Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 16 gennaio 2017, n. 1752

In caso di accusa di violenza sessuale su minori è illegittimo per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio il rifiuto del giudice di appello di disporre una perizia psicologica al fine di accertare l’attitudine della persona offesa a testimoniare quando l’accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose della vittima, proprie dell’età e della struttura personologica del bambino, ove non venga fornita adeguata motivazione della superfluità del mezzo di prova richiesto

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 16 gennaio 2017, n. 1752

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 15/07/2015 della Corte di Appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte depositate in udienza;

udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15.7.2015, la Corte di Appello di Milano in parziale riforma della sentenza del 13.7.2012 del Tribunale di Monza, con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’articolo 81 cpv c.p. e articolo 609 quater c.p., commi 1 e 5 – perche’ nel tempo in cui i minori (OMISSIS) e (OMISSIS) gli erano affidati per ragioni di vigilanza e custodia ripetutamente compiva atti sessuali con (OMISSIS), minore di anni dieci, portando la bambina in bagno dove le imponeva reciproci rapporti oro-genitali – e, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, era stato condannato alla pena di anni sei di reclusione ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili con liquidazione di una provvisionale, disponeva la riduzione della provvisionale e confermava nel resto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera b) e articolo 179 c.p.p., comma 1, articolo 181 c.p.p., comma 1, articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 603 c.p.p., commi 1 e 5 per indeterminatezza della formulazione del capo di imputazione.

Precisa che la doglianza e l’impugnativa investono sia l’ordinanza di rigetto del 19.5.2015 che la sentenza di appello.

Argomenta che l’indeterminatezza del capo di imputazione si evinceva chiaramente nella menzione della dimensione temporale dei fatti, indicata genericamente con l’espressione “a (OMISSIS) dal (OMISSIS).

L’imputazione, inoltre, non teneva conto della circostanza che il (OMISSIS) raggiungeva la maggiore eta’ il 31.10.2006 e che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza aveva disposto in sede di emissione di ordinanza di rinvio a giudizio lo stralcio per i fatti relativi al periodo in cui il predetto era minorenne; il Giudice per le indagini preliminari avrebbe, comunque, dovuto disporre il proscioglimento per i due episodi successivi alla maggiore eta’ (9.2.2007 e 24.11.2007), indicati nella denuncia sporta dalla madre prima e dal padre poi, mentre era evidente in atti che non vi era prova del compimento del reato contestato (non trovando riscontro l’episodio del (OMISSIS) ed essendo emerso che in data (OMISSIS) l’imputato era impegnato quale istruttore in un corso di nuoto).

Il Tribunale, quindi, avrebbe dovuto dichiarare la nullita’ del decreto che disponeva il giudizio per insufficiente enunciazione del fatto oggetto di imputazione e disporre la regressione del procedimento all’udienza preliminare;

risultava, infatti, non solo la nullita’ relativa del decreto che disponeva il giudizio ma anche la nullita’ a regime intermedio della richiesta di rinvio a giudizio.

La Corte di appello, invece, non riteneva fondata l’eccezione preliminare di nullita’ del decreto dispositivo del giudizio e della sentenza di primo grado ribadita con i motivi di appello, e, peraltro riportava in sentenza il capo di imputazione originario senza considerare lo stralcio disposto dal Giudice per le indagini preliminari per i fatti antecedenti al compimento della maggiore eta’ da parte dell’imputato.

Deduce, altresi’, la violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3, articolo 192 c.p.p. e articolo 597 c.p.p., commi 1 e 3, in ordine al rigetto immotivato della richiesta di osservare, nel contraddittorio delle parti ed in sede di discussione, la ripresa audio-video relativa allo svolgimento dell’incidente probatorio del 7.7.2009.

Argomenta che l’articolo 398 c.p.p., comma 5 bis, impone la documentazione integrale del minore con mezzi di produzione fonografica o audiovisiva e che la Corte avrebbe dovuto consentire alla difesa di avvalersi dello strumento audio-video per illustrare con metodo tecnico le ragioni in base alle quali l’ascolto del minore aveva portato ad un risultato viziato dell’atto istruttorio.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 134, 482 e 140 c.p.p., articolo 111 Cost., articolo 6 CEDU e delle norme di cui al Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12 nonche’ degli articoli 597 e 598 c.p.p., per mancata verbalizzazione e correzione del verbale di udienza e della sentenza.

Precisa che la doglianza e l’impugnativa investono sia l’ordinanza di non luogo a provvedere avverso l’istanza di correzione verbale di udienza del 7.8.2015 che la sentenza di appello e che l’omissione riguarda non un mero fatto da certificarsi ma l’attivita’ propria delle parti in udienza (richieste delle parti ed allegazioni al verbale di udienza nella forma della memoria).

Aggiunge che tale vizio colpisce anche l’ordinanza resa dalla Corte di Appello in data 3.11.2015 che dichiarava inammissibile l’istanza di correzione di errore materiale di sentenza depositata in data 15.10.2015, laddove alla pag. 8 indicava, erroneamente, che la memoria sulla eccezione preliminare di nullita’ della sentenza di primo grado per effetto della indeterminatezza del capo di imputazione, depositata all’udienza del 19.5.2015, era stata depositata in data 20.5.2015, ossia fuori udienza.

Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di in relazione all’articolo 603 c.p.p., commi 1 e 5 per mancata assunzione di prova decisiva in relazione all’articolo 495 c.p.p., comma 2, (disposizione di perizia in contraddittorio in merito alla capacita’ a testimoniare della persona offesa e del teste (OMISSIS)), precisando che tale richiesta era gia’ avanzata in primo grado; deduce, altresi’, omessa decisione in riferimento alle eccezioni e questioni preliminari dedotte con l’atto di appello e con le memorie difensive depositate alla prima udienza del 19.5.2015; deduce, infine, la violazione delle norme di cui all’articolo 191 c.p.p. e articolo 192 c.p.p., comma 3.

Argomenta specificamente che la Corte di appello non aveva immediatamente provveduto con ordinanza, come richiesto dall’articolo 603 c.p.p. ne’ alcuna motivazione aveva offerto in sentenza in merito alla richiesta di rinnovazione del dibattimento con disposizione di perizia- anche su base documentale- in merito alla capacita’ a testimoniare dei minori e sulla attendibilita’ del dichiarato alla luce delle cartelle cliniche in atti; conseguentemente, la Corte territoriale non aveva adempiuto l’obbligo motivazionale a suo carico, obbligo che doveva tradursi in una motivazione esplicita sulla richiesta ex articolo 603 c.p.p. avanzata.

Aggiunge che la disposizione di perizia sulla capacita’ a testimoniare dei minori si imponeva, sia nella fase antecedente l’incidente probatorio che nella fase successiva, quanto meno documentale con riferimento al materiale acquisito in atti nel corso del dibattimento e non sottoposto, nei contenuti, ad un reale contraddittorio; inoltre, la Corte territoriale aveva errato nel ritenere equipollente al vaglio peritale le dichiarazioni rese dalla neuropsichiatra e dalle due psicologhe del centro (OMISSIS), centro presso il quale, in ragione della complessita’ dei traumi relativi al periodo preadottivo, erano in carico i minori; le due psicologhe, in particolare, avevano svolto nel processo piu’ ruoli: accompagnamento dei minori in sede di incidente probatorio, psicoterapeute, quello di ausilio alla preparazione all’incidente probatorio e, infine, quello di testimoni della pubblica accusa.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

In data 26.9.2016, la ricorrente ha depositato memoria contenenti motivi aggiunti, nei quali argomenta ulteriormente in ordine ai motivi proposti ed al fine di consentire il rilievo che le questioni di diritto proposte possono dar luogo ad un contrasto giurisprudenziale e la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’articolo 618 c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.

1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, quando questa contenga, con adeguata specificita’, i tratti essenziali del fatto di reato contestato in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa (Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Rv.264772; Sez.3, n.35964 del 04/11/2014, dep.04/09/2015, Rv.264877; Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013, dep. 2014, Rv. 258948).

Va, inoltre, richiamato l’orientamento secondo cui la contestazione non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito (Sez. 5, n. 51248 del 05/11/2014, Rv. 261741; Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Rv. 264772; Sez.2, n.2741 del 11/12/2015, dep.21/01/2016, Rv.265825).

Nella specie, non sussiste alcuna incertezza sull’imputazione, in quanto il fatto e’ stato contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa.

Come rilevato dal Collegio di merito, il diritto di difesa del (OMISSIS) non risulta in alcun modo inciso, in quanto gli elementi essenziali del fatto e cioe’, la tipologia degli atti sessuali imposti alla minore (ripetuti rapporti oro-genitali), il relativo contesto ambientale (nelle occasioni di affidamento a (OMISSIS) in custodia e vigilanza) ed i riferimenti di luogo e di tempo (dapprima in (OMISSIS), ove la famiglia (OMISSIS) si trasferi’, dal (OMISSIS), con riferimento ai fatti occorsi dal (OMISSIS) e, cioe’ a far data dal raggiungimento della maggiore eta’ da parte dell’imputato, come precisato nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del 15.7.2010) risultano compiutamente descritti (pag. 9 della sentenza impugnata).

Inoltre, come ulteriormente osservato dalla Corte territoriale, l’indicazione dei singoli episodi di abuso sessuale non costituisce un elemento descrittivo decisivo per l’esercizio delle prerogative difensive, essendo stato l’imputato ed il suo difensore posti in condizione di conoscere tali aspetti dell’addebito nella trasparenza degli atti inseriti nel fascicolo processuale.

La Corte territoriale, pertanto, ha correttamente respinto l’eccezione di nullita’ in questione, con motivazione congrua ed in linea con i suesposti principi di diritto.

Condivisibile e’ anche la valutazione che non assume rilievo la circostanza che la sentenza di primo grado (e conseguentemente anche quella di appello) riporti il capo di imputazione originario senza menzionare lo stralcio dei fatti relativi al periodo antecedente al compimento della maggiore eta’ da parte dell’imputato.

I Giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, infatti, hanno dato compiutamente atto nel corpo della motivazione che l’imputato veniva giudicato soltanto per gli abusi sessuali commessi dal (OMISSIS) alla fine del (OMISSIS) e, conseguentemente, affermato la responsabilita’ dello stesso solo per tali fatti (cfr pag 9 della sentenza impugnata e pag 46 della sentenza di primo grado).

Va richiamato, sul punto, il principio di diritto affermato da questa Corte, in caso analogo, in base al quale non ricorre alcuna ipotesi di nullita’ della sentenza nell’ipotesi in cui la stessa riporti in apertura solo la parte originaria del capo d’imputazione, priva delle specificazioni contestate in udienza, allorquando queste ultime siano state comunque trascritte e trattate nel corpo della motivazione, nonche’ considerate nel dispositivo (Sez.4, n.15549 del 27/06/2007, dep. 15/04/2008, Rv. 239528).

Tale principio trova applicazione anche nel caso in esame, attesa l’omogeneita’ delle fattispecie considerate.

1.2. E’, poi, infondata l’ulteriore doglianza con la quale si censura il diniego della Corte territoriale di disporre, nel contraddittorio delle parti ed in sede di discussione, la visione della ripresa audio-video relativa allo svolgimento dell’incidente probatorio del 7.7.2009.

Va evidenziato che i Giudici di appello hanno rigettato l’istanza summenzionata (ordinanza del 19.5.2015) ed hanno, poi, proceduto, in sede di decisione, alla visione dei filmati dell’incidente probatorio, come si evince dalla lettura della sentenza impugnata (pag 22).

Tale decisione e’ corretta.

Va richiamato, sul punto, il principio di diritto secondo il quale la visione da parte del giudice di documentazione audiovisiva non e’ qualificabile in termini di acquisizione o istruzione probatoria e non costituendo attivita’ diretta alla formazione della prova, quindi, non deve aver luogo necessariamente in contraddittorio (Sez 2, n. 22184 del 22/05/2007, Rv.237016; Sez 2 n.36350 del 23/03/2015, Rv. 265635).

Deve, infatti, distinguersi il piano dell’assunzione della prova, che deve avvenire nel contraddittorio delle parti, dal piano della valutazione della prova, che e’, invece, atto del giudice che si basa sul principio del libero convincimento e che non deve avvenire in contraddittorio ma esternarsi con adeguata e logica motivazione.

2. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile per tardiva proposizione.

L’impugnazione avverso i provvedimenti di rigetto delle istanze di correzione non ha, infatti, rispettato i termini ordinari di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera A) e, cioe’, quindici giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento, come disposto dall’articolo 585 c.p.p., comma 2, lettera a).

Il provvedimento di rigetto dell’istanza di correzione del verbale di udienza del 7.8.2015, reso all’esito della camera di consiglio del 7.9.2015, e’ stato comunicato in data 7.10.2015 ed il provvedimento del 3.11.2015, che dichiarava inammissibile l’istanza di correzione di errore materiale della sentenza depositata in data 15.10.2015, e’ stato comunicato in data 3.11.2015: il ricorso per cassazione e’ stato proposto tardivamente, solo in data 27.11.2015 (cfr annotazione in calce alla sentenza impugnata).

3. Il terzo motivo di ricorso e’ fondato, sulla base delle considerazioni che seguono.

3.1. Va, innanzitutto, evidenziato che non integra alcuna nullita’ di ordine generale (articoli 178 e 180 cod. proc. pen.) l’omessa immediata pronuncia da parte della Corte di appello in ordine all’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, come richiesto dall’articolo 603 cod. proc. pen..

In tema di giudizio d’appello, infatti, l’omessa pronuncia dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di rinnovazione del dibattimento non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e, comunque, non integra alcuna nullita’ di ordine generale (articoli 178 e 180 cod. proc. pen.) sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell’imputato preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all’articolo 111 Cost., posto che le ragioni della difesa sono salvaguardate “ex ante” dalla facolta’ della difesa di articolare e illustrare le richieste di prova ed “ex post”, attraverso la possibilita’ di impugnare la sentenza- come avvenuto nella specie (Sez. 4, n. 46193 del 05/07/2013, Rv. 258088; Sez. 5, n. 12443 del 20/01/2005, Rv. 231682).

3.2. Cio’ posto, la difesa censura il mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’espletamento di una perizia ai sensi dell’articolo 196 c.p.p., comma 2 nei confronti della persona offesa, la minore (OMISSIS) (la cui eta’ all’epoca dei fatti era all’incirca di cinque anni) e del teste (OMISSIS) (la cui eta’ all’epoca dei fatti era di circa di otto anni).

Va evidenziato che la richiesta di perizia era stata avanzata dalla difesa dell’imputato gia’ in sede di incidente probatorio, poi in sede di richieste istruttorie dinanzi al Tribunale e, quindi, riproposta nei motivi di appello.

Orbene, e’ stato osservato da questa Corte, in caso analogo (Sez.3, n.1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, Rv.254464), che, nella specie, non viene in rilievo l’articolo 603 c.p.p. ed il principio che la rinnovazione in appello e’ evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione di assoluta necessita’ della prova. Questa disposizione riguarda soltanto l’ipotesi in cui una parte abbia richiesto in appello la riassunzione di prove gia’ acquisite nel dibattimento di primo grado ovvero l’assunzione di nuove prove.

Nel caso in esame, invece, l’imputato con l’atto di appello aveva eccepito la illegittimita’ della statuizione con la quale il giudice di primo grado non aveva ammesso le prove tempestivamente e ritualmente richieste dalla difesa, in particolare con riferimento alla perizia in contraddittorio relativa alla capacita’ a testimoniare della persona offesa e del teste (OMISSIS).

Il principio applicabile al caso, pertanto, e’ quello ben diverso, secondo cui “Il diritto alla prova contraria – garantito all’imputato dall’articolo 495 c.p.p., comma 2, in conformita’ all’articolo 6, par. 3, lettera d) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, e attualmente anche dall’articolo 111 Cost., comma 3, – puo’ essere, con adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste sono manifestamente superflue o irrilevanti.

Ne deriva che il giudice d’appello, cui sia dedotta la violazione dell’articolo 495 c.p.p., comma 2, deve decidere sull’ammissibilita’ della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall’articolo 190 c.p.p. (per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte), mentre non puo’ avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dall’articolo 603 c.p.p., in ordine alla valutazione di ammissibilita’ delle prove non sopravvenute al giudizio di primo grado” (Sez. 5, 9.5.2004, n. 26885, Spinelli, Rv 229883; Sez. 6, 10.10.2006, n. 761/07, Randazzo, Rv 235598; Sez. 3, 18.7.2012, Cavotta; Sez. 6, n. 48645 del 06/11/2014, Rv. 261256).

Ed e’ indubitabile che il diritto alla prova deve essere garantito anche con riferimento a quel particolare tipo di prova che e’ la prova scientifica.

Ne consegue che, in questa ipotesi, fermo il potere – dovere del giudice di verifica ex articolo 190 c.p.p., comma 1 e art, 495 c.p.p. -, l’ammissione della prova e’ doverosa negli stessi termini di cui all’articolo 495 c.p.p., comma 1, richiamato dall’articolo 603 c.p.p., comma 2 e comprende anche quello di ammettere la prova contraria secondo quanto previsto dall’articolo 495 c.p.p., comma 2, (Sez.4, n.3614 del 23/02/2000,Rv.215877).

L’obbligo di motivazione deve essere, dunque, adempiuto in maniera espressa e compiuta, in quanto trattasi di valutazione di originaria istanza istruttoria e non di istanza volta alla verifica successiva della completezza di un quadro probatorio gia’ assunto o, comunque, gia’ delineatosi in ordine agli elementi suscettibili di introduzione nel corso del giudizio di primo grado.

3.3. Nella specie, i Giudici di appello hanno disatteso la richiesta di istruttoria tecnica, argomentando in ordine alla capacita’ a testimoniare della minore (OMISSIS), attraverso il mero richiamo al “contributo conoscitivo offerto dalle psicologhe, psicoterapeute e neuropsichiatre escusse”, operanti all’interno della struttura “(OMISSIS)” ed al contenuto delle relative cartelle cliniche redatte dalla sezione di ricerca della predetta struttura nel periodo 2007-2010 con il solo rilievo che dalle stesse non emergevano “patologie che legittimino un diverso avviso” (pag 14 e 15 della sentenza impugnata).

Tale motivazione appare, ictu oculi, carente rispetto all’articolata censura mossa dal ricorrente e meramente assertiva nella parte in cui desume l’assenza di profili di dubbio circa la capacita’ a testimoniare dalla mera constatazione che dalla documentazione sanitaria non emergevano patologie legittimanti un diverso avviso.

Alcuna esplicita argomentazione, poi, si rinviene in sentenza in merito alla capacita’ a testimoniare del teste minore (OMISSIS), le cui dichiarazioni sono state valutate quale riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, se non nel mero ed apodittico richiamo “alla documentazione predetta” operato a pag 15 della sentenza impugnata.

3.4. E’ opportuno ricordare che la valutazione circa l’attendibilita’ della persona offesa-teste, al pari di quella relativa all’attendibilita’ del teste in genere, si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa.

La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore – parte offesa in materia di reati sessuali- in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto, e della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne.

Tale considerazione non puo’ che estendersi anche alla valutazione delle dichiarazioni del minore che venga ascoltato quale teste e le cui dichiarazioni vengano valutate quale elemento di riscontro esterno.

Questa Corte, in particolare, ha precisato che, a tal fine, e’ proficuo l’uso dell’indagine psicologica, che concerne due aspetti fondamentali: l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilita’. Il primo consiste nell’accertamento della sua capacita’ di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’eta’, alle condizioni emozionali, che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualita’ e natura dei rapporti familiari. Il secondo – da tenere distinto dall’attendibilita’ della prova, che rientra nei compiti esclusivi del giudice – e’ diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerita’, travisamento dei fatti e menzogna” (Sez. 3, 3.7.1997, n. 8962, Ruggeri, Rv 208447).

Si e’, inoltre osservato che, “… la credibilita’ di un bambino deve essere esaminata in senso omnicomprensivo, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne, la sua attitudine a testimoniare – che coinvolge la capacita’ di recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle -, le sue condizioni emozionali in riferimento alle relazioni con il mondo esterno ed alle dinamiche familiari, nonche’ i processi di rielaborazione cognitiva delle vicende vissute, processi tanto piu’ limitati quanto piu’ il bambino e’ in tenera eta’” (Sez. 3, 6.4.2004, n. 23278, Di Donna, n. 229421); “in tema di reati contro la liberta’ sessuale, la valutazione del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa minorenne deve contenere un esame sia dell’attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo esatto, ovvero di recepire le informazioni, raccordarle con altre e di esprimerle in una visione complessa, sia della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne che hanno regolato le sue relazioni con il mondo esterno” (Sez. 3, 10.4.2008, n. 20568, Gruden, m. 239879); “in tema di reati sessuali su minori in tenera eta’, e’ illegittimo, per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio, il rifiuto del giudice di disporre una perizia psicologica in contraddittorio, al fine di accertare l’aderenza alla realta’ o meno della narrazione dei fatti, in dipendenza di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell’eta’ o della struttura personologica del minore (Sez. 3, 23.2.2001, n. 26692, B., m. 250629; Sez.3,n.26692 del 23/02/2011, Rv.250629; Sez.3,n.40851 del 18/07/2012, Rv.253689); “non si puo’ escludere, alla luce del caso concreto, che l’accertamento peritale possa essere disposto, alle medesime condizioni, anche nei confronti di minori non in tenera eta’ al momento del disvelamento rispetto a fatti accaduti quando erano in tenera eta’, e che, qualora vi sia stata richiesta l’integrazione probatoria, il giudice del merito, nel caso di rigetto, debba dar conto, con motivazione rafforzata delle ragioni del diniego (Sez. 3, n.43245 del 2016, non massimata); “in caso di disvelamento dei fatti a molti anni di distanza, il giudice sara’ tenuto ad una motivazione rafforzata che dia conto della inidoneita’ del distacco temporale ad incidere sull’attendibilita’ delle dichiarazioni, in particolare precisando se non siano intervenuti fattori esterni di “disturbo”, o se questi, ove intervenuti, non si siano comunque dimostrati in grado di alterare il corretto ricordo dei fatti (Sez 3, n. 30865 del 14/05/2015, M., Rv. 264248).

La tenera eta’ delle persone offese, dunque, e’ circostanza che non puo’ non portare a considerare, con particolare rilievo, la necessita’ di verificare con scrupolo le capacita’ di memorizzazione della stessa, allorquando rievochi i fatti occorsile.

E’ un dato indubitabile quello secondo cui, tanto piu’ e’ ridotta l’eta’ del minore tanto piu’ puo’ essere difficile l’operazione, da parte dello stesso, di ricostruzione dei fatti che la testimonianza comporta.

Non puo’, inoltre, non considerarsi che i bambini in tenera eta’ presentano modalita’ relazionali orientate in senso imitativo ed adesivo e siano influenzabili da stimoli esterni potenzialmente suggestivi, con possibilita’ di non essere in grado di differenziare le proprie opinioni da quelle dell’interlocutore (Sez. 3, n. 24248 del 13/05/2010, 0.J., Rv. 247285).

E’ stato, invero anche affermato che “In tema di reati sessuali nei confronti di minori, “il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacita’ a testimoniare non rende per cio’ stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, giacche’ un tale accertamento, seppure utile laddove si tratti di minori di eta’ assai ridotta, non e’ tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell’attendibilita’, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacita’” (Sez.3, n.38211 del 07/07/2011, Rv. 251381 Sez.3, n.25800 del 01/07/2015, Rv.267323).

E’ stato, pero’ precisato che, cio’ significa solo che quando la capacita’ a testimoniare del minore non sia stata accertata attraverso una perizia, o quando questa non sia stata svolta col rispetto di protocolli generalmente riconosciuti e condivisi dalle relative comunita’ scientifiche, allora la valutazione deve necessariamente fondarsi su altri oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro ed e’ onere del giudice dare di cio’ adeguata e puntuale motivazione (Sez.3, n 1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, Rv.254464).

Sul punto va rimarcato che la valutazione di tipo psicologico compiuta dagli operatori di una struttura socio-assistenziale non puo’ integrare un sicuro elemento di prova o di riscontro in merito alla capacita’ a testimoniale del minore.

Questa Corte ha, infatti, affermato che la capacita’ a testimoniare del bambino in tenera eta’, vittima di abusi sessuali, deve essere accertata mediante perizia disposta dal giudice secondo i protocolli convalidati dalla comunita’ scientifica, le cui risultanze non possono essere sostituite dalle valutazioni psicologiche compiute informalmente dagli operatori in servizio presso la comunita’ in cui la vittima sia ospitata (Sez. 3, n.1234 del 02/10/2012, dep.10/01/2013, rv. 254464; sez. 3, n. 1235 del 02/10/2012, dep. 10/01/2013, rv. 254414, cit.).

3.5. Nella specie, quindi, non poteva integrare un sicuro elemento di prova o di riscontro in merito alla capacita’ a testimoniale dei minori “il contributo conoscitivo offerto dalle psicologhe, psicoterapeute e neuropsichiatre escusse”, valorizzato nella sentenza impugnata.

La Corte d’Appello, pertanto, avrebbe dovuto disporre per la valutazione della capacita’ a testimoniare dei minori una perizia in contraddittorio, la quale, nel caso di specie, poteva tenere conto anche della documentazione acquisita al processo al fine di verificare la correttezza delle valutazioni psicologiche informali acquisite agli atti, ovvero fornire adeguata motivazione in ordine alla sussistenza di ulteriori e diversi, oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro.

Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto: il diritto alla prova contraria – garantito all’imputato dall’articolo 495 c.p.p., comma 2, in conformita’ all’articolo 6, par. 3, lettera d) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonche’ dall’articolo 111, comma 3, Cost e nel quale rientra anche il diritto alla prova scientifica – puo’ essere, con adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste siano manifestamente superflue o irrilevanti; e’ illegittimo per violazione del principio della formazione della prova in contraddittorio il rifiuto del giudice di appello di disporre una perizia psicologica – oggetto di richiesta dall’imputato gia’ in sede di incidente probatorio e reiterata in sede di formulazione delle istanze istruttorie in primo grado – al fine di accertare l’attitudine della persona offesa a testimoniare quando la condotta illecita offenda minori in tenera eta’ e l’accertamento serva a valutare il rischio di eventuali elaborazioni fantasiose proprie dell’eta’ o della struttura personologica del bambino, ove non venga espressa adeguata e puntuale motivazione della superfluita’ del mezzo di prova richiesto, alla luce di diversi, oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro; non assurgono a elementi oggettivi e sicuri elementi di prova o di riscontro le valutazione di tipo psicologico compiute informalmente dagli operatori di una struttura socio-assistenziale, in cui il minore sia ospitato o che frequenti.

4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame del punto, che terra’ conto dei rilievi suesposti e dei principi di diritto enunciati.

5. Va, infine, rimarcato che le parti civili non possono ottenere la rifusione delle spese processuali essendosi il giudizio di legittimita’ concluso con l’annullamento con rinvio, ma potranno far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovra’ accertare la sussistenza, a carico dell’imputato, dell’obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all’esito del gravame (Sez.5, n. 25469 del 23/04/2014, Rv.262561).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

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