Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza n. 13728 del 31 luglio 2012

 

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1157 del 18 ottobre 2005, la Corte di appello di Bologna respinse l’appello proposto dal Condominio via (omissis) di Bologna avverso la pronuncia di primo grado che, su impugnativa dei condomini Z.L. e C.F., aveva dichiarato nulla la delibera adottata dall’assemblea condominiale del 19 luglio 1999 che, a maggioranza dei voti, aveva disposto l’abolizione del divieto di parcheggio sulla corte comune del condominio. Il giudice di secondo grado motivò tale statuizione in ragione del rilievo che la deliberazione de qua si poneva in contrasto con la disposizione condominiale che stabiliva che la corte di proprietà comune dovesse essere adibita a passaggio per accedere al piano seminterrato con pedoni e veicoli, e non anche a posteggio degli stessi, precisando che tale clausola condominiale, avendo natura contrattuale in quanto richiamata nel rogito stipulato dagli iniziali unici proprietari del fabbricato e richiamata nei successivi atti di compravendita delle varie unità immobiliari, avrebbe potuto essere modificata soltanto previo consenso di tutti i condomini, laddove la modifica impugnata era stata approvata a maggioranza.
Per la cassazione di questa decisione, notificata il 13 gennaio 2006, con atto notificato il 10 marzo 2006, ricorre il Condominio via (omissis) di Bologna, affidandosi a due motivi, illustrati da successiva memoria.
Resistono con controricorso Z.L. e C.F.
In prossimità dell’udienza di discussione il Condominio ricorrente ha depositato copia dell’ assemblea condominiale del 31 gennaio 2012, che ha ratificato la proposizione del ricorso da parte del suo amministratore.

Motivi della decisione

Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dai controricorrenti, che hanno contestato la rappresentanza del condominio da parte del sig. C.A. che, nell’ intestazione del ricorso, si è qualificato suo amministratore. L’eccezione va respinta, avendo il Condominio depositato il verbale di assemblea ordinaria del 14 luglio 2005, precedente alla proposizione del ricorso, che aveva confermato la nomina ad amministratore dello Studio (omissis), di cui risulta titolare C.A., così dimostrando la legittimazione di quest’ultimo ad agire in giudizio in rappresentanza del condominio.
Passando all’esame del ricorso, va trattato per primo il secondo motivo, che pone una questione logicamente preliminare.
Con questo mezzo il Condominio ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di merito abbia erroneamente interpretato la clausola del rogito del 1963 da essa richiamata, la quale si era limitata ad individuare tra le parti comuni del fabbricato la porzione del detto mappale non coperta con il fabbricato, “ad uso corte e passaggio per accedere anche al piano sotterraneo con pedoni, carri e quant’altro”, ma non aveva introdotto alcuna limitazione alla sua utilizzazione. L’interpretazione accolta dalla sentenza impugnata appare pertanto illogica, immotivata ed in contrasto con le regole di interpretazione letterale, atteso che detta clausola si limitava a descrivere le parti comuni dell’edificio ma non ne disciplinava anche l’uso e, comunque, non potendo da essa ricavarsi la conclusione che nella predetta area sia consentito solo il passaggio dei veicoli e non anche il parcheggio. La mancanza di limitazioni all’utilizzazione del bene comune avrebbe dovuto pertanto portare il giudicante a ritenere che la regolamentazione del suo uso potesse essere legittimamente adottata a maggioranza e non anche all’unanimità dei condomini.
Il motivo è fondato.
La Corte di merito, premesso che la delibera condominiale impugnata aveva autorizzato i condomini al parcheggio delle loro autovetture nel cortile condominiale, ne ha dichiarato la illegittimità in quanto contrastante con la disposizione del regolamento che invece descriveva tale bene “ad uso corte e passaggio per accedere anche al piano sotterraneo con pedoni, carri e quant’altro”.
La conclusione non merita di essere condivisa.

In particolare, non appare logicamente adeguato e perciò persuasivo il passaggio argomentativo fondamentale costituito dall’affermazione della contrarietà del deliberato alla clausola regolamentare sopra richiamata. La Corte di merito non spiega perché tale contrarietà sussista ed in cosa essa consista e, in particolare, perché l’uso del cortile comune a passaggio anche veicolare debba portare ad escludere di per sé ogni altro e diverso uso del bene. Sul piano logico e fattuale è invece evidente che la destinazione di una determinata area a passaggio dì veicoli non includa di per sé anche il divieto di parcheggio, stante la piena compatibilità, in via astratta, dei due usi.

La conclusione accolta dal giudice di merito appare pertanto il risultato di un evidente errore di interpretazione della clausola negoziale, cui essa attribuisce un significato ben più ampio di quello ricavabile dal suo tenore letterale, finendovi per includere divieti e quindi limitazioni all’uso del bene comune da parte dei condomini che non risultano da essa espressamente previsti. Sotto tale ultimo profilo, la pronuncia si pone altresì in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte che, in più occasioni, ha affermato la piena compatibilità della destinazione del cortile condominiale al parcheggio di autovetture con l’uso consentito ai singoli condomini del bene comune (Cass. n. 15319 del 2011; Cass. n. 13879 del 2010; Cass. n. 5997 del 2008).
Il primo motivo di ricorso, che denunzia omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 2697 e 1350 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., si dichiara assorbito.
La sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa è rinviata, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

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