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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  24 luglio 2013, n. 17942

Svolgimento del processo

Con ricorso del 10 aprile 2006 la Paolino Bruno & C. s.a.s. si opponeva al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Sanremo nel marzo 2006 con cui le era stato ingiunto di pagare a B.G. complessive Euro 3.799,21 per la locazione di un alloggio, di cui Euro 501,18 per differenze canoni, sul presupposto che il canone corrisposto da agosto 2005 a gennaio 2006 fosse di Euro 516,46 anziché di Euro 599,99, ed Euro 3.298,03 per spese condominiali.
A fondamento dell’opposizione, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, deduceva: 1) il B. era privo di legittimazione ad agire perché aveva allegato al suo ricorso un decreto di trasferimento di un immobile diverso da quello oggetto di causa ed intestato ad altro soggetto; 2) il canone non ammontava ad Euro 599,99 perché il precedente locatore non aveva mai richiesto gli aggiornamenti ISTAT ed il B. era succeduto nel contratto, essendo divenuto proprietario dell’immobile, soltanto l’8 agosto 2005, e perciò non poteva pretendere le differenze dovute per il periodo anteriore; 3) con il precedente locatore aveva pattuito che gli oneri condominali erano compresi nel canone e comunque l’importo spettava al precedente proprietario perché attinenti al periodo 2003 – 2004; peraltro le spese riguardavano l’intero immobile ed egli fruiva soltanto di tre stanze. In via riconvenzionale chiedeva il rimborso delle spese anticipate per la caldaia, pari ad Euro 1.600.
Il Tribunale ha respinto l’opposizione e la domanda riconvenzionale.
Con sentenza del 29 novembre 2008 la Corte di appello di Genova ha revocato il decreto opposto ed accolto la riconvenzionale della s.a.s. Paolino Bruno & C. sulle seguenti considerazioni: 1) correttamente il primo giudice aveva ritenuto la sussistenza della legittimazione ad agire del B. sulla base della condotta della società Paolino che, fin dall’agosto 2005, gli aveva corrisposto i canoni e perciò conosceva il decreto di trasferimento dell’immobile a suo favore, come desumibile anche dal precetto dallo stesso intimato per il rilascio dell’immobile; tuttavia, poiché era stato allegato al ricorso per decreto ingiuntivo il documento di proprietà di altro immobile a nome di altro proprietario, ed il titolo legittimante era stato prodotto in corso di causa, il decreto doveva esser revocato; 2) le differenze di canone richieste concernono non periodi precedenti all’acquisto del B. , bensì agosto 2005 – gennaio 2006 ed il calcolo era stato effettuato secondo il criterio della c.d. variazione assoluta, e cioè prendendo come base il canone iniziale e considerando l’intera variazione ISTAT (ridotta al 75%) verificatasi tra il momento di determinazione del canone originario ed il momento della richiesta, restando ininfluente che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto l’aggiornamento perché tale omissione impedisce soltanto di accogliere la domanda di corresponsione degli aggiornamenti pregressi; 3) le spese condominiali erano dovute per l’intero immobile – essendo provato che, malgrado la locazione avesse ad oggetto soltanto tre vani di esso, in realtà la società Paolino ne aveva occupati cinque – avendo il B. provato di averle pagate ancorché riferite al periodo anteriore al suo acquisto. Ricorre per cassazione la s.a.s. Paolino Bruno & C. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: “Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 32 e 79 legge 392 del 1978”, e conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Se non sia vero che, posto che ai sensi dell’art. 32 legge 392/1978 il presupposto del diritto del locatore all’aggiornamento del canone locatizio è la sua previa richiesta di detto aggiornamento, e che, comunque, tale aggiornamento può esser calcolato soltanto in base agli aumenti ISTAT verificatisi a partire dall’anno della richiesta e non dal periodo precedente ad essa: in assenza di precedenti richieste non può esser calcolato alcun aggiornamento sul canone originariamente pattuito nel contratto di locazione e che quindi gli aggiornamenti potranno esser calcolati unicamente in ragione degli aumenti ISTAT verificatisi dopo richiesta di aggiornamento fatta dal locatore (dopo il 20 gennaio 2006 nel caso di specie) e non anche in ragione di quelli verificatisi precedentemente; al locatore competono esclusivamente gli aggiornamenti del canone successivi alla richiesta (nel caso solo dopo il 20 gennaio 2006) e soltanto in relazione alle differenze tra il canone originariamente stabilito nel contratto e quello aggiornato maturate successivamente a detta richiesta”; “Se quindi, costituisca violazione della stessa norma (art. 32 legge 392/1978) l’aver riconosciuto al locatore pur in assenza di precedenti richieste, il diritto ad ottenere aggiornamenti del canone calcolati non sul canone originariamente stabilito, ma su quello automaticamente (pur in assenza di richiesta) aggiornato anno per anno sino al giorno dell’unica richiesta fatta il 20 gennaio 2006 dal locatore stesso, e se costituisca violazione della ridetta norma l’art. 32 legge 392 del 1978 l’aver riconosciuto al ricorrente pur in assenza di precedenti richieste, il diritto al pagamento di differenze tra il canone non aggiornato e quello aggiornato, relative a periodi precedenti l’unica richiesta fatta (20 gennaio 2006) dal locatore stesso”; “Se, inoltre, premessi i principi di cui ai quesiti che precedono, non sia nulla per violazione degli artt. 32 e 79 legge 392 del 1978 la clausola del contratto di locazione oggetto di causa nella parte in cui prevede l’aggiornamento automatico del canone senza previa richiesta del locatore nonché un aggiornamento in misura superiore al 75% dell’indice ISTAT”.
Le censure sono infondate.
Infatti la Corte di merito ha applicato lo stesso principio di diritto invocato dalla ricorrente – secondo il quale l’aggiornamento per la variazione dell’ISTAT, nella misura del 75%, va calcolato sul canone base iniziale e dall’inizio del contratto fino alla data della richiesta – e ha ritenuto che la differenza di Euro 501,18 fosse perciò dovuta.
Quindi, non emergendo né dalla sentenza impugnata né dal ricorso quale era il canone iniziale pattuito e la data della relativa determinazione, né se dai conseguenti conteggi risulti un ammontare inferiore a quello richiesto – Euro 501,18 – non è possibile controllare se è stata violata la norma secondo la quale l’aggiornamento del canone, con il criterio della c.d. variazione assoluta, è esigibile dalla data successiva alla richiesta, perché difetta la decisività di tale prospettato errore, che peraltro, come la questione della nullità della clausola di aggiornamento automatico del canone, non risulta posta dall’opponente all’atto dell’opposizione, secondo il riassunto del processo emergente dalla sentenza impugnata, né vi è censura alcuna di omessa pronuncia al riguardo.
2.- Con il secondo motivo lamenta: “Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 32 legge 392/1978 sotto differente profilo. Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c: omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Contraddittorietà della motivazione”, e conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Se, posto che ai sensi dell’art. 32 legge 392/1978 il locatore ha diritto ad ottenere il pagamento degli aggiornamenti del canone soltanto dopo averne fatto richiesta e soltanto in relazione alle differenze tra il canone non aggiornato e quello aggiornato maturate successivamente ad essa richiesta: costituisca violazione della stessa norma (art. 32 legge 392/1978) l’avere riconosciuto al ricorrente pur in assenza di precedenti richieste, il diritto ad ottenere aggiornamenti del canone non sul canone originariamente stabilito, ma su quello automaticamente aggiornato anno per anno sino al giorno dell’unica richiesta fatta (il 20 gennaio 2006) dal locatore stesso; costituisca violazione della ridetta norma (art. 32 legge 302/1978) l’avere riconosciuto al ricorrente, pur in assenza di precedenti richieste, il diritto al pagamento di differenze tra il canone non aggiornato e quello aggiornato, relative a periodi precedenti l’unica richiesta fatta (il 20 gennaio 2006) dal locatore stesso; costituisca difetto di motivazione l’avere da parte del giudice a quo, omesso di tenere in considerazione la prima richiesta di pagamento del canone aggiornato o comunque omesso di indicare le ragioni per le quali non si è ritenuta decisiva la richiesta del 20 gennaio 2006 a far respingere la domanda di pagamento di arretrati precedenti tale data; costituisca contraddittorietà della motivazione, dopo aver premesso i principi sopra esposti, l’aver il giudice a quo, in contrasto con detti esposti principi, riconosciuto gli arretrati delle differenze tra canone non aggiornato e canone aggiornato a tale prima richiesta”.
Il motivo va respinto per le ragioni esposte nel motivo che precede.
3.- Con il terzo motivo denuncia: “Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 447 bis, 418 e 420 c.p.c.” e conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Se posto che nel giudizio di rito locatizio, ai sensi degli artt. 447 bis e 420 c.p.c., è vietato proporre domande nuove, non sia da considerarsi domanda nuova e quindi vietata quella con la quale dopo aver domandato il pagamento di arretrati di differenze tra canone aggiornato e non aggiornato, a partire dalla data di un decreto di trasferimento, e di oneri condominiali relativi all’immobile oggetto dello stesso decreto di trasferimento, abbia prodotto nuovo e diverso decreto di trasferimento di data antecedente di un anno e relativo ad altro condominio, e demandato differenze canoni e relativi aggiornamenti per un periodo antecedente e oneri condominiali relativi al diverso fabbricato descritto nel diverso decreto di trasferimento”; “Se, posto che nel giudizio di rito locatizio, ai sensi degli artt. 447 bis e 418 c.p.c. colui che proponga domanda riconvenzionale deve chiedere la pronuncia di nuovo decreto che fissi nuova udienza di discussione, non debba dichiararsi decaduto da tale domanda il locatore che proponendo le nuove domande di cui al quesito che precede, non abbia richiesto lo spostamento dell’udienza di discussione”; “Se, posto i principi sopra formulati, il giudice non avrebbe dovuto omettere di pronunciare sulla nuova domanda di pagamento di arretrati di canoni relativi aggiornamenti per il periodo compreso tra le date dei due decreti di trasferimento prodotti, nonché su quella di pagamento di oneri condominiali relativi ad un condominio diverso da quello nel quale era effettivamente posto l’immobile locato, ed oggetto del decreto di trasferimento prodotto soltanto in corso di causa, trattandosi appunto di domande nuove e sostanzialmente riconvenzionali e dalle quali quindi il locatore è decaduto non avendo proposto domanda di spostamento dell’udienza di discussione ex art. 418 c.p.c.”.
La questione, nuova, è inammissibile.
Ed infatti risulta dalla sentenza impugnata che l’errore di allegazione del decreto di trasferimento a fondamento della titolarità dell’immobile è stato denunciato dalla società Paolino all’atto dell’opposizione sotto il profilo della carenza di legittimazione ad agire del B. e non già sotto il profilo oggettivo della inesistenza di causa petendi perché la domanda era afferente ad un immobile diverso da quello da detta società condotto in locazione. Quindi nessuna nuova domanda rispetto a quella contenuta in ricorso poteva esser ravvisata, e correttamente è stata consentita in corso di causa la produzione del documento attestante la titolarità dell’immobile a favore del B. – essendo pacifico che con l’opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio di cognizione, sì che anche l’esistenza delle condizioni dell’azione può esser corroborata da ulteriori prove – considerando altresì la condotta della società Paolino che, dal momento di detto trasferimento, perciò alla stessa noto, aveva pagato i canoni al B. .
4.- Con il quarto motivo lamenta: “Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 9 legge 392/1978. Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.: omessa motivazione su un punto decisivo della controversia”, e conclude con il seguente quesito di diritto: “Se, posto che l’art. 9 legge 392/1978 prevede che a carico del conduttore possano essere poste soltanto le spese indicate nella detta norma, non sia nulla la clausola contrattuale n. 7 nella parte in cui pone a carico del conduttore spese ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma”; “Se posto che le spese per l’assicurazione del fabbricato, per il compenso dell’amministratore e per l’amministrazione non sono comprese tra quelle di cui all’art. 9 legge 392/1978, è nulla per violazione di detta norma e dell’art. 79 legge 392/1978 la clausola contrattuale che ve le ricomprenda ed è infondata la pretesa del locatore che di tali oneri condominiali pretenda la refusione dal conduttore”; “Se posto che in forza dell’art. 1602 c.c. soltanto con l’acquisto dell’immobile si verifica la successione nei diritti e negli obblighi che sorgono dal contratto di locazione, il locatore che agisca in giudizio per ottenere il rimborso di oneri condominiali relativi a periodi precedenti il suo acquisto debba vede respinta la sua domanda”. Le censure sono inammissibili perché la questione della nullità della clausola contrattuale per oneri a carico del conduttore estranei alla previsione contenuta nell’art. 9 legge 392/1978 è nuova, alla luce dei motivi di opposizione a decreto ingiuntivo come risultanti dalla sentenza impugnata e della ratio decidendi della stessa, secondo cui, essendo l’acquirente di un immobile obbligato nei confronti del condominio per il pagamento dei contributi dovuti dal venditore per il biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63, secondo comma, disp. att. cod. civ., nel caso di immobile locato si surroga al precedente locatore nell’azione di ripetizione dal conduttore che non li ha pagati.
5.- Con il quinto motivo lamenta: “Violazione degli artt. 360 n. 3 in relazione agli artt. 2697 c.c., 1652 c.c., 420 c.p.c., 418 c.p.c., e 9 e 79 legge 392/1978. Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.: Omessa motivazione su punti decisivi” e conclude con i seguenti quesiti di diritto: “Se, posto che a fronte delle contestazioni mosse dal conduttore in relazione alla pretesa del locatore di pagamento degli oneri accessori e della rientranza degli stessi tra quelli previsti dall’art. 9 legge 392/1978, non sia onere del locatore provare l’esistenza, l’ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto, nonché provare che detti oneri rientrino tra quelli previsti dalla stessa norma”; “Se avendo il conduttore contestato quanto al quesito che precede, non sia anche diritto del conduttore stesso ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione (art. 210 c.p.c.) di detti rendiconti e di tutte le relative pezze giustificative”.
Le censure, estranee al decisum, sono inammissibili.
6.- Concludendo il ricorso va respinto.
Non si deve provvedere sulle spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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