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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 19 febbraio 2016, n. 3274

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 5589 del ruolo generale dell’anno 2013 proposto da:

Avv. (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), difensore di se’ stesso, domiciliato presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), in (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’avvocato (OMISSIS), e domiciliato presso lo studio del rag. (OMISSIS), in (OMISSIS);

– controricorrente –

e

(OMISSIS) (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore; (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– intimati –

per la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello di Salerno n. 860/2012, depositata in data 6 novembre 2012;

udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 25 gennaio 2016 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo;

uditi:

l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente;

l’avvocato (OMISSIS), per il controricorrente;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso, con assorbimento degli altri.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza n. 840/2008, nel pronunziare sulle domande proposte da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) nonche’ di (OMISSIS), ordino’ la cancellazione di alcune espressioni dagli scritti difensivi delle parti, ai sensi dell’articolo 89 c.p.c. e condanno’ l’avvocato (OMISSIS) (difensore di parte attrice) e l’avvocato (OMISSIS) (procuratore di se’ stesso) al pagamento, l’uno in favore dell’altro, dell’importo di euro 100,00 a titolo risarcitorio.

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza n. 860 del 6 novembre 2012, ha rigettato sia l’appello proposto in via principale dal Ferraioli e dall’avvocato (OMISSIS) (in proprio), sia quello proposto, in via incidentale, dal (OMISSIS).

Ricorre l’avvocato (OMISSIS) (in proprio) sulla base di tre motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 c.p.c.. Resiste con controricorso (OMISSIS).

Non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede gli altri intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso viene denunziata “nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., n. 4 – in relazione all’articolo 112 c.p.c. – error in procedendo – omessa pronuncia su motivo di appello – violazione corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”.

Con il secondo motivo viene denunziata “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – in relazione agli articoli 24 e 111 Cost. – nonche’ in relazione all’articolo 89 c.p.c.”.

Con il terzo motivo viene denunziata “insufficiente e/o contraddittoria motivazione su fatto decisivo per il giudizio. In relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

I tre motivi – da esaminare congiuntamente in quanto connessi – sono diretti ad ottenere la cassazione della pronunzia impugnata nella parte in cui viene confermato il capo della sentenza di primo grado con il quale, previo ordine di cancellazione di talune frasi contenute negli scritti difensivi di entrambe le parti, il ricorrente e’ stato condannato al pagamento dell’importo di euro 100,00, a titolo di risarcimento, in favore della controparte avvocato (OMISSIS) (con reciproca condanna di quest’ultimo al pagamento in suo favore di uguale importo), ai sensi dell’articolo 89 c.p.c..

Essi sono fondati.

2.- In sede di gravame il ricorrente aveva dedotto:

a) che non era ammissibile la sua condanna in proprio al risarcimento, non essendo egli parte del processo;

b) che le espressioni che aveva usato negli scritti difensivi non erano sconvenienti o offensive e comunque erano attinenti all’oggetto del giudizio;

c) che l’importo del risarcimento – previsto in misura uguale per le due parti – non rispondeva ad un criterio di proporzione, essendo certamente maggiore la lesivita’ delle espressioni utilizzate dalla controparte.

La corte di appello ha respinto le doglianze sul rilievo che la condanna delle parti al pagamento reciproco dell’importo di euro 100,00 aveva valore meramente simbolico, senza effettivo contenuto patrimoniale, ed era essenzialmente volta a stigmatizzare il loro rispettivo comportamento.

Il ricorrente contesta la pronunzia sotto i seguenti profili: a) per omessa motivazione (facendo evidentemente riferimento alla sua genericita’: primo motivo); b) per violazione dell’articolo 89 c.p.c., articoli 24 e 111 Cost., che tutelerebbero il diritto di difesa anche se esercitato con espressioni forti o colorite purche’ attinenti all’oggetto del giudizio, e comunque non consentirebbero mai la condanna del procuratore al risarcimento, ma solo della parte (secondo motivo); e) per insufficienza e/o contraddittorieta’ della motivazione (terzo motivo).

3.- E’ fondata – ed assorbente – la contestazione attinente al difetto di legittimazione passiva, sotto il profilo risarcitorio ai sensi dell’articolo 89 c.p.c., del legale che non sia anche parte, nell’ambito del giudizio in cui sono presentati gli scritti contenenti le espressioni sconvenienti ed offensive.

I principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia sono i seguenti:

a) “ai sensi dell’articolo 89 c.p.c., delle offese contenute negli scritti difensivi risponde sempre la parte, anche quando provengano dal difensore, sia perche’ gli atti di quest’ultimo sono sempre riferibili alla parte, sia perche’ la sentenza puo’ contenere statuizioni dirette soltanto nei confronti della parte in causa” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11063 del 26 luglio 2002);

b) “delle offese contenute negli scritti difensivi risponde, ai sensi dell’articolo 89 c.p.c., sempre la parte, anche quando provengano dal difensore, e destinataria della domanda di risarcimento del danno ex articolo 89 c.p.c., comma 2, e’ sempre e solo la parte (legittimata passivamente), la quale – se condannata – potra’ rivalersi nei confronti del difensore, cui siano addebitabili le espressioni offensive, ove ne ricorrano le condizioni” (Sez. 2, Sentenza n. 23333 del 9 settembre 2008, non massimata);

c) “il difensore della parte e’ passivamente legittimato, a titolo personale, nell’azione per danni da espressioni offensive contenute negli atti di un processo, proposta davanti ad un giudice diverso da quello che ha definito quest’ultimo, ove sia prospettata una specifica responsabilita’ del difensore stesso o non sia piu’ possibile agire ai sensi dell’articolo 89 c.p.c., per lo stadio processuale in cui la condotta offensiva ha avuto luogo” (Sez. 6-3, Ordinanza n. 19907 del 29 agosto 2013; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 20891 del 12 settembre 2013; Sez. 3, Sentenza n. 16121 del 9 luglio 2009; Sez. 3, Sentenza n. 10916 del 7 agosto 2001; in queste pronunzie e’ precisato che va sempre esclusa la legittimazione passiva del difensore, sotto il profilo risarcitorio, nell’ambito del giudizio in cui sono presentati gli scritti contenenti le espressioni sconvenienti o offensive, essendo essa ammessa solo in distinto giudizio, alle condizioni indicate).

La pronunzia impugnata non si e’ attenuta a tali principi.

Essa ha infatti confermato la condanna contenuta nella sentenza di primo grado, diretta nei confronti dell’avvocato (OMISSIS), costituito in giudizio solo quale difensore della parte attrice, al pagamento di una somma a titolo risarcitorio in favore dell’avvocato (OMISSIS) (quest’ultimo costituito invece anche in proprio, quale difensore di se’ stesso), per le espressioni sconvenienti e offensive contenute negli scritti del giudizio.

In ragione del difetto di legittimazione passiva del ricorrente la sentenza va dunque cassata senza rinvio, a norma dell’articolo 382 c.p.c., comma 3 (ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2463 del 3 marzo 1995; Sez. 3, Sentenza n. 15893 del 17 dicembre 2001; Sez. L, Sentenza n. 3514 del 21 febbraio 2004; Sez. 1, Sentenza n. 14266 del 20 giugno 2006; Sez. U, Sentenza n. 1912 del 9 febbraio 2012; Sez. U, Sentenza n. 1978 del 13 febbraio 2012; Sez. 5, Sentenza n. 5375 del 4 aprile 2012; Sez. L, Sentenza n. 14243 dell’8 agosto 2012), con assorbimento degli altri profili di censura.

4.- Il ricorso e’ accolto e la pronunzia di merito cassata senza rinvio in relazione al capo impugnato.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del presente giudizio di legittimita’ e di quelle dei gradi di merito (nei soli rapporti tra il ricorrente, in proprio, e controricorrente), in considerazione dei motivi della pronunzia e del valore irrisorio della controversia.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, e cassa in relazione, senza rinvio, la sentenza impugnata;

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimita’ e, tra ricorrente e controricorrente, quelle dei gradi di merito dello stesso.

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