Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 17 ottobre 2016, n. 20934

In materia di coassicurazione, la “clausola di delega” (o “di guida”) – con la quale i coassicuratori conferiscono ad uno solo di essi l’incarico di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo – non fa venir meno, anche quando preveda che la denuncia di sinistro sia fatta al solo delegato, la caratteristica saliente della coassicurazione, consistente nell’assunzione “pro quota” dell’obbligo di pagare l’indennità. Ne consegue che, laddove in aggiunta ai compiti di gestione della polizza non risulti attribuita anche la rappresentanza in ordine a tutte le comunicazioni contrattuali, la prescrizione del diritto all’indennizzo nei confronti del coassicuratore delegante non rimane interrotta dalla costituzione in mora del delegato, così come non rimane interrotta neanche dalla citazione in giudizio di quest’ultimo, salvo che non gli sia stata conferita la rappresentanza processuale (art. 77 cod. proc. civ.) del delegante

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

SENTENZA 17 ottobre 2016, n. 20934

Ritenuto in fatto

La —- S.p.A., in veste di cessionaria del vantato credito della —- s.r.l. avente ad oggetto “l’indennizzo assicurativo in corso di liquidazione da parte della Compagnia Assitalia”, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, l’Assitalia S.p.A., la F.A.T.A. S.p.A., la Lloyd Adriatico S.p.A. e la Lloyd Italico Assicurazioni S.p.A., in qualità di coassicuratrici ex art. 1911 cod. civ., affinché, accertata l’operatività della polizza n. (OMISSIS) avente ad oggetto una “assicurazione sopra merci contro i rischi del trasporto terrestre”, dette Compagnie assicuratrici fossero condannate al pagamento, in suo favore, della somma di Euro 80.377,96, a titolo di indennizzo per il furto della merce trasportata dal vettore all’uopo incaricato, occorso in data 25 novembre 1992.
1.1. – Costituitesi in giudizio, le convenute compagnie di assicurazione chiesero il rigetto della domanda attorea ed eccepirono: l’intervenuta estinzione per prescrizione ex art. 2952, secondo comma, cod. civ. “laddove il diritto non era mai sorto ed appartenuto all’attrice o alla sua dante causa, quantomeno nei confronti dei coassicuratori diversi dalla delegataria della polizza”; la carenza di prova in ordine ai “fatti costitutivi” della pretesa svolta; la carenza di legittimazione attiva dell’attrice per nullità della cessione del credito; il diritto di riduzione dell’indennizzo.
1.2. – Con sentenza del 7 marzo 2005, l’adito Tribunale di Roma rigettò la domanda della —— S.p.A. (già P.I.A. S.p.A.), ritenendo prescritto il diritto azionato.
2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione la —– S.p.A., che la Corte d’Appello di Roma, nel contraddittorio con le compagnie appellate, accoglieva con sentenza resa pubblica il 18 aprile 2013, condannando le società coassicuratrici, ciascuna in proporzione della rispettiva quota, al pagamento, in favore della assicurata società Panapesca S.p.A., della somma complessiva di Euro 80.377,86.
2.1. – La Corte territoriale osservava che l’eccezione di prescrizione, in assenza di deduzione sull’inerzia del titolare del diritto, non era stata “compiutamente formulata” e ciò, segnatamente, da parte della Assitalia, posto che la “estinzione” era dedotta “quantomeno nei confronti dei coassicuratori diversi dalla delegataria di polizza”.
Sicché, soggiungeva la Corte capitolina, quantomeno “il credito nei confronti della Assitalia non poteva dichiarasi prescritto non essendo stata ritualmente proposta la relativa eccezione”.
Peraltro, il giudice di appello sottolineava che, in ogni caso, la prescrizione era da ritenersi interrotta dalla lettera del 6 giugno 2000, il cui inoltro non era “stato mai tempestivamente contestato in primo grado”, ma soltanto, tardivamente, in sede di gravame.
2.2. – Quanto, poi, alla posizione delle compagnie coassicuratrici, la Corte territoriale rilevava che il contratto di assicurazione era stato “sottoscritto nel 1992 esclusivamente dall’assicurato e dalla compagnia Assitalia”, la quale si definiva “delegataria” ed aveva sottoscritto “anche in nome e per conto delle coassicuratrici”.
Inoltre, osservava ancora il giudice di secondo grado, nel corpo di detto contratto non vi era alcun riferimento a quest’ultime, “se non nell’art. 5 dell’allegato laddove si specifica che i rischi in applicazione della polizza sarebbero stati ripartiti fra le varie compagnie”. Sicché, la “posizione delle coassicuratrici… con riferimento allo specifico contratto” era da reputarsi “meramente interna”, con la conseguenza che l’assicurato, per interrompere la prescrizione, non era tenuto a “formulare le proprie richieste a soggetti con i quali non aveva avuto alcun rapporto contrattuale”.
2.3. – Infine, la Corte di appello riteneva di non poter prendere in esame le eccezioni già sollevate in primo grado dalle compagnie di assicurazione, in quanto non riproposte, con la comparsa di costituzione in appello, “espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso”, così da evitare la rinuncia alle stesse ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ..
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono congiuntamente la Generali Italia S.p.A. (succeduta all’Assitalia S.p.A. e alla Toro Assicurazioni S.p.A., già Lloyd Italico Assicurazioni S.p.A.), la Allianz S.p.A. (succeduta alla Lloyd Adriatico S.p.A.) e la F.A.T.A. Assicurazioni Danni S.p.A., affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi, illustrati da memoria.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la —– S.p.A..

Ragioni della decisione

– Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2952, secondo comma, cod. civ..

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che l’eccezione di prescrizione non era stata ‘compiutamente formulata’ dalle compagnie di assicurazione all’atto della loro costituzione nel primo grado di giudizio, nonostante esse avessero ‘opportunamente’ tipizzato la detta eccezione mediante il richiamo all’art. 2952, secondo comma, cod. civ.. Inoltre, il giudice del gravame, nell’affermare che l’eccezione non era stata specificata in ragione della mancata deduzione sulla assenza di una lettera di interruzione della prescrizione, avrebbe violato il principio secondo cui, una volta sollevata l’eccezione di prescrizione, spettava al giudice stabilire se, sulla base degli elementi in atti e, dunque, nella specie, avuto riguardo alle lettere di messa in mora prodotte dalla parte attrice, il diritto fatto valere era prescritto o meno.

Il motivo non può trovare accoglimento, nei termini di seguito precisati.

Esso, infatti, non coglie appieno le ragioni giustificative che fondano la sentenza impugnata.

In primo luogo, la Corte Capitolina ha resecato l’affermazione sulla mancata rituale proposizione dell’eccezione di prescrizione nei confronti dell’Assitalia S.p.A., assumendo, infine, che soltanto nei confronti di detta compagnia il credito non poteva dirsi prescritto in forza di detta specifica ragione.

Inoltre, il giudice appello ha ritenuto che la prescrizione fosse stata, comunque, interrotta con lettera del 6 giugno 2000 e ciò, anzitutto, nei confronti della Assitalia, per poi saggiare la posizione delle compagnie coassicuratrici in rapporto alla efficacia di detto atto interruttivo ricevuto unicamente da Assitalia.

Sicché, sempre nei confronti di Assitalia S.p.A. (ora Generali S.p.A.), la mancata impugnazione della ratio decidendi concernente l’interruzione della prescrizione, autonoma rispetto a quella sulla mancata proposizione della presupposta eccezione e di per sé idonea a sorreggere da sola la decisione, rende inammissibile, per difetto sopravvenuto di interesse, le doglianze veicolate con il motivo in esame, giacché, stante la definitività della ratio non censurata, un eventuale loro accoglimento non potrebbe in ogni caso condurre alla cassazione della sentenza impugnata (tra le tante, Cass., 14 febbraio 2012, n. 2108).

– Con il secondo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2952, secondo comma, e 1911 cod. civ..

Posto che la polizza non contiene alcuna clausola di delega che abiliti l’assicurato ad indirizzare tutte le comunicazioni inerenti allo svolgimento del rapporto assicurativo al solo coassicuratore delegatario, con effetti nei confronti di tutti gli altri coassicuratori, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente affermato che le lettere di costituzione in mora prodotte dall’attrice erano idonee ad interrompere la prescrizione anche nei confronti dei coassicuratori diversi dalla delegataria della polizza, atteso che le citate lettere erano state indirizzate dalla Panapesca S.p.A. alla sola Assitalia S.p.A..

2.1. – Il motivo è fondato.

Questa Corte ha più volte enunciato il principio (cui ha fatto riferimento anche il giudice di secondo grado, sebbene non applicandolo alla fattispecie in modo corretto) secondo il quale, ‘in materia di coassicurazione, la ‘clausola di delega’ (o ‘di guida’) – con la quale i coassicuratori conferiscono ad uno solo di essi l’incarico di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo non fa venir meno, anche quando preveda che la denuncia di sinistro sia fatta al solo delegato, la caratteristica saliente della coassicurazione, consistente nell’assunzione ‘pro quota’ dell’obbligo di pagare l’indennità. Ne consegue che, laddove in aggiunta ai compiti di gestione della polizza non risulti attribuita anche la rappresentanza in ordine a tutte le comunicazioni contrattuali, la prescrizione del diritto all’indennizzo nei confronti del coassicuratore delegante non rimane interrotta dalla costituzione in mora del delegato, così come non rimane interrotta neanche dalla citazione in giudizio di quest’ultimo, salvo che non gli sia stata conferita la rappresentanza processuale (art. 77 cod. proc. civ.) del delegante’ (tra le altre, Cass., 28 gennaio 2005, n. 1754; analogamente: Cass., 19 maggio 2004, n. 9469; Cass., 28 agosto 2000, n. 11228; Cass., 5 agosto 1993, n. 8551).

Nella specie, dalla polizza di coassicurazione versata in atti (come posto in risalto dalla parte ricorrente, nel rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ.) non risulta alcuna ‘clausola di delega’, per la gestione del rapporto assicurativo, in favore della Assitalia S.p.A., né che la stessa sia stata espressamente investita della rappresentanza in ordine a tutte le comunicazioni contrattuali’, là dove la sola stipula del contratto anche ‘in nome e per conto’ delle altre compagnie di coassicurazione (indicate, unitamente alla quota di riparto, nell’art. 5 dell’allegato ‘patti speciali’) non è elemento che, di per sé, sia indicativo della ricomprensione di ogni potere rappresentativo inerente anche allo svolgimento del rapporto coassicurativo.

Ha, dunque, errato la Corte di appello a ritenere sufficiente, ai fini dell’interruzione della prescrizione ex art. 2952, secondo comma, cod. civ. anche nei confronti delle compagnie di coassicurazioni diverse dalla Assitalia, l’invio di atto, idoneo a detto fine, nei confronti della sola Assitalia, pur in assenza di potere rappresentativo in capo a quest’ultima anche per ‘tutte le comunicazioni contrattuali’.

– Con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 346 cod. proc. civ..

La Corte territoriale, affermando che ‘le società appellate non hanno specificamente dedotto alcuna eccezione già sollevata in primo grado nel loro atto introduttivo del giudizio, limitandosi a riproporre tutte le eccezioni e difese già sollevate nel precedente grado’, avrebbe erroneamente inteso come rinunciate le dette eccezioni, nonostante le Compagnie coassicuratrici avessero chiaramente e compiutamente manifestato la volontà di chiederne il riesame, tanto nelle rispettive comparse di costituzione in appello, quanto, in sede di precisazione delle conclusioni.

3.1. – Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che ‘la parte concretamente vittoriosa nel merito non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare eccezioni o questioni che risultano superate o assorbite; essa è, tuttavia, tenuta a riproporre le une e le altre in modo espresso fino alla precisazione delle conclusioni, operando altrimenti la presunzione di rinuncia di cui all’art. 346 cod. proc. civ. con conseguente formazione del giudicato implicito’ (tra le altre, Cass., 12 gennaio 2006, n. 413; Cass., 28 maggio 2007, n. 12490).

Le compagnie di assicurazioni appellanti, con la comparsa di costituzione in appello (indicata in ricorso), hanno dedotto di aver riproposto ‘tutte le eccezioni e difese già sollevate ovvero svolte in primo grado e da aversi quivi integralmente trascritte’, per poi precisarle in sede di conclusioni a verbale (dell’udienza del 3 ottobre 2012, come specificato in ricorso alla nota 12 di p. 15).

In tal senso è, quindi, da ritenersi errata la censurata decisione della Corte capitolina che ha ravvisato, nella specie, una rinuncia ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ..

– Va, dunque, rigettato il primo motivo di ricorso, nei termini sopra precisati, ed accolti i restanti.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà attenersi al principio enunciato sub § 2.1. che precede, nonché delibare nel fondo le eccezioni e le difese delle parti appellate ritenute erroneamente rinunciate.

Il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla legittimità.

regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo nei termini di cui in motivazione;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

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