Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 19 luglio 2017, n. 35553

Non commette reato il marito che fornisce al giudice un cd con le immagini della propria moglie durante un rapporto sessuale con il suo amante per ottenere un taglio dell’assegno. Il consenso del diretto interessato non e’ richiesto quando la comunicazione del dato sensibile (che costituisce prova) avvenga ad opera di persona diversa dal titolare del diritto esercitato in giudizio, purche’ la condotta sia posta in essere a questo esclusivo scopo (e dunque il dato sia rilevante o comunque non manifestamente irrilevante nel processo), per il periodo strettamente necessario e sia autorizzato dal Garante della Privacy (autorizzazione che per casi simili e’ ricorrentemente data in via generale e preventiva).

 

Sentenza 19 luglio 2017, n. 35553
Data udienza 11 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS);

parti civili nel processo a carico di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 22/09/2015 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Aldo Aceto;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Tocci Stefano, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello;

udito il difensore delle parti civili, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;

udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS)ino, che ha concluso per l’inammissibilita’ o comunque per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. I sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), parti civili nel processo a carico di (OMISSIS), ricorrono per l’annullamento della sentenza del 22/09/2015 della Corte di appello di Milano che, in parziale riforma di quella del 20/09/2013 del Tribunale di Lecco, impugnata dall’imputato, ha assolto quest’ultimo dai reati di cui ai capi A e B della rubrica, perche’ il fatto non costituisce reato, ha revocato le statuizioni civili di condanna in favore del (OMISSIS) e, limitatamente ai due suddetti reati, anche della (OMISSIS), ha rideterminato la pena per il residuo reato di cui al capo C nella misura di quattro mesi di reclusione e 200,00 Euro di multa, rideterminando l’entita’ della provvisionale, in favore della (OMISSIS) nella misura di 1.000,00 Euro.

1.1. Con il primo motivo, deducendo che l’illecito trattamento dei dati e’ stato effettuato da un soggetto estraneo al procedimento civile di separazione nel quale e’ stato prodotto il CD che ritrae le odierne parti civili in atteggiamenti intimi e che in ogni caso tale produzione e’ stata scorrettamente effettuata, oltre ogni tempestivo termine istruttorio, per contrastare la domanda di riduzione dell’assegno di mantenimento proposta dal (OMISSIS), eccepiscono, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), l’inosservanza del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articoli 13, 26 e 167 e articolo 51 c.p..

1.2.Con il secondo motivo, che riprende i temi gia’ esposti con il primo, eccepiscono, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), l’inosservanza dell’articolo 51 c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. I ricorsi sono infondati.

3. Il (OMISSIS) risponde dei seguenti reati: a) del reato p. e p. dal Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167, perche’, al fine di recare un danno a (OMISSIS) e (OMISSIS), procedeva illecitamente al trattamento dei dati personali degli stessi, consistito nel produrre, nell’ambito di un procedimento di separazione tra coniugi presso il tribunale di Lecco, un CD contenente fotografie digitali e filmati ritraenti i predetti (OMISSIS) e (OMISSIS) in atteggiamenti intimi e, in particolare, anche nel compimento di atti sessuali; b) del reato p. e p. dall’articolo 595 c.p., perche’, con le modalita’ descritte al capo che precede, comunicando con piu’ persone, offendeva la reputazione di (OMISSIS) e (OMISSIS); c) del reato p. e p. dall’articolo 646 c.p. e articolo 61 c.p., n. 11, per essersi appropriato, mediante la consegna a (OMISSIS), del compact disk di cui al capo (A) di imputazione, di proprieta’ di (OMISSIS), del quale aveva il possesso per averlo rinvenuto nella casa coniugale, con l’aggravante dell’aver commesso il fatto con abuso di relazioni domestiche o di coabitazione, per procurare a se’ un ingiusto profitto morale consistente tra l’altro nella volonta’ o nell’aspettativa che immagini riservate e tutelate dalla c.d. legge sulla privacy, ritraenti la propria moglie e (OMISSIS) in atteggiamenti di carattere sessuale, fossero divulgate nella cerchia degli addetti ai lavori delle cause giudiziarie in corso.

3.1.Dalla lettura delle sentenze di merito (convergenti nella incontestata ricostruzione del fatto) risulta che il CD in questione fu casualmente rinvenuto dal (OMISSIS), marito della (OMISSIS), nella propria abitazione coniugale e che fu consegnato a (OMISSIS), moglie del (OMISSIS), che lo aveva a sua volta prodotto nel giudizio civile di separazione con quest’ultimo.

3.2.Secondo la Corte di appello la produzione in giudizio del CD non costituisce violazione della disciplina in tema di protezione dei dati personali con conseguente insussistenza – per quanto qui rileva – dei reati di cui ai capi A e B della rubrica e cio’ sul rilievo che e’ legittimo difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali. Cita a sostegno la sentenza di Cass. pen., Sez. 3, n. 35296 del 20/04/2011, Cozzolino, Rv. 250852 (secondo cui in tema di trattamento illecito di dati, la facolta’ di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza stabiliti dalla legge, sicche’ la legittimita’ della produzione di documenti contenenti tali dati va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa) e Cass. civ., Sez. U, n. 3034 del 08/02/2011, Rv. 616637 – 01 (che, in un caso in cui la parte aveva notificato l’ordine di esibizione dato dal giudice istruttore ed alcuni verbali d’udienza in collegamento con lo stesso ordine, anche in assenza del consenso del titolare dei dati riportati nei predetti atti, ha affermato il seguente principio: In tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attivita’ processuale giacche’ detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi del Decreto Legislativo n. 193 del 2003, articoli 7, 24, 46 e 47 (cd. codice della privacy), quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell’ambito di un processo; in esso, infatti, la titolarita’ del trattamento spetta all’autorita’ giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, e’ il codice di rito a regolare le modalita’ di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benche’ anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy).

3.3. Tali principi, pero’, non affrontano il caso, ben diverso, del trattamento del dato sensibile da parte di persona diversa dal titolare del diritto esercitato o vantato in giudizio e della conseguente necessita’ del consenso dell’interessato.

3.4.Osserva innanzitutto il Collegio che le questioni di fatto che supportano l’eccezione di non correttezza e non pertinenza della produzione del CD rispetto ai temi trattati nel processo civile di separazione tra coniugi, non sono scrutinabili in questa sede e non risulta (ne’ i ricorrenti lo deducono) che la questione sia stata effettivamente devoluta in appello. Non vi sono margini per affermare che il documento sia stato prodotto in una causa per riduzione dell’assegno di mantenimento (la questione ha una sua rilevanza, come oltre si vedra’).

3.5.La condotta che integra, sul piano materiale, il reato di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167, consiste nel “trattamento di dati personali” in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130 ovvero in applicazione dell’articolo 130, comma 1, stesso decreto, o in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20 e 21, articolo 22, commi 8 e 11, articoli 25, 26 e 27 e articolo 45 (comma 2), se dal fatto deriva nocumento. Il comma 1 prevede una sanzione piu’ grave “se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione”.

3.6. Il capo di imputazione e’ silente; le parti civili eccepiscono la violazione del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 26, ma poiche’ il Tribunale aveva ritenuto piu’ grave il reato di cui all’articolo 646 c.p., (punito con la reclusione fino a tre anni), se ne deve dedurre che oggetto di contestazione fosse l’ipotesi contemplata al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167, comma 1, e segnatamente la condotta posta in essere in violazione dell’articolo 23 dello stesso decreto (il trattamento di dati personali da parte di un privato in assenza del consenso dell’interessato, punito fino a due anni di reclusione).

3.7. “Comunicazione” e “diffusione” costituiscono “trattamento dei dati personali” (articolo 4, comma 1, lettera a). In particolare: la “comunicazione” consiste nel dare conoscenza dei dati personali a uno o piu’ soggetti determinati diversi dall’interessato, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione (articolo 4, comma 1, lettera l); la “diffusione” consiste nel dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione (articolo 4, comma 1, lettera m).

Dalla lettura sistematica di tale norma con quella di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 24, comma 1, lettera f, si puo’ affermare che la produzione in giudizio non costituisce una forma di “diffusione”, bensi’ di “comunicazione” del dato in quanto destinato a circolare tra (e ad essere conosciuto da) persone determinate.

3.8. Il cit. Decreto Legislativo n. 196, articolo 5, comma 3, stabilisce che il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali e’ soggetto alla applicazione del codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Il che significa che, ove tali fini non sussistano, il privato puo’ commettere il reato di cui all’articolo 167, anche mediante la semplice comunicazione.

3.9. Nel caso di specie non v’e’ dubbio che il (OMISSIS) non ha agito per fini esclusivamente personali, bensi’ per consentire anche ad altri, nella specie la moglie del (OMISSIS), di produrre il documento nel giudizio civile di separazione coniugale tra quest’ultima ed il marito. Occorre percio’ valutare se per l’utilizzo in giudizio del CD fosse necessario il consenso dell’interessata.

3.10. L’articolo 24, comma 1, lettera f, cit., consente il trattamento del dato personale senza il consenso dell’interessato quando, “con esclusione della diffusione, e’ necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla L. 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalita’ e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale”.

3.11. Il Decreto Legislativo n. 196, articolo 26, comma 4, lettera c, prevede che i dati sensibili possono essere oggetto di trattamento anche senza il consenso dell’interessato, previa autorizzazione del Garante, “quando il trattamento e’ necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla L. 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalita’ e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, il diritto deve essere di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalita’ o in un altro diritto o liberta’ fondamentale e inviolabile”.

3.12. Il Garante periodicamente autorizza in via generale e provvisoria, ai sensi dell’articolo 40 e articolo 41, comma 5, il trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale quando, appunto, “sia necessario per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla L. 7 dicembre 2000, n. 397, o comunque per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, nonche’ in sede amministrativa o nelle procedure di arbitrato e di conciliazione nei casi previsti dalle leggi, dalla normativa comunitaria, dai regolamenti o dai contratti collettivi, sempre che il diritto sia di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalita’ o in altro diritto o liberta’ fondamentale e inviolabile, e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalita’ e per il periodo strettamente necessario per il loro perseguimento” (autorizzazione n. 2 del 16/12/2009, pubblicata sulla G.U. n. 13 del 18 gennaio 2010, valida fino al 30/06/2011).

3.13. Il Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 160, comma 6, prevede, infine, che “la validita’, l’efficacia e l’utilizzabilita’ di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale”,

3.14.Sia gli articoli 24 e 26, cit., che l’autorizzazione del garante n. 2 del 2009, fanno riferimento all’esercizio o alla difesa di un diritto in quanto tale, che puo’ percio’ essere anche altrui.

Il Decreto Legislativo n. 196 cit., articolo 71, comma 1, lettera b, prevede espressamente la finalita’ di far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo. E’ insomma in gioco il diritto di difesa costituzionalmente tutelato dall’articolo 24 Cost., che non puo’ risentire di limitazioni indirettamente derivanti dal pericolo di esporre a conseguenze penali il terzo che consegni al contraddittore in giudizio una prova di cui abbia il possesso ed il cui utilizzo in giudizio dovrebbe essere addirittura consentito proprio da colui contro il quale si intende produrla.

3.15. Il contemperamento degli opposti interessi, in questi casi, trova il suo punto di equilibrio: a) nel divieto, innanzitutto, della diffusione del dato sensibile al di fuori della sede processuale; b) nella necessita’ che il trattamento venga effettuato esclusivamente per l’esercizio o la difesa del diritto e per il periodo ad esso strettamente necessario; c) nell’ulteriore divieto, quando si tratti di dati idonei a rivelare la vita sessuale dell’interessato, di comunicarli in sede processuale quando il diritto non sia di rango pari a quello dell’interessato, ovvero non consista in un diritto della personalita’ o in altro diritto o liberta’ fondamentale e inviolabile. Ricorrendo queste condizioni, il legislatore accorda preferenza al diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost., sacrifica, sul piano della penale rilevanza, il nocumento eventualmente subito dalla parte interessata a seguito della comunicazione del dato sensibile e coerentemente esclude anche il dolo di danno necessario ai fini della sussistenza del reato di cui al Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 167 da parte dell’autore della comunicazione.

3.16.E’ agevole evidenziare, del resto, che, ne’ secondo il codice di procedura civile, ne’ secondo quello di procedura penale, tale consenso costituisce un requisito di ammissibilita’ della prova.

La regula iuris contenuta nel cit. Decreto Legislativo n. 196, articolo 167, ne costituisce la manifestazione piu’ evidente.

3.17. Nel caso di specie, si tratta di prova tipica, disciplinata, a fini civilistici, dall’articolo 2712 c.c., e, a fini penalistici, dall’articolo 234 c.p.p.. L’articolo 183 c.p.c., comma 7, e articoli 187 e 190 c.p.p., ne subordinano l’ammissione in giudizio alla rilevanza e pertinenza rispetto ai temi oggetto di regiudicanda. E’ appena il caso di precisare, peraltro, che il divieto di utilizzazione delle prove acquisite in violazione di legge attiene alla violazione delle norme processuali che regolano la formazione della prova e non anche alle prove acquisite in violazione di divieti previsti da disposizioni normative poste a tutela di altri diritti (Sez. 5, n. 33560 del 28/05/2015, Leto, Rv. 264355).

3.18 In ogni caso e’ certo che il documento non e’ stato diffuso, ma solo messo a disposizione di una parte privata che l’ha utilizzato esclusivamente per far valere i propri diritti in sede giudiziaria; il che rende il fatto atipico rispetto alla fattispecie incriminatrice, con conseguente insussistenza del fatto per mancanza di un elemento strutturale della fattispecie (la violazione dell’articolo 23).

3.19.In conclusione, il consenso del diretto interessato non e’ richiesto quando la comunicazione del dato sensibile (che costituisce prova) avvenga ad opera di persona diversa dal titolare del diritto esercitato in giudizio, purche’ la condotta sia posta in essere a questo esclusivo scopo (e dunque il dato sia rilevante o comunque non manifestamente irrilevante nel processo), per il periodo strettamente necessario e sia autorizzato dal Garante della Privacy (autorizzazione che per casi simili e’ ricorrentemente data in via generale e preventiva).

3.20.Resta tuttavia il divieto, incondizionato, di trattare il dato sensibile relativo all’attivita’ sessuale quando il diritto non sia di rango pari a quello dell’interessato, ovvero non consista in un diritto della personalita’ o in altro diritto o liberta’ fondamentale e inviolabile.

3.21.Quest’ultimo aspetto della vicenda e’ rimasto completamente sullo sfondo ed e’ estraneo al tema devoluto (la necessita’ del consenso dell’interessato/autorizzazione Garante in caso di trattamento del dato sensibile da parte del terzo non titolare del diritto esercitato in giudizio), sicche’ non e’ possibile, ne’ necessario, affrontarlo funditus, anche perche’ il capo di imputazione e’, come detto, silente e non indica nemmeno, giova ribadirlo, sotto quale profilo sia stata contestata la violazione del Decreto Legislativo n. 196, articolo 167.

3.22.Si puo’ solo affermare che il diritto “di pari rango” non puo’ identificarsi con il diritto di difesa tout court, bensi’ con quello esercitato in giudizio. Nel caso di specie, trattandosi di una causa di separazione coniugale non si puo’ certamente escludere, almeno a livello astratto, che il diritto esercitato in giudizio sia di pari rango di quello degli interessati.

3.23.Il primo motivo e’ dunque infondato.

4. Il secondo motivo e’ totalmente infondato essendo evidente che il diritto di difesa, tutelato e garantito dall’articolo 24 Cost., comma 2, prevale sul diritto alla reputazione della persona quando possa essere leso dal contenuto della prova prodotta in giudizio.

Ne consegue che i ricorsi devono essere rigettati.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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