Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 11 dicembre 2015, n. 48947

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCO Amedeo – Presidente

Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti;

nel procedimento nei confronti di:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza del Tribunale di Asti in data 10/11/2014;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SPINACI Sante, che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti ha proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Asti di assoluzione di (OMISSIS) dal reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 1, lettera b), in relazione alla realizzazione in assenza di permesso di costruire di un fabbricato con blocchi di cemento prefabbricato e basamento in calcestruzzo, perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato.

2. Con un unico motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale : nella fattispecie contestata, caratterizzata dalla integrale demolizione dell’edificio originario per il quale si sarebbe dovuta sostituire la copertura realizzata in fibra d’amianto con realizzazione di un nuovo manufatto con sagoma differente e volume totale inferiore al precedente, il giudice ha erroneamente qualificato l’intervento, anziche’ di ristrutturazione edilizia, per il quale e’ necessario il permesso a costruire, come di “manutenzione straordinaria”, ritenendo applicabile la relativa norma come modificata dal cosiddetto decreto legge “sblocca Italia”; non ha pero’ considerato, da un lato, la nozione di ristrutturazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, lettera d), e, dall’altro, il fatto che, invece, la nozione di manutenzione straordinaria riguarda l’esecuzione di un’attivita’ di conservazione del costruito che non incide sull’uso preesistente del territorio, ovvero opere interne e singole unita’ immobiliari delle quali non si devono alterare i volumi e le superfici ne’ modificare le destinazioni di uso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Va anzitutto osservato che l’assunto in base al quale il Tribunale di Asti e’ pervenuto ad assoluzione dell’imputato non e’, in adesione alle ragioni puntualmente sviluppate dal P.M. ricorrente, condivisibile.

E’ incontroverso il fatto che, nella specie, ricevuta nel 2010 un’ordinanza comunale con cui lo si invitava a sostituire la copertura in fibra d’amianto di un manufatto di sua proprieta’, l’imputato decideva di abbattere integralmente l’edificio e di ricostruirlo in blocchi di calcestruzzo; era stato cosi’ edificato un nuovo manufatto, con sagoma inferiore e volume totale inferiore rispetto a quello precedente, in totale assenza di titolo abilitativo.

4. Cio’ posto, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’attivita’ posta in essere debba essere qualificata come “intervento di manutenzione straordinaria” e non gia’ come intervento di “ristrutturazione edilizia”, si’ da non essere soggetta al rilascio del permesso a costruire : infatti, a seguito delle modifiche operate al testo dell’articolo 3, comma 1, lettera b), del Decreto del Presidente della Repubblica cit., dal Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, articolo, convertito in Legge 11 novembre 2014, n. 164 (il cui originario contenuto era nel senso che dovessero intendersi per interventi di manutenzione straordinaria “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici nonche’ per realizzare ed integrare i servizi igienico – sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unita’ immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” e il cui contenuto successivo e’, invece, ora, nel senso che per interventi di manutenzione straordinaria debbono intendersi “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici nonche’ per realizzare ed integrare i servizi igienico – sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”), si sarebbe ampliata la definizione di “interventi di manutenzione straordinaria”; infatti, ha continuato la sentenza, per effetto della nuova definizione, sarebbero incluse in essa tutte le attivita’ manutentive che, pur incidendo sulle superfici di un edificio, non abbiano tuttavia determinato un aumento del volume complessivo della costruzione (come nella specie avvenuto).

5. Va di contro osservato, pero’, che, come correttamente sottolineato dal P.M. ricorrente, l’articolo 3, comma 1, lettera d) dello stesso Decreto del Presidente della Repubblica, come modificato dal Decreto Legge n. 69 del 2013, articolo 30 comma 1, lettera a), convertito con modificazioni nella Legge n. 98 del 2013, prevede che rientrino all’interno degli interventi di ristrutturazione edilizia “anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonche’ quelli volti al ripristino di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purche’ sia possibile accertarne la preesistente consistenza”; sicche’ deve ritenersi che il legislatore, come segnalato dall’inequivoco riferimento alla “demolizione e ricostruzione” del preesistente edificio, quand’anche di uguale volumetria, abbia inteso comunque ricomprendere l’intervento di specie in quello di ristrutturazione edilizia e non gia’ di manutenzione edilizia, non potendo ritenersi che l’ambito applicativo della disposizione, rimasta sul punto significativamente inalterata anche a seguito della modifica impressa alla Legge n. 164 del 2014, articolo 3, comma 1, lettera b), abbia subito riduzioni anche solo di carattere interpretativo tali da escluderne appunto la attivita’, tipicamente considerata, di abbattimento e ricostruzione. E cio’, a maggior ragione, ove si consideri che il tratto essenziale degli interventi di manutenzione straordinaria continua a consistere nella finalizzazione degli stessi alla “rinnovazione e sostituzione di parti anche strutturali degli edifici”, di per se’ non compatibile con una condotta, ben diversa, di abbattimento e ricostruzione dell’intero edificio.

6. Ritenuto dunque che l’intervento posto in essere dall’imputato rientrava in quello di ristrutturazione edilizia, va pero’ osservato che lo stesso, per gli elementi di fatto incontroversi che lo hanno caratterizzato, ovvero, in particolare, il mancato aumento della volumetria, non richiedeva il rilascio del permesso a costruire, bensi’, al momento dei fatti, di una mera d.i.a., ovvero, alla data odierna, di una s.c.i.a..

Va infatti osservato che, secondo quanto previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera c), del Decreto del Presidente della Repubblica cit., come modificato, da ultimo, dal Decreto Legge n. 133 del 2014, articolo 17, convertito in Legge n. 164 del 2014, sono assoggettati a permesso di costruire “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici e dei prospetti”, ovvero che si connettano a mutamenti di destinazione d’uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A), mentre, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica, “sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attivita’ (in precedenza, denuncia di inizio di attivita’) gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’articolo 10, e all’articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente”. E questa Corte ha piu’ volte precisato, in concordanza con tali previsioni, ancor prima delle modifiche da ultimo intervenute, che devono ritenersi realizzabili, previa mera denunzia di attivita’ (non alternativa al permesso di costruire, equivalente come detto alla odierna S.c.i.a.), le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioe’, che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica, nel senso, cioe’, di diversa da quelle descritte dall’articolo 10, comma 1, lettera c), che possono incidere, invece, sul carico urbanistico (Sez. 3, n. 20350 del 16/03/2010, Magistrati, Rv. 247177; Sez. 3, n. 16393 del 17/02/2010, Cavallo, Rv. 246757); e, da ultimo, sempre questa Corte e’ pervenuta ad affermare che, per effetto delle piu’ recenti modifiche (Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, articolo 30, conv. in Legge 9 agosto 2013, n. 98), gli interventi di “ristrutturazione edilizia”, consistenti nel ripristino o nella ricostruzione di edifici o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, debbono ritenersi assoggettati alla procedura semplificata della S.c.i.a., se si tratta di opere che non rientrano in zona paesaggisticamente vincolata e rispettano la preesistente volumetria, anche quando implicano una modifica della sagoma dell’edificio (Sez.3, n. 40342 del 03/06/2014, Quarta, Rv. 260551).

Ne consegue che un intervento di demolizione e ricostruzione con volumetria non superiore, come nella specie, a quella complessiva preesistente, e dunque certamente non incidente sul carico urbanistico, quale elemento considerato dalla norma evidentemente determinante, non poteva (gia’ prima delle ultime modifiche intervenute) e non puo’, a maggior ragione oggi, atteso che si prescinde, per gli immobili non sottoposti a vincoli, anche dalla modifica della sagoma, non rientrare nelle ristrutturazioni edilizie “leggere”, come tali assoggettabili a mera segnalazione certificata di attivita’, ove siano stati rispettati gli ulteriori requisiti contemplati dall’articolo 22 cit..

E, nella specie, non risulta, ne’ dalla contestazione di cui all’imputazione ne’ dalla sentenza impugnata ne’, infine, dal ricorso che l’intervento non sia stato conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico – edilizia vigente ovvero abbia riguardato immobile vincolato. Ne consegue che, integrando comunque il fatto materiale contestato, sia pure per ragioni diverse da quelle illustrate dalla sentenza impugnata, un mero illecito amministrativo, il ricorso del P.M. va rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del P.M..

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