Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 15 gennaio 2016, n. 1365

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 18 settembre 2014 del Tribunale di Savona;

letti gli atti di causa, ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SELVAGGI Eugenio, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS) ha interposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza del 18 settembre 2014 con la quale il Tribunale di Savona ha rigettato la richiesta di riesame presentata dalla odierna ricorrente avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Savona il precedente 19 maggio 2014 ed avente ad oggetto beni mobili ed immobili nella sua disponibilita’ sino alla concorrenza della somma di euro 107.290,00.

Nella predetta ordinanza il Tribunale ligure ha precisato che la (OMISSIS), la quale e’ indagata in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-ter per avere, in quantita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) srl, omesso di versare l’Iva dovuta in base alla dichiarazione presentata per un ammontare pari alla somma sopraindicata, non ha contestato l’omesso versamento ma ha lamentato il fatto che il giudice del cautelare, nel concedere il sequestro, non ha tenuto conto della insussistenza del pericolo nel ritardo ne’ ha verificato la possibilita’ di disporre il sequestro sul profitto del reato, cioe’ sulla somme indebitamente sottratte alla imposizione fiscale dalla societa’ (OMISSIS), unico beneficiario del reato contestato.

Il Tribunale, nel rigettare la richiesta di riesame, ha osservato che nel caso di specie non solo non e’ possibile accertare quale sia stata la effettiva destinazione delle somme costituenti il profitto del reato, ma anche che questo si e’ concretizzato in un risparmio di spesa, come tale non aggredibile.

Quanto alla sussistenza del requisito del pericolo il Tribunale ha ribadito l’orientamento secondo il quale, in caso di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, esso coincide con la stessa confiscabilita’ del bene.

Come detto ha presentato ricorso per cassazione avverso detta ordinanza la (OMISSIS), deducendo, in sintesi, la violazione di legge per avere il Tribunale confermato il provvedimento emesso dal Gip senza che fosse stata preventivamente verificata la impossibilita’ di procedere al sequestro di beni che, per essere direttamente riferiti al patrimonio della (OMISSIS), costituivano il profitto del reato per cui si indaga.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risultato infondato non e’, pertanto, meritevole di accoglimento.

Questa Corte ha, infatti, in piu’ occasioni avuto modo di ribadire il principio – applicabile alle ipotesi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente disposto nel corso di indagini aventi ad oggetto reati in materia fiscale commessi dal legale rappresentante della societa’ soggetto di imposta, che deve essere, pertanto, considerata la diretta beneficiaria della condotta illecita – che e’ ammissibile l’esecuzione del provvedimento cautelare reale a carico del patrimonio della persona fisica ogniqualvolta non sia immediatamente possibile attingere con il predetto provvedimento cautelare, che in tal caso assumerebbe la finalizzazione non alla confisca per equivalente ma quella della confisca diretta, il profitto immediatamente conseguito, sia pure attraverso il risparmio di spesa, dal soggetto impersonale nel cui interesse ha agito il legale rappresentante, materiale esecutore della condotta costituente reato (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 15 marzo 2014, n. 10561).

Va, peraltro, precisato che, ai fini della concreta possibilita’ di eseguire il sequestro preventivo sul profitto conseguito dalla societa’, non e’ possibile pretendere la preventiva ricerca generalizzata presso la societa’ dei beni costituenti il profitto di reato, giacche’, durante il tempo necessario per l’espletamento di tale ricerca, potrebbero essere occultati gli altri beni suscettibili di confisca per equivalente, cosi’ vanificando ogni esigenza di cautela.

E’, percio’, sufficiente, ai fini della legittimita’ del sequestro operato in danno non del beneficiario del reato ma del suo autore, che sia evidenziata, in sede di adozione del provvedimento di sequestro in danno del legale rappresentante della societa’ fiscalmente inadempiente ovvero in sede di provvedimento che, giudicando all’esito del riesame, abbia confermato la misura cautelare reale, una ragionevole situazione di difficolta’ nel reperimento di beni della persona giuridica; l’adempimento di tale onere e’ condizione sufficiente per consentire l’aggressione dei beni del legale rappresentante della persona giuridica.

Nel caso in esame il Tribunale di Savona ha messo in luce la circostanza che, allo stato degli atti, non vi era modo di accertare ne’ quale fosse stata la effettiva destinazione data al profitto conseguito dalla (OMISSIS) attraverso l’omesso versamento dell’IVA risultante dalle dichiarazioni annuali ne’, tantomeno, se lo stesso fosse ancora, sia pure trasformato nella sua materiale oggettivita’, nella disponibilita’ della predetta Societa’.

Tale rilievo, sebbene sia stato dal giudice del riesame posto in correlazione con l’affermazione secondo la quale, essendo tale profitto costituito da un risparmio di spesa, esso sarebbe anche per questo solo motivo non aggredibile (affermazione questa contrastante con il prevalente indirizzo della giurisprudenza, orientato, invece, nel ritenere che, essendosi convertito tale mancato esborso in un risparmio di spesa esso deve intendersi materializzato in qualunque utilita’ rinvenibile nel patrimonio societario: Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 18 settembre 2014, n. 38342), deve, comunque, essere ritenuto sufficiente a giustificare il ricorso al sequestro per equivalente dei beni personali dell’individuo indagato penalmente, anche in considerazione del fatto che la stessa parte ora ricorrente ha del tutto trascurato di fornire indicazioni, che, stante la sua veste all’interno della organizzazione della (OMISSIS), difficilmente le potevano mancare, in merito alla eventuale presenza di cespiti patrimoniali riconducibili alla compagine imprenditoriale che avrebbero potuto costituire l’oggetto del sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la derivante condanna della (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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