Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 24 marzo 2016, n. 12470

Ritenuto in fatto

1. – Con ordinanza del 2 maggio 2014, il Gip del Tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero, in un procedimento penale per più reati di cui agli artt. 30 e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, a carico dei soggetti indicati in epigrafe, disponendo, ai sensi dell’art. 409, comma 4, cod. proc. pen., lo svolgimento di ulteriori indagini e l’iscrizione nel registro degli indagati di altri 16 soggetti, nonché di taluni degli originari indagati anche per reati diversi da quelli oggetto dell’originaria iscrizione.
2. – Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo l’abnormità dell’atto. Si sostiene, in primo luogo, che, ordinando l’iscrizione di soggetti non risultati indagati e ordinando l’estensione dell’iscrizione di soggetti già indagati per ulteriori imputazioni, il giudice per le indagini preliminari avrebbe, in sostanza, esercitato l’azione penale in sostituzione del pubblico ministero. In secondo luogo, si lamenta che il giudice si sarebbe surrogato al pubblico ministero, ordinando l’effettuazione di accertamenti per fatti aventi rilevanza puramente amministrativa e omettendo di affrontare il tema centrale dell’intervenuta prescrizione dei reati ipotizzati; prospettiva, invece, considerata dall’organo dell’accusa nella formulazione della richiesta di archiviazione. Inoltre, il tema di indagine sarebbe stato esteso ai reati di falso e contro la pubblica amministrazione mai ipotizzati dal pubblico ministero.
3. – In prossimità della Camera di consiglio davanti a questa Corte i difensori degli indagati hanno depositato memorie, con le quali si associano alla richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata proposta dal pubblico ministero. Si è altresì accertato l’avvenuto decesso degli imputati A.G. e V.G. .

Considerato in diritto

4. – Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è parzialmente fondato.
4.1. – Deve premettersi che l’intero meccanismo previsto dall’art. 409 cod. proc. pen. è finalizzato a favorire l’allargamento dell’orizzonte investigativo su impulso del giudice per le indagini preliminari, il quale può ordinare l’iscrizione nel registro degli indagati di nuovi soggetti o di nuovi reati a carico dei soggetti per i quali già si procede.
In particolare, le sezioni unite di questa Corte (sentenza 28 novembre 2013, n. 4319 del 2014, rv. 257786) hanno affermato che esorbitano dai poteri del giudice per le indagini preliminari e costituiscono, pertanto, atto abnorme, sia l’ordine di imputazione coatta ex art. 409, comma 5, cod. proc. pen., nei confronti di persona non indagata, sia il medesimo ordine riferito all’indagato per fatti diversi da quelli per i quali il pubblico ministero abbia chiesto l’archiviazione. Siffatti provvedimenti costituirebbero, infatti, un’indebita ingerenza del giudice nei poteri dell’organo inquirente relativamente allo svolgimento delle indagini e al conseguente esercizio dell’azione penale. L’ordine di imputazione coatta nei confronti di un soggetto non sottoposta ad indagini determina, in particolare, una lesione dei diritti di difesa dello stesso, non essendo questo destinatario dell’avviso ex art. 409, comma 1, cod. proc. pen., e non avendo egli partecipato all’udienza camerale. Ad analoghe conclusioni si giunge con riferimento all’ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari ravvisi a carico dell’indagato fatti costituenti reato diversi da quelli per i quali è stata formulata la richiesta di archiviazione. In tale ipotesi, infatti, l’ordine di imputazione coatta preclude al pubblico ministero la possibilità di adottare autonome determinazioni all’esito delle indagini (ex multis, sez. 5, 19 giugno 2014, n. 46135, rv. 262140).
Non costituisce, invece, atto abnorme l’ordine di iscrizione della persona non sottoposta ad indagini nel registro delle notizie di reato in relazione a fatti che emergano a suo carico in conseguenza delle indagini già espletate. Tale ordine risulta, infatti, ricompreso nel potere del giudice di ordinare nuove indagini cui fa riferimento, nel suo complesso, l’art. 409 cod. proc. pen., perché l’attività di indagine presuppone la necessaria iscrizione dell’indagato nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen.. E, per le stesse ragioni, l’iscrizione relativa a nuovi fatti di reato può anche riguardare soggetti già indagati (sez. 3, 11 novembre 2014, n. 5924, rv. 262388).
In tali ipotesi, però, il giudice non può imporre al pubblico ministero un termine per la conclusione delle indagini, perché l’azione penale, comprensiva delle indagini stesse, rientra nella completa disponibilità del pubblico ministero secondo le regole ordinarie. Ne consegue che deve essere ritenuto abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, nell’accogliere la richiesta di archiviazione formulata nei confronti dell’indagato, e nell’ordinare contestualmente l’iscrizione di quest’ultimo per altri titoli di reato, ritenuti configurabili nel fatto investigato, assegni al pubblico ministero un termine per lo svolgimento delle nuove indagini, in quanto in tale ipotesi non è applicabile la disposizione di cui all’art. 409, comma 4, cod. proc. pen. (sez. 2, 16 settembre 2015, n. 40308, rv. 264588).
4.2. – Venendo al caso di specie, deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata, non solo dispone lo svolgimento di ulteriori indagini e l’iscrizione nel registro degli indagati di ulteriori soggetti, diversi dagli originali indagati, nonché di taluni degli indagati per reati diversi da quelli originariamente contestati, ma fissa il termine di 80 giorni per il compimento delle ulteriori indagini finalizzate all’accertamento della commissione degli ulteriori reati (vedi pag. 57 del provvedimento). In forza di quanto sopra osservato, la fissazione del termine in questione per le nuove indagini relative ai reati già contestati ai soggetti già iscritti nel registro delle notizie di reato non risulta illegittima. Il provvedimento impugnato risulta, invece, affetto da abnormità nella parte in cui assegna tale termine al pubblico ministero per l’espletamento delle indagini in relazione a nuove imputazioni e a nuovi soggetti, perché dovrebbero in tal caso applicarsi gli ordinari termini di durata delle indagini stesse, a norma dell’art. 405 cod. proc. pen..
5. – Ne deriva che l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente all’indicazione del termine per l’espletamento delle indagini in relazione alle imputazioni e ai soggetti non compresi nella richiesta di archiviazione, con trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’ulteriore corso, nell’ambito del quale si terrà conto dell’intervenuto decesso degli indagati A.G. e V.G. . Il ricorso del pubblico ministero deve essere, nel resto, rigettato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente all’indicazione del termine per l’espletamento delle indagini in relazione alle imputazioni e ai soggetti non compresi nella richiesta di archiviazione. Ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero per l’ulteriore corso. Rigetta nel resto il ricorso del pubblico ministero.

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