Cassazione 13

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 15 marzo 2016, n. 10784

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 31/10/2014 del Tribunale di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi

ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31.10.2014 il Tribunale di Firenze – a seguito di istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato (OMISSIS) avverso l’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena il 10.10.2014 – confermava detta ordinanza.

Nei confronti di (OMISSIS) era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di truffa in danno della comunita’ Europea e per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, fatti commessi dal (OMISSIS).

Il Tribunale rigettava l’istanza di riesame, con la quale si contestava la concretezza ed attualita’ delle esigenze cautelari, osservando che gli elementi addotti dalla difesa a fondamento dell’istanza proposta (decorso del tempo dalla commissione dei fatti contestati, chiusura di tutte le attivita’ produttive) non erano idonei a giustificare la revoca della misura cautelare di natura custodiale applicata.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso per cassazione la difesa dell’indagato, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. codice procedura penale, comma 1: articolo 606, comma 1, lettera e) per mancanza della motivazione, in ordine alle specifiche censure difensive mosse in sede di riesame relativamente alla insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, lettera a) e c).

Il ricorrente deduce che il discorso giustificativo fornito dal Giudice territoriale in ordine alle esigenze cautelari risulta incompleto e non considera una serie di elementi posti alla base del gravame.

Argomenta che la decisione, al di la’ di formule generiche e di mero stile, non fornisce spiegazioni in ordine agli elementi fattuali evidenziati dalla difesa come idonei a far ritenere prive di attualita’ e concretezza le esigenze cautelari (contesto temporale datato nell’ambito del quale si sono svolte le indagini, peraltro concluse, indagini immutabili perche’ basate su prove documentali ed intercettazioni, sottoposizione a sequestro preventivo di tutti i beni appartenenti a (OMISSIS)).

Aggiunge che merita censura anche la motivazione addotta dal Tribunale in ordine alla sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio ed alla valutazione della concreta pericolosita’ sociale del ricorrente.

Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso e’ infondato.

2. E’ opportuno muovere dal principio secondo il quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti relativi all’applicazione di misure cautelari personali e’ ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, n. 11194 del 8/03/2012, Lupo, Rv. 252178).

Cio’ vale certamente per l’individuazione dei limiti del sindacato di legittimita’ rispetto al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari, che e’ censurabile in questa sede soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795 del 06/02/1996, Di Donato, Rv.204014).

Rigorosamente entro tale perimetro, pertanto, possono essere esaminate le doglianze del ricorrente, come innanzi indicate, alla luce del contenuto dell’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale, per quel che attiene alla valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto concrete le esigenze di cui all’articolo 274 codice procedura penale, lettera a) e c).

3. Il Tribunale, richiamando e confermando la valutazione gia’ effettuata in sede di emissione dell’ordinanza genetica della misura in termini di concretezza ed attualita’ del pericolo di recidiva, non si e’ limitato ad evocare la gravita’ indiziarla del titolo di reato (reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8) e la personalita’ dell’indagato (gravato da precedenti specifici) ma ha valutato anche la significativa capacita’ a delinquere testimoniata dalle modalita’ del fatto (condotta illecita sostanzialmente professionale, posta in essere in modo continuativo e pianificato ottenendo illeciti profitti per 4.100.000 euro, costituendo a tale scopo un reticolo di imprese ed un sistema di contabilita’ parallela; costituzione di un fondo patrimoniale nel quale far confluire tutti i beni immobili di sua proprieta’ al fine di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva).

Tale valutazione e’ conforme ai principi da tempo affermati da questa Corte (Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013) – secondo cui in terna di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’articolo 274 codice procedura penale, lettera c), la pericolosita’ sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalita’ e circostanze del fatto e dalla sua personalita’.

Il Tribunale, inoltre, ha tenuto nel debito conto degli elementi evidenziati dalla difesa a fondamento dell’istanza di riesame, che ha ritenuto inidonei a dimostrare l’insussistenza del carattere di concretezza ed attualita’ delle esigenze cautelari.

In particolare, il Tribunale ha argomentato che l’inattivita’ delle imprese, attraverso le quali sono state poste in essere le condotte illecite, non costituisce elemento idoneo ad immutare il quadro valutativo esposto, in considerazione della possibilita’ di gestione da parte dell’indagato di altre imprese, tramite soggetti prestanome nella cerchia familiare.

Trattasi di motivazione adeguata e immune da vizi logici e, pertanto, esente da sindacato in sede di legittimita’.

Le censure che il ricorrente svolge, inoltre, si rivelano orientate verso un non consentito scrutinio del merito della valutazione effettuata dal Tribunale e sono, pertanto, inammissibili.

Anche la valutazione in ordine alla concretezza ed attualita’ dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274 codice procedura penale, lettera a) non e’ censurabile.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale (Sez. 5, n. 6793 del 07/01/2015, Rv. 262687 Sez. 5, 26 novembre 2010 n. 1958; Sez. 6 11 febbraio 2010 n. 13896, Sez. 1, n.10347 del 20/01/2004, Rv. 227228), ai fini dell’applicazione o del mantenimento di una misura cautelare personale, il pericolo di inquinamento probatorio deve essere valutato con riferimento sia alle prove da acquisire sia alle fonti di prova gia’ acquisite; e cio’ in considerazione della spiccata valenza endoprocessuale del dato riferito alle indagini preliminari ed alla sua ridotta utilizzabilita’ in dibattimento. Pertanto, al fine di prevenire il persistente e concreto pericolo di inquinamento probatorio, a nulla rileva il fatto che le indagini siano in stato avanzato ovvero siano gia’ concluse, in quanto l’esigenza di salvaguardare da inquinamento l’acquisizione e la genuinita’ della prova non si esaurisce con la chiusura delle indagini preliminari.

Nella specie, la indicata possibilita’ di “pilotare le dichiarazioni di persone informate sui fatti” evincibile da specifico episodio appare essere ragione sufficiente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.

4. Attesa l’infondatezza del motivo, il ricorso va rigettato.

5. Consegue, norma dell’articolo 616 codice procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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