Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 29 agosto 2016, n. 35598

La circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità la fattispecie di cui al comma 5 dei d.P.R. 309/90 (ora fattispecie autonoma) può essere ravvisata solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato quantitativo e qualitativo della sostanza stupefacente oggetto di reato, sia dagli altri parametri richiamati dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5 (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, quando anche uno soltanto di tali indici risulti “negativamente assorbente”, si rende trascurabile l’eventuale presenza degli altri indici ed ogni altra inferenza diviene ultronea ai fini della decisione sull’attenuante speciale.
Il giudice, quando il quantitativo della droga sia rilevante ma non imponente, deve procedere ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione illecita, nonché la qualità e quantità delle sostanze.

Se la fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, non può essere applicata quando la quantità di stupefacente si riveli senz’altro “considerevole”, sì da accreditare una significativa potenzialità offensiva del fatto e la diffusività dell’opera di spaccio così da escludere la minima offensività dello stesso, ciò non dimeno, allorché la sostanza risulti rilevante ma certo non imponente, il giudice deve procedere ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dalla citata disposizione ossia di quelli attinenti all’azione illecita, cioè ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della stessa.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 29 agosto 2016, n. 35598

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 12 maggio 2015, la Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare dei Tribunale di Bergamo, che aveva condannato P. G. in relazione al reato di cui all’art. 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo A) e art. 4 legge 110/1975 (capo B), reati commessi il 28/05/2007, appellata dall’imputato e dal Procuratore Generale (in relazione alla mancata pronuncia sulla pena accessoria), previa qualificazione del fatto di cui al capo A) ai sensi del comma 5 dell’art 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha dichiarato non doversi procedere in relazione ad entrambi i reati per essere gli stessi estinti per prescrizione.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso il Procuratore Generale della Corte d’appello di Brescia, e ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge in relazione alla configurazione dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto sussistente l’ipotesi lieve in presenza di un rilevante dato ponderale (grammi 58 di cocaina lorda con principio attivo da cui erano ricavabili 77 dosi medie), elemento questo assorbente rispetto agli altri criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità quali mezzi, modalità ed altre dell’azione.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio.

Considerato in diritto

4. II ricorso del Procuratore Generale è manifestamente infondato.
Giova rilevare che, secondo i consolidati principi di questa Corte, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità la fattispecie di cui al comma 5 dei d.P.R. 309/90 (ora fattispecie autonoma) può essere ravvisata solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato quantitativo e qualitativo della sostanza stupefacente oggetto di reato, sia dagli altri parametri richiamati dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5 (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, quando anche uno soltanto di tali indici risulti “negativamente assorbente”, si rende trascurabile l’eventuale presenza degli altri indici ed ogni altra inferenza diviene ultronea ai fini della decisione sull’attenuante speciale (Sez. 3, n. 27064 del 19/03/2014, dep. 23/06/2014, Rv. 259664; Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, dep. 26/09/2013, Rv. 256610).
Peraltro, come affermato da Sez. 6, n. 9723 del 17/01/2013, Serafino, Rv. 254695, il giudice, quando il quantitativo della droga sia rilevante ma non imponente, deve procedere ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione illecita, nonché la qualità e quantità delle sostanze. Tale principio è stato poi ribadito in successive pronunce che hanno affermato che se la fattispecie di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, non può essere applicata quando la quantità di stupefacente si riveli senz’altro “considerevole”, sì da accreditare una significativa potenzialità offensiva del fatto e la diffusività dell’opera di spaccio così da escludere la minima offensività dello stesso, ciò non dimeno, allorché la sostanza risulti rilevante ma certo non imponente, il giudice deve procedere ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dalla citata disposizione ossia di quelli attinenti all’azione illecita, cioè ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della stessa (Sez. F, n. 39844 del 13/08/2015, Bannour, Rv. 264678, Sez. 6, n. 21612 del 29/04/2014, Villari, Rv. 259233; Sez. 6, n. 41090 del 18/07/2013, Airano, Rv. 256609).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha dato rilievo al dato quantitativo (grammi 58 lordi di cocaina da cui erano ricavabili 77 dosi medie singole) ed ha poi valutato le altre circostanze dell’azione (detenzione in un unico involucro trasportato in auto da cui ha argomentato la non immediata finalità di cessione, l’assenza di precedenti penali specifici) ed ha tratto il convincimento dell’assenza di professionalità dell’agire.
La decisione impugnata, nel caso concreto, appare corretta sul piano dei diritto. La Corte d’appello ha escluso il giudizio di preminente “assorbenza” dei dato ponderale; dato ponderale, per altro di per sè non esorbitante (77 dosi di cocaina) e non trascendente una ragionevole soglia di valore economico, ed ha poi valutato le altre circostanze dell’azione, da cui ha tratto il convincimento della tenuità del fatto antigiuridico ai fini dei globale giudizio sulla concreta offensività della condotta penalmente rilevante dei prevenuto. Conclusivamente, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principio sopra richiamato e in presenza di quantità di stupefacente “rilevante”, ma certo non imponente, ha proceduto ad una valutazione globale ed onnicomprensiva di tutti gli elementi indicati dalla citata disposizione ossia di quelli attinenti all’azione illecita, cioè ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della stessa ed ha ritenuto il fatto di lieve entità.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione nel caso concreto dei principi ermeneutici sopra richiamati e il ricorso dei Procuratore Generale deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso dei Procuratore generale della Corte d’appello di Brescia.

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