cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 23 settembre 2014, n. 38687

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/05/2013 della Corte di appello di Lecce – sez. dist. Di Taranto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza emessa in data 14 maggio 2013, in parziale riforma di quella resa dal Tribunale della medesima citta’, riduceva a mesi otto di reclusione la pena inflitta a (OMISSIS), imputato del reato previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter, per aver omesso, nei termini previsti per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per l’anno 2005, per un ammontare complessivo di euro 525.959,00.
2. Per l’annullamento della sentenza impugnata ricorre, a mezzo del proprio difensore, (OMISSIS), affidando le doglianze ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter, e articolo 2 c.p., per violazione del principio di irretroattivita’ della norma penale e violazione del principio della responsabilita’ personale dell’imputato.
Sostiene il ricorrente che il reato che gli e’ contestato e’ stato introdotto dal Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, articolo 35, comma 7, convertito con modificazioni in Legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha aggiunto al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, l’articolo 10 ter.
Il ricorrente si mostra consapevole che la questa Corte, nella sua piu’ autorevole composizione, ha stabilito che il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, e’ reato istantaneo con la conseguenza che risponde della violazione colui che sarebbe obbligato ad eseguire i versamenti al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione d’imposta ma nel caso di specie occorre considerare, secondo l’assunto del ricorrente, come gli omessi versamenti parziali fossero, da un lato, precedenti l’entrata in vigore della norma mentre, nel caso di specie, l’imputato era diventato liquidatore (il 18 dicembre 2006) qualche giorno prima della scadenza del termine utile per il versamento finale e come, dall’altro, la dichiarazione IVA 2005 sia stata presentata da altro soggetto, all’epoca legale rappresentante della societa’ sicche’ egli risponderebbe di un fatto non compiuto da lui, con la conseguenza che l’affermazione della responsabilita’ penale del (OMISSIS) poggerebbe sull’attribuzione a lui di un fatto costitutivo della fattispecie penale (la presentazione della dichiarazione annuale Iva per l’anno 2005) dallo stesso non commesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ manifestamente infondato.
2. Occorre premettere che nelle societa’ di capitali, come nel caso di specie, la responsabilita’ per i reati previsti dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e’ attribuita all’amministratore (individuato secondo i criteri ex articolo 2380 c.c. e ss., articolo 2455 c.c., e articolo 2475 c.c.), ovvero a coloro che rappresentano e gestiscono l’ente e, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l’ordinamento tributario (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 1, lettera c ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti.
Alla medesima disciplina soggiace quindi il liquidatore ex articoli 2276 e 2489 c.c., nominato in caso di scioglimento della societa’, passibile della responsabilita’ per i delitti previsti dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in virtu’ della espressa previsione dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto in combinazione con le norme che ne definiscono poteri e responsabilita’.
Tanto premesso, va ribadito il medesimo principio affermato da questa Corte in relazione alla figura dell’amministratore di societa’ (Sez. 3, n. 3636 del 09/10/2013,dep. 27/01/2014, Stocco, Rv. 259092) secondo il quale, in tema di omesso versamento dell’IVA da parte di una societa’ a responsabilita’ limitata, versa quantomeno in dolo eventuale, e non in mera colpa, il soggetto che, subentrando ad altri dopo la dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, abbia assunto la carica di liquidatore, senza aver compiuto il previo controllo, di natura puramente documentale, sugli ultimi adempimenti fiscali.
Va infatti considerato che colui che assume la carica di liquidatore si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze. Nel caso in esame, non si verteva in materia di debito verso l’erario particolarmente remoto, occulto o di difficile accertamento poiche’ si trattava dell’IVA dovuta sulla base dell’ultima dichiarazione (presentata nello stesso anno 2006) e quindi era sufficiente, prima di assumere la carica di liquidatore, subentrando peraltro al posto della figlia, di chiedere in visione la dichiarazione e l’attestato di versamento all’erario dell’IVA a debito per adempire nel termine stabilito al pagamento dell’obbligazione tributaria.
Lo stesso ricorrente si e’ mostrato avvertito del fatto che il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter), entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato adempimento dell’obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, e’ applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all’anno 2005, senza che cio’ comporti violazione del principio di irretroattivita’ della norma penale (Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758).
3. Sulla base di tali presupposti, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 136 della Corte costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla cassa delle ammende.

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