Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 1 marzo 2017, n. 10005

L’amministratrice della Srl di costruzioni è responsabile per il reato previsto dalla legge sulla sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro (Dlgs 81/2008) se non impedisce di sollevare la povere (spargendo acqua sul materiale) durante la demolizione dell’intonaco di un fabbricato. Tuttavia il giudice non può escludere che la condotta rientri nel raggio d’azione dell’articolo 131-bis del cp che prevede la non punibilità per il fatto di lieve entità

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 1 marzo 2017, n. 10005

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMORESANO Silvio – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/3/2015 del Tribunale di Frosinone;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giovanni Liberati;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Corasaniti Giuseppe, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;

udito per la ricorrente l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 11 marzo 2015 il Tribunale di Frosinone ha condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 1.000 di ammenda in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153, comma 5 e articolo 159, comma 2, lettera c), (per avere, quale amministratrice della S.r.l. (OMISSIS), nel corso di lavori edili, omesso di impedire il sollevamento della polvere proveniente dal materiale di risulta delle lavorazioni di demolizione dell’intonaco di un fabbricato, mediante irrorazione con acqua di tale materiale).

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’imputata, convertito in ricorso per cassazione, lamentando l’inesatta interpretazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153, che prescrive di ridurre il sollevamento della polvere nel corso dei lavori di demolizione e non di eliminarlo del tutto, non essendo stata accertata l’entita’ del sollevamento delle polveri contestato, e non potendo le demolizioni in questione, limitate ai soli intonaci, essere ricondotte alla fattispecie incriminatrice ascrittale.

Ha aggiunto di non aver provveduto al pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione a causa di difficolta’ economiche e della pendenza di altro analogo procedimento, e ha lamentato l’eccessivita’ della pena e la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna.

2.1. Con memoria depositata il 3 ottobre 2016 ha prospettato violazione di legge penale, ribadendo la impropria lettura del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153, non prescrivendo tale disposizione di eliminare del tutto la dispersione di polveri provenienti dai materiali di demolizione; ha, inoltre, eccepito l’indebito utilizzo dei verbali di sopralluogo ispettivo, alla cui acquisizione non era stato prestato il consenso, non essendo neppure stati esaminati gli ispettori del lavoro indicati come testimoni; infine ha chiesto dichiararsi il fatto non punibile a cagione della sua lieve entita’, ai sensi dell’articolo 131 bis c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato solo in relazione alla richiesta di applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis c.p..

2. Le doglianze formulate con il ricorso, in ordine alla insussistenza del fatto (per la modesta entita’ delle polveri sollevate nel corso dei lavori di demolizione eseguiti dall’impresa della ricorrente), alla eccessivita’ della pena e alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato penale, sono inammissibili.

2.1. Nel dolersi della affermazione della propria responsabilita’, per l’insufficiente accertamento della entita’ delle polveri in concreto sollevate nel corso dei lavori di demolizione e l’inapplicabilita’ della disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153 alla demolizione di intonaci, la ricorrente censura, in realta’, l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice del merito, non sindacabile nel giudizio di legittimita’, se, come nella specie, adeguatamente e logicamente motivato.

Il Tribunale, sulla base del verbale ispettivo redatto dai funzionari della AUSL di Frosinone, ha, infatti, ritenuto integrata la violazione del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153, essendo emerso che nel corso dei lavori di demolizione degli intonaci non era stato impedito il sollevamento della polvere proveniente dal materiale di risulta di tale lavorazione, tanto che era stato prescritto ai dipendenti dell’impresa amministrata dalla ricorrente di irrorare con acqua detto materiale (come imposto dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 153, comma 5).

La conseguente affermazione di responsabilita’ della ricorrente da parte del Tribunale risulta, dunque, alla stregua di tale accertamento di fatto, corretta, e la relativa motivazione immune da vizi logici, non occorrendo per la configurabilita’ della violazione un rilevante sollevamento di polveri, essendo sufficiente che lo stesso non sia stato impedito, omettendo l’adozione di qualsiasi cautela, come avvenuto nel caso di specie, posto che il cit. articolo 153, comma 5 citato prevede che “Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i materiali di risulta”, senza alcun riferimento alla entita’ del sollevamento della polvere proveniente dalle demolizioni.

I rilievi della ricorrente, in ordine alla modesta quantita’ di polveri sollevate e all’oggetto delle demolizioni, risultano, pertanto, privi di concludenza, a fronte dell’accertamento della omissione, non essendo necessario che le demolizioni riguardino opere murarie, in quanto la disposizione fa riferimento, genericamente, ai materiali di risulta.

2.2. Le doglianze in ordine alla misura della pena risultano generiche, tenendo conto della applicazione della sola pena pecuniaria e della determinazione della stessa in misura prossima al minimo, che non richiedono specifica motivazione, e dunque risultano inammissibili.

2.3. Il rilievo della mancanza di motivazione in ordine alla omessa concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e’ inammissibile, non avendo la difesa della ricorrente, all’atto della formulazione delle conclusioni innanzi al Tribunale, avanzato la corrispondente richiesta, ed essendo, di conseguenza, preclusa la doglianza relativa alla mancata concessione del beneficio, in quanto la mancata concessione della non menzione della condanna non e’ deducibile con il ricorso per cassazione quando tale beneficio non sia stato richiesto nel corso del giudizio di merito (Sez. 4, n. 43125 del 29/10/2008, Marci, Rv. 241370; Sez. U, n. 10495 del 09/10/1996, Nastasi, Rv. 206175).

2.4. Ne consegue, in definitiva, l’inammissibilita’ del ricorso, stante la manifesta infondatezza di tutti e tre i motivi cui esso e’ stato affidato.

3. Per quanto riguarda le doglianze sollevate con la memoria depositata il 3 ottobre 2016, il primo motivo e’ riproduttivo dei rilievi gia’ svolti con il ricorso in ordine alla insussistenza della violazione, essendo stata accertata l’omessa adozione delle cautele necessarie a ridurre il sollevamento della polvere, ed essendo, di conseguenza, corretta la formulazione della contestazione di non aver impedito il sollevamento della polvere.

3.1. La doglianza relativa alla indebita acquisizione del verbale ispettivo redatto dai funzionari della AUSL di Frosinone e’ inammissibile a cagione della sua novita’.

Costituisce, invero, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui con i motivi nuovi non e’ consentito dedurre violazioni in precedenza non prospettate, in quanto i motivi nuovi presentati a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilita’, solo i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati gia’ enunciati nei motivi originariamente proposti a norma dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera a), (cosi’ Sez. 3, n. 18293 del 20/11/2013, G., Rv. 259740, che in motivazione ha evidenziato che l’ammissibilita’ di censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione determinerebbe una irragionevole estensione dei tempi di definizione del processo oltre che lo scardinamento del sistema dei termini per impugnare; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, Platamone, Rv. 254301; Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252320); analogamente, del resto, a quanto e’ da dirsi con riferimento all’ambito dell’appello incidentale in rapporto a quello dell’appello principale, aspetto esaurientemente sviluppato da Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, Michaeler, Rv. 235699.

Ora, nella specie, con il ricorso la (OMISSIS) ha lamentato esclusivamente l’insufficiente accertamento dell’entita’ delle polveri sollevate nel corso dei lavori di demolizione, con la conseguenza che risulta evidente l’assoluta novita’ della doglianza relativa alla utilizzabilita’ del suddetto verbale ispettivo, estranea ai motivi di ricorso, che hanno ad oggetto altri punti della sentenza impugnata, con la conseguente inammissibilita’ della censura a causa della sua novita’, essendo estranea alle censure formulate con i motivi di ricorso.

4. La sentenza impugnata deve, nonostante l’inammissibilita’ di entrambi i motivi di ricorso, essere annullata con rinvio onde consentire al giudice di merito di accertare, in punto di fatto, l’esistenza delle condizioni per escludere la punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto ai sensi dell’articolo 131 bis c.p., come sollecitato dal difensore ricorrente mediante la memoria che ha depositato.

4.1. E’ stato, infatti, chiarito che l’esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, di cui all’articolo 131 bis c.p., ha natura sostanziale ed e’ applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimita’, nei quali la Corte di Cassazione deve limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimita’, ad un vaglio di astratta non incompatibilita’ della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto articolo 131 bis (Sez. 2, n. 41742 del 30/09/2015, Clemente, Rv. 264596; Sez. 6, n. 44683 del 15/09/2015, T., Rv. 265114; Sez. 3, n. 47256 del 24/04/2015, Curdo, Rv. 265441).

4.2. Ora, nella specie, dalla sentenza impugnata non emergono elementi che consentano di escludere immediatamente l’esistenza delle condizioni per escludere la punibilita’ ai sensi dell’articolo 131 bis c.p., avendo il Tribunale ritenuto non grave il fatto, come si rileva dalla applicazione della sola pena pecuniaria, tra l’altro in misura non distante dal minimo, e avendo formulato un giudizio prognostico positivo in ordine al futuro comportamento della imputata, con la conseguenza che occorre compiere ulteriori accertamenti in fatto (circa l’entita’ del danno o del pericolo conseguente al reato, tenendo anche conto della ratio della norma incriminatrice, diretta a salvaguardare l’igiene e la sicurezza nei luoghi di lavoro), che devono essere necessariamente compiuti dal giudice del merito, essendo preclusi a questa Corte dalla natura del giudizio di legittimita’.

L’articolo 131 bis c.p. prende in considerazione reati rispetto ai quali non difetti alcuno degli elementi costitutivi, ritenuti non punibili perche’ irrilevanti in base ai principi di proporzione ed economia processuale, e si riferisce anche ai reati di pericolo, senza distinguere tra pericolo astratto o pericolo concreto, sicche’ non si pone un problema di inoffensivita’ del fatto ma di irrilevanza dello stesso. La esiguita’ del danno o (come nel caso di specie) del pericolo va valutata sulla base di elementi oggettivamente apprezzabili, dai quali ricavare la minima entita’ delle conseguenze o del pericolo e, dunque, la loro irrilevanza in sede penale (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, Derossi, Rv. 265450).

Tale accertamento deve essere compiuto dal giudice di merito, mediante la verifica del pericolo conseguente alle omissioni della ricorrente, in quanto alla Corte di Cassazione e’ precluso l’apprezzamento dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilita’ allorquando, come nel caso in esame, si renda necessaria una valutazione complessiva di profili di fatto (Sez. 6, n. 39337 del 23/06/2015, Di Bello, Rv. 264554).

In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Frosinone, affinche’ valuti, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 131 bis c.p., l’esistenza delle condizioni per escludere la punibilita’ ai sensi di tale disposizione, ferma la preclusione al rilievo dell’eventuale decorso del termine di prescrizione, stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilita’ della ricorrente (Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo, Rv. 264796; Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Sarli, Rv. 265434).

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilita’ dell’articolo 131 bis c.p. e rinvia al Tribunale di Frosinone.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso

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