti poste in essere da un soggetto diverso dalla prostituta. L’interesse tutelato, si aggiunge, e’ quello del pregiudizio alla moralita’ pubblica derivante dall’intermediazione tra le persone che si prostituiscono e possibili clienti, intermediazione che viene svolta in modo particolarmente diffusivo perche’ l’invito contenuto nell’inserzione puo’ raggiungere un numero rilevante di soggetti. I medesimi principi sono stati richiamati in altra pronuncia (Sez. 3 n. 38506, 3 ottobre 2012) con riferimento ad una ipotesi di intermediazione effettuata col mezzo del telefono.
4. Tali osservazioni sono state prese in considerazione anche nella citata sentenza n. 28384/2013, non rilevando alcun contrasto con i principi in precedenza ricordati, sostenendo che il discrimine fra lecito e illecito sia da individuare nel passaggio da una prestazione di servizi ordinari a quella che potremmo definire come la prestazione di un supporto aggiuntivo e personalizzato .
In realta’ la sentenza 15275/2007, pur partendo da condivisibili principi, non sembra giungere ad una conclusione agevolmente collocabile nel solco di quella giurisprudenza che e’ stata in precedenza richiamata, perche’ riconosce che colui il quale consapevolmente pubblica o colui il quale favorisce la pubblicazione di inserzioni di prostitute che offrono le loro prestazioni sessuali per denaro o di soggetti che chiedono prestazioni sessuali a pagamento svolge un’opera di intermediazione a servizio della prostituzione, ovviamente se e’ consapevole del contenuto dell’inserzione. Di conseguenza commette il reato in esame il direttore di un giornale il quale consapevolmente consente la pubblicazione sul proprio giornale di inserzioni relative ad un’attivita’ prostitutiva perche’ in tale modo compie un’attivita’ d’intermediazione tra cliente e prostituta e quindi in definitiva favorisce la prostituzione .
5. Tale assunto, sul quale sostanzialmente si fondano le censure mosse dal Pubblico Ministero ricorrente alla decisione impugnata, non puo’ essere condiviso, perche’ amplia oltremodo il concetto di lenocinio, facendo rientrare nella condotta vietata, attraverso un sostanziale automatismo, anche condotte che non implicano propriamente un’intermediazione tra cliente e prostituta.
Invero, la Legge n. 75 del 1958, articolo 3, n. 5, punisce chiunque compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicita’. Le finalita’ della norma sono quelle indicate in precedenza.
Compiere atti di lenocinio, come gia’ affermato in altra occasione (Sez. MI n. 44153, 10 dicembre 2001), significa porre in essere attivita’ dirette a procacciare clienti alla prostituta senza necessita’ di un particolare fine di lucro.
E’ questa attivita’ che la norma sanziona, rappresentando la stampa o internet semplicemente uno dei possibili mezzi attraverso i quali essa viene attuata e la volonta’ di procacciare clienti alle prostitute caratterizza, conseguentemente, l’elemento soggettivo richiesto.
In casi quali quello qui esaminato, manca poi, ogni oggettivo collegamento tra colui che pubblica l’annuncio pubblicitario e l’attivita’ di prostituzione esercitata da chi richiede l’inserzione, essendo il contatto tra questi due soggetti finalizzato esclusivamente alla pubblicazione dell’annuncio, con esclusione di qualsiasi forma di intermediazione.
Del resto, la persona che si prostituisce deve necessariamente rivolgersi, per la pubblicazione, a chi cura la raccolta di inserzioni pubblicitarie.
In altre parole, si tratta di un mero rapporto contrattuale nell’ambito del quale colui che pubblica l’annuncio ha, quale unica finalita’, quella di prestare il servizio offerto e non anche di procacciare clienti a chi si prostituisce, come invece avviene quando, appunto, vengano poste in essere azioni ulteriori che consentano una diversa qualificazione della condotta.
6. Deve conseguentemente affermarsi, in linea con quanto gia’ affermato in tema di favoreggiamento della prostituzione, il principio secondo il quale il delitto di lenocinio a mezzo stampa non e’ integrato dalla mera raccolta e pubblicazione di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, trattandosi di attivita’ del tutto scollegata dal meretricio da queste esercitato e la cui finalita’ e’ esclusivamente la prestazione del servizio e non anche l’intermediazione tra prostituta e cliente .
Ne consegue che il ricorso del Pubblico Ministero deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Procuratore Generale.

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