Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 8 marzo 2017, n. 5795

Sebbene ai contraenti sia consentita la libera determinazione del canone iniziale, il locatore non puo’ di pretendere il pagamento di somme – diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata” – prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, sicche’ il relativo patto e’ nullo ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 79. Il principio di cui all’articolo 9 legge n. 392 del 1978, applicabile alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, va inteso nel senso che se non esiste la fornitura di un determinato servizio, mancando la sinallagmaticita’, non e’ dovuto alcun corrispettivo per la stessa, anche se il pagamento del relativo onere e’ astrattamente previsto in contratto. La nullita’, per violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 79 e’ rilevabile anche d’ufficio a norma dell’articolo 1421 cod. civ.

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Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 8 marzo 2017, n. 5795

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO ANNAMARIA – Presidente

Dott. ARMANO ULIANA – Consigliere

Dott. SESTINI DANILO – Consigliere

Dott. ROSSETTI MARCO – Consigliere

Dott. D’ARRIGO COSIMO – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16030-2015 proposto da:

(OMISSIS) SRL in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante p.t. Dott. (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA gia’ (OMISSIS) SPA, in persona del suo procuratore speciale Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 964/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/12/2016 dal Consigliere Dott. COSIMO D’ARRIGO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Oviesse s.p.a., succeduta L. 27 luglio 1978, n. 392, ex articolo 36 alla (OMISSIS) s.p.a. nella conduzione di un immobile sito in Roma, adibito a grande magazzino e facente parte di tre diversi edifici condominiali, ha convenuto con rito locatizio l’ (OMISSIS) s.r.l. (avente causa dalla (OMISSIS) s.p.a.), proprietaria e locatrice dell’immobile, chiedendo che:

– previa declaratoria della difformita’ dei criteri per la ripartizione degli oneri accessori e delle spese di manutenzione straordinaria applicati dalla societa’ locatrice rispetto a quelli stabiliti dalla legge e dal contratto stipulato con scrittura privata autenticata del 29 dicembre 1998, la locatrice fosse condannata a rimborsare la somma di Euro 69.837,02 richiesta e percepita in eccedenza, con riferimento alle annualita’ 2007 e 2008;

inoltre, fosse accertato quanto effettivamente dovuto dalla ricorrente alla locatrice anche per le annualita’ 2009 e 2010, sulla base dei documenti giustificativi disponibili o acquisiti nel corso del giudizio.

Costituitasi in giudizio l’ (OMISSIS) s.r.l., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e spiegava domanda riconvenzionale al fine di ottenere la condanna della conduttrice al pagamento di tutti gli oneri accessori e delle spese ordinarie e straordinarie richieste nelle fatture inviate alla ricorrente, nonche’ in quelle di prossima scadenza, per un totale di Euro 65.557,82 oltre accessori.

Il Tribunale capitolino – con sentenza pronunciata, mediante lettura del dispositivo, all’udienza del 3 maggio 2012 – rigettava sia le domande della ricorrente che la domanda riconvenzionale, compensando tra le parti le spese di lite.

La decisione di primo grado veniva appellata solo dalla (OMISSIS) s.p.a., con ricorso depositato il 21 dicembre 2012. La (OMISSIS) s.r.l. si opponeva eccependo, in via principale, l’inammissibilita’ del gravame; in subordine, ne chiedeva il rigetto.

Con sentenza pubblicata, mediante lettura del dispositivo, all’udienza dell’11 febbraio 2015, la Corte d’appello di Roma, in totale riforma della decisione di primo grado, ha condannato l’ (OMISSIS) s.r.l. alla restituzione della somma di Euro 69.837,02, oltre interessi legali dalla domanda, compensando interamente le spese del grado.

L’ (OMISSIS) s.r.l. ricorre per la cassazione di tale decisione, articolando sei motivi di censura illustrati da successive memorie difensive. La (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con i primi tre motivi di ricorso, che in quanto

strettamente connessi possono essere esaminati

congiuntamente, la (OMISSIS) s.r.l. censura la sentenza impugnata in relazione all’omessa pronuncia di inammissibilita’ dell’appello proposto dalla (OMISSIS) s.p.a..

In particolare, la societa’ ricorrente osserva che, costituendosi nel secondo grado di giudizio, aveva dedotto la non conformita’ dell’impugnazione proposta da controparte ai requisiti di contenuto e imposti dall’articolo 434 cod. proc. civ., nella versione modificata con il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, applicabile al caso di specie in relazione alla data di deposito del ricorso in appello. Su tale doglianza il giudice di secondo grado non si sarebbe pronunziato, essendosi limitato ad osservare apoditticamente che nel ricorso in appello risultavano “sufficientemente evidenziate sia le violazioni di legge nelle quali sarebbe incorso il giudice di primo grado (L. n. 392 del 1978, articolo 9; articoli 1362 e ss. c.c.; articolo 420 c.p.c., comma 5, in relazione all’articolo 447 bis c.p.c.) sia la loro rilevanza ai fini della decisione, come del resto confermano le argomentazioni contrarie contenute nel 3 Paragrafo della memoria difensiva dell’appellata”. In tal modo, prosegue la (OMISSIS) s.r.l., la corte d’appello avrebbe fatto errata applicazione dell’articolo 434 cod. proc. civ., dando ad intendere che la specificita’ dell’impugnazione non sia un requisito proprio dell’atto d’appello, ma debba commisurarsi alla presenza o meno di argomentazioni contrarie della parte appellata, che produrrebbero una sorta di efficacia sanante. In ogni caso, la corte d’appello non avrebbe fatto alcuna menzione dell’eccezione d’inammissibilita’ per mancanza di ragionevole probabilita’ di accoglimento, ai sensi dell’articolo 436-bis cod. proc. civ..

1.2 – Le doglianze sono infondate.

Questa Corte ha recentemente chiarito che l’articolo 434 c.p.c., comma 1, nel testo introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera c) bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell’articolo 342 cod. proc. civ., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonche’ ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, si’ da esplicitare la idoneita’ di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata (Sez. L, Sentenza n. 2143 del 05/02/2015, Rv. 634309).

Pertanto, l’onere processuale di “motivazione” posto a carico dell’appellante, si compendia nella necessita’ che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione dell’inammissibilita’, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice (Sez. L, Sentenza n. 17712 del 07/09/2016, Rv. 640991).

La corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi teste’ citati, individuando nell’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. sia l’indicazione delle norme che si assumevano violate (testualmente elencate nella motivazione del provvedimento impugnato), sia il diverso percorso interpretativo che costituisce – in sostanza – la “motivazione” dell’atto d’appello.

Non coglie nel segno neppure la doglianza relativa alla mancanza di una ricostruzione alternativa del fatto, dal momento che l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.p.a. versava tutto sull’interpretazione delle clausole contrattuali (segnatamente, di quella che prevede l’addebito al conduttore degli oneri accessori), non essendo invece controversa la ricostruzione della vicenda in punto di fatto.

1.3 – Parimenti inconducente e’ la censura secondo cui la corte d’appello avrebbe “sanato” l’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) s.p.a. eterointegrandone il contenuto in base alle deduzioni dell’appellata. Invero, il riferimento alle “argomentazioni contrarie contenute nel 3 Paragrafo della memoria difensiva dell’appellata” deve essere inteso semplicemente come argomentazione dimostrativa della perfetta intellegibilita’ dell’atto di impugnazione (cui controparte ha risposto puntualmente); dal provvedimento Impugnato non emerge, invece, alcun riferimento alla lamentata integrazione “sanante” del ricorso d’appello.

1.4 – Infine, va disattesa pure la censura relativa all’omessa motivazione sull’eccezione d’inammissibilita’ dell’appello per mancanza di ragionevole probabilita’ di accoglimento. Invero, tale verifica preliminare va motivata solo nel caso di scrutinio con esito negativo, essendo evidente che, viceversa, l’accoglimento dell’appello logicamente incompatibile con la causa di inammissibilita’ prevista dall’articolo 436-bis cod. proc. civ. e costituisce esso stesso motivazione a contrario dell’infondatezza della relativa eccezione preliminare formulata dall’appellato.

2. – Con il quarto motivo di ricorso, l’ (OMISSIS) s.r.l. deduce la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ., in quanto la corte d’appello avrebbe deciso oltre i limiti della domanda, “sostituendo” alle censure dell’appellante altre doglianze, in accoglimento delle quali e’ stata riformata la sentenza di primo grado.

In particolare, l’ (OMISSIS) s.p.a. non avrebbe mai chiesto che l’articolo 8 del contratto di locazione fosse dichiarato nullo perche’ poneva a suo carico servizi dei quali non usufruiva, in quanto la domanda dell’appellante concerneva la liceita’ della predetta disposizione nella parte in cui poneva a carico della stessa oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla L. n. 392 del 1978, articolo 9. Inoltre, la (OMISSIS) s.p.a. aveva sostenuto che le spese “inerenti l’immobile” sarebbero dovuto ritenersi solo quelle relative ai locali oggetto di locazione e non anche ai fabbricati ai quali il locale appartiene, mentre la corte d’appello si e’ pronunziata sulle spese relative oneri straordinari di carattere condominiale riguardanti l’edificio nel suo complesso.

Anche questa doglianza e’ infondata.

Invero, la pretesa distanza fra le questioni dedotte dalla (OMISSIS) s.p.a. con l’atto di appello e le ragioni della decisione e’ frutto di sfumature linguistiche volte a rimarcare differenze in realta’ insussistenti. Gli oneri accessori previsti dalla L. n. 392 del 1978, articolo 9 rispondono alla ratio di addebitare al conduttore il costo dei servizi condominiali di cui fruisce, sicche’ il motivo di appello relativo alla declaratoria di nullita’ della clausola contrattuale che pone a carico dell’ (OMISSIS) s.p.a. servizi di cui non usufruiva e’ esattamente in linea con la questione decisa dalla corte d’appello. Ancora piu’ evidente e’ l’inesistenza di un’effettiva alterita’ fra le spese relative ai soli locali oggetto di locazione e quelle non riguardanti l’intero edificio nel suo complesso.

Va dunque escluso che la corte territoriale sia caduta nel vizio di ultrapetizione.

3. – Con il quinto motivo di ricorso, l’ (OMISSIS) s.r.l. si duole – sub specie di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e dibattuto fra le parti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – dell’omessa delibazione della questione relativa all’interpretazione del contratto prospettata dalla societa’ con la costituzione nel primo grado, condivisa dal tribunale e riproposta in appello.

Si tratta di censura manifestamente infondata, anzitutto perche’ l’interpretazione di una clausola contrattuale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, in tale nozione dovendosi far rientrare gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi.

In secondo luogo, perche’ la sentenza di appello, motivando sulle ragioni di riforma della decisione di primo grado, ha comunque fornito ampia motivazione sull’interpretazione preferibile della clausola contrattuale controversa, cosi’ spiegando le ragioni per le quali ha, viceversa, disatteso la soluzione proposta dall’odierna ricorrente.

4. – Infine, con il sesto motivo di ricorso, l’ (OMISSIS) s.r.l. si duole della violazione della L. n. 392 del 1978, articoli 9 e 79 che la corte d’appello avrebbe erroneamente riferito a una fattispecie non pertinente. Sostiene, in sintesi, che l’ammontare del canone locativo e’ rimesso alla libera determinazione delle parti, che ben possono prevedere di porre a carico del conduttore il pagamento di oneri accessori.

Invero, la corte territoriale si e’ attenuta al principio di diritto formulato dalla Cassazione, secondo cui, in materia di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da abitazione, e’ nulla, ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 79 ogni pattuizione che consenta al locatore di pretendere dal conduttore un pagamento non giustificato dal sinallagma contrattuale; con la conseguenza che, con riguardo agli oneri condominiali, come anche desumibile dall’articolo 9 della citata legge, possono essere poste a carico del conduttore solo le spese collegate al godimento effettivo, da parte sua, di un servizio, con conseguente esclusione degli oneri straordinari che riguardino, non solo l’unita’ immobiliare, ma l’edificio condominiale nel suo complesso, stante l’assenza di ogni rapporto sinallagmatico con il bene locato (Sez. 3, Sentenza n. 20551 del 30/09/2014, Rv. 632407).

Tale ratio decidendi non e’ specificatamente contestata dall’ (OMISSIS) s.r.l., che si limita ad osservare che il caso deciso riguardava un’unita’ immobiliare sprovvista di riscaldamento e che la giurisprudenza di legittimita’ prevalente sarebbe orientata diversamente.

Il primo dato e’ del tutto ininfluente, in quanto il principio secondo cui l’imposizione a carico del conduttore degli oneri accessori deve essere giustificato da una logica di sinallagmaticita’ (sicche’ egli puo’ essere tenuto al pagamento dei soli costi dei servizi condominiali effettivamente fruiti o quantomeno fruibili) va tenuto fermo indipendentemente dalla natura specifica del servizio reso. Sicche’, ad esempio, che si tratti di un impianto di riscaldamento condominiale che non si estende ai locali commerciali, ovvero della pulizia e del portierato per un ingresso diverso da quello di cui fruisce la porzione di immobile adibita a grande magazzino, e’ del tutto ininfluente in punto di diritto.

La giurisprudenza di questa Corte indicata come di segno contrario, erroneamente intesa ed interpretata dalla societa’ ricorrente. Ed infatti, anche con pronunce anteriori a quella sopra riportata e cui la corte d’appello si e’ dichiaratamente conformata, la Cassazione ha affermato che la facolta’ delle parti di prevedere a carico del conduttore il pagamento di oneri accessori e’ legata alla circostanza che tali oneri siano strettamente connessi all’uso del bene.

Infatti, e’ stato gia’ chiarito che, sebbene ai contraenti sia consentita la libera determinazione del canone iniziale, il locatore non puo’ di pretendere il pagamento di somme – diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata” – prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, sicche’ il relativo patto e’ nullo ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 79 (Sez. 3, Sentenza n. 25274 del 16/10/2008, Rv. 605236). Dunque, il principio di cui all’articolo 9 legge n. 392 del 1978, applicabile alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, va inteso nel senso che se non esiste la fornitura di un determinato servizio, mancando la sinallagmaticita’, non e’ dovuto alcun corrispettivo per la stessa, anche se il pagamento del relativo onere e’ astrattamente previsto in contratto. La nullita’, per violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 79 e’ rilevabile anche d’ufficio a norma dell’articolo 1421 cod. civ. (Sez. 3, Sentenza n. 680 del 14/01/2005, Rv. 579142).

5. – In conclusione, tutti i motivi di ricorso sono infondati e il ricorso deve essere rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo in difetto di nota spese, seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, sicche’ va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, dal parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis

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