Corte di Cassazione, sezione III penale, ordinanza 14 febbraio 2017, n. 6875

Rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la seguente questione: “se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, le circostanze c.d. indipendenti debbano essere considerate circostanze ad effetto speciale, ai sensi dell’articolo 63 c.p., comma 3, anche in caso di aumento non superiore ad un terzo“.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

ordinanza 14 febbraio 2017, n. 6875

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/06/2014 della Corte di Appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Riccardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 giugno 2014 la Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza del 04/06/2009 del Tribunale di Torre Annunziata, con la quale (OMISSIS) veniva condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione per i reati di cui agli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen., per aver costretto, con violenza, i minori degli anni quattordici (OMISSIS) e (OMISSIS) a subire atti sessuali consistiti in toccamenti dei genitali e del sedere; in (OMISSIS).

2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS), chiedendo l’annullamento della sentenza, e deducendo i seguenti motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen..

2.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 609 ter cod. pen. e articoli 191, 192, 195, 530, 546 e 603 cod. proc. pen., e vizio di motivazione: lamenta che l’affermazione di responsabilita’ penale con riferimento alle molestie nei confronti di (OMISSIS) sia stata fondata sulla base delle sole dichiarazioni de relato della madre di costui, (OMISSIS), nonostante il minore avesse negato le circostanze riferite; nel richiamare diffusamente la giurisprudenza di legittimita’ in tema di valutazione delle dichiarazioni dei minori, deduce che il minore abbia negato la veridicita’ delle dichiarazioni predibattimentali allorquando era gia’ maturo, essendo diciassettenne all’epoca dell’esame dibattimentale, ed in assenza di ragioni di interesse che lo legavano all’imputato; lamenta che il giudizio di inattendibilita’ della ritrattazione sia basato su supposizioni e congetture prive di significato, quali quelle espresse dalla sentenza impugnata con riferimento alla dichiarazione dell’imputato di essere un esperto di alimentazione, al fine di attenuare la diffidenza del minore, ed al comportamento da egli tenuto nel transitare nei pressi dell’ombrellone, dove il minore si trovava in stato di turbamento, per non averlo confortato, in tal modo evidenziando “mala fede”.

Deduce, inoltre, l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni predibattimentali adoperate per le contestazioni, in quanto rese non gia’ dai minori, bensi’ dalle madri, avendo la p.g. attestato che (OMISSIS) si limito’ ad assistere alle dichiarazioni della madre; sostiene che la valutazione delle dichiarazioni rese dalla (OMISSIS) necessitasse una doverosa analisi di attendibilita’ ed una verifica dei rapporti con il figlio, per escludere un fenomeno di “contagio dichiarativo” tra i frequentatori del lido in ordine alle presunte attitudini dell’imputato; contagio dichiarativo, viceversa, escluso dalla sentenza impugnata con un ragionamento ritenuto illogico ed oggetto di travisamento.

Anche le dichiarazioni del gestore del lido, secondo il quale non era successo nulla, sono state ritenute inattendibili sul rilievo del preteso interesse a tranquillizzare i frequentatori della struttura; la valutazione, tuttavia, sarebbe contraddittoria, secondo il ricorrente, in quanto (OMISSIS) aveva collaborato con la p.g., presidiando per giorni lo stabilimento, al fine di scorgere comportamenti sospetti dell’uomo; sarebbe, dunque, illogica l’estromissione del dato probatorio sul quale si fonda la tesi difensiva del contagio dichiarativo, avendo anche l’Ispettore (OMISSIS) riferito che l’individuazione delle presunte vittime avvenne proprio grazie al gestore del lido.

Sostiene il ricorrente che il gestore dello stabilimento avesse descritto un ambiente in cui non era possibile il verificarsi delle molestie riferite dalle madri delle presunte vittime, escludendo comportamenti equivoci dell’imputato, e introducendo elementi riguardanti il “clima” sviluppatosi nello stabilimento balneare, che ha assecondato il denunciato “contagio dichiarativo”.

Lamenta, inoltre, l’illogicita’, la contraddittorieta’ ed il travisamento probatorio in relazione al rigetto della richiesta di perizia psicologica sul minore, avanzata in ragione dell’indole apprensiva della madre e del contesto familiare in cui si sono svolti i fatti; invero, la valutazione del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa minore richiede la verifica anche del contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extra familiare e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute; pertanto, non sarebbe sufficiente escludere, come ha fatto la sentenza impugnata, l’accertamento psicologico, osservando che il minore si sarebbe vergognato di ammettere un contatto di natura omosessuale.

2.2. Violazione di legge in relazione all’articolo 609 ter cod. pen. e articoli 191, 192, 195, 530, 546 e 603 cod. proc. pen., e vizio di motivazione con riferimento alla valutazione di (OMISSIS), della madre di costui e dei relativi testi di riferimento: lamenta che l’affermazione di responsabilita’ penale con riferimento alle molestie nei confronti di (OMISSIS) sia fondata su un “contagio informativo”; il ragazzo e la madre, infatti, hanno sostenuto che la vicenda si sarebbe verificata “circa dieci giorni fa”, cioe’ intorno al 12/13 luglio, allorquando i controlli della Polizia sulla spiaggia erano gia’ iniziati; il minore (OMISSIS) e la madre (OMISSIS), invece, hanno riferito che il fatto si sarebbe verificato il (OMISSIS); al riguardo, e’ stata del tutto omessa la verifica del giorno nel quale sono stati commessi i fatti, e, di conseguenza, dell’attendibilita’ delle dichiarazioni; le numerose contraddizioni emerse tra le dichiarazioni delle madri delle presunte vittime, e tra queste e quelle dei minori, condurrebbero, dunque, ad un complessivo giudizio di inattendibilita’ dei dichiaranti.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego del riconoscimento dell’attenuante del fatto di minore gravita’ e delle attenuanti generiche, trattandosi di fatti episodici, e non caratterizzati da modalita’ particolarmente invasive della sfera sessuale delle parti offese; peraltro, i fatti sono precedenti alle modifiche apportate dalla L. n. 125 del 2008 all’articolo 62 bis cod. pen., e dunque l’assenza di precedenti penali doveva essere considerata ai fini della dosimetria della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi due motivi sono infondati.

Il ricorso, invero, e’ articolato su doglianze relative alla valutazione delle dichiarazioni rese dai minori, (OMISSIS) e (OMISSIS), e dalle rispettive madri, (OMISSIS) e (OMISSIS), che, in parte, sollecitano, in realta’, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimita’; infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie della violazione di legge e del vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., sono in realta’ dirette a richiedere a questa Corte un sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale.

Giova al riguardo rammentare che il sindacato di legittimita’ e’ circoscritto alla verifica sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza, e non puo’ esondare dai limiti cognitivi sanciti dagli articoli 606 e 609 cod. proc. pen. mediante una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito; le valutazioni espresse dalla sentenza impugnata, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimita’, una volta accertato che il processo formativo del libero convincimento del giudice non ha subito il condizionamento di una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767). Invero, l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Esula, pertanto, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).

Gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta’ della motivazione solo perche’ contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’articolo 606 cod. proc. pen., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilita’ dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruita’ e logicita’ della motivazione (Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989, dep. 1990, Bianchesi, Rv. 182961).

Ebbene, esclusa l’ammissibilita’ di una rivalutazione del compendio probatorio, va ribadito che la sentenza impugnata, conformemente alla sentenza di primo grado, ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, ed alla attendibilita’ e credibilita’ delle dichiarazioni accusatorie, con argomentazioni prive di illogicita’ (tantomeno manifeste) e di contraddittorieta’.

Senza indulgere in una valutazione parcellizzata ed atomistica delle fonti di prova, come proposto nel ricorso, l’affermazione di responsabilita’ risulta logicamente motivata, anche con riferimento ai punti della sentenza oggetto di censura.

Invero, con riferimento al preteso “contagio dichiarativo” che avrebbe fondato le originarie propalazioni accusatorie, la Corte territoriale ha escluso l’ipotesi, evidenziando l’autonomia delle fonti di accusa; le due madri, (OMISSIS) (madre di (OMISSIS)) e (OMISSIS) (madre dell’altro minore, (OMISSIS), oggetto soltanto di proposte verbali non accolte), non avevano segnalato comportamenti anomali da parte di frequentatori del lido, e vennero infatti individuate su indicazione del gestore dello stabilimento, al quale non avevano riferito alcunche’; avevano, inoltre, negato di conoscere la (OMISSIS), madre di (OMISSIS).

Anche la circostanza che le madri avessero partecipato all’esame dei rispettivi figli sulle dichiarazioni da costoro rivelate non e’ stata ritenuta idonea ad escludere l’attendibilita’ dei racconti dei minori, in quanto costoro hanno successivamente confermato ben due volte il narrato, un anno dopo, in fase di indagini, e successivamente – tranne (OMISSIS) – in dibattimento, con completezza, serenita’ e autonomia del ricordo.

Non e’ emerso, dunque, alcun clima di suggestione collettiva prima dell’arresto dell’odierno ricorrente, tant’e’ che le due madri erano state convocate il giorno successivo al fermo.

Inoltre, i contenuti dei racconti sono stati giudicati, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicita’ o contraddittorieta’, e dunque insindacabile in sede di legittimita’, “del tutto diversi ed autonomi”, riferendosi l’uno (quello di (OMISSIS)) al tentativo dell’uomo di palpare i genitali del giovane mentre lo aiutava a fare i tuffi in mare, l’altro (quello di (OMISSIS)) allo strofinamento dei genitali dell’uomo dietro al ragazzo, e l’ultimo (quello di (OMISSIS)) alla proposta di seguirlo dietro gli spogliatoi per avere un rapporto sessuale.

Quanto alla pretesa inattendibilita’ della (OMISSIS), e’ stato evidenziato che le sue dichiarazioni erano solo de relato, che, per la precisione che le connotava, non potevano essere frutto di personali e mendaci elaborazioni, bensi’ trasposizione di quanto appreso dal figlio, e che la conferma delle prime dichiarazioni venne operata direttamente dal giovane un anno dopo.

Al riguardo, anche la valutazione di inverosimiglianza della “ritrattazione” del minore (OMISSIS) – che ha determinato la trasmissione del verbale dibattimentale in Procura – e’ stata formulata sulla base dell’accuratezza delle prime dichiarazioni – in occasione delle quali il minore aveva provveduto anche alla redazione di un identikit ed alla individuazione fotografica – e dell’ulteriore conferma resa a distanza di un anno, nonche’ delle modalita’ anomale che avevano connotato l’esame dibattimentale (con una eccessiva prontezza nel rispondere e, addirittura, anticipare le domande); del resto, in assenza di accertati contrasti familiari, e di indici di incapacita’ a testimoniare, del tutto assenti, la Corte territoriale ha affermato l’irrilevanza del richiesto approfondimento psicologico, ritenendo, con valutazione non illogica, che la negazione dibattimentale fosse legata alla difficolta’, in piena fase adolescenziale, di ammettere pubblicamente un contatto promiscuo, di natura omosessuale.

Infine, la Corte territoriale ha osservato che l’esigenza di verificare i rischi di contaminazione ed il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute, sollecitati dal difensore dell’imputato sulla base di ampia rassegna giurisprudenziale (riproposti con il ricorso in esame), riguardasse fattispecie diverse da quelle oggetto di processo – connotate da episodi singoli e in un contesto di estraneita’ tra autore e vittime, non piu’ in eta’ infantile -, laddove gli approfondimenti sollecitati si rivelano opportuni nei casi di abusi intrafamiliari, o comunque in contesti di reiterata frequentazione, con conseguente possibilita’ di suggestioni e condizionamenti, ed in presenza di vittime in eta’ evolutiva.

2. Il terzo motivo e’ parzialmente fondato.

2.1. In ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, sebbene i fatti siano anteriori alla novella dell’articolo 62 bis cod. pen., che ha introdotto il comma 3, secondo cui l’assenza di precedenti penali non puo’ essere, per cio’ solo, posta a fondamento della “concessione” (recte, riconoscimento) delle attenuanti generiche, dunque non applicabile alla fattispecie in esame (Sez. 6, n. 10646 del 11/02/2009, Scognamillo, Rv. 242921: “Il limite alla concessione delle circostanze attenuanti generiche introdotto nella nuova disposizione di cui all’articolo 62-bis c.p., comma 3, a seguito della L. 24 luglio 2008, n. 125, articolo 1, lettera f-bis, secondo cui “l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non puo’ essere, per cio’ solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al comma 1″, non e’ applicabile ai reati commessi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore”), nondimeno cio’ non implica che lo stato di incensuratezza possa essere elemento talmente significativo da implicare automaticamente l’attenuazione della pena.

La nuova formulazione normativa, infatti, impedisce che, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la base valutativa sia costituita dalla mera assenza di precedenti penali, ma non significa, a contrario, che lo stato di incensuratezza fosse, in precedenza, situazione fattuale di per se’ integrante l’elemento circostanziale atipico; l’assenza di precedenti penali, infatti, costituiva uno degli indici fattuali, relativi alla personalita’ dell’imputato, desumibili dall’articolo 133 cod. pen., e rilevanti ai fini del giudizio di determinazione extraedittale della pena.

In tal senso, la giurisprudenza formatasi sulla precedente formulazione ha affermato che “nell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche il giudice non puo’ tenere conto unicamente dell’incensuratezza dell’imputato, ma deve considerare anche gli altri indici desumibili dall’articolo 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 31440 del 25/06/2008, Olavarria Cruz, Rv. 241898, in relazione al testo dell’articolo 62-bis cod. pen. vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 125 del 2008).

Tanto premesso, lo stato di incensuratezza e’ stato ritenuto dalla Corte territoriale, con apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimita’, in assenza di illogicita’, elemento neutro ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto, in una valutazione degli altri indici fattuali, sono stati giudicati ostativi la reiterazione e le modalita’ delle condotte, indice di pervicace depravazione e di studiata insidia.

La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, ed il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, rientrano nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 cod. pen.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).

2.2. Il motivo e’, invece, fondato limitatamente al diniego dell’attenuante della minore gravita’, di cui all’articolo 609 bis c.p., comma 3.

Va, al riguardo, premesso che l’esercizio della discrezionalita’ giudiziaria ha parametri diversi ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante della minore gravita’; invero, all’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dall’articolo 609-bis c.p., comma 3, (casi di minore gravita’) non consegue automaticamente l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, mentre per la concedibilita’ di queste ultime rilevano tutti i parametri indicati nell’articolo 133 cod. pen., per la concedibilita’ dell’attenuante speciale rilevano solo gli elementi indicati nel comma 1 e non quelli indicati nel comma 2 del predetto articolo (ex multis, Sez. 3, n. 42439 del 05/05/2016, F, Rv. 267903).

Ebbene, parzialmente diversi essendo gli indici fattuali di valutazione, e’ pacifico che la circostanza attenuante della minore gravita’ di cui all’articolo 609-bis c.p., comma 3 puo’ essere riconosciuta solo all’esito di una valutazione globale del fatto che tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, dell’entita’ della compressione della liberta’ sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo, sicche’ deve escludersi che la sola “tipologia” dell’atto possa essere sufficiente per ravvisare o negare tale attenuante (ex multis, Sez. 3, n. 39445 del 01/07/2014, S, Rv. 260501).

Tanto premesso, la Corte territoriale risulta aver negato il riconoscimento della circostanza attenuante facendo riferimento al “grado di preordinazione della condotta in un pubblico contesto destinato allo svago, volta a superare l’affidamento che i genitori solitamente ripongono nel lasciare i figli un margine di liberta’ in tali situazioni ed approfittare della disposizione al gioco degli stessi minori”, ed alla “indubbia incisivita’ dell’offesa per l’attuazione, realizzata in mare approfittando di un’ulteriore minorata capacita’ del minore di sottrarsi, per l’intimidazione, realizzata richiamando circostanze tali da dimostrare di avere calcolato ed eluso il controllo dei genitori, per la minaccia di ritorsioni (rivolta in particolare al (OMISSIS)) per il gesto stesso, manifestamente invasivo della sfera sessuale”.

La sentenza impugnata incorre, tuttavia, in un vizio di motivazione, in quanto il diniego risulta fondato non gia’ su concreti elementi di fatto, suscettibili di valutazione, bensi’ su supposizioni e congetture (sulla minorata difesa) – talvolta anche inconferenti (sull’affidamento dei genitori, sulla disposizione al gioco dei minori) ai fini del giudizio di gravita’, ove non considerati nella dimensione attiva dell’approfittamento -, senza una reale considerazione, invece, dell’entita’ della compressione della liberta’ sessuale essendo stato il gesto assertivamente definito manifestamente invasivo della sfera sessuale – e del danno arrecato, anche in termini psichici, ai soggetti passivi – avendo ritenuto gli elementi richiamati “tali da cagionare un grave turbamento dei minori” -.

Appare, inoltre, errato ed illogico il riferimento, quale indice di gravita’ del fatto, alla manifesta invasivita’ della sfera sessuale, in quanto tutte le condotte integranti il reato di violenza sessuale sono, per definizione, invasive della sfera sessuale, ed una tale considerazione fonderebbe una interpretatio abrogans della disposizione di cui all’articolo 609 bis c.p., comma 3.

3. Al vizio di motivazione riscontrato dovrebbe dunque conseguire l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte territoriale, per nuovo esame sul punto, che valutasse le concrete modalita’ della condotta, l’intensita’ del dolo, e la gravita’ del reato, sotto il profilo dell’entita’ della compressione della liberta’ sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo, tenendo in considerazione la tipologia di atto sessuale, il grado e la durata della coartazione, ed il danno psichico arrecato, sulla base non gia’ di presunzioni o supposizioni, bensi’ di elementi fattuali quantomeno indiziari.

Tuttavia, nel caso in esame, appare propedeutica l’interpretazione dell’articolo 609 ter cod. pen.: qualora la circostanza aggravante, che prevede un aumento indipendente (da sei a dodici anni di reclusione) dalla pena prevista per il reato semplice (da cinque a dieci anni di reclusione), venga considerata circostanza ad effetto speciale, ai sensi dell’articolo 63 c.p., comma 3, nonostante non preveda un aumento superiore ad un terzo, ne conseguirebbe l’accoglimento del ricorso, in quanto la prescrizione, considerando altresi’ il periodo di sospensione, maturerebbe il 2 novembre 2018; qualora, viceversa, la fattispecie aggravante venga inquadrata quale circostanza ad effetto comune, non prevedendo un aumento superiore ad un terzo, la prescrizione sarebbe gia’ decorsa il 2 maggio 2016.

In tale seconda ipotesi, dunque, conseguirebbe un annullamento della sentenza impugnata senza rinvio, poiche’, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita’ vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).

4. La questione della natura della circostanza aggravante di cui all’articolo 609 ter cod. pen. e’ dunque rilevante ai fini della decisione del ricorso, e, registrandosi sul punto un contrasto di giurisprudenza, va rimessa alle Sezioni Unite ai sensi dell’articolo 618 cod. pen..

5. Un primo orientamento, prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, sostiene che la fattispecie aggravante di cui all’articolo 609 ter cod. pen. sia una circostanza indipendente, ma ad effetto comune, in quanto l’aumento non e’ superiore ad un terzo; l’articolo 63 c.p., comma 3, secondo periodo, infatti, definisce le circostanze ad effetto speciale “quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo”; e soltanto alle circostanze ad effetto speciale, oltre che a quelle c.d. “autonome”, per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa, l’articolo 157 c.p., comma 2, attribuisce rilevanza “per determinare il tempo necessario a prescrivere”.

In tale orientamento va annoverata innanzitutto Sez. 1, n. 5081 del 21/09/1999, Lanuto, Rv. 214425, che, sebbene ai diversi fini della determinazione della competenza, ha affermato il seguente principio: “La circostanza aggravante prevista dall’articolo 609 ter c.p., comma 1, n. 1, prevedendo l’aumento di un quinto della pena prevista dall’articolo 609 bis stesso codice, non puo’ essere considerata come circostanza ad effetto speciale e, conseguentemente, di essa non puo’ tenersi conto ai fini della determinazione della competenza”.

Analogo principio e’ stato affermato da Sez. 3, n. 28638 del 09/06/2009, Crivellari, Rv. 244592, secondo cui “la circostanza aggravante dell’essere la vittima del delitto di violenza sessuale un minore degli anni quattordici non rileva ai fini della determinazione del tempo di prescrizione, in quanto circostanza che, pur “indipendente”, non ha effetto speciale, determinando un aumento di pena inferiore ad un terzo”; in particolare, si e’ sostenuto che la definizione di “circostanze ad effetto speciale”, fornita dall’articolo 63 c.p., comma 3, sia da un punto di vista semantico che sistematico, rappresenti l’unica definizione normativa al riguardo: pertanto, quando il legislatore fa riferimento a tale categoria di circostanze, il rinvio non puo’ che intendersi effettuato alla previsione dell’articolo 63 c.p., comma 3; pertanto, avuto riguardo alla natura sostanziale dell’istituto della prescrizione, deve ritenersi impossibile il ricorso, nella suddetta materia, alla analogia in malam partem.

Nel medesimo senso si e’ espressa, altresi’, Sez. 3, n. 41487 del 25/09/2013, D. N, Rv. 257292: “La circostanza aggravante prevista dall’articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1, prevedendo l’aumento di un quinto della pena prevista dall’articolo 609-bis cod. pen., non puo’ essere considerata come circostanza ad effetto speciale e, conseguentemente, di essa non puo’ tenersi conto ai fini del calcolo della prescrizione” (che, in motivazione, ha affermato: “la circostanza aggravante di cui all’articolo 609 ter c.p., comma 1, n. 1 non e’ circostanza ad effetto speciale posto che la stessa comporta, a fronte della pena ricompresa tra i cinque e i dieci anni di reclusione di cui all’articolo 609 bis c.p., una pena da sei a dodici anni di reclusione, in tal modo non operandosi l’aumento superiore ad un terzo richiesto dall’articolo 63 c.p., comma 3, (cfr. Sez. 3, n. 5081 del 21/09/1999, Lanuto, Rv. 214425). A cio’ consegue, pertanto, che il termine di prescrizione applicabile nella specie, considerando il piu’ favorevole regime introdotto dalla L. n. 251 del 2005 (per il quale, ex articolo 157 c.p., della predetta aggravante, in quanto ordinaria, non puo’ tenersi conto), e’ pari ad anni dieci prolungabile, per effetto delle interruzioni, ad anni dodici e mesi sei ex articolo 161 c.p.”).

6. Un secondo orientamento, viceversa, sostiene che l’articolo 609 ter cod. pen., essendo una circostanza c.d. “indipendente”, integri una circostanza ad effetto speciale, percio’ rilevante ai fini della determinazione del termine di prescrizione.

In tal senso si e’ espressa Sez. 3, n. 31418 del 23/03/2016, T, Rv. 267467: “La circostanza aggravante di cui all’articolo 609-ter c.p., comma 1, n. 1, stabilendo la pena in misura indipendente da quella ordinaria prevista dall’articolo 609 bis cod. pen., ha natura di circostanza ad effetto speciale, con la conseguenza che di essa deve tenersi conto nel calcolo della prescrizione”.

L’orientamento, invero, si fonda su un’interpretazione storica e sistematica della norma di cui all’articolo 63 c.p., comma 3.

Sotto il profilo storico, infatti, si evidenzia che, prima della sostituzione disposta con la L. 31 luglio 1984, n. 400, articolo 5, il testo prevedeva che “quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa, o ne determina la misura in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non si opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta”.

L’ambito della categoria delle circostanze ad “efficacia speciale”, elaborata in dottrina prima della novella del 1984, comprendeva dunque le circostanze autonome, e le circostanze per le quali la legge stabiliva la misura della pena “in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato”; e, tra queste ultime, una parte della dottrina ricomprendeva, in via interpretativa, anche le circostanze comportanti una variazione frazionaria superiore ad un terzo, pervenendosi, cosi’, alla individuazione, sul piano dogmatico, di una omogenea categoria di “circostanza ad effetto speciale” ancora piu’ estesa, perche’ comprendente tutte le circostanze operanti con un meccanismo di variazione della pena diverso da quello ordinario dell’aumento o della diminuzione fino a un terzo.

La nuova formulazione dell’articolo 63 c.p., comma 3, omettendo ogni riferimento alle circostanze indipendenti, e adottando una definizione di “circostanze ad effetto speciale” tutta polarizzata sulla variazione frazionaria della pena superiore ad un terzo, in tal modo facendovi rientrare, secondo l’opzione interpretativa opposta, le sole circostanze indipendenti che comportano una variazione superiore ad un terzo, comporterebbe “lo smembramento delle circostanze indipendenti in due categorie a seconda della misura della variazione della pena, valorizzando un parametro quantitativo che, per la ratio stessa che sorregge da sempre tali circostanze, non avrebbe alcun significato plausibile”.

Pertanto, una lettura teleologica fonderebbe l’interpretazione secondo cui le circostanze c.d. “indipendenti”, pur non essendo piu’ menzionate dall’articolo 63 cod. pen., possono essere considerate tacitamente ricomprese nell’ambito di operativita’ della norma, non potendo ritenersi diventate indifferenti al regime di determinazione della pena secondo i criteri fissati per il concorso di (tutte le) circostanze dall’articolo 63 cod. pen., e non potendosi ritenere, come unanimemente riconosciuto, che il legislatore abbia inteso trasformare, in siffatti casi, le circostanze indipendenti alla stregua di elementi costitutivi di (nuove) figure autonome di reato; del resto, la modifica non ha riguardato ne’ le norme di parte speciale, ne’ l’articolo 69 c.p., comma 4, che, in tema di giudizio di comparazione, continua a prevedere, anche dopo la novella che ha interessato tale ultima disposizione ai sensi della L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 3, “ogni altra circostanza per la quale la legge (…) determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato”.

Sotto il profilo sistematico, del resto, ove si ritenesse che le circostanze indipendenti non rientrino piu’, neppure tacitamente, nell’ambito di applicabilita’ dell’articolo 63 cod. pen., il loro regime, nel caso di concorso omogeneo, rimarrebbe privo di qualsiasi regolamentazione; non potrebbe, infatti, applicarsi l’articolo 63 c.p., comma 2, che, disciplinando il concorso tra circostanze con variazione frazionaria, postula l’indifferenza dell’ordine di computo; non potrebbe applicarsi il successivo comma 3, nei casi di concorso tra circostanze indipendenti e circostanze con variazione frazionaria inferiore ad un terzo, perche’ la disposizione non prevede piu’ le prime; e, di conseguenza, non potrebbero applicarsi l’articolo 63, commi 4 e 5, nei casi di concorso tra circostanze indipendenti, da un lato, e circostanze autonome e/o ad effetto speciale, dall’altro.

Tale orientamento, dunque, conclude nel senso che “il legislatore del 1984 non ha quindi inteso, non essendovene traccia, rimodulare i contenuti della disciplina su basi assolutamente inedite e, dando per scontato che il nucleo essenziale della categoria nominata coincidesse con le circostanze indipendenti, e’ come se, con il nuovo articolo 63, comma 3, del codice penale, dicesse che sono circostanze ad effetto speciale, oltre a tutte quelle indipendenti, “anche” quelle frazionarie che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore a un terzo”.

7. Il contrasto di giurisprudenza rilevato, del resto, si innesta nel solco di un dibattito dottrinale sviluppatosi, appunto, dopo la riforma dell’articolo 63 c.p., comma 3, operata dalla L. 31 luglio 1984, n. 400, articolo 5.

La precedente formulazione della norma, infatti, disciplinava le modalita’ di computo della pena in caso di concorso omogeneo di circostanze autonome o indipendenti, e circostanze con variazione frazionaria (“quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa, o ne determina la misura in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non si opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta”).

L’attuale formulazione non menziona piu’, espressamente, le circostanze indipendenti, bensi’ soltanto le circostanze autonome, e le circostanze ad effetto speciale, connotate da una variazione frazionaria superiore ad un terzo.

La prima opzione interpretativa, secondo cui le circostanze indipendenti non sono piu’ disciplinate dall’articolo 63 cod. pen., non potendosi comprendere tra le circostanze ad effetto speciale, poiche’ non connotate dal meccanismo di variazione frazionaria, e’ stata pressoche’ unanimemente scartata, in quanto l’articolo 69 c.p., comma 4 continua a menzionarle; inoltre, escluso che possano essere divenute, nel silenzio della legge, elementi costitutivi di nuove figure autonome di reato, il loro regime, in caso di concorso, rimarrebbe privo di qualsiasi regolamentazione; peraltro, la disciplina specifica contenuta nell’articolo 63 c.p., comma 3, rinviene la propria ratio proprio per le circostanze autonome e indipendenti, poiche’, per quelle con variazione frazionaria, e’ indifferente l’ordine di computo.

La secondo opzione interpretativa, attualmente seguita dalla dottrina maggioritaria, ritiene che le circostanze indipendenti siano ricomprese in quelle ad effetto speciale solo se e in quanto comportino una variazione frazionaria superiore ad un terzo; la definizione legale di “effetto speciale” contenuta nell’articolo 63 c.p., comma 3, secondo alinea, deve dunque riferirsi anche alle circostanze indipendenti; al contrario, le circostanze indipendenti che comportino una variazione frazionaria inferiore o uguale a un terzo sarebbero ad effetto comune.

La terza opzione interpretativa, infine, sostiene che la definizione normativa di “effetto speciale” sia stata riferita dal legislatore alle sole circostanze con variazione frazionaria, mentre tutte le circostanze indipendenti, malgrado non siano state piu’ menzionate in quanto considerate da sempre ad effetto speciale, continuano ad essere tacitamente disciplinate dall’articolo 63 cod. pen.; oltre all’argomento storico, invero, l’orientamento dottrinale che sostiene tale tesi valorizza l’interpretazione sistematica, evidenziando che, seguendo l’opposta opinione, resterebbero prive di regolamentazione le circostanze indipendenti ad effetto comune, con variazione frazionaria uguale o inferiore ad un terzo, non potendosi loro applicare i commi 4 e 5 dell’articolo 63 cod. pen. (che si riferiscono alle sole circostanze “indicate nel secondo capoverso”) per i casi di concorso tra circostanze indipendenti, da un lato, e circostanze autonome e/o ad effetto speciale, dall’altro; e non potendosi neppure applicare l’articolo 63 c.p., comma 2, che, essendo destinato a disciplinare il concorso di circostanze con variazione frazionaria, postula l’indifferenza dell’ordine di computo, e non sarebbe idoneo ad orientare l’interprete nella determinazione della pena in caso di concorso di circostanza indipendente e di circostanza con variazione frazionaria; inoltre, resterebbe altresi’ priva di disciplina l’ipotesi del concorso tra circostanza indipendente ad effetto speciale (con variazione frazionaria superiore ad un terzo) e circostanza indipendente ad effetto comune (con variazione frazionaria uguale o inferiore ad un terzo).

8. La questione esaminata, dunque, non assume un valore meramente speculativo, poiche’, alla stregua delle elaborazioni di teoria generale, la definizione legale delle circostanze ad effetto speciale e delle circostanze indipendenti non rileva come norma meramente definitoria, che non introduce criteri di disciplina, bensi’ come vera e propria norma di disciplina, che fissa criteri di immediata operativita’.

Nel caso dell’aggravante di cui all’articolo 609 ter cod. pen., dunque, trattandosi di circostanza indipendente che, tuttavia, prevede una variazione frazionaria inferiore ad un terzo, la ricomprensione nella categoria delle circostanze ad effetto speciale ovvero ad effetto comune ha immediate conseguenze, innanzitutto ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.

Sul punto, del resto, va osservato che vengono in rilievo due esigenze legate entrambe al rispetto della legalita’.

Invero, l’opzione interpretativa che postula la riferibilita’ della definizione delle circostanze ad effetto speciale alle sole fattispecie che prevedono, anche in virtu’ di un “ragguaglio aritmetico”, un aumento frazionario superiore ad un terzo rispetto alla pena prevista per il reato semplice, appare maggiormente conforme alla littera legis: prescindendo dalle elaborazioni e classificazioni dottrinali, va osservato che mentre prima della riforma del 1984 la categoria delle circostanze ad effetto speciale, ed in particolare le circostanze autonome e quelle indipendenti, era fondata sulla non dipendenza della pena aggravata dalla pena prevista per il reato semplice, con l’attuale formulazione la distinzione risulta calibrata sul quantum della variazione di pena, anche se si tratti di circostanza indipendente.

In altri termini, se prima della riforma erano enucleabili tre categorie di circostanze, ovvero quelle autonome (con pena di specie diversa), quelle indipendenti (con variazione non frazionaria della pena della stessa specie, ma non dipendente dalla pena ordinaria), e quella residuale delle circostanze ad effetto comune (con variazione frazionaria uguale o inferiore a un terzo), dopo la riforma, sulla base del tenore letterale delle norme, le circostanze vanno distinte in ragione (tra l’altro) di due criteri: secondo il criterio della modalita’ di computo, vanno distinte le circostanze autonome, quelle indipendenti (previste normativamente, anche a livello di parte generale, dall’articolo 69 c.p., comma 4), e quelle frazionarie; secondo il distinto criterio dell’effetto, invece, vanno distinte, da un lato, le circostanze ad effetto speciale – comprensive di quelle autonome, di quelle indipendenti, purche’ comportino una variazione frazionaria, previo ragguaglio aritmetico, superiore ad un terzo, e di quelle frazionarie, che comportino una variazione frazionaria superiore ad un terzo -, e, dall’altro, le circostanze ad effetto comune, connotate da una variazione frazionaria uguale o inferiore ad un terzo, e percio’ comprensive anche di quelle indipendenti che importino una tale variazione.

Tale opzione, tuttavia, comporterebbe l’enucleazione di una definizione legale di circostanze ad effetto speciale che, non comprendendo altresi’ quelle indipendenti con variazione frazionaria uguale o inferiore ad un terzo, lascerebbe irrisolti i gia’ evidenziati problemi di individuazione della disciplina applicabile nei casi di concorso di circostanze omogenee; con evidente compromissione della legalita’ nella funzione, tipica delle circostanze, della determinazione extraedittale della pena.

9. La rilevanza per la decisione del ricorso, e la ravvisabilita’ di un contrasto giurisprudenziale, induce dunque a rimettere alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la seguente questione: “se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, le circostanze c.d. indipendenti debbano essere considerate circostanze ad effetto speciale, ai sensi dell’articolo 63 c.p., comma 3, anche in caso di aumento non superiore ad un terzo”.

P.Q.M.

rimette la questione alle Sezioni Unite

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