Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 12 maggio 2017, n. 11776

Nell’ipotesi di impossibilità di esercizio delle funzioni da parte di soggetti preposti ad enti pubblici, il vicario, ove si verifichino le condizioni previste, è autorizzato ad esercitare tutte le attribuzioni proprie del sostituito, senza necessità di apposita delega, specificando, nell’atto posto in essere in tale qualità, il “titolo” (assenza, impedimento temporaneo o altro) che legittima l’esercizio della potestà. Quando, tuttavia, tale esplicitazione non emerga in alcun modo dall’atto, deve presumersi (con presunzione iuris tantum) che l’esercizio della potestà di sostituzione sia avvenuto nel rispetto delle condizioni previste dalla norma o dallo statuto, con la conseguenza che sono i terzi interessati, tra i quali è da intendersi compreso anche lo stesso Ente rappresentato a doverne dedurre e provare l’insussistenza.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 12 maggio 2017, n. 11776

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8696/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPDAP – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA (OMISSIS), in persona del Presidente Prof. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5965/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/01/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 30/10/2014, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dall’Inpdap nei confronti di (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante del (OMISSIS) s.n.c., e in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la nullita’ della transazione sottoscritta dalle parti in data 29/5/2007 e del connesso contratto di locazione, con la conseguente condanna del (OMISSIS), in proprio e nella qualita’, al rilascio dell’immobile dallo stesso detenuto, oltre al rigetto dell’appello incidentale proposto dal (OMISSIS) per la condanna dell’Inpdap al risarcimento dei danni.

2. A sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato il difetto di potere rappresentativo dell’organo dell’Inpdap che aveva sottoscritto la transazione e il contratto di locazione de quibus: contratti che il (OMISSIS) aveva dedotto in giudizio al fine di resistere all’originaria domanda di rilascio proposta dall’Inpdap, derivando, da tale premessa, il difetto di alcun titolo a sostegno della persistente detenzione dell’immobile di proprieta’ dell’Inpdap ad opera delle controparti.

3. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di legale rappresentante del (OMISSIS) s.n.c., sulla base di cinque motivi d’impugnazione.

4. Resiste con controricorso l’Inpdap, che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilita’, ovvero per il rigetto dell’impugnazione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omessa motivazione, nonche’ per violazione dell’articolo 113 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto, in caso di contratti stipulati da una pubblica amministrazione, la necessita’ dell’indicazione, da parte del vicario che eserciti i poteri del superiore sostituito, dei motivi specifici dell’impedimento del titolare, avendo il giudice d’appello richiamato, sul punto, un precedente della giurisprudenza di legittimita’ del tutto privo di riferimenti al caso di specie, senza indicare alcuna norma giuridica a fondamento della decisione assunta.

2. Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per manifesta illogicita’, nonche’ per violazione degli articoli 83, 185 e 301 c.p.c. e del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articoli 16 e 17 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale dichiarato la nullita’ della transazione conclusa tra le parti nonostante la stessa fosse stata perfezionata nel corso di un procedimento giudiziario anche con l’intervento del difensore dell’Inpdap munito dei poteri di transigere la controversia allo stesso conferiti (sulla base di una procura illo tempore ancora valida ed efficace) dal medesimo soggetto, il dottor (OMISSIS), cui la corte d’appello ha contraddittoriamente negato la legittimazione alla conclusione della transazione e del contratto di locazione oggetto di lite. Peraltro, il dott. (OMISSIS) non avrebbe avuto bisogno di alcuna ulteriore delega contenente i motivi dell’impedimento del dirigente generale (suo superiore) alla partecipazione alla conclusione della transazione e della conseguente locazione, tento conto che i poteri per la transazione della controversia gia’ avrebbero dovuto considerarsi contenuti nel conferimento dell’originaria procura, sia pur scaduta nelle more.

3. Con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione del Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 239 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente trascurato che, ai sensi della norma richiamata, deve ritenersi sempre consentito, senza ulteriori atti, la conclusione di transazioni relative a contratti sottoscritti, anche iure privatorum, da una pubblica amministrazione.

4. Con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per manifesta illogicita’ e/o omessa motivazione in relazione all’avvenuta declaratoria della nullita’ del contratto di locazione (con riguardo all’articolo 360 c.p.c., n. 5), avendo la corte territoriale trascurato di dettare alcuna adeguata motivazione in relazione al punto concernente la connessione tra la transazione e il contratto di locazione oggetto d’esame, essendo stati sottoscritti, i due atti, in date diverse e in virtu’ di poteri diversi (sebbene concentrati in un medesimo soggetto), dovendo ritenersi la piena disponibilita’, da parte del dott. (OMISSIS), del potere di sottoscrivere un nuovo contratto di locazione in rappresentanza dell’istituto locatore.

5. Con il quinto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per omessa motivazione, nonche’ per manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della stessa, in relazione al punto concernente il rigetto dell’appello incidentale, oltre che per violazione dell’articolo 28 Cost. e degli articoli 2043 e 2049 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale respinto l’appello incidentale, proposto dagli odierni ricorrenti ai fini della condanna di controparte al risarcimento dei danni, sulla base di una motivazione contraddittoria, avendo la stessa corte d’appello espressamente riconosciuto, nel disporre la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio, che gli odierni ricorrenti avevano legittimamente confidato nell’esecuzione della transazione e del contratto di locazione sottoscritti dallo (OMISSIS), senza successivamente trarne le naturali conseguenze sotto il profilo del risarcimento dei danni provocati alla controparte, omettendo di fornire alcuna ragione per cui l’ente non avrebbe dovuto rispondere degli atti posti in essere dal proprio vicario.

6. Il primo motivo e’ fondato e idoneo ad assorbire la rilevanza delle restanti censure.

Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, nell’ipotesi di impossibilita’ di esercizio delle funzioni da parte di soggetti preposti ad enti pubblici, allorche’ specifiche disposizioni di legge, ovvero i relativi statuti, prevedano la figura del vicario, quest’ultimo, ove si verifichino le condizioni previste, e’ autorizzato ad esercitare tutte le attribuzioni proprie del sostituito, senza necessita’ di apposita delega, specificando, nell’atto posto in essere in tale qualita’, il “titolo” (assenza, impedimento temporaneo o altro) che legittima l’esercizio della potesta’.

Quando, tuttavia, tale esplicitazione non emerga in alcun modo dall’atto, deve presumersi (con presunzione iuris tantum) che l’esercizio della potesta’ di sostituzione sia avvenuto nel rispetto delle condizioni previste dalla norma o dallo statuto, con la conseguenza che sono i terzi interessati a doverne dedurre e provare l’insussistenza (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 5216 del 07/03/2007, Rv. 595181 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4771 del 28/02/2007 Rv. 594907 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 3454 del 15/02/2007, Rv. 594905 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12919 del 29/09/2000, Rv. 540607 – 01).

Sul punto, questa Corte ha avuto modo di precisare come la presunzione dell’avvenuto rispetto delle condizioni previste dalla norma o dallo statuto debba farsi risalire a cio’ che, essendo la previsione normativa o statutaria del ruolo e delle attribuzioni del vicario orientata allo scopo di assicurare il “buon andamento” (e cioe’, efficienza, efficacia, continuita’) dell’attivita’ amministrativa, colliderebbe con tali ragioni un’interpretazione della norma nel senso dell’assoggettamento dell’amministrazione all’onere di premunirsi, in occasione di ciascun atto da compiere, volta per volta, della prova documentale della ricorrenza delle condizioni che legittimano l’esercizio della potesta’ di sostituzione, e di doverla sistematicamente fornire ai terzi anche a fronte di contestazioni solo generiche al riguardo. Con il risultato di paralizzare lo svolgimento dell’attivita’ anche ordinaria dell’ente, in modo del tutto contrastante con la finalita’ della norma, che ha invece inteso garantirne comunque e rinforzarne la continuita’ mediante il riconoscimento di un ruolo istituzionale – quello appunto del vicario – e la diretta attribuzione allo stesso di un potere generale di sostituzione del titolare del potere (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 12919 del 29/09/2000, in motivazione).

Cio’ posto, dovendo ricomprendersi tra i citati “terzi interessati” anche lo stesso ente rappresentato (la’ dove dimostri di avere un concreto interesse a negare la legittimazione sostanziale del vicario al compimento del negozio impugnato), poiche’ in forza delle osservazioni che precedono spettava a tale ente dedurre specificamente e provare, nel caso considerato, la sussistenza di circostanze contrarie alle condizioni previste dalla disciplina normativa o statutaria per l’esercizio della potesta’ di sostituzione del titolare del potere (e cioe’ la sua presenza e/o la sua disponibilita’ all’esercizio della funzione o al compimento dell’atto), del tutto erroneamente la corte territoriale ha ritenuto di imporre, a carico degli odierni ricorrenti, l’assolvimento di detto onere probatorio, giungendo alla conclusione del difetto di potere sostanziale del vicario, in mancanza di deduzione e prova da parte dell’Inpdap circa l’insussistenza delle condizioni per l’esercizio dei poteri negoziali nella specie spesi dal vicario, dott. (OMISSIS), allo scopo di vincere la contraria presunzione iuris tantum imposta dai principi normativi in precedenza richiamati.

Sul punto, varra’ rilevare come questa stessa Corte abbia gia’ in precedenza avuto modo di confermare il vigore dei principi richiamati, in una specifica applicazione alla materia delle associazioni riconosciute di diritto privato, affermando che, qualora lo statuto preveda la figura del vicepresidente vicario e lo autorizzi ad esercitare, in presenza di certe condizioni, le funzioni del presidente, deve presumersi che egli si sia avvalso, nei rapporti con terzi, di tale potere di sostituzione nel rispetto delle previsioni statutarie, con la conseguenza che in applicazione del principio della vicinanza della prova – spetta all’associazione vincere tale presunzione, essendo essa a conoscenza delle specifiche circostanze che costituiscono il presupposto fattuale per invocare (o negare) la sussistenza della legittimazione rappresentativa sussidiaria del vicario (Sez. 2, Sentenza n. 13774 del 17/06/2014, Rv. 631243 – 01).

7. Sulla base delle argomentazioni che precedono, in accoglimento del primo motivo di ricorso, e dichiarati assorbiti i restanti, dev’essere pronunciata la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma, cui spettera’ di uniformarsi ai principi di diritto dianzi indicati, oltre a provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma, cui e’ altresi’ rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.

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